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VII

"Questo è ciò che tutti noi dobbiamo fare."

Nulla è inerente, nemmeno il destino. 

"Nathan-?"

Gli uomini cadono, ma non devono cadere. 

"Io sono il tuo Angelo Custode."

Le loro vite deragliano durante il cammino. 

"Nonno, perché sei sempre così triste?"

--quella di Jacob Aiagon era deragliata il giorno in cui era nato. 

26 ottobre 2020

Dal tetto del condominio, vedeva gran parte della città. 

Quante volte era salito in cima ad un palazzo come quello, ormai? Quante volte aveva ammirato lo stesso acciaio e lo stesso vetro? 

Eppure la sensazione non era mai cambiata. 

Soggezione. 

Perché in quella città, un milione e mezzo di persone andava avanti con le proprie vite. Non avrebbero mai smesso. Non potevano smettere. 

Nessuno poteva smettere. 

E poi, un giorno. 

Plick

La goccia d'acqua avrebbe toccato il suolo. 

E sarebbe finita lì. 

E avrebbe piovuto per sempre. 

Un diluvio universale che non si era mai davvero concluso. 

Ogni giorno. 

Ogni giorno, era come se l'acqua si tingesse più di rosso. 

Presto sarebbe diventata una pioggia di sangue. 

Ma non il Suo. 

Adesso e sempre sarebbe stato sangue umano. 

"Scelto da Dio in persona per guidare i suoi eserciti."

Hah. 

Che diritto aveva lui di lamentarsi? 

Lui, il Giudice, con il compito di far uscire quel sangue? 

Giustamente o ingiustamente, incaricato di tagliare le gocce d'acqua? 

Se evocava la Spada, riusciva a vedere ciò che era rimasto. 

E riusciva a ricordare i loro nomi...

Devadatta.

Tevatort.

Supermaestro.

Xaphan.

Padre Thomas. 

Markion. 

An. 

Diana Abel,

l'Anticristo. 

Elizabeth.

Inlus.

Sei vite distrutte da lui. 

Giustamente o ingiustamente. 

Perché sono Demoni. 

Perché sono assassini. 

Come Diana Abel? 

Come Lucia? 

Come gli innocenti trovati in mezzo a questo scontro? 

Ogni volta che vinceva, sentiva fosse finita. 

Sentiva che una parte di lui sarebbe morta, finalmente. 

Ma non accadeva mai. 

Non aveva il coraggio di lasciarla andare. 

E quindi si evolveva. 

Cambiando o non cambiando. 

Come un animale in un ambiente ostile. 

L'attuale Jacob era incapace di sopravvivere. 

Né era capace di morire. 

...perché non ne era capace...? 

Perché aveva paura? No. 

Perché aveva paura di cosa si trovasse oltre? No. 

...perché non aveva ancora finito. 

Perché aveva ancora così tante cose da fare in quel mondo...

...e se fosse morto allora, i suoi ultimi pensieri sarebbero stati pentimenti e peccati. 

Non voleva. 

Non voleva andarsene come suo nonno. 

Riconoscendo di essere stato messo sulla Terra con il solo scopo di vivere, con una sola opportunità, e di aver fallito. 

Quindi si evolveva. 

Per capire come vivere. 

E continuava ad evolversi. 

Senza mai capire come vivere. 

E qualunque risposta trovasse...

...la scopriva poi essere sbagliata. 

La goccia stava per raggiungere il terreno. 

E lui non sapeva ancora niente. 

...quindi, perché non finirla lì? 

Niente sorpresa. 

Se ne sarebbe andato secondo le proprie regole. 

Aveva una Spada Sacra in mano. 

Chi l'avrebbe fermato? 

"Non puoi sfuggirmi."

<<Ah-!>>

Un attimo di terrore. 

...ma non c'era nessuno. 

Non c'era...

...Arsalan non era lì. 

C'era solo quell'immagine nella sua testa. 

Ciò che l'aveva visto fare e sentito dire dentro la sua anima. 

La sua promessa di fare solo il suo bene. 

...e la sua promessa di non lasciarlo scappare mai dal compito di Giudice. 

Il suo occhio. 

Il suo occhio azzurro, identico all'Occhio di Dio. 

...si era sbagliato ancora una volta. 

No, più di una. 

Evolvendosi, cercava di capire chi fosse Arsalan. 

Un suo nemico da uccidere. 

Un difensore che poteva usare. 

Un amico genuino. 

Un guerriero a lui subordinato. 

Un compagno di cella. 

Un amante. 

...ma era tutto, tutto, tutto sbagliato. 

Arsalene non era altro che un Angelo. 

Un servo di Dio. 

Un essere superiore. 

Non gli importava di lui, così come non importava a Dio. 

I due erano uno solo, e avevano un solo desiderio. 

Che Jacob Aiagon fosse Giudice. 

Come era stato scelto. 

E non importava quanto soffrisse, quanto volesse il contrario, quanto sapessero entrambi che lo stesse uccidendo. 

Ad Arsalan non importava. 

A qualunque costo, lui sarebbe rimasto il Suo umile servo. 

Se l'Angelo Custode era lì, era solo come carceriere. 

...non riusciva nemmeno ad odiarlo. 

Non aveva più la forza per provare nulla del genere. 

Aveva represso ogni cosa che avrebbe potuto far emergere Mara. 

Il Re Demone, che Arsalan aveva rifiutato, che desiderava solo salvare il Giudice. 

Ma l'unico modo che aveva trovato era stato uccidere innocenti. 

Perché nemmeno il Re Demone poteva sovvertire ciò che quel Dio aveva scelto. 

Ci sarebbe stata un'altra opzione, se lui non fosse stato un codardo. 

...ora non più. 

Toccava a lui mettere fine a tutto. 

Nella lama della Shamshir-e-Zomorrodnegār vide i propri occhi brillare d'oro. 

Ma Mara non avrebbe più avuto l'opportunità di controllarlo. 

Perché una volta che avesse soddisfatto quel desiderio, non sarebbe rimasto più nulla. 

Così pose la punta della Spada sul suo cuore. 

Quello sarebbe stato l'ultimo sangue su quella lama. 

<<...non mi pento di nulla.>>

Con più forza di quanto avesse mai usato durante quella vita, si trapassò con la Spada. 

Thump.

I suoi respiri pesanti. 

I suoi occhi lacrimanti. 

Il suo corpo freddo. 

Fatta eccezione per le mani. 

Riscaldate da un singolo palmo, che con una carezza, aveva fermato il suo suicidio. 

<<Simona... per favore... non posso...>> implorò. 

Ma la Giudice non aveva intenzione di lasciarlo andare. <<No.>>

Jacob cercò di muovere il torso per lanciarsi sulla Spada...

...fu fermato da due braccia intorno al suo petto. 

<<Non te lo lasceremo fare.>> sussurrò Risa. 

Anche quando le sue dita si bagnarono delle lacrime di Jacob, non lo lasciò andare. 

Si dimenò un paio di volte, incapace di parlare. E poi tra i singhiozzi riuscì a dire: <<Non... riesco...>>

<<Lo sappiamo.>>

<<Va tutto bene.>>

<<Vi prego... almeno questa volta...>> implorò. 

<<No.>> in unisono. 

Jacob le spinse via, alle sue spalle, ma lasciò cadere la Spada giù nella strada. 

<<Voi... siete solo come lui! Volete rendermi schiavo del vostro dio!>> gridò <<Ma io non voglio diventare un attrezzo di quel bastardo! Io Lo odio! Odio Lui e Arsalan e voi e odio gli Angeli e quella stupida Spada e Zedel e Raguel e Salomone e Mara e tutti questi fottuti Demoni! Voglio solo essere lasciato stare!>>

Colpì il pavimento sotto di sé con la Shamshir. 

Un'esplosione di luce e un suono udito per chilometri. 

Ma soprattutto, fu sentito il suo urlo. 

Il suo urlo che lentamente si trasformò in un leggero pianto. 

E crollò a terra. 

<<Voglio solo morire.>>

Le due Giudici si avvicinarono. 

<<...eravamo venute qui per dirti una cosa, Jacob.>>

Risa gettò ai suoi piedi un coltello insanguinato. 

<<Abbiamo trovato un Diavolo Accusatore e ce ne siamo liberate.>>

<<Ah...>> mormorò lui <<Vi ho lasciate fare... tutto da sole...>>

Fece per mettersi in piedi, solo per essere fermato da una mano sulla spalla. 

