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Quid Est Veritas

24 Novembre 2020
Notte

C'erano tre umani. 

Tre umani che un tempo erano stati Giudici, ma ora avevano perso quel titolo. 

Nonostante ciò, si incontrarono lì. Nonostante non avessero più nulla in comune. 

Se non la sconfitta. 

<<...sono tutti andati.>> riuscì a dire Jacob, seduto sul proprio letto. <<Andromalius li ha presi.>>

Di fronte a lui, Risa Dascira. <<Zedel se n'è andata di propria spontanea volontà. Ma comunque...>> Strinse il pugno con una moneta italiana dentro. 

<<...diceva di non essere un assassino.>> aggiunse Simona Paldim <<Invece... l'ha uccisa. Di fronte ai miei occhi.>>

Quanto al ragazzo...

...lui non sapeva cosa fosse successo ad Arsalan. 

Non sapeva se si fosse fatto assorbire, o se fosse stato assorbito con la forza. 

E a questo punto, non l'avrebbe saputo mai. 

Temeva... che non avrebbe saputo mai più nulla. 

Si mise in piedi. <<E ora? Che cosa->>

Le sue gambe caddero sotto il peso del corpo. 

Fu preso al volo da Simona, e rimesso a sedere. <<Oy, che cosa ti è successo?>>

<<Penso...>> Sudore. Battito veloce. Caldo. Freddo. Quando parlava, la sua gola si faceva secca. <<...di avere... febbre...>>

<<La tua fisionomia sta reggendo al cambiamento peggio di quanto immaginassi...>> disse Risa <<Vuoi che chiami Rhoda per aiuto...?>>

<<Non coinvolgerla in questo!>> gridò lui <<Rispondi alla mia domanda! Che cosa faremo... ora...?!>>

Ottenne qualche secondo di silenzio, silenzio quasi perfetto, rotto, inizialmente, solo da un'acuta, piccolissima vocina negli angoli della sua testa. 

Infine, Simona lo concluse del tutto. <<Andrò a salvare Raguel, ovvio.>>

<<...morirai. Ha già dimostrato intento omicida. Morirai.>>

<<Probabilmente.>> La sua espressione determinata non cambiò, la tensione nelle sue braccia rimase costante. <<Per lei? Sono disposta a farlo.>>

<<Anche quando ti ha chiesto di non farlo?>>

<<Proprio per quello.>>

Fu tutta la risposta che diede, come se fosse completamente esplicativa. 

<<E tu, Risa?!>> Alzando la voce, a Jacob venne un fitto di tosse. <<Non dirmi che... anche tu...>>

La ragazza italiana lo guardò in silenzio. Alzò la moneta da cinquanta centesimi che teneva in mano. 

Dopo averla fatta roteare nell'aria fino a quasi il soffitto, e aver controllato il risultato...

La gettò violentemente sotto un mobile. 

<<...ho fatto la mia decisione. Ucciderò Andromalius. O anch'io morirò nel tentare.>>

<<Come?! Come avete intenzione di fare?!>> sbraitò. 

<<Abbiamo ancora questi.>> Aperto un palmo, evocò i Chiodi Sacri, in un breve bagliore. <<Sono ancora legati a me. E hanno già ucciso quell'uomo una volta. Ma non basteranno.>>

Certo che no. Anche con quel mal di testa assordante, Jacob aveva abbastanza potere cerebrale da capire che le decine di migliaia di vite possedute da Andromalius non potevano essere prese da qualche umano con dei proiettili. E del resto...

<<Anche se doveste riuscirci...>> disse il ragazzo. 

<<È vero. Gli Angeli sono sotto forma di Ousia, ora, quindi trasformati in carburante per le sue vite. E non sapremmo comunque come ristorare la loro forma normale, dopo. Per questo abbiamo anche un'arma segreta... non dobbiamo preoccuparcene, dobbiamo solo ucciderlo.>>

Un'arma segreta...? Qualcosa capace di annullare l'assorbimento, e ridare all'Ousia la sua forma originale...? 

Sperava avessero ragione. Sperava davvero avessero un'opportunità di vincere. 

