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Amen IX

A terra, Jacob Aiagon mormorava la stessa cosa da chissà quanto. 

<<Questo non è reale... non è reale... non è reale... non è reale...>>

<<Ti ho fatto una domanda, Jacob.>> si ripeté la Dottoressa Quiner <<Cosa ti fa pensare di avere il diritto di uccidere Andromalius?>>

<<Tu non sei qui... tu sei morta... sei morra... sei morta... sei morta...>>

Ma in quel vuoto, in quell'oscurità dove non vedeva nulla, sarebbe benissimo potutaci essere anche da morta. 

<<Già, lo sono. Perché tu mi hai uccisa! Quello, con quale giustificazione l'avresti fatto?>>

<<Lui è un Giudice.>> disse un'altra voce femminile <<Quindi può fare quello che vuole.>>

No. Non lei. 

Giratosi, Jacob vide Diana Abel, con una ferita nel petto dalla quale fluiva costantemente sangue. 

<<Vero, Jacob? Sei un Giudice, quindi devi portare fuori la spazzatura.>>

<<Diana, io... non avevo scelta...>>

Alla sua sinistra apparve Salomone. <<Tu hai sempre avuto una scelta.>>

Alla sua destra, Mara. <<Sei sempre stato troppo un codardo per farla.>>

<<Troppo un codardo per vivere davvero come persona.>>

<<Ma non preoccuparti. Avrai tutto il tempo di fare una decisione, o morire.>>

Iudex
N° 0

Jacob Aiagon. 

Questo è...

<<Il mio nome.>>

Il suo nome. 

Lo sente perdersi in una spirale, riflesso su sé stesso fino a scomparire in particelle. 

Ma è ancora il suo nome. 

La sua esistenza. 

<<Ti conosciamo tutti, qui, Jacob.>> dice Mara. 

<<E vogliamo tutti solo il meglio per te.>> dice Salomone. 

<<...ma qual è il meglio per me?>>

<<Senti di volerti riunire con Arsalan, non è vero?>> dice Salomone. 

<<Ma ciò non significa sia una buona idea.>>

<<Non lo è. Questa vita ti sta uccidendo.>> dice Mara. 

<<Ma ho una responsabilità.>>

<<Arsalan è tuo nemico.>> dice Mara. 

<<Ma non sento di poterlo odiare.>>

<<Allora riprenditelo.>> dice Salomone. 

<<...potrei morire.>>

<<Tale è la vita.>> dice Salomone. 

<<Morire per qualcosa di cui non sono certo?>>

<<Allora trova la certezza.>> dice Diana. 

<<E dove?>>

<<Dentro te.>> dice Diana. 

<<Ma la mia certezza può essere errata.>>

<<E tu vuoi sia totalmente corretta.>> dice Salomone. 

<<Voglio ricordarla e sapere che fosse giusta.>>

<<Allora cercala fuori.>> dice la Quiner. 

<<Ma una certezza esterna a me non può riguardare quel che è interno a me.>>

<<Allora cercala negli altri, e nelle infinite ombre che stanno tra te e gli altri.>> dice Mara. 

<<Negli altri.>>

<<Con qualcuno dovrai trovare un punto in comune.>> dice Mara. 

<<Nessuno di voi può comprendermi.>>

<<La lotta per la retta via è conosciuta a tutti.>> dice Devadatta. 

<<Siete Demoni.>>

<<Io ho sempre solo voluto aiutare gli altri.>> dice Devadatta. 

<<Uccidere masse non è aiuto.>>

<<Quindi stai dicendo che non dovresti uccidere Andromalius?>> dice Devadatta. 

<<Lui l'ha meritato.>>

<<Cos'ha fatto per meritarlo?>> dice la Quiner. 

<<Creato Diavoli Accusatori.>>

<<Accidente. Sono certa tu sia familiare con l'uccisione accidentale.>> dice Diana. 

<<Mi ha usato.>>

<<Come hai già perdonato ad Arsalan per aver fatto?>> dice Mara. 

<<Ha preso Raguel.>>

<<E se ti interessa di lei, farai quel che dici e non lotterai.>> dice Mara. 

<<E se dovesse uccidere Risa e Simona?>>

<<Autodifesa, ormai.>> dice Devadatta. 

<<Perché devo ascoltare a queste scuse?>>

<<Non devi.>> dice il Supermaestro. 