<<È questo il punto. Siamo qui per dirti che, d'ora in poi, ce la caveremo da sole.>>

Un nervo sconosciuto scattò nella mente del ragazzo. Non un singolo muscolo reagì, ma la sua mente di sicuro se ne accorse. 

<<...come?>> 

<<Non c'è bisogno che tu continui a lavorare come Giudice.>> continuò Simona <<La nostra presenza qui prima sarebbe dovuta essere temporanea, ma ormai sembra essere diventata permanente. Quindi...>>

<<Ci assicureremo di trovare ed eliminare i Demoni in città prima che Arsalan li scopra.>> concluse ancora Risa. <<Magari diffonderemo tra loro una voce che tu sia morto, così nessuno ti verrà a cercare. Prima o poi, li avremo sterminati, o Arsalan si convincerà che non c'è più bisogno di te.>>

Lo stavano davvero facendo... per lui...? 

Non solo avevano compreso la sua situazione... avevano anche trovato rimedio dove il suo Angelo non era riuscito...

<<...ma non posso lasciarvelo fare. Sarebbe solo... egoista.>>

La Giudice italiana lo colpì nella testa. Leggermente. <<Un martirio inutile è uno degli insulti peggiori che puoi commettere.>>

L'altra fece lo stesso. Meno leggermente. <<Sta cercando di dire che possiamo benissimo occuparci di qualche Demone da strapazzo. Non pensare di essere inutile... ma non pensare nemmeno di avere il mondo sulle spalle.>>

Il ragazzo si accarezzò la testa, e sorrise, ma solo per un attimo. Ogni sollievo portato da quell'annuncio doveva contendere con la paura, il rimorso, il disonore che provava. 

Tuttavia, sembrò vincere. 

Sentì il desiderio attraversare il suo intero corpo, e subito essere sciolto da quel calore interno che sentiva. Forse i suoi occhi brillarono d'oro per un attimo. 

Ancora non riusciva però a sentirsi davvero felice. Malinconico era il termine giusto. Malinconico per un'esistenza pacifica che non sperava di poter mai riprendere. 

Per una volta, il passato gli era stato ridato indietro. 

Quello non poteva essere che un miracolo. 

<<Voi siete...>> Alzò lo sguardo per incontrare il loro. <<Così tanto più forti di me.>>

<<Sì, è vero.>> disse Risa. 

<<Come lo fate...?>> chiese lui. 

<<È semplice.>>

<<Noi siamo già morte una volta, Jacob.>> disse Simona. 

<<Non abbiamo nulla da temere.>>

<<Perciò, sii grato di quel che sei.>>

<<Tu soffri, ma soffri perché sei vivo.>>

Simona lo sollevò tra le sue braccia, e Risa gli porse una mano per mettersi in piedi. 

<<Forse, un giorno, lo capirai.>>

<<Ma per ora, devi vivere.>>

<<...per favore.>>

Ancora lacrime. 

Quella sola richiesta lo portava alle lacrime. 

Gli stava venendo dato il permesso, il diritto, il dovere e la possibilità di vivere. 

Per cosa poteva piangere, se non per quello? 

<<...vi devo un favore. No, vi devo... tutto.>>

<<Non esagerare.>> rise Simona <<Piuttosto, torna giù, prima che Arsalan si chieda dove sei finito.>>

Risa invece saltò verso il bordo dell'edificio. <<E ricorda. Lui non deve sapere nulla.>>

Già... sarebbe dovuto rimanere un segreto. 

E quanto a lungo poteva mantenerlo...? 

Questo si domandò sul ciglio delle scale, prima di fare il primo passo, e rivolgere un'ultima parola alle due Giudici:

<<Anch'io morirò prima di morire, non è così?>>

Le ragazze ci ragionarono un po'. 

<<...forse. Quando non avrai più paura di morire...>> disse Simona. 

<<E allo stesso tempo, avrai un enorme desiderio di vivere ancora.>> aggiunse Risa. 

<<Voi... ci siete riuscite? A vivere ancora, intendo.>>

<<È difficile, di certo.>>

<<Ma la luce in fondo al tunnel è chiaramente visibile.>>

"...prima o poi, credo che tutti noi riusciremo a raggiungerla."

Amen

Stesso giorno, stessa ora. 

Un Angelo sedeva nella propria stanza. 

Aveva appena completato una Simulazione, e si guardò la mano, muovendo le dita. 

Jacob stava scendendo le scale, tornando giù dopo la sua conversazione con Simona e Risa. 

Cosa si fossero detti, non lo sapeva, ma ogni volta che eseguiva quel processo, riduceva il numero di probabilità, ormai giunte a nove possibili discorsi. 

Non che importasse, perché sapeva benissimo quale fosse il vero nucleo dell'argomento. 

Lui stesso. Ciò che aveva fatto. 

Una serie di emozioni lo inondò. 

Paura, rabbia, depressione. 

Non voleva che ciò accadesse. 

Non voleva lasciarlo andare. 

Non voleva allontanarsi da lui. 

Non voleva che lo odiasse. 

...ma comunque. 

Le eliminò tutte. 

<<...non importa cosa fai, tu rimarrai sempre il Suo umile servo.>>

Aliquid Novum

La temperatura di quella giornata sembrava più tipica di una di dicembre. 

Certo, almeno non pioveva, c'era poco vento, e il sole, ma restava il fatto che l'aria immobile era praticamente congelata. 

<<Strano, huh?>> chiese Arsalan, occupato a cercare di riparare una stufa <<Ed è successo un po' all'improvviso, pure.>>

<<Già.>> disse Jacob, armeggiando alle sue spalle <<Ma il freddo non mi impedirà di uscire.>>

<<Ovviamente. Ormai sei fuori quasi tutto il giorno.>> rise lui. 

Non ci fu una risata in risposta. Il ragazzo continuò a girare rumorosamente, preparandosi per lasciare la casa. 

<<...non è l'unica cosa strana.>> continuò l'Angelo <<Non so, non voglio sembrare pessimista, però... pensavo qualche Demone sarebbe apparso, o almeno un indizio verso la loro presenza. Invece, niente, nemmeno notizie su quel gigantesco Albero della Vita nel cielo, te lo ricordi quello, vero? E Risa e Simona non sono ancora in città? Tu le hai viste di recente, forse?>>

Attese qualche secondo di sentire la sua voce, ma l'unica cosa che sentì fu il rumore della porta che veniva chiusa. 

<<...hm.>>

12 novembre 2020

Nessuna canottiera, giubbotto o maglione salvò Jacob dal freddo. 

Sarà stato anche per quello che c'erano poche persone in giro, quella mattina. O forse erano tutti occupati con... qualunque cosa la gente facesse. 

Lui, naturalmente, non aveva né un lavoro a cui andare, né un desiderio di tornare già all'università. Non che per questo avesse solo da annoiarsi. 

Certo non aveva intenzione di stare seduto a girarsi i pollici mentre Risa e Simona cacciavano Demoni nelle ombre dei vicoli. Doveva impegnarsi, per eguagliare il loro sforzo. Anche quando il clima era avverso. 

E se loro facevano il suo lavoro, era ora di trovarsene un altr-

<<Hey!>> gridò una voce, facendolo sobbalzare. 

Accanto a lui, sul ciglio della marciapiede, si trovava una ragazza con una moto. In qualche modo non si era accorto del rumoroso veicolo, né aveva notato la sua presenza. 

<<Hey, stupido.>> disse Rhoda con un sorriso <<Non so dove stessi andando, ma era qui che dovevamo incontrarci.>>

Ah, vero. <<Buongiorno anche a te. Posso salire o...?>>

<<Posso continuare ad insultarti per strada. Andiamo.>>

Senza farselo ripetere, Jacob si piazzò dietro di lei sulla moto. Non era la prima volta che gli dava un passaggio, quindi conosceva già le regole: tieniti forte, non parlare troppo, e se cadi copriti la testa con le mani o dammi i soldi per un altro casco. 

Lui eseguì i primi due alla perfezione per il breve tragitto. L'avrebbe potuto percorrere a piedi, ma dopo averne parlato con lei qualche giorno prima, aveva scoperto che Rhoda sarebbe passata di lì, e si erano messi d'accordo. 

...con la promessa che avrebbe cominciato a studiare per la patente. 