Ma comunque...

<<...non basterà.>>

<<Lo sappiamo.>> rispose Simona <<Per questo ci serve la tua Spada.>>

<<Spada...?>>

Al solo dire quella parola, la Shamshir-e-Zomorrodnegār apparve accanto a lui. 

<<Taglia attraverso l'Ousia, sì, ma sappiamo tutti che nel mondo fisico nulla, mai, si distrugge davvero. Nemmeno quest'Arma può eliminare del tutto la Luce Divina.>>

<<Abbiamo un piano. Abbiamo i mezzi.>> disse Risa <<Abbiamo la volontà. Abbiamo... una possibilità.>>

Una possibilità...

Lui non sarebbe potuto essere lì. Era a malapena capace di muoversi. Quella battaglia era praticamente estranea a lui. 

E tuttavia, aveva ancora il diritto... il dovere di fare una scelta. 

<<...hai visto dei ricordi anche tu, vero?>> gli chiese lei dal nulla. 

<<...quando ho combattuto il mio primo Demone, volevo lasciarlo a morire. Ho lasciato Arsalan a morire ma è sopravvissuto. E ora scopro... che l'aveva sempre saputo.>>

<<Ha sempre saputo che stavi cercando di ucciderlo.>> disse Risa. 

<<Ha sempre saputo che non volevi essere Giudice.>> disse Simona. 

Annuì debolmente ad entrambe. 

Quelle parole facevano solo girare di più la sua testa. Anche da seduto, aveva la sensazione di state per precipitare giù. 

<<...sono così stanco.>> mormorò. 

Le due non parlarono. 

<<Non so... non so cosa fare... non so cosa pensare... non so cosa voglio, non so cosa sono, non so cosa succederà, non so cosa... cosa...>>

Che schifo. 

Si sentiva solo di... di ammazzarsi, brutalmente, ma non per morire. Solo perché... voleva...

<<...voi invece... sapete tutto.>>

Risa si fece avanti. <<No. Ma sappiamo che dobbiamo fare questo. Per loro, e per noi.>>

<<...anche se significa morire e non lasciar nulla dietro.>>

Simona gli si sedette accanto. <<Non pensare che l'idea di abbandonarti sia facile.>>

...no, non ce l'aveva con loro. Non molto, almeno. Soffriva al pensiero che si stessero suicidando. Ma la sua mente... la sua stupida, infiammata mente... era altrove. 

<<Prendete la Spada.>> concluse <<E per favore... se non potete fare nient'altro... se siamo davvero senza potere... almeno, assicuratevi che non si dimentichi di voi per tutta la sua vita immortale.>>

La ragazza al suo fianco gli diede un abbraccio, e gli rivolse un sorriso non corrisposto. <<Anche la vittoria più piccola, la terremo stretta.>>

Quanto a Risa, gli diede un bacio sulla guancia. <<...a dopo, Jacob.>>

Presa la sua Spada Sacra, si diressero verso la porta. 

XX:XX

Jacob non aveva idea di che ora fosse quando si alzò. 

Si rivolse alla finestra, ma la flebile luce delle stelle gli fece male agli occhi. Così chiuse velocemente le tende. 

Il suo corpo esigeva riposo. Sentiva che se non fosse tornato a letto, avrebbe avuto un attacco di cuore. Ma non poteva. 

Quella voce... quella lievissima voce nella sua testa... era ancora lì... e non capiva da dove provenisse. 

Cercò di respirare. 

<<Hahhhhh... perché... haahhhhhh...>>

Anche se incapace di pronunciarla, quella domanda rimaneva. 

Perché a lui? 

Perché non poteva solo vivere come una persona normale, senza temere la propria esistenza? 

Perché doveva aver incontrato Arsalan, perché doveva esserci avvicinato tanto a lui, perché doveva perderlo proprio ora? 

Perché stava male? Perché stava sempre male? 

Perché, anche dopo tutto ciò, non poteva solo morire? 

...no, non era morire che voleva. 

Voleva... l'esatto opposto. 