<<Ma solo attraverso questo posso trovare quella certezza.>>

<<No. Se uccidi Andromalius, diventi tu la certezza.>> dice il Supermaestro. 

<<Ma è anche mio destino morire. E allora non mi rimarrà che piangere. Questo voglio evitare.>>

<<Se vuoi la salvezza sul letto di morte, devi rivolgerti a Dio.>> dice Padre Thomas. 

<<Lui non ha niente da darmi.>>

<<Sai che esiste ma rifiuti la Sua chiamata.>> dice Padre Thomas. 

<<Sono già Suo servo.>>

<<E per continuare a vivere nella Sua grazia, non puoi uccidere quell'innocente.>> dice Padre Thomas. 

<<E ciò mi darà davvero felicità sul letto di morte, o solo dopo?>>

<<La ricerca di Dio è inutile. Tu stesso sei il tuo Dio.>> dice An. 

<<Non ho nemmeno il comando della mia anima.>>

<<Ciò che è interno a te non può essere affare di ciò che è esterno, l'hai detto tu. Chi può essere Dio se non te stesso?>> dice An. 

<<Ma Dio deve fare ciò che è giusto nel proprio mondo.>>

<<Nella tua anima sai che uccidere quell'uomo è giusto.>> dice An. 

<<No. Non lo so ancora.>>

<<Tu ami Arsalan. Non hai bisogno di motivo per farlo.>> dice Diana. 

<<Ma i sentimenti non sono sempre ciò che va seguito.>>

<<Di che hai paura?>> dice Diana. 

<<Che il mio giudizio sia annebbiato dai miei sentimenti, e lo scoprirò errato.>>

<<Lo ami o no?>> dice Diana. 

<<Non lo so.>>

<<Senti di volerlo con te o no?>> dice Diana. 

<<Sì.>>

<<Allora riprenditelo.>> dice Diana. 

<<Ma è una scelta affrettata. Stupida.>>

<<È quello che vuoi.>> dice Diana. 

<<Poche ore fa, lo odiavo. Volevo ucciderlo. Come faccio a sapere che non sarà così di nuovo?>>

<<Non puoi saperlo. Per questo non puoi farlo.>> dice Elizabeth. 

<<Ma non posso sapere nemmeno il contrario.>>

<<Non hai bisogno di fare la scelta. Presto tornerai da me. Perché è me che ami.>> dice Elizabeth. 

<<Tu sei morta.>>

<<E presto lo sarai anche tu.>> dice Elizabeth. 

<<Ma prima vivrò. E voglio vivere dignitosamente.>>

<<Ovvero con o senza di lui?>> dice Elizabeth. 

<<Senza dovermi pentire di quel che ho scelto.>>

<<E come lo farai?>> dice Elizabeth. 

<<Cercando.>>

<<Andromalius starà quasi per diventare immortale, ora. Devi agire.>> dice Salomone.

<<Ma quando agirò, si potrà dire che io sto per ucciderlo, e ancora non saprò se sia la scelta corretta.>>

<<Questa è la tua occasione di avere una vita normale.>> dice Mara. 

<<Sono un Giudice. Ho una responsabilità.>>

<<Se vuoi discutere di etica, dovrai discutere anche quella dell'uccidere un innocente.>> dice la Quiner. 

<<Andromalius è solo una vita in confronto a tante.>>

<<Anche io lo sono. Ma non mi sembri felice di quel che hai fatto.>> dice Diana. 

<<Tu non saresti dovuta morire.>>

<<Combattere significa rischiare di combattere le persone sbagliate.>> dice Diana. 

<<Quindi dovrei combattere Andromalius?>>

<<Quindi non dovresti più combattere.>> dice Diana. 

<<Perché potrei sbagliare?>>

<<È in questo che credevi prima, no?>> dice Devadatta. 

<<No.>>

<<Credevi che solo perché non riuscivi a trovare un senso alla vita, dovessi vivere senza.>> dice Devadatta. 

<<Ma ora ho da fare questa decisione.>>

<<Hai poco tempo.>> dice Salomone. 

<<Non posso permettermi di fare una scelta errata. Non più. Non lo farò.>>

<<Hai paura.>> dice Elizabeth. 

<<Non dovrei?>>

<<Tutte le persone vivono con le proprie decisioni.>> dice Padre Thomas. 