Dopo, però. Fino a quel giorno era stato occupato con qualcos'altro. 

<<Sicuro di non volere che ti passi a prendere anche dopo?>> chiese Rhoda, rallentando. 

Lui saltò giù e rispose allo stesso tempo: <<Nah. Ho altre faccende da sbrigare. Ti raggiungerò io.>>

<<Ok... ma toglimi una curiosità.>>

Jacob lanciò un'occhiata alla fila di auto che si sarebbe presto formata dietro la sua moto. <<...sicuro.>>

<<Esattamente, come hai sopravvissuto senza un lavoro fin'ora?>>

<<Ah...>> sospirò, creando una nuvoletta quasi invisibile <<Prima di diventare Giudice, avevo qualcosa messo da parte, l'aiuto dei miei, e qualche part-time. Poi Risa ha cominciato a mandare soldi dal Vaticano.>>

<<Sei pagato dal Papa? E non l'hai mai menzionato?>>

<<Pagato male, ma sì. Non l'ho menzionato perché non l'hai mai chiesto.>>

<<È solo un po' strano, devi ammettere.>> disse, abbassando la visiera del casco ed ignorando i suoni dei clacson alle sue spalle <<Comunque, adesso non dovrai più dipendere da quel tipo. Buona fortuna!>>

Le due ruote sfrecciarono via, seguite da almeno un'altra dozzina. 

Erano le 10:13. Tra solo due minuti Jacob Aiagon era atteso in una stanza. Entrò nell'edificio della ditta senza la minima preoccupazione. 

Dopo ciò che aveva vissuto, non provava alcuna particolare ansia, o un qualunque interesse, per un colloquio di lavoro. 

Aveva analizzato la propria forza fisica a varie distanze da Arsalan per determinare esattamente cosa poteva fare e dove. Ottenuti i risultati, aveva cercato posti che richiedevano le caratteristiche da lui possedute. 

Avrebbe potuto fare il boxer o qualcosa del genere, forse, ma non sembrava ci fosse domanda. Quella ditta di trasferimenti, invece, aveva bisogno proprio di un tipo come lui. 

Dopo la discussione iniziale, fu costretto a dimostrare la propria abilità ad uno scettico direttore, e ad inventarsi qualche scusa su una condizione rara che faceva sembrare la massa muscolare più bassa del reale. 

L'altro problema era la mancanza di patente, ma con la ripetuta promessa che l'avrebbe ottenuta presto, e con l'evidente mancanza di impiegati, ebbe comunque il posto. 

Lasciò l'edificio sapendo di aver trovato un lavoro che consisteva, essenzialmente, nel sollevare mobili e vari. Qualche giorno dopo avrebbe potuto cominciare. 

...si sarebbe dovuto sentire soddisfatto. 

Invece la sua testa e il suo cuore erano rimasti alla temperatura dell'aria. 

Freddi. 

C'era così freddo...

Era come se fosse nudo...

Seduto sul metallo...

E il suo corpo era... immobile...

-all'improvviso, una folata di vento lo fece rinsavire. 

Si erano fatte le undici. Presto avrebbe dovuto incontrare Rhoda, ma aveva ancora una cosa da fare. 

Ad una decina di minuti da lì, c'era la sua seconda destinazione. 

Prima di entrare si tolse la giacca scura, mettendola nello zaino e lasciando sotto solo una larga maglietta bianca. 

Gli era stato detto che per entrare in un tempio buddhista erano preferiti vestiti comodi e dai colori chiari. Non aveva alcuna intenzione di infastidire i monaci. 

Bussò su una piccola porta, in un altrettanto piccolo edificio, nulla come i templi imponenti delle grandi città di cui aveva visto immagini. Di sicuro la popolazione non aveva molto interesse a fondarne uno, dopo la storia di Devadatta. 

In ogni caso, piccola o meno, qualcuno aprì. Un vecchio uomo, calvo e dal sorriso smagliante. Piuttosto che invitarlo dentro, il monaco uscì, per non disturbare il silenzio all'interno. 

<<Sono, uh, Aiagon, Jacob Aiagon, ho già parlato con uno di voi... riguardo al corso di meditazione. Posso...?>>

L'altro annuì. <<Puoi provare per tre giorni, e poi discuteremo cosa vuoi fare. Crediamo che questo sia un impegno da essere preso solo se convinti, sai.>>

<<Ovvio. Sono in ritardo per il primo giorno?>>

<<Assolutamente no. Entra pure.>>

Così Jacob mise piede nel tempio, dalle decorazioni sorprendentemente raffinate. Qualunque impressione negativa data dall'esterno sarebbe stata eliminata dall'aspetto interno. 

La filosofia del design era completamente diversa da quella di una chiesa. L'imponenza della "casa di Dio" non era presente in quel tempio - c'era tranquillità. Anche se condividevano un chiaro aspetto sacro, i colori e le luci lì dovevano essere stati predisposti con l'intenzione esplicita di far sentire accolti, o rilassati. 

Trovò anche alcune statue, che inizialmente considerò inquietanti, ma alle quali si abituò in pochi minuti. 

Attraversata la prima area, si ritrovarono in una stanza quasi vuota, ad eccezione delle quattordici o quindici persone presenti. 

<<Quindi, Jacob... cosa ti ha portato qui, esattamente?>>

<<Nulla di particolare.>> rispose <<Diciamo che ho dei desideri da domare.>>

Si era esercitato, nei giorni precedenti, a stare il più fermo possibile, senza che gli arti gli facessero male dopo pochi minuti, in preparazione solo per quello. 

...era la risposta ovvia, in realtà. La risposta ovvia all'avere il Signore dei Sensi Mara nel proprio cuore. 

Certo, la sua relazione con lui era un po' diversa, ma in fondo tutti erano lì per combattere contro lo stesso Re Demone. 

Anche se un'ora dopo non aveva sentito molti cambiamenti, quella era la seconda volta che lasciava un edificio sapendo di avere una soluzione ad un problema. 

Quindi si sarebbe dovuto sentire felice. 

Eppure...

<<Impossibile.>> sentì qualcuno mormorare alla sua sinistra. 

Jacob era uscito dal tempio e aveva visto tutti i suoi compagni di corso andarsene. Era certo non ci fosse più nessuno là fuori. 

Si girò, e vide un uomo calvo, giovane ma più vecchio di lui. Questo era decisamente asiatico... e forse, familiare. 

Ancora più stranamente, lo stava fissando sbalordito. <<Uh, buongiorno?>> salutò Jacob. 

<<Sei proprio tu...>> continuò a dire l'uomo. 

<<Ci, uh, conosciamo?>>

<<Oh, io so benissimo chi sei. Il tuo sguardo era molto più fiero allora...>> Il tipo sorrise come se avesse incontrato un vecchio amico <<Ma sei davvero tu, il ragazzo con la spada.>>

<<Il ragazzo con-?!>>

No, non poteva essere. 

Quella faccia... la riconosceva, l'aveva vista in TV o nei giornali per pochi secondi...

...quando mesi prima, aveva sconfitto un Demone, il suo culto aveva cominciato a sciogliersi... e lui aveva osservato il processo con molta attenzione. 

Ma non un Demone qualunque...

<<Tu sei... un Discepolo di Devadatta.>>

<<Ex-discepolo. Quando il... gruppo è crollato ho ricevuto l'aiuto per dimenticare tutto ciò che mi avevano convinto a credere.>> Gli porse la mano <<Ora sono parte di un tempio serio. Piacere, Gwyana.>>

Il Giudice era un po' a disagio con quello che era stato pochi mesi prima un terrorista, ma gli strinse comunque la mano. <<Jacob. Quindi... tutti i membri del culto mi conoscono, huh?>>

<<A questo punto, credono probabilmente tu sia una leggenda. Devadatta ci ha parlato di te come il nostro nemico numero uno, sai, mostrandoci alcune foto e dicendoci che se ti avessimo incontrato in qualunque luogo, sarebbe stato nostro dovere farti fuori.>>

Foto...? Chissà da dove le aveva prese. Forse da quel forum, o forse non si era mai accorto di essere stato spiato. 

<<Capisco. Ora che nessuno crede più a Devadatta, quella storia dovrà sembrare inventata.>>

<<Già. Ma ora so che non lo è.>>

...ah, giusto, merda. 