Voleva essere immortale, non aver paura di nulla, non avere paura che una sua decisione potesse rovinare tutto. Voleva che niente finisse mai. Voleva fosse tutto fermo per lui. 

Ma per lui non lo sarebbe mai stato. 

Si appoggiò ad un mobile. 

Il contatto attraverso i polpastrelli era completamente diverso, ora. Non stava toccando nulla. Era lontano dal mondo, a contatto con qualcosa di falso, una recita, una copia a metà strada tra lui e la realtà. Questa era la sensazione. Non era più dentro il mondo. 

In uno scatto di rabbia, lo rovesciò addosso a sé stesso. 

Dolore. 

Quello, lo sentiva ancora. 

E la voce nella sua testa...

<<È perché tu sei come me, negli occhi del tuo Dio!>>

Chi...? 

Adesso la sentiva chiaramente, e riusciva ad identificare la provenienza. 

Nell'angolo della stanza, prima coperto da quel mobile. 

C'era... c'era...

<<Non hai un vero scopo autonomo, per Lui!>> disse la mosca, intrappolata in una tela nel pavimento <<Servi solo a ripulire l'ambiente, magari, o ad essere mangiato da gente più importante! Ma quando sarai troppo vicino, ti schiaccerà senza pensarci due volte!>>

Stava... Jacob stava per vomitare. La realizzazione che stesse andando di matto lo faceva vomitare. 

<<Non l'ascoltare!>> gridò un'altra voce. 

Dal muro scese un minuscolo ragno. 

<<Sicuro, potrai anche essere insignificante e facile da uccidere, ma nel tuo breve tempo puoi costruire grandi cose...! Grandi per te, almeno. E questo dovrebbe bastarti!>>

<<F... fate silenzio!>> Il ragazzo indietreggiò. <<Sto... allucinando di nuovo! Non devo ascoltarvi!>>

<<Ah, io ci ho provato.>> sospirò la mosca. 

<<Zitta, tu!>> ribatté il ragno. Con quelle otto gambe, si diresse verso di lei. 

Jacob aveva chiuso gli occhi, nel tentativo di non sentire più. Ma le loro voci non si interruppero, nemmeno quando la mosca gridava, straziata dal veleno del quale il ragno la stava riempiendo. 

<<Hahhhhh... devo... tornare... a...>>

<<Tranquillo, è solo un effetto del mio anello.>>

...questa la riconosceva. 

E sarebbe dovuto essere impossibile che fosse lì. 

Aperti gli occhi, il ragazzo vide, di fronte a sé e seduto sul suo letto, Re Salomone. 

<<Ai miei tempi lo ritenevo un potere banale, ma ora so che anche se gli animali potessero parlare, non avrebbero comunque l'intelletto per esprimersi. Quindi, mi chiedo esattamente come funzioni...>>

<<-se tu sei qui... questa non può essere la realtà.>>

<<Realtà? Interessante che ancora parli in questi termini.>> Il Re si alzò, e approcciato Jacob gli mise una mano sotto il mento. <<Se posso toccarti, devo essere reale. Ti basta come risposta?>>

Questa... doveva essere finzione, Salomone era poco più di un fantasma nascosto dentro la sua anima, non poteva essere lì con lui...

Ma le sue dita accarezzavano ancora il suo volto, e il suo corpo aveva la stessa sensazione di tutto il resto. 

E se lui era lì...

Lentamente, Jacob spostò di nuovo lo sguardo sul letto. 

Ora c'era qualcun altro. 

<<Siete faccia a faccia, finalmente.>> disse Mara <<Ma non posso certo lasciarvi soli.>>

Il Deva saltò, lanciò via Salomone verso un muro, e cadde addosso al ragazzo. 