<<Come mio nonno.>>

<<È questo il problema. Un uomo morto più di dieci anni fa.>> dice An. 

<<Aveva ragione.>>

<<Ti ha traumatizzato.>> dice Salomone. 

<<Mi ha insegnato a vivere.>>

<<Ha fatto il contrario.>> dice Mara. 

<<Nessuno di voi mi sembra contento con le proprie scelte.>>

<<Né siamo occupati a piangerci addosso.>> dice Salomone. 

<<Sto solo facendo la cosa più saggia.>>

<<La saggezza è solo tale se causata da sé stessa.>> dice Salomone.

<<E questo cosa vorrebbe dire?>>

<<Tu non agisci per un desiderio di conoscenza. Tu lo fai per paura.>> dice Salomone.

<<Ed è una paura del tutto razionale.>>

<<E il tuo pensiero, ora, è razionale?>> chiede Mara.

<<Certo.>>

<<...detestabile.>>

La testa di Jacob si spacca in due. 

Il suo cranio viene tagliato rozzamente da aria compressa. La sua pelle si apre su sé stessa. 

Automaticamente i suoi polmoni tentano di gridare. 

Non è come i suoi incontri con la morte. È diverso. È peggiore. È come una lunga tortura inflitta in un singolo attimo. 

Caduto, il ragazzo si copre il capo. 

Le sue mani si bagnano. 

E il suo corpo congela. 

<<No... non... ancora...>>

Il Signore dei Sensi gesticola maniacalmente. <<Sì! Ancora e ancora e ancora! Questo ti accadrà nella tua breve vita, lo capisci, Jacob?!>>

Trema. Non riesce nemmeno a spostare i propri arti, resi immobili da sé stessi. 

Ma non importa, perché il sangue comincia a fluire. 

Esce dal suo cervello. Caldo, rosso, liquido come vino. 

Sui suoi occhi, sul suo corpo, come vino nella sua bocca. 

E non riesce a far nulla. 

Se non osservare la cascata macabra. 

<<Questo è quello che l'Angelo che tanto ami ti ha fatto!>> continua il Deva <<Reso debole e spaventato! È colpa sua, è colpa di quel bastardo! Non si merita il tuo aiuto, perché non puoi accettarlo?>>

E continua a scorrere e a scorrere e a scorrere. 

E riempie le sue narici e il suo stomaco e i suoi polmoni e le sue gambe crollano sotto di lui. 

Tutti lo osservano. Tutte le visioni, e lo spirito del re. 

<<Mara ti sta torturando, Jacob.>> dice Salomone <<Vuoi davvero ascoltare i suoi suggerimenti? Accetta la mia proposta, e ti libererò.>>

Jacob vorrebbe prenderlo ed annegarlo nella pozzanghera che si sta formando sotto di lui. No, vorrebbe annegarli tutti, uno ad uno. 

Vuole solo far male a qualcuno. Vuole rilasciare quel dolore che prova. Vuole smettere di soffrire internamente e liberarsi. Vuole vomitare tutto quel sangue e dimenticare che fosse mai stato lì. 

Mara sbraita ancora. <<Silenzio, dannazione! Questo odiavo persino di quel Gautama! Non la perseveranza, non il coraggio! Odiavo quanto fosse ossessionato dal ragionare sulle cose più semplici! È semplice, Jacob! Guarda cosa ti ha fatto!>>

Rosso. 

...è vero. 

Se Arsalan non fosse stato lì, Jacob non avrebbe sofferto alcuna di quelle cose. 

Se Arsalan non avesse proiettato i propri problemi su di lui, Jacob avrebbe avuto una vita normale. 

Se Arsalan non avesse fatto una singola stupida decisione, Jacob sarebbe ancora felice. 

Se Arsalan non si fosse fatto uccidere, Jacob...

<<No! Jacob, io, il Re Demone, sono venuto qui personalmente per aiutare te! Devi ascoltarmi!>>

<<...e...>> riesce a mormorare, lentamente <<E cosa... accadrà... dopo... che l'avrò... fatto...?>>

<<Ti sto dicendo cosa fare per essere felice! È quello che vuoi!>>

<<...se io non so... cosa voglio... tu... nemmeno...>>

Re Salomone finalmente decide di mettersi in mezzo. <<Lascialo stare, Mara. Credo->>

Ma Jacob guarda lui con occhio ancora peggiore. <<Nemmeno tu, vecchio... di merda. Nemmeno... tu... puoi... capire... nulla...>>

<<E allora chi, Jacob? Chi può capire?>>

Nell'oscurità, si guarda intorno. 