Jacob era stato così sorpreso dall'incontro con un Discepolo e dall'essere riconosciuto, che non gli era nemmeno venuto in mente di negare l'evidenza. Aveva praticamente ammesso di essere proprio lui, il ragazzo con la spada. 

<<...mi devi un favore per aver ucciso Devadatta. Quindi, non dirlo a nessuno, ok?>>

Gwyana annuì con un'espressione soddisfatta. <<Non sono affari miei, del resto. Ma, posso farti un'altra domanda?>>

<<Sicuro.>> rispose, guardando l'orologio. Doveva incontrarsi con Rhoda tra non molto. 

<<Sei ancora nel culto del Deva?>>

<<...huh? Culto?>>

<<Ah, mi sbaglio?>> chiese, imbarazzato <<Io e molti altri avevamo supposto che fossi membro di un altro culto, sai, di quel Deva con i capelli rossi?>>

Jacob ricordò che Arsalan era stato chiamato un Deva da diversi membri del culto. Non sapeva ancora cosa fosse, né gli importava tanto. <<Non è un Deva o niente del genere.>>

<<Questo lo so, ma... lanciarsi sui camion con una spada in mano non è qualcosa che persone razionali fanno. La tua devozione alla causa ci ha fatto pensare che facessi parte di un culto anche tu.>>

Non poté evitare di mettersi una mano in testa. Forse rise un po'. <<Non preoccuparti. Non faccio più quel tipo di cose. E non era un culto.>>

Ma lui non sembrava convinto. Anzi... sembrava ancora più preoccupato di prima. <<Ascolta. Lo so che può essere difficile ammetterlo, anche dopo averlo lasciato, ma se non puoi riconoscere il male che ti hanno fatto, non l'hai mai davvero lasciato.>>

<<Uh- cosa? No, seriamente, non c'era nessuno culto->>

Gwyana lo prese per le spalle. <<Anch'io mi son detto così per i primi mesi. È terribile quel che fanno al tuo cervello. Ma non irreversibile.>>

<<Sono- ahhh.>> sbuffò. Come era finito in quella situazione? <<Non era un culto sotto alcuna definizione. Davvero.>>

<<Era un gruppo relativamente piccolo, con pratiche e atteggiamenti originali, e sottomissione più o meno totale ad un ideale o una persona?>>

<<No! No, non lo->>

...era? 

Almeno... non gli sembrava... che lo fosse...

...prima. 

Ma ora che gli veniva menzionato...

<<...devo andare.>> disse Jacob, passando oltre Gwyana. 

<<Aspetta!>> gridò lui. L'ex-discepolo lo seguì... e lo fermò mostrandogli un pezzo di carta. 

<<...cos'è questo?>>

Non si trattava di un normale pezzo di carta... era un biglietto da visita. 

<<Dr. Clara Quiner... terapia di gruppo...?>> lesse il ragazzo. 

<<È la dottoressa che mi ha aiutato a superare il culto di Devadatta!>> 

<<Superare...?>>

<<Non penserai davvero di poter solo lasciare un gruppo come quello senza ripercussioni negative. Per i più, certi traumi non si dimenticano senza un po' di supporto.>>

Traumi? Hah. Lui non aveva nulla del genere. 

Ma non aveva nemmeno il tempo di discutere. Quindi prese il biglietto e se lo mise in tasca. <<Grazie, Gwyana, considererò l'offerta. Ora devo proprio scappare, se domani torno al tempio possiamo reincontrarci qui?>>

<<Come no! Sarò qui per te!>>

<<A domani allora!>>

Il Giudice lo salutò con un gesto distratto e corse via. 

Accartocciò subito il biglietto nella sua tasca. Tuttavia, non lo buttò. Non ebbe mai l'occasione, o il pensiero, forse. 

Arrivò al suo incontro o appuntamento o qualsivoglia lo si volesse chiamare con Rhoda, dieci minuti in ritardo. 

La trovò seduta davanti ad un bar. <<Ce l'hai fatta, finalmente.>>

<<Scusa, non volevo, io->>

La ragazza gli passò un cornetto mentre risaliva in moto. <<Non preoccuparti. Guadagneremo tempo ignorando i limiti di velocità.>>

Jacob quasi si era aspettato di trovarla arrabbiata. Fu sorpreso, ma non lasciò che la sorpresa lo rallentasse di nuovo. 

Come annunciato, Rhoda fece finta di non vedere i grandi numeri sul bordo della strada. 

Eventualmente, arrivarono alla terza destinazione della giornata. 

Il rifugio per senzatetto. 

...il Giudice non ricordava l'ultima volta che ci era stato. 

Si sentiva un po' in colpa. Ma ogni volta che Arsalan l'aveva invitato in quei giorni, lui non era mai riuscito ad accettare. 

Non riusciva a sopportare l'idea di lavorare con lui. 

Per questo non era mai a casa, e per questo aveva aspettato che l'Angelo fosse distratto con quella stufa rotta. 

...okay, l'aveva rotta lui, apposta per distrarlo. E lo aveva convinto a fare la spesa più tardi. Probabilmente in quel momento era al supermercato. 

Erano metodi di cui non era fiero, ma funzionavano. 

E del resto, non aveva progettato tutto da solo. 

<<Sei sicuro che Arsalan non verrà qui?>> gli chiese Rhoda. 

<<Sopravvivrò se dovesse, ma non lo farà.>> rispose lui. 

La ragazza sospirò. <<Sai, anche se ancora non so esattamente cosa sia successo tra voi due, sono disposta ad aiutarti. Ma mi dispiace che sia così.>>

<<...anche a me.>>

Non parlarono più dell'argomento. 

L'orologio indicava che era ben passato mezzogiorno. Quello era l'orario in cui c'era più bisogno di aiuto. 

E quindi, si misero subito al lavoro. 

Mentre Rhoda scomparve chissà dove, facendosi vedere solo un paio di volte, Jacob scoprì che molte persone non lo riconoscevano nemmeno, per via della sua rara presenza e soprattutto l'assenza nelle ultime settimane. 

Alcuni, invece, avevano da chiedergli riguardo ad un certo culto. In particolare un pastore protestante, che Jacob aveva incontrato qualche volta e che era stato invitato a rimpiazzare Padre Thomas dopo la sua scomparsa. 

<<Alexander non te l'ha detto? È venuto qui a chiedere se qualcuno conosceva un certo culto di Inlus.>> spiegò il ministro. 

<<A-ah. Inlus.>> ripeté lui. 

Inlus. 

Come avrebbe potuto dimenticare Inlus...? 

Quei tentacoli multicolore...

Quei movimenti viscidi...

E quell'occhio. 

Era come...

Se lo vedesse...

Ancora davanti a sé...

<<Ti senti bene?>> chiese il pastore, avvicinandosi. 

<<...s-sì. Dicevo... ho lasciato quel culto tempo fa.>>

<<Ottimo! Avrai trovato religione, di sicuro...>>

<<Non... proprio. Sono... ateo, ora. Credo.>>

<<Ah, capisco.>> La sua espressione sembrò sforzarsi per non contorcersi. <<Alexander non ti ha invitato a visitare la nostra chiesa? Dovresti provare.>>

Hah... provare...

Quell'... idiota... non poteva immaginare...

Lui... aveva ucciso... per quella Chiesa...

Lui... aveva distrutto vite... per il loro Dio...

Per quel Dio che aveva inviato il suo Angelo ad incatenarlo ed obbligarlo...

E ad... osservarlo...

<<Sei proprio sicuro di stare bene? Stai tremando?>>

<<...se ne vada, per favore.>>

<<Come?>>

<<Se... ne... vada.>>

Non sapeva che aspetto avessero i suoi occhi, in quel momento, ma sembrarono convincerlo a lasciarlo. 

...si afferrò la mano. 

Stava davvero tremando. 

E... non riusciva... a smettere. 

Il suo corpo... fremeva...

...per lottare. 

Per colpire. 

Per sentire carne su quelle nocche e vederne uscire sangue. 

Quello... non era Mara. 

...quello era lui. 

...un uomo di azione. 

...e quel minimo sforzo fisico...

...era come se qualcuno l'avesse stimolato e poi non avesse finito il lavoro. 

Stringendo un pugno fino a scavare nella mano, riuscì a riprendere un po' il controllo. 

Riprese a muoversi. Tornò a lavorare. 

Sperava che lo sforzo sarebbe diminuito in qualche minuto. 

Ma non accadde mai. 

E passò mezz'ora prima che si fermasse. 