<<Jacob. Jacob. Jacob.>> Con una lingua proporzionata alla sua enorme bocca, gli leccò la faccia. Non come un cane. Come un uomo. <<Ascoltami. Qualsiasi cosa stai pensando di fare, non farla.>>

<<I-io... non posso fare nulla...>>

Stavolta fu Salomone a levare Mara di torno, e rivolgersi a lui. <<Jacob, la tua condizione non è fisiologica. È mentale. Sei perfettamente capace di uccidere Andromalius e riprenderti Arsalan.>>

<<Mentale?! Tu...>>

Il Re Demone si aggrappò al suo corpo, e sussurrò nell'orecchio di Jacob: <<Ma perché dovresti farlo? Smettere di essere Giudice è ciò che desideravi, no?>>

<<No, non lo era!>> gridò Salomone <<Jacob, tu desideri Arsalan, non è così?>>

<<Io... io...>>

Cercò di alzarsi prima di rispondere. A metà strada il suo cuore cominciò a battere troppo forte. <<Hahhh...>>

<<Quel bastardo voleva solo trasformarti in un'arma divina! Non gli importava di te, o ti avrebbe lasciato andare la prima volta che ha scoperto che non volevi essere Giudice!>> sibilò Mara. 

<<Il ragazzo soffre senza di lui!>>

<<Il ragazzo soffriva peggio con lui!>>

<<Le cose sono cambiate!>>

<<Lo sono?! Quell'Angelo è rimasto sempre lo stesso! Non è stato solo il suo atteggiamento a ferire Jacob, è stato l'obbligarlo a combattere Demoni!>>

<<Non dovrà più farlo, ricordi? Sono tutti scomparsi.>>

<<Ma ne avrà creati altri solo nell'ultimo giorno, per non parlare del prossimo Anticristo. Finché rimane un Giudice, dovrà soffrire.>>

<<Per lui, potrà sopportare ogni cosa! Non è così, Jacob?>>

Il ragazzo... non riusciva... a respirare... <<Lasciatemi...>>

Mara attaccò Salomone. <<Andiamo, allora, perché non riveli la tua idea all'umano?>>

Il Re gli lanciò un'occhiata furiosa. 

Poi andò ad aiutare Jacob a sollevarsi e a far partire i suoi polmoni. <<...quando hai perso il tuo Angelo Custode, la posizione è rimasta vacante. L'ho occupata io.>>

Occupato...? Quindi, Salomone stava dicendo... che adesso era lui, il suo Angelo Custode? 

<<Per tua fortuna, so anche come forzare una trasformazione in Giudice.>> continuò <<Ci serve solo la Shamshir-e-Zomorrodnegār.>>

<<Mi hanno... detto... di non...>>

<<Già. Ti hanno detto di non rievocarla. Perché se lo facessi, tornerebbe in un solo pezzo, e loro rischierebbero di morire. Ma è un rischio che dobbiamo correre.>>

<<Cosa...?!>>

<<Hah.>> rise Mara <<Non capisci? È questa la sua motivazione. Nemmeno Salomone qui vuole che tu sia un Giudice. Ma vuole ancora meno che tu sia vicino con quelle due donne. Solo per questo ti sta chiedendo di salvare Arsalan.>>

<<Jacob, avrai di nuovo il potere di un Giudice, e io quello di un Angelo. Risa e Simona saranno indifese per il misero secondo che ci impiegheremo a raggiungerle. Fidati della mia saggezza->>

<<Sei disposto a rischiare di lasciar morire le tue amiche per un Angelo?>> domandò il Re Demone avvicinandosi impunito <<Sicuro, stai solo alzando le probabilità di qualcosa di già probabile. Ma vuoi davvero salvare Arsalan? Ti ricordo che lo odiavi circa un giorno fa.>>

Arsalan...

Sì, lui... lo odiava... lo odiava così tanto, e voleva ucciderlo, strangolarlo con le sue stesse mani... ma ora... ma ora...

<<Ti stai evolvendo come al solito, Jacob! Questo tuo affetto per lui è solo qualcosa di temporaneo, che cambierà, e tu lo vedrai come uno spreco di tempo e ti pentirai di averlo lasciato vivere!>>

Questo...

Poteva forse negare di averci pensato anche lui? Poteva forse negare che quel che diceva fosse già accaduto decine di volte? 

Dove poteva trovare la sicurezza che non sarebbe stato così, stavolta? 

Non poteva, e non l'aveva. 