Vede uomini e vede donne. Vede Demoni e Angeli. Vede creature dal nome sconosciuto, innocenti o colpevoli, 

Vede pioggia e vede terra. 

Ma non vede sé stesso. Non un riflesso, non un'ombra, non un occhio. 

<<Nessuno... può...>>

<<Esatto.>> risponde la Quiner, scrivendo. <<Alla fine, nessuno può comprendere, controllare, o essere te. Purtroppo...>>

<<...nemmeno tu sei te.>> dice An <<Hai smesso di esserlo da anni.>>

<<Che state dicendo?! Io sono me stesso! Io sono Jacob Aiagon->>

Si avvicina un animale. 

Un gatto grigio. 

Nathan lecca la pozzanghera cremisi, poi miagola con voce umana. <<No, la verità è che hai smesso di essere tale quando sei diventato il testamento, l'eredità di un uomo morto.>>

Si avvicina Devadatta. <<Una persona troppo occupata a costruire per abitare, troppo occupato a pianificare per andarsene.>>

<<Bastardi!>> grida il ragazzo. Si alza. La sua testa gira, ma è in piedi. Cerca di liberarsi di loro. Una donna lo sorprende alle spalle. 

Braccia intorno al collo, gli sussurra nell'orecchio: <<Per questo devi tornare a me, amore mio. Non sei nessuno, non sei mai stato nessuno.>>

<<No!>>

Corre via. 

Tutto... tutto trema. 

Ogni passo avviene su una lama, con ogni battito di ciglia un chiodo cade nei suoi occhi. 

Corre via dal buio, fino ad altro buio. 

Perché non c'è altro. 

Per lui. 

<<No! Qualcuno- qualcuno... mi...>>

Thump, thump

Cade. 

Caldo. 

Il suo corpo sta bruciando. 

Dall'interno e dall'esterno, la sua pelle sembra stare per sciogliersi. 

<<Hahhhhh... hahhhhhhh...>>

<<È il momento di scegliere, Jacob! Vuoi salvare Arsalan o no?>> chiede Salomone. 

<<I-io... io... voglio...>>

La sua mente processa ancora tutto alla perfezione. Nonostante il resto, riesce a pensare chiaramente come sempre. 

Non è il dolore ad impedirgli di concludere quella frase. 

È Jacob. 

Arsalan. 

Arsalan. 

Quel nome. 

Quel nome era sempre nella sua testa. 

Forse lo era sempre stato, forse aveva dimenticato i tempi in cui non lo era. 

Ma ora, senza altro dentro di sé, Jacob pensava solo a lui. 

Il suo sorriso, e i suoi occhi più terrificanti. 

Il suo calore, e la sua freddezza totale. 

Voleva essere lì. 

Non voleva essere lì. 

Uccidere Andromalius per lui. 

Innocente. 

Immortale. 

Nemico. 

Uomo. 

Angelo. 

Amore. 

Errore. 

Pentimento. 

Morte. 

Lui doveva essere. 

L'Angelo della Morte. 

Poteva solo essere così. 

Per questo. 

In quel momento. 

Tutti i suoi pensieri erano rivolti a lui. 

<<-ah.>>

Il suo corpo conteneva il suo passato. 

Ed ora. 

Sta cadendo. 

<<-Jacob?!>>

Non vede il maledetto colore. 

Non vede alcuna preoccupazione. 

Vede soltanto il suo riflesso nella luce bianca. 

E si tocca la faccia un'ultima volta. 

Perché non riesce a credere i suoi occhi. 

Quando vede che sta sorridendo. 

<<-haha.>>

Il calore smette di aumentare. 

Adesso è accogliente, un tiepido abbraccio. 

Si dice che... almeno... è confortante. 

Almeno. 

Non deve piangere. 

...e detto questo. 

Jacob Aiagon morì. 

24 Novembre 2020

Andromalius non si era ancora spostato dalla propria posizione, nonostante il calcio. 