Mentre ripuliva i tavoli del pranzo, il suo cellulare squillò. 

Lasciò la stanza per controllare chi fosse. 

...Arsalan. 

"Vorrà sapere dove sono finito." si disse. Anche se si sbagliasse, non gli importava. 

Rimise il telefono nella tasca da cui l'aveva preso, aspettando che smettesse di suonare. 

<<Quanto ancora hai intenzione di provarci...?>> mormorò. 

<<Fin quando non avrai risposto, credo.>>

Jacob si girò di scatto. Ancora una volta, vide una faccia conosciuta. Una che normalmente l'avrebbe sollevato. 

Non quel giorno. <<Elliot. Come stai?>>

Il vecchio senzatetto, come sempre sorridente, gli mise una mano intorno alle spalle. <<Sto mai male? Tu, invece...>>

<<Nah. Anch'io sto bene.>>

<<Ne sembri proprio convinto, huh.>>

<<Non so cosa ti faccia pensare il contrario.>>

<<Il rosso intorno ai tuoi occhi, probabilmente.>>

Il Giudice non disse niente, ma si toccò istintivamente la faccia. 

<<Guarda, se chiedi a me...>> continuò a parlare Elliot <<Dovresti fare qualcosa riguardo a quello. Ma io non sono certo saggio. Non so cosa. Tutto ciò che ho da darti... è la mia compagnia.>>

<<...heh. Me la farò bastare.>> replicò, volgendo il proprio braccio intorno a lui allo stesso modo. <<Hai mangiato?>>

<<Uh, non molto, ma non ti devi scomodare->>

Ma Jacob lo stava già portando via. <<Offro io, nessun problema!>>

<<...va bene. Basta che non mi lasci a mangiare da solo.>>

<<Da solo? Non oserei mai...>>

"...chi vuole mai stare da solo?"

Si fecero presto le due, e passarono altrettanto presto. Rhoda se n'era già andata poco prima, e Jacob aveva appena lasciato l'edificio. 

Ora era diretto verso casa, camminando per le strade dove la temperatura si era alzata, quando il suo cellulare, ancora una volta, squillò. 

"Arsalan". 

Il ragazzo sbuffò. "Oh, al diavolo." 

E rifiutò la chiamata. 

Invece, trovatosi il telefono fra le mani, ne fece un'altra. 

Tirò fuori un biglietto dalla tasca, e compose il numero scritto su di esso. 

Dopo pochi secondi, una voce rispose. 

<<Pronto?>>

<<Parlo con... la Dottoressa Quiner?>>

Così, quando l'Angelo tentò di chiamare una seconda volta, non ottenne che un monotono suono. 

Incapace di contattare il suo Giudice, si sedette a fissare una parete vuota del loro appartamento. 

I suoi occhi non vedevano niente, ma la sua mente immaginava una tela. 

Una tela di indizi e connessioni, di storie e personaggi, un tentativo di comprendere come tutto sarebbe finito. 

La riorganizzava di continuo, eppure sembrava che al centro ci fosse sempre la stessa figura. 

Un uomo dalla pelle cadaverica, senza volto. 

E forse, presto, avrebbe risolto il mistero della sua esistenza. 

Ma con il rumore di quei lenti passi alle sue spalle, non riusciva proprio a concentrarsi. 

<<Se devi colpire, ora non è proprio il momento più adatto.>> disse ad alta voce. 

<<Dammi un motivo per non farlo.>> rispose Risa dietro di lui. 

Il suo dito era in posizione per scagliare un Chiodo. In meno di un secondo avrebbe attraversato la testa dell'Angelo, distruggendo ogni cosa nel suo cammino dalla nuca alla fronte. 

Se c'era un modo per impedirlo, era solo la parola. 

<<Beh, a Jacob dispiacerebbe.>>

<<Oh, penso proprio che Jacob ne sarebbe felicissimo.>>

<<I tuoi istinti materni sono adorabili. Purtroppo stanno limitando la tua ragione. Io sono stato incarnato per ripulire questa città dai Diavoli Accusatori.>>

<<Li abbiamo eliminati tutti, e senza nemmeno obbligare un innocente.>>

<<Quanti ne avete eliminati, esattamente? Visto il tempo impiegato, suppongo almeno dieci? Non vi sembra strano che ce ne fossero dieci in primo luogo?>>

<<...che stai cercando di dire?>>

<<Andiamo. Così tanti Demoni, in una sola città, allo stesso tempo? La probabilità che An, Inlus e Lucia Celesti apparissero nella stessa città allo stesso tempo dovrebbe essere zero. Ma quando il numero di Diavoli Accusatori si è fatto sproporzionato, così la possibilità.>>

Impaziente e irritata, la Giudice lo prese dai capelli rossi, e sbatté la sua testa sullo schienale. <<Arriva al punto.>>

Lui non ebbe alcuna reazione. <<Qualcuno ha creato numerosi Diavoli Accusatori, e l'unico modo per fare ciò è uccidere i loro Angeli Custodi. Mi manca un'ultima prova per capire esattamente di chi stiamo parlando, ma il punto è che finché quest'uomo è ancora lì fuori, non possiamo mai stare tranquilli.>>

<<...uccidere Angeli Custodi, hm.>>

Lo lasciò andare. 

<<Per quanto odii farlo...>> sospirò Risa <<Simona, Zedel... uscite fuori. Dobbiamo ascoltarlo.>>

La Giudice e l'Angelo uscirono dalla stanza adiacente, entrambe chiaramente nervose per quell'ordine. 

<<Va bene, Arsalene.>> disse Zedel <<Risolveremo questo caso. Dicci qual'è quest'ultima prova di cui parli.>>

L'Angelo rispose alzandosi. <<È alla porta.>>

Un secondo dopo, il campanello dell'appartamento suonò, ma Arsalan era già pronto ad aprire. 

Di fronte si trovò una ragazza, che desiderava essere lì meno di tutte le altre. <<Ciao.>> salutò Rhoda freddamente. 

Aliquid Oblitus

La Dottoressa Quiner riceveva nel proprio appartamento, che assomigliava in realtà più ad un unico corridoio interrotto da porte. 

L'ingresso dava direttamente sulla prima stanza, la più grande, dove in quel momento erano disposte a cerchio sei sedie. Cinque erano occupate, una vuota. 

Questa fu occupata dal ragazzo in piedi dietro essa, su invito della donna che gli aveva aperto la porta. 

<<Innanzitutto...>> disse lei <<Buongiorno, io sono la Dottoressa Clara Quiner, e tu sei...>>

<<Jacob... Aiagon.>> rispose. 

<<Jacob Aiagon.>>

13 novembre 2020

Terapia di gruppo, hm. 

Jacob avrebbe preferito di gran lunga qualcosa di singolo, individuale, ma la terapeuta non aveva nemmeno un'ora libera... e sosteneva che comunque, in gruppo sarebbe stato meglio. 

Era comprensibile. Del resto, se era lì per lo stesso motivo loro, era giusto fosse anche con loro. 

...non che lui avesse nulla in comune con quella gente. 

Gente che era stata in un culto, per mesi, anni, o perfino per tutta la vita. Il ragazzo non immaginava potesse causare alcun tipo di trauma che necessitasse terapia. 

D'altra parte, aveva difficoltà a simpatizzare con alcune di quelle persone. 

Sapeva benissimo che in quel periodo, la città stava vivendo il cosiddetto "Rinascimento Religioso", nel quale sette e filosofie bizzarre spuntavano come funghi. Era qualcosa di facile da ignorare, ma anche di mai visto prima e ancora inspiegabile. 

Perciò, la maggior parte degli psicologi aveva continuato con il proprio lavoro normalmente. La Dottoressa Quiner, invece, aveva deciso di organizzare un gruppo specializzato per i sopravvissuti ai peggiori culti. 

Non era la migliore terapeuta in città, probabilmente, era solo la prima ad aver avuto l'idea. 

Quindi... era possibile che chiunque venisse alla sua porta. 

Compresa gente che usciva da culti controllati da Diavoli Accusatori. 

Per questo Jacob non riusciva a fidarsi dei presenti, perché sapeva che sarebbero potuti essere stati terroristi pieni di sangue sulle mani, e la sola possibilità lo metteva a disagio. 