Tutto ciò che vedeva nel suo futuro era un ciclo di morte e rinascita creato dal suo stesso terrore, una ricerca infinita, odio e amore per le stesse persone, pentimento, ricordi delle vie errate per un'ultima ora, un ultimo pianto prima di chiudere gli occhi per sempre. 

Non aveva motivo di pensare che sarebbe stato diverso, non poteva permettersi di credere che di Arsalan non si sarebbe pentito. 

Ma quel che desiderava... era...

<<Lasciatemi stare!>> gridò. 

In qualche modo, riuscì a scrollarseli di dosso, e corse. 

Corse fino alla porta, scappò nel corridoio, e se la chiuse alle spalle. 

Non li sentì più. 

Adesso c'era solo lui. 

Solo lui nel buio. 

Solo lui in quel...

Corridoio...

Quel... lunghissimo... corridoio...

...no, Dio santissimo, no. 

<<E dimmi, Jacob...>> chiese la Dottoressa Quiner <<Cosa ti fa pensare che sarebbe giusto, per te, uccidere Andromalius?>>

24 Novembre 2020
Mattino

Andromalius guardava il sole nel cielo. 

Quella stella, per lui, era come il volto di Dio. Il Dio che tanto detestava da quando aveva scoperto che esistesse. 

Adesso avrebbe avuto quel che era giusto. 

Tutto il grano nei campi intorno a lui fu mosso dal forte vento. 

Durò un attimo, poi si interruppe. 

L'uomo schioccò le dita. 

Dal suo corpo uscì un raggio di Ousia che distrusse ogni singola spiga, ogni recinzione, ogni fiore nei paraggi. 

Rimase una distesa vuota. Si fermava a metà di altri campi da un lato, e ai confini del bosco dall'altro. Le dimensioni adeguate per ciò che voleva fare. 

Alzò un braccio. 

Metri, chilometri sopra di lui, cominciò a nascere il simbolo. 

Un cerchio. 

Poi un altro. 

E le connessioni. 

In pochi secondi, la Luce Divina aveva formato il suo Albero della Vita. 

Splendente, immobile nel cielo. 

Contenente l'Ousia di un singolo Angelo in ciclo eterno. 

Quello era il primo passo. 

<<...come sopra, così sotto.>>

Dal corpo di Andromalius esplose una cascata di Luce. 

Una caduta inversa, nel quale ciò che stava dentro di lui convergeva verso l'Albero. 

Stava rimuovendo l'Ousia da dentro di sé, pur rimanendo connesso ad essa, e la stava posizionando per il rituale. Una volta che trasferita tutta, l'Albero della Vita sarebbe potuto implodere, e avrebbe creato l'eternità. 

In altre parole, quello era il momento giusto per colpire. 

Un grilletto fu premuto, e prima che potesse accorgersene, un Chiodo attraversò il petto di Andromalius. 

L'uomo gridò, ma il dolore durò un solo attimo. 

<<Risa Dascira.>> chiamò <<Quindi, anche se il tuo Angelo si è offerta a me spontaneamente, hai deciso di sfidarmi.>>

La risposta fu un altro Chiodo, stavolta nella nuca. Ancora, fece male per poco. 

<<...molto bene. Non posso muovermi da qui senza rovinare il rituale, e le mie vite diminuiscono ogni secondo. Tuttavia, non pensare ciò mi lasci indifeso!>>

Un altro Chiodo. 

Questo... gli permise di capire da dove proveniva. 

Era dietro di lui, nascosta nel bosco ad almeno due chilometri di distanza. 

Si girò, quel tanto poteva farlo, e mentre la cascata procedeva in autonomia, ripose la propria attenzione a lei. 

Non la vedeva. Non sapeva esattamente quando o da dove sarebbe arrivato. 

Ma nel momento in cui sentì il suono dello sparo, alzò una mano, e creò un raggio d'Ousia in quella direzione. 

Anche se Risa Dascira poteva evocare quei Chiodi quante volte voleva... i Chiodi stessi erano solo quattro. E se uno veniva disintegrato, quel numero diminuiva fino a diventare zero. 

Vide il proiettile volare verso di lui, in rotta di collisione con la sua Luce Divina. 