Un calcio forse potenziato con Ousia, forse no, fatto sta che quel calcio lanciò Simona un'altra volta e la fece rotolare lontano da lui. 

E senza la resistenza da Giudice, quella caduta fece male. 

<<A-ah...>>

Non riusciva a rialzarsi. La nausea l'aveva invasa. 

Una sensazione orribile, che aveva dimenticato. 

A destra, vide Andromalius. La sua Luce ora stava decisamente mirando per ucciderla. 

A sinistra, c'era Risa. Era uscita dal raggio chilometrico di deserto che lui aveva creato, nascondendosi di nuovo tra l'erba. 

Era più vicina a lei che a lui. Poteva raggiungerla. Ma era anche sotto costante attacco di quei raggi dai quali riusciva a malapena a difendersi con le proprie dita. 

Dall'altro lato, la ragazza italiana si era appostata, e continuava a sparare per aiutarla. <<Andiamo... andiamo, cavolo, alzati...>>

...non lo faceva. 

Simona rimaneva incapace di rimettersi in piedi. 

Incapace di lottare. 

Condannata a...

<<...no. Non ti lascerò morire!>>

Risa alzò il fucile, puntando alla cascata. 

Il suo dito era sul grilletto, ma...

Guardando quella figura, esitò. 

Dietro di essa vide il Sole. 

...una lontana voce dagli angoli del Cosmo le parlò. 

"Risa, Risa. Che cosa stai facendo?"

Quello...

Che cosa... che cosa stava facendo...? 

<<...io... io...>>

Avanti, Risa, che cosa stavi facendo? 

<<...io sto salvando coloro che amo.>>

Con gli occhi rossi di rabbia, premette quel grilletto. 

<<Muori, figlio di puttana! Muori, cazzo, muori! Muori!>>

Quattro Chiodi colpirono la cascata. 

Andromalius urlò ancora e ancora, e fermò gli attacchi. 

Così Risa lanciò via la sua arma, per correre più veloce. 

<<Simona! Non permetterò anche a te di morire, lo capisci?! Non te lo permetterò!>>

<<Hahh... Risa, per te...>> rispose lei, finalmente quasi in piedi <<Sopravvivrò anche alla fine del mondo.>>

Scattarono una verso l'altra, mentre un raggio di Luce discendeva su di loro. 

Erano indifese, ed incapaci di vincere quella battaglia. 

"...idiota."

Ma ormai non importava più. 

"Hey, a questo punto... possiamo... praticamente sposarci... vero...?"

Non c'era più niente di nuovo per loro. 

24 Novembre 2020?

Acqua. 

Acqua che si batteva sulla terra. 

Acqua che trasportava il suo corpo. 

Immerso nella luce, toccò la riva. 

<<Unhhh...>>

Un occhio dopo l'altro...

Jacob si svegliò. 

<<Che... cosa...?>>

Riacquisita coscienza totale, si alzò, piedi ancora nel mare. 

...sì, c'era decisamente un mare lì. 

Azzurro, perfettamente limpido, un mare che s'estendeva fino ad oltre l'orizzonte, se possibile, vuoto di ogni traccia d'impurità. 

Sotto di sé, sabbia. Vera sabbia, a giudicare dal tocco. Una spiaggia enorme, ma limitata dall'altissima montagna che si stanziava a... qualche distanza. 

Le dimensioni, lì, sembravano non essere fatte per umani. 

Il cielo era anch'esso perfettamente blu. Non vedeva il Sole, ma vedeva alcune stelle. 

Erano esse a generare quel tiepido calore? E a proposito...

...strano. 

I suoi vestiti non si erano bagnati. 

Dove... dov'era finito...? 

Una domanda perfettamente lecita, soprattutto per una persona ignorante come lui. 

Prese alcuni esitanti passi nella sabbia. Quel singolo atto aumentò il suo senso di stranezza, anche se non riuscì a capire il perché. 

Si fermò presto. Era confuso. Era spaventato. E aveva appena sentito una voce. 

La voce di un uomo lontano, intento a completare la propria passeggiata giornaliera, canticchiando una vecchia canzone tra sé e sé, di solito mai udito. 

Ma lui lo sentì. 

E corse nella sua direzione. <<Hey! Aspetta!>>

L'uomo, naturalmente, si fermò. 