Almeno non ne riconosceva nessuno, in quel cerchio, né loro sembravano aver riconosciuto lui. Aveva temuto di incontrare qualcuno con cui aveva combattuto, e sarebbe stato piuttosto imbarazzante. 

<<Allora, Jacob...>> disse la Dottoressa Quiner <<Vuoi parlarci un po' di te, o vuoi far parlare prima noi?>>

<<Prima voi, se... non vi dispiace.>>

Nessuna delle persone sedute nel cerchio obiettò.

<<Va bene, allora, chi vuole presentarsi? Non sentitevi obbligati.>>

<<...vado io.>> disse uno dei presenti, sospirando. 

Era un uomo calvo, anche se sembrava sulla trentina d'anni. Forse si era rasato i capelli. 

<<Io sono Ivo.>> si presentò, facendo un gesto di saluto a Jacob <<E come sono sicuro tu possa immaginare, ero in un culto. Mi sono unito al Tempio di San Giuseppe Padre perché sembrava una normale chiesa, dedicata alla Sacra Famiglia, sai, quella di Gesù. Ci era stato detto che... noi saremmo stati i prossimi. Che dovevamo procreare, perché il prossimo Messia nascesse da uno di noi.>>

Chiaro. Se questa era opera di un Demone, non era uno che Jacob aveva mai incontrato. 

Ivo continuò: <<Ma prima... dovevamo essere puri da ogni peccato, per nove mesi. Quindi rimanevamo là, senza incontrare nessun altro. Flaggellandoci quando... lasciavamo la strada giusta. E poi... il sacerdote sceglieva una donna per noi, e... be', se non andava bene ne sceglieva un'altra... e magari un'altra... e... continuavano a venire da chissà dove... no, sapevamo benissimo da dove...>>

La Dottoressa lo interruppe. <<Ivo. Abbiamo già detto che tu non avresti potuto fare niente.>>

<<Ero lì! Sotto lo stesso tetto! E loro- e->>

<<Basta così, Ivo.>> disse la donna seduta accanto a lui. Gli mise una mano sulla spalla e lui si calmò. <<Posso andare io?>>

Ah, quindi si aiutavano pure a vicenda. Questo doveva essere uno dei benefici di un gruppo. 

Quando l'uomo annuì, la donna si mise in piedi timidamente, come se cercasse di farsi confidenza. 

Aveva il volto pieno di trucco, e i capelli tinti, ma ordinati male. 

<<Io sono Siobhán.>> disse, e subito con il suo nome venne anche un forte accento. <<È, uh... femminile di Sean. Forse ti sarà più facile dire Joanna, in caso. Comunque... noi eravamo detti i Divinitas Mentis, e a tutti noi hanno insegnato la stessa cosa: che i nostri corpi umani erano solo... debolezze di carne.>>

Più parlava, più il suo atteggiamento si faceva schivo. I suoi occhi si spostavano da una sedia all'altra, ansiosi. 

<<Si pubblicizzavano come un corso per migliorare la propria percezione del proprio corpo... invece volevano insegnarmi ad odiarlo ancora di più, così che fossi pronta ad abbandonarlo insieme a tutti loro. Dopo qualche mese, mi avevano quasi convinta, ma...>> Abbozzò un falso sorriso <<Come vedi, io... non ho... timore.>>

Uno... sforzo ammirabile. Jacob avrebbe chiesto da quanto tempo aveva lasciato quel culto, ma sarebbe stato inappropriato... ed inutile, perché se ciò che diceva era vero, quella confidenza era già incredibile. 

E Ivo, allo stesso modo, era in condizioni migliori di quanto il ragazzo si sarebbe aspettato. Forse i problemi erano invisibili a lui, forse c'erano ancora alcune cicatrici sulla sua schiena. Eppure sembrava... "funzionasse" come persona alla perfezione. 

Sedutasi Siobhán, parlò la terza persona. 

Un uomo ben vestito, sicuramente il più vecchio tra tutti loro. 

<<...Francis.>> si presentò <<Io sono Francis e sono nato in un culto. Blue Home, una comunità... so solo che ospitava chi voleva lasciare il mondo comune. I miei genitori non immaginavano che... dare nascita ad un figlio fosse contro i dogmi del gruppo. Fummo ostracizzati quando avevo solo pochi mesi, ma senza nessuno a offrire loro questo servizio->>

Per spiegarsi meglio fece un gesto rivolto all'intera stanza. 

<<-questa terapia, non furono mai capaci di liberarsi davvero. Andarono solo ad unirsi ad un'altra setta, e quando le contraddizioni tra i loro insegnamenti e quelli che conoscevano divennero troppo grandi, si spostarono ad un'altra, che ovviamente aveva lo stesso problema. Passai i miei primi quindici anni in quei posti, uno peggiore dell'altro... e quanto male mi abbia fatto non l'ho saputo finché non ho deciso di venire qui.>>

...un'altra cosa che Jacob non immaginava era che qualcuno potesse nascere in un culto. O almeno, non ci aveva mai pensato. 

Francis era innocente come gli altri due. Si era davvero preoccupato per nulla? No, meglio non parlare prima di aver sentito l'ultimo. 

Il quarto "compagno di terapia" era un ragazzo biondo, circa della sua età. 

<<Io sono Jordan.>> disse, imbarazzato <<E il culto da cui vengo... uh, non aveva un nome, credo. Ma credevamo in una persona chiamata lo Iudex.>>

Il cuore di Jacob sembrò fermarsi un secondo, per poi ripartire a velocità doppia. 

"Un membro del culto di Inlus."

Sapeva cosa significava. Aveva accanto a sé quello che era essenzialmente un neonazista, che aveva forse festeggiato nell'edificio dove lui era prigioniero, che si era scontrato con Simona e Risa. 

<<Hey, non- non mi guardare così, ok?>> chiese Jordan, distogliendo lo sguardo. 

Il Giudice non si era nemmeno accorto di quale espressione doveva avere in volto. <<Ah, no- continua.>>

Lui lo fece, ma fissando i propri piedi. <<Lo so che... era tutta una cazzata per idioti pieni di rabbia... ma io ero un idiota pieno di rabbia... rabbia contro il mondo... rabbia contro me stesso... e l'idea che ci fosse un modo per sistemare tutto, e diventare un eroe... non potevo lasciarla scappare.>>

Passò qualche secondo, poi Jordan chiese: <<Devo... dov'è il bagno?>>

<<In fondo a sinistra.>> rispose la Dottoressa. 

Il ragazzo andò per il lungo corridoio. 

Una volta che ebbe raggiunto il bagno e chiuso la porta, la Quiner si rivolse a Jacob: <<Jacob, conoscevi il culto dello Iudex?>>

<<Come no. Lo conoscevo molto bene.>>

<<...capisco. Jordan ci ha spiegato con riluttanza che tipo di gruppo fosse e che cosa gli abbia fatto fare. Ma... tutti noi, qui, sappiamo bene come un culto recluta le proprie vittime. Perché vittime è quello che i membri sono, e lui non è eccezione.>>

<<-ha detto di sapere che tipo di gruppo fosse.>> disse lui freddamente. 

<<Non devi diventare suo amico, Jacob. Devi solo accertare che merita, che ha bisogno di supporto quanto ne hai tu.>>

Forse sì. 

Ma lui era stato complice del motivo per cui Jacob aveva bisogno di quel supporto. 

Una donna con manie di grandezza ed un Demone con il potere di milioni. 

<<Perché? Perché se lo merita, dopo quello che ha fatto?>>

<<I culti ci spingono oltre il limite, ci privano della nostra autonomia.>>

<<Ma ha scelto di unirsi a loro!>>

<<E tu no?>>

<<Io->>

-il ragazzo non sapeva come rispondere. 

In realtà, sì, aveva fatto personalmente quella scelta. 

Sicuro, Arsalan era apparso prima, Dio l'aveva scelto, ma lui aveva accettato. Si era fatto convincere. Non una, ma due volte. 

Ed era finita con l'uccisione di una bambina, e il tentato omicidio di Lucia Celesti. 

Poteva... davvero... criticare...? 

<<...okay. Okay. Scusatemi... ho esagerato.>>

L'aria rimase tesa intorno a tutti, e quando Jordan tornò dal bagno continuò a non incontrare lo sguardo di nessuno, ma la Quiner sembrava contenta. 

La Dottoressa aveva lunghi capelli rossi, più scuri di quelli di Arsalan, raccolti in una treccia. Mentre parlava, quella era l'unica caratteristica su cui Jacob riusciva a concentrarsi, e riprese a processare ciò che diceva solo verso la fine del discorso. 