La cosa che vide dopo...

Fu quello stesso proiettile tagliare quella stessa Luce in due come burro. 

<<Cosa-?!>>

E conficcarsi nella sua mano. 

<<Quella maledet->>

Non gli diede il tempo di guarirlo. Uno dopo l'altro, i Chiodi lo uccisero attraverso la fronte, il cuore, lo stomaco, e la gola. 

<<...ta... maledetta... maledetta...>> ansimò Andromalius, ripresosi subito <<Deve... deve aver fuso quella Spada in metallo... e ricoperto i suoi Chiodi con esso... per una misera... speranza...>>

La Luce ancora fluiva nell'Albero con lui sotto. Questo non era cambiato. Un'altra persona si sarebbe potuta scoraggiare. 

<<...ma io non ho più il privilegio di scoraggiarmi.>> mormorò Risa tra gli alberi. 

Se lui non si muoveva, nemmeno lei l'avrebbe fatto. Rimase dietro quella roccia con il proprio fucile in mano. 

Si sentiva, in realtà, un po' disgustosa ad usare un'arma datale dal Vaticano. Si disse che anche quello del disgusto era un privilegio che non aveva. 

Velocemente, ricaricò con i quattro Chiodi, e prese di nuovo la mira. Stavolta alzò il tiro, direttamente sulla cascata. 

<<Vediamo... cosa succede... se...>>

-fu interrotta da un bagliore nella coda dell'occhio. Aveva una mezza idea di cosa fosse, e reagì come se ne fosse certa. <<Simona!>>

L'altra ragazza dietro di lei si stava già muovendo. 

Prima che quel raggio di Ousia le colpisse, lo distrusse con un dito. 

<<...per poco.>> disse <<Pensi se ne sia accorto?>>

<<Sì, ma mi farò bastare la confusione.>> Sparò di nuovo. 

Come previsto, Andromalius aveva percepito che il suo attacco era stato nullo, ed era rimasto sorpreso per un momento. Un lungo momento nel quale fu colpito al cuore quattro volte. 

<<Tra il morire ed il guarirmi... devo aver sprecato già... una ventina di Angeli.>> ragionò l'uomo, innervosito <<Ma posso permettermi di perderne... ancora... sette volte tanto. Andiamo, maledetta, non puoi vincere!>>

Stavolta rivorse verso la fonte degli attacchi tre raggi di Luce, in arrivo da tre direzioni diverse. 

Ancora una volta, li sentì venir distrutti. 

<<...non sei sola, dunque. C'è anche Simona Paldim? Forse persino Jacob? Non importa. Questo vi sistemerà.>>

Come prima, le due umane videro Luce in arrivo. Ma quel raggio non si avvicinò a loro abbastanza perché Simona potesse distruggerlo con le proprie mani. Risa se ne occupò con un Chiodo, solo per scoprire che ce n'era un altro. 

Non fece in tempo a fermarlo. Distrusse uno degli alberi. E poi un altro. Ed un altro. 

<<...dobbiamo andarcene.>>

Corsero nel bosco che crollava intorno a loro. Alcuni di quei tronchi erano abbastanza alti che le avrebbero totalmente schiacciate. 

Da una parte, Andromalius poteva attaccare solo in raggi di breve durata che eliminavano multipli alberi. 

D'altra parte, loro non erano abituate ad essere così lente, ed avevano un'arma di metallo con sé. Era quasi come correre una maratona. 

<<Risa, attenta!>>

Simona si mise di fronte a lei e bloccò un altro raggio in arrivo. 

Era l'unica cosa che potesse fare per salvarla, naturalmente. Ma significava anche che adesso Andromalius sapeva dove fossero. 

E rivolse tutta la sua attenzione su di loro, un lampo di Luce Divina alla volta. 

Simona fece del suo meglio per cancellarli tutti. <<Non... diceva... di... odiare... l'omicidio?!>>

Accanto a lei, Risa tentava di fare lo stesso con spari lenti. <<Mai quanto l'idea di fallire, suppongo.>>

Oh, ma qualcosa che odiasse più del fallimento c'era, ed era il vederle sopravvivere tanto a lungo. 