Fu così che Jacob Aiagon lo vide in faccia, un anziano con un lungo abito grigio, capelli e barba bianca, le fattezze generali che riconobbe per prime. Solo dopo notò la benda sull'occhio sinistro, il braccio destro chiaramente rotto, la scheggia metallica nella fronte sanguinante. 

In altre parole, fu così che quel ragazzo incontrò me. 

<<Benvenuto, Jacob. Piacere di conoscerti.>> salutai. 

Nonostante la mia gentilezza, lo vidi ancora più sorpreso. <<Tu... sai già chi sono...?>>

<<Come potrei non saperlo? Sono un grande appassionato.>>

<<Eh-?>>

Dicevo sul serio. Era soltanto un onore incontrarlo faccia a faccia. Quel che questo giovane aveva fatto... le mie imprese impallidivano di fronte alle sue. E soprattutto...

<<Grazie per esserti occupato di Arsalan dopo di me.>> dissi, mettendogli una mano sulla spalla. 

...hah. Lo vedevo nei suoi occhi. 

Mi riconosceva, e pronunciò il mio nome. 

<<Daniele... Tobia... Abel.>>

Io non potei che annuire. <<Hai fatto un ottimo lavoro.>>

<<Questo posto...?!>> Si guardò intorno, in basso come in alto, con estrema fretta. <<No, la domanda è come sono finito qui?!>>

<<Ti ci ho portato io. Altrimenti avresti usato i mezzi convenzionali. Ma il tuo posto non era qui.>>

<<E dove, allora?>>

<<Hmmmm.>> Finsi di ragionarci. <<Sopra, mi pare. Oppure di sotto. Chi si ricorda più!>>

<<Lascia perdere.>> sospirò lui, chiaramente meno innervosito della maggior parte di tutti gli altri a cui avevo detto la stessa battuta. <<Perché mi hai portato qui?>>

<<Cammina con me.>>

Gli porsi il braccio. 

Senza discutere, lui lo accettò, e mi seguì attraverso la spiaggia. 

Questa costa beata da Dio, dove avvengono tante ultime discussioni tra amici che non si vedranno per millenni, e dove quelli che si sono lasciati anni fa possono baciarsi di nuovo. 

Questo mondo ordinato dal Signore, dove un'opportunità è data a coloro che non hanno mai raggiunto la perfezione. 

Deve essere il mio preferito, e penso che anche a Jacob sia piaciuto. 

Continuava a guardare il mare, come ipnotizzato dal rumore delle onde. 

Poi parlò. <<Tu non hai ombra.>>

<<No.>> confermai, sorridendo. 

<<Il tuo corpo, intendo. Non proietta alcuna ombra.>>

<<No.>>

<<E nemmeno il mio.>>

<<No.>>

<<...Daniele, cosa ci faccio qui?>>

Tutti i nostri passi si fermarono. 

<<Sei morto, Jacob.>> risposi <<La tua vita è finita.>>

Non ci fu sorpresa, ovviamente. Gli era già chiaro. Ci fu solo... non so cosa fosse. Indignazione, forse. 

<<Non posso essere morto.>>

<<Sei morto.>>

<<Solo... così?!>>

<<Il tuo stato fisico e mentale è degradato fino ad ucciderti.>>

Lo vidi indietreggiare. Non aveva paura di me o di questo posto. Temeva... qualcos altro. 

Per quanto fosse un libro aperto in Terra, ora che era qui diventava impossibilmente criptico. 

<<...ma... ma...>>

<<Cosa, Jacob? Ti aspettavi andasse diversamente?>>

<<Io...>>

<<Pensavi davvero che tutti morissero di vecchiaia, seduti nel proprio salotto?>>

<<...stai arrivando a qualcosa.>>

Certo. Non parlo mai a vanvera. Ma in quell'occasione, scrollai le spalle. <<Io sono qui per i fatti. Fatto sta che sei morto alla giovane età di->>

In qualche modo, mi afferrò per il colletto del vestito, interrompendo quel che stavo dicendo. <<Non ho nemmeno avuto l'opportunità di... finire...>>

<<Finire la tua missione? La tua ricerca per la strada corretta, intendi?>>

<<...no.>>

<<Cosa volevi finire, Jacob?>>

Eccolo lì. Il dubbio, come un veleno attraversava la sua esistenza. 