<<...li potrai conoscere meglio se sceglierai di unirti a noi. Nulla di privato lascerà questa stanza, e faremo del tuo meglio per supportare il tuo percorso.>>

Ma si distrasse di nuovo, per via di un rumore. 

Con la coda dell'occhio guardò nella direzione del lungo corridoio alla sua destra. 

Una delle porte si era leggermente aperta. 

In quella nicchia, intravise un volto. 

Il volto di un uomo con la barba incolta e gli occhi stanchi. 

-la porta si chiuse subito. Il Giudice tornò a concentrarsi. 

<<Se non vuoi affrettare la decisione, puoi->> stava dicendo la Quiner. 

Lui la interruppe bruscamente. <<Va bene. Non ho bisogno di altro tempo. Quello di cui ho bisogno, è... aiuto. E se voi potete darmelo... sarò con voi, suppongo.>>

Come se l'imbarazzo non fosse già abbastanza alto, tutti e cinque nel cerchio applaudirono. 

<<Non te ne pentirai.>> disse la Dottoressa <<Allora, Jacob... visto che abbiamo ancora mezz'ora, oggi, che ne dici di spiegarci la tua storia?>>

<<-huh?>>

La... sua storia? 

Su come fosse un Giudice del Signore? Quella storia? 

No, quello era un segreto che nessuno poteva conoscere. Né Arsalan, né Risa, né Simona avrebbero approvato del rivelarlo. 

<<Tutti gli altri hanno parlato dei propri culti. Non devi fare nulla che non vuoi, ma...>> Fece un gesto circolare rivolto a lui <<È solo giusto se lo fai anche tu.>>

<<Ah, i-io...>>

Solo quella menzione gli faceva ricordare ciò che avevano detto. Ciò che Ivo, Siobhán e Francis avevano sofferto, il modo in cui ne parlavano... e le accuse che aveva rivolto a Jordan. 

La scena continuava a ripetersi nella sua mente. Quel ragazzo si era aperto a loro pur sapendo che tipo di reputazione avrebbe guadagnato facendolo... e lui lo aveva attaccato, rendendo nulli i suoi sforzi. 

<<Sono io l'esperta, dopotutto, e fidati quando ti dico che lo chiedo per il tuo bene.>>

Per il suo bene...

La donna continuava a gesticolare nella sua direzione quando parlava. Lei non era come Arsalan. Quella era una persona umana... di quelle che doveva incontrare più spesso. 

Di questo, Simona avrebbe approvato, e forse anche Risa. 

Quanto all'approvazione di Arsalan...

...be', era proprio quello il punto. 

<<...mi fido.>> disse Jacob. 

Prese diversi respiri, più di quanti si aspettasse. 

E poi parlò. 

<<Si faceva chiamare Arsalene, e diceva di essere un Angelo... un Angelo Custode. Mi ha dato una Spada che diceva appartenere a Re Salomone, e mi ha detto di aver bisogno del mio aiuto per uccidere Demoni. Perché i Demoni si fondono con gli umani, e gli Angeli non possono uccidere gli umani... solo io potevo. Così andai a farlo, a combattere con chiunque lui dichiarasse mio nemico. Per mesi mi scontrai con quella gente e rischiai di morire... finché non ce la feci più. Due persone si offrirono di prendere il mio posto, ed io... accettai. L'unico motivo per cui ora sono qui, è che lui non ha più bisogno di me. Ma se un giorno dovesse volerlo... mi riporterà a sé. Perché... non posso sfuggirgli.>>

...silenzio. 

Inizialmente, Jacob fu sollevato che nessuno reagisse. 

Poi passò ad essere ansioso. 

Ma per sua fortuna, la Dottoressa Quiner stava solo ragionando prima di replicare. 

<<Vedo, vedo. Un classico leader di culto che afferma una connessione con Dio, un'ovvia mentalità del Noi contro gli Altri, abuso dei propri membri...>> Mentre recitava, scriveva le stesse cose su un quadernino <<Spada di Salomone, hai detto? L'uso di figure e simboli provenienti da altre religioni è tipico di questi gruppi.>> Chiuse la penna, sfogliò pagina, e con le mani libere riprese a muoverle come prima <<Il tuo è un caso regolare, nulla di speciale. Hai un problema di rabbia da riparare ed una paura del tuo "Angelo" da superare. E io ti aiuterò a farlo.>>

...ah. 

Davvero... incredibile. 

Da quella storia aveva... ricavato tutto ciò. 

Non si aspettava nulla del genere. Non sapeva fosse possibile. 

Adesso era certo di aver fatto la scelta giusta. 

E qualche ora dopo, ebbe modo di ringraziare chi lo meritava. 

<<Gwyana... avevi ragione.>>

Come promesso, quel giorno incontrò l'uomo davanti al tempio buddhista. 

<<Davvero? Sei con la Quiner, ora?>> chiese lui, entusiasta. 

<<Mi incontro con il gruppo due volte a settimana e ci sono quattro altre persone. Avevo dubbi, ma ora mi sento più sicuro.>>

<<Haha! Ne sono felice.>> Gwyana gli diede una pacca sulla spalla <<Fidati, se andrà come è andata a me, tornerai alla normalità in men che si dica.>>

Il ragazzo non sperava altro. Tornò a casa con l'animo leggero. 

<<Jacob, finalmente sei qui.>> disse Arsalan, accogliendolo subito all'entrata <<Ieri non abbiamo avuto il tempo, ma ora ti devo parlare.>>

<<Dopo. Devo fare una doccia.> replicò, lanciando la propria giacca verso il divano. 

L'Angelo la prese al volo. E con uno scatto, prese anche il polso del ragazzo. <<Ti devo parlare ora.>>

Come risposta, lui evocò la Spada Sacra, e la puntò al suo mento. <<Non mi toccare.>>

Ma Arsalan non lasciò. <<Per favore. Ascolta.>>

<<Se è davvero un favore, potrò rifiutarlo.>>

<<Ho già discusso con Risa, Simona, e persino Rhoda riguardo a questo. Solo->>

<<Perfetto! Me lo farò dire da loro!>>

Con una spinta, rimosse il braccio dalla stretta di Arsalan, e gli voltò le spalle. 

<<...capisco.>> concluse lui <<Un Giudice dovrebbe collaborare con il proprio Angelo. Ma se ti rifiuti, non ho motivo di insistere. Tuttavia, questo è un rischio per tutti noi, e non posso lasciarlo incontrollato, perciò... dovrò fare da solo.>>

Ci fu una folata di vento, e quando Jacob si girò...

...Arsalan era scomparso attraverso la porta aperta. 

"Si è... offeso...?"

18 novembre 2020

Quel giorno, Jacob passò per l'ospedale. 

Non lo faceva ogni giorno, ma quando aveva tempo, visitava una stanza, perché... era colpa sua se si trovava lì, del resto. 

O almeno, di Mara che controllava il suo corpo. 

<<Oh, guarda chi si vede!>> salutò Raguel, nel proprio letto. 

<<Sembri di buon umore.>> disse lui, posando un piatto ricoperto in carta stagnola sul comodino accanto. 

<<Mi hanno detto che tra poco potrò andarmene da qui. Non pensavo che una ferita allo stomaco potesse volere tanto tempo per ripararsi, sai.>>

<<Chiami l'essere trapassata da una Spada Sacra "una ferita"...?>>

<<Praticamente un ago per me! E cos'è questo?>> L'Angelo aprì la confezione che le aveva portato. <<Un'omelette? Cosa, hai mangiato i fiori per strada?>>

<<Hey, quella è fatta in casa. Perché... è l'unica cosa che so fare bene.>>

<<Ah, vero, te l'ha insegnata Arsalan. Sai, Risa e Simona passano qui una volta al giorno, ma lui non è mai venuto. Come sta?>>

...a dire il vero, lui non lo aveva visto per cinque giorni. 

O meglio... sapeva che tornasse a dormire la notte, sul divano a volte, sul letto altre, però non lo aveva mai visto. Non importava a che ora lui si svegliasse la mattina - l'Angelo se n'era già andato. 

<<Bene, credo.>> rispose poco convinto. 