Che fosse davvero a rischio o meno, Andromalius cominciava a temere per le proprie riserve di Ousia. Perciò fece quel che riteneva necessario. 

Risa notò come stava muovendo le braccia, e capì cosa stesse facendo. <<Simona-!>>

Lo videro arrivare. Un ultimo attacco, come una falce, in un raggio da sinistra verso destra, poi da destra verso sinistra. Fatto per distruggere immediatamente l'intero angolo di bosco in cui si trovavano. 

Se non l'avessero saputo in tempo, sarebbero rimaste incenerite. Ma Simona, piazzatasi dietro dell'amica, riuscì a difendere entrambe da entrambi i raggi. 

Le punte per i suoi guanti, fatte con il metallo della Shamshir-e-Zomorrodnegār, erano soltanto nei suoi indici e diti medi. Perciò l'effettiva area di scudo era piccola. 

Loro non furono colpite, perché l'attacco era sottile. 

Tuttavia, gli alberi che aveva tagliato in due stavano cominciando a cadere da ogni direzione, lasciando loro zero vie di scampo. 

...ad eccezione di una. 

Senza pensarci nemmeno, camminarono in avanti, nella direzione di Andromalius. 

Uscirono dal bosco, che ormai avrebbe perso quella denominazione, e si ritrovarono in quel campo desertico. Erano a meno di mezzo chilometro da lui, ora, allo scoperto. 

<<Eccovi, finalmente.>> disse l'uomo. La sua luce ascendente era quasi accecante per loro, la sua voce tuonante. <<Vi ho detto più volte che non amo uccidere. Se sarete disposte ad arrendervi e smettere di sprecare il mio tempo, non vi tratterrò.>>

<<...non ami uccidere, dici.>> ripeté Simona. 

Lanciò un'occhiata a Risa, la quale annuì. 

Con il suo permesso, Simona corse verso Andromalius. <<Non... ami... uccidere?>>

Lui cercò di respingerla con un raggio. Lo tagliò in due. Fece lo stesso ai seguenti. 

E quando fu esattamente di fronte a lui, gridò: <<Allora... perché... hai preso Raguel?!>>

<<...io ti ho permesso di arrivare fino a qui.>>

Andromalius la afferrò e sollevò per il collo. 

<<Lo ammetto. È stata una mossa da codardo.>> disse l'uomo <<Dopo Arsalene e Zedel... ero così vicino. E non ho resistito.>>

Non l'avrebbe soffocata, a giudicare dalla stretta. Ma non poteva liberarsi. E quella cascata di fronte a lei...

<<Tuttavia, ho avuto il piacere di vedere alcuni dei ricordi della tua Raguel. L'ultima cosa che ti ha detto, la sua ultima richiesta, fu esattamente di non fare ciò che stai facendo ora. Sai cosa desidererebbe lei, Simona? Che tu riuscissi a proseguire la tua vita. Invece la stai gettando via, come aveva previsto. In questo senso... io non ho nulla di cui pentirmi.>>

<<...hah.>>

Simona sorrise e gli sputò in faccia. <<Questo te lo dirai per dormire ogni notte dei prossimi tremila anni?>>

Andromalius non rispose. Avvicinò la faccia della ragazza alla cascata di Luce per disintegrarla. 

Ma lei aveva ancora le proprie dita, avvolte in metallo salomonico. E senza nemmeno sapere cosa avrebbe ottenuto, le immerse in quell'Ousia. 

Il flusso si interruppe in un secondo. Andromalius lanciò un urlo e la lasciò andare. 

La ragazza cadde a qualche metro di distanza. Rotolò, si rialzò, e vide che il nemico era ancora piegato su sé stesso dal dolore. 

Quella era un'occasione. Scattò, mettendogli le mani sulle spalle. 

Se solo poteva spostarlo da quella posizione, il rituale sarebbe stato rovinato... avrebbe dovuto ricominciare da capo, e...

<<Volevo fosse veloce, sai.>> disse Andromalius. 

Un calcio. 

Simona sentì i propri organi farsi in pezzi.