Il suo nuovo mondo aveva difficoltà a nascere. Tuttavia, se dovessi dire che aveva bisogno di me, starei mentendo...

<<...penso tu abbia già capito. In questo luogo, in questo tempo, puoi davvero provare l'unica verità che esiste.>>

<<...in questo luogo...>> ripeté il ragazzo <<Rimosso da ogni fenomeno esterno... e in questo tempo...>>

Quel corpo era freddo, probabilmente perché non era un vero corpo. Un costrutto creato da Dio, una forma impura di vita. 

<<Sono stato... così... stupido...>>

<<Cosa volevi finire, Jacob?>>

Per questo tutto ciò che avrei dovuto sentire era la sua anima. 

E perciò, quel potente calore non poteva provenire che dal suo stesso cuore. 

Così come le sue parole. 

<<...volevo solo... proseguire... ed arrivare.>>

Jacob Aiagon... l'avevo pensato come una specie di figlio, una volta. Un successore spirituale. 

Ma ora capisco che non potremmo essere più diversi. Il suo destino sarebbe stato diverso dal mio. Non più grande, non più piccolo. 

Lo guardai negli occhi, i suoi veri occhi, e vidi quello che avevano visto tutti gli altri. Non c'era nulla che volesse più di vivere. 

...io avrei garantito quel desiderio. 

<<Allora sei pronto per tornare.>>

In una delle tasche interne del mio abito, tengo ancora quell'arma maledetta. 

Una vecchia pistola che si è sporcata del sangue di innumerevoli vite. 

Il Giudice esitò, vedendomi tirarla fuori. Ma quando la puntai verso l'orizzonte sopra il mare, lui si distrasse guardando in quella direzione. 

L'ultima cosa che gli dissi fu un sussurro: <<Saluta Arsalan da parte mia... digli che ci vedremo presto.>>

E quando sparai nel nulla, nel nulla Jacob scomparve. 

Trascinato da un proiettile di luce, trasportato in un istante nel suo mondo mentre la sua mente gridava. 

Non gridava di terrore. I suoi pensieri erano chiari e distinti. 

"Sì... ora ho davvero capito, Daniele."

"La mia missione... era una paura."

"La mia paura... un errore."

"Io ho sempre sbagliato."

"Forse sempre sbaglierò."

"...ma non posso temere ciò."

"Non posso cercare la via corretta."

"Al bivio, devo solo proseguire. Mai fermarmi. Mai dubitare. O la strada non si percorrerà mai."

"Un giorno, mi spegnerò per sempre. Ma non sarà tra lacrime e dolore."

"No. Quando il momento verrà, io..."

"Io..."

...io non esiterò più. 

Il mio nome è Jacob Aiagon. 

Ero morto circondato da fantasmi, ma ora...

Prima le gambe. Poi le braccia. 

Lentamente mi rimetto in piedi. 

E rimarrò tale per sempre. 

Di fronte a me, Re Salomone indietreggia, così come Mara. <<Tu... che cosa è successo?!>>

I Demoni rimangono paralizzati, incapaci di parlarmi oltre. 

Anche loro... tutti loro volevano solo ciò che era bene per me. Ma adesso, è finita la ricerca. 

Questa è la mia anima. 

Con un gesto della mano destra, li faccio scomparire. Il Supermaestro, An, Elizabeth, ridotti in polvere. 

Alla mia sinistra, li elimino ugualmente. Padre Thomas, la Quiner, Devadatta. 

Le sue pupille rosse e il suo sorriso sarcastico sono gli ultimi a scomparire. <<Hah... che ti avevo detto?>>

Mi giro, verso l'ultimo Demone. 

<<...tu sei morta.>> dico a Diana Abel. <<Ormai... sei morta.>>

La bambina annuisce. <<Ciao ciao.>> Quando svanisce, mi lascia solo un gatto, che prendo tra le mie braccia. 

<<...avrei dovuto ascoltare la tua saggezza sin dall'inizio, Nathan.>>

Risponde con un miagolio, che interpreto come un'affermazione della propria superiorità. L'eco del suo verso rimane anche dopo di lui. 

Mara entra nel panico, e mi assale. <<Che stai facendo?! Che cosa pensi di->>

<<La mia anima, Re Demone.>>

Non può farmi nulla. Desidero che sia disintegrato, e lo vedo accadere di fronte ai miei occhi. 

Quanto a Salomone, che ora mi sta guardando soddisfatto... <<Ah, Jacob, sono contento che tu abbia deciso di accet->>

...anche di lui mi libero con uno sguardo. 

<<La mia scelta.>>

Il buio senza tempo, con un lampo di luce, si trasforma in una stanza. 

È vecchia, disordinata, piena di cose inutili. In un angolo, su una poltrona, siede un uomo vecchio, e accanto a lui, c'è un bambino dai capelli scuri. 

"...la mia, e di nessun altro."

<<È ora di andare.>> dico al piccolo. Gli tendo una mano. Lui la accetta con un po' di timore, e mi segue attraverso la porta. 

Ma sono io a fermarmi quando l'uomo parla alle mie spalle. 

<<Pensi davvero che sarai felice, così?>>

Non c'è acidità, non c'è rabbia. Così rispondo in modo altrettanto genuino, con un sorriso. 

<<Mi fai l'unica domanda a cui ho una vera risposta. Sarò felice, nonostante tutto.>>

<<Anche se stai camminando un'incertezza?>>

<<Camminerò un milione di bugie prima di fermarmi per cercare una verità.>>

Lo guardo in faccia un'ultima volta, e saluto. 

<<Buonanotte, nonno.>>

Quando chiudo la porta... penso di vederlo felice. Un'ultima volta. 

...e questo luogo. 

Questa è la sinagoga in cui sono stato... in cui non sono mai tornato. 

In fondo all'edificio, eccola lì. 

Una Spada infissa nel pavimento. 

Ma tra me ed essa, c'è un'ultima visione. 

Senza muovermi, lascio che la donna si avvicini a me. 

<<Sei davvero cresciuto.>> dice Lucia Celesti. <<Dovresti esserne fiero.>>

<<Non ho ancora finito.>>

<<No.>> conferma <<Ora devi fare un'ultima scelta. Cosa farai con la tua nuova vita?>>

La guardo compiaciuto, ma in realtà, non c'è più niente da scegliere. 

I miei pensieri viaggiano in sincrono con il mondo. Dietro di me c'è un'uscita che potrei prendere. So che potrei prenderla. Ho la possibilità di farlo. 

So anche che non lo farò. 

L'unica cosa a cui sono attratti i miei occhi è la luce riflessa su quella Spada. 

Proprio come ho detto... non avrò alcun dubbio. Che la mia mente si ribelli. Che il mondo mi suggerisca questo sia sbagliato. Non mi resta che avanzare. 

<<Allora hai la mia benedizione.>>

Lucia prende il mio volto fra le mani e bacia la mia fronte. 

Poi strizza un occhio. <<...con qualcosa in più.>>

Senza che sia io a ordinarlo, si trasforma in polvere di stelle, e vola via. 

Lasciando solo me di fronte ad un cammino. 

Proseguo senza mai fermarmi.

Sembra un'eternità. Sembra anche durare un solo attimo. Entrambe sono menzogne, entrambe per me sono reali. Tendo la mia mano disperatamente e pieno di speranza. 

Quando afferro la Shamshir-e-Zomorrodnegār, tutto si ferma per un attimo. 

Non ci sono esplosioni di luce, non sento la voce di Dio nella mia testa. Perciò sono io a recitare la formula, l'unica parte che mi interessa. 

<<Angelo... di Dio.>>

E come vetro infranto, tutto il resto crolla in un secondo. 

Questo è il mio vero corpo. Questo è il vero mondo. 

Ancora una volta, rimango nel mio appartamento, solo e...

<<...cosa...?>>

...pieno di forza. 

No, questa non è forza, questa è...

I miei arti sembrano fluorescenti. Nelle mie vene circola adrenalina pura. Il mio cervello percepisce gli atomi tra gli oggetti. 

Questa è Luce Divina. 

Dalla mia fronte, sento due voci. Le grida spaventate di due re, un re demone ed un re santo. 

<<...questo lo chiami qualcosa in più?>> mi dico, non riuscendo ad evitare di sorridere. 

La Spada Sacra si è riunita nelle mie mani. 

L'antico anello è al mio dito. 

Il mio cuore batte per una sola persona. 

Sono pronto, ora, per andare ad uccidere Andromalius. 

Salvare Arsalan. 

O morire nel provarci.