Così poco convinto che se ne accorse immediatamente. <<Heh. I vostri problemi non sono miei, e non fingerò lo siano... ma cerca di non essere troppo duro con lui. Essere un Angelo è più difficile di quanto sembri.>>

Sicuro, come no. 

Certo, avevano vissuto migliaia di vite, vedendo miliardi morire, anche per mano loro... ed erano stati creati da un Dio crudele... ma...

...ma...

...ma era tardi. <<Se non ti dispiace, devo andare.>>

<<Divertiti, come io mi divertirò a mangiare la tua ome-frittata!>> esclamò, salutandolo con un esagerato gesto. 

Il Giudice raggiunse l'uscita ed aprì la porta, quando Raguel lo chiamò. <<Jacob?>>

<<Sì?>> chiese lui. 

<<...ti senti in colpa per avermi spedito qui, vero?>>

<<Non dovrei?>>

<<È stato Mara.>> affermò lei seriamente <<Ricorda sempre che non devi assumere tutte le responsabilità e le colpe, okay?>>

<<...lo terrò a mente.>>

Ma Raguel non doveva preoccuparsi. Non sapeva che lui facesse parte di un gruppo di terapia, ovviamente. 

Quello era proprio uno dei due giorni alla settimana in cui doveva incontrarsi con loro, perciò, lasciato l'ospedale, andò subito all'appartamento della Dottoressa Quiner. 

Stavolta, trovò tutti i presenti nel cerchio occupati a ridere. 

<<Oh, Jacob, stavamo aspettando giusto te!>> disse Francis, indicando la sedia vuota. 

Jordan era sempre il meno entusiasta di vederlo, ma sorrise e non si mostrò ostile. <<Ora possiamo cominciare.>>

<<Sono d'accordo.>> disse la Dottoressa, prendendo il quaderno <<Cominciamo dal nuovo arrivato. Come va, Jacob?>>

<<Tutto a posto, solita routine.>>

<<Hmm, davvero? Eppure sembri diverso.>>

...lo sembrava? Lui era stato completamente onesto, ma non era uno psicologo, né particolarmente bravo a riconoscere i propri sentimenti. 

<<Non è che...>> continuò la Quiner <<Hai avuto un incontro con quel tuo... com'è che si chiama...?>>

<<Arsalene?>>

<<Arsalene... potresti ripeterlo?>>

<<...Arsalene.>>

<<Hm, hm.>> mormorò lei, scrivendo qualcosa <<Il modo in cui pronunci le parole dice molto su di te, sai. Tu... non ti sei allontanato da lui, ti sei avvicinato.>>

Avvicinato? Quando se n'è letteralmente andato? Ridicolo da credersi. 

...o lo sarebbe stato, se...

<<Una mia amica mi ha detto di non essere troppo duro con lui. Pensa che->>

<<Una tua amica?>> La Dottoressa scosse la testa in disappunto. Gli altri sembrarono ugualmente negativi. <<Se ti dice cose del genere, puoi davvero chiamarla un'amica?>>

<<Hey, era solo un suggerimento. Lei non sa->>

<<Hai altri amici come questa?>>

"Altri amici...?"

<<In che senso, come questa?>>

<<Intendo altre persone vicine a questo... Arsalene, o persone che conoscevi mentre eri nel suo culto.>>

Perché era un problema se li conosceva allo stesso tempo? Qualcosa riguardo ai ricordi che evocavano o all'abbandonare la vecchia vita, forse... ma non era un po' eccessivo? 

<<Tre o quattro...?>>

<<Questa è la prima prescrizione che ho da darti: smetti di interagire con queste persone per qualche settimana.>>

Jacob scattò in piedi, rovesciando la sedia. <<Cosa?!>>

<<Woah. Calma, calma.>> disse Jordan, posandogli una mano su braccio <<È solo un po' di tempo, e per il tuo bene.>>

...ah, un'altra reazione esagerata. 

Il Giudice si rimise a posto per subito scusarsi. 

<<...farò come dice lei.>> Il suo volto era rosso e sudato, per la vergogna o per la rabbia appena provata. <<Solo... un secondo, vado a sciacquarmi la faccia.>>

<<Non preoccuparti. Penultima porta a destra.>> disse la Quiner. 

Il ragazzo attraversò il corridoio. Penultima porta a destra, era un bagno ricoperto in mattonelle bianche. 

Per quanto il gabinetto d'oro fosse invitante, si limitò a buttarsi dell'acqua fredda sul viso. 

A giudicare dal riflesso nello specchio, i suoi occhi erano totalmente normali. Nessun brillio dorato. Da quando aveva cominciato a meditare, Mara non si era fatto vedere. 

Un problema risolto. Ora ne aveva un altro. Se stesso. 

"Ed è proprio per quello che sono qui..." pensò, uscendo dal bagno. 

Stava per lasciarlo, quando sul ciglio della porta si trovò faccia a faccia con...

...l'uomo che aveva intravisto l'ultima volta. 

Proprio come sembrava, aveva una barba incolta scura, vestiti sporchi, e un aspetto stanco. 

<<Uh... posso aiutarla?>> chiese Jacob. Il gruppo stava parlando nella stanza vicino l'ingresso, quindi probabilmente non si accorsero di lui. 

<<Devi andartene.>> grugnì l'uomo <<Se insisti a rimanere, non avrai molto da vivere.>>

<<...lei è il marito della Dottoressa?>>

Il tipo sorrise leggermente. <<Marito, sì. Qualcosa del genere.>> Poi si spostò, per lasciarlo passare. 

Camminandogli accanto, Jacob notò un respiro molto, molto pesante. 

Come se quell'uomo stesse trepidando da una incredibile voglia. 

...si augurava non fosse voglia di combattere, per il suo bene. 

Tornò al cerchio con rapidità. 

19 novembre 2020

Da quasi una settimana, la caccia di Arsalan era cessata raramente. 

Tornava a dormire a casa per qualche ora, e poi riprendeva a cercare. 

Perché se Jacob non voleva essere coinvolto, coinvolto non sarebbe stato. 

Almeno per il momento. 

...la verità si stava avvicinando. 

L'Angelo si trovava ora in un appartamento in affitto, dove non molto tempo prima, erano accaduti numerosi omicidi. 

Qualcuno aveva catturato ed ucciso più persone, inclusa l'intera famiglia che abitava lì. 

La famiglia Abel. 

Il solo sentire quel nome in quell'epoca gli dava la nausea. 

Era un'incredibile sfortuna che dovesse farlo, grande quanto la fortuna che... quell'uomo avesse incontrato Diana Abel. 

Almeno, supponeva fosse lei. La maledizione non poteva che essere passata all'unica figlia degli Abel. 

Essere l'Anticristo era una disgrazia. Poi "lui" era passato per la sua strada. 

Per chiunque, un incontro con un uomo che uccide Angeli Custodi sarebbe tragico, ma per lei fu una fortuna. Poiché il mondo, chiaramente, non era finito, Arsalan doveva credere che il suo Diavolo Accusatore fosse stato qualcuno senza interesse nell'Apocalisse. 

...possibile che lo Sterminatore di Angeli lo sapesse...? 

In ogni caso, era stato lì. Un altro punto sulla sua mappa. 

Una mappa poco utile, ma più utile di qualunque altra cosa. 

"Il fatto che stiamo investigando su di lui... dovrà dargli fastidio. Se è in giro, si farà vedere."

Fuori dalla finestra, cominciò a piovere. 

"...spero solo non decida di attaccare Jacob..."

Ma Jacob aveva ben altro a cui pensare, in quel momento. 

Stava uscendo dal tempio, dopo il corso di meditazione, e non aveva niente con cui coprirsi da quel temporale mentre tornava a casa. 

Come se non bastasse, il suo cellulare non voleva smettere di vibrare. 

Lo tirò fuori dalla tasca. 

Rhoda lo stava chiamando. 

Ricordò le parole della Dottoressa. 

"Intendo altre persone vicine a questo... Arsalene, o persone che conoscevi mentre eri nel suo culto."

Con un sospiro, rifiutò la chiamata e cancellò il contatto. Più tardi avrebbe fatto lo stesso con tutti gli altri. 

Stava per andarsene, quando notò qualcosa di strano. Si rivolse ad un monaco che stava uscendo dietro di lui. 

<<Scusate... avete presente Gwyana? Mi aveva dato appuntamento qui, ma non lo vedo, e sì, capisco la pioggia...>>

<<Hai detto... Gwyana?>> chiese il monaco. 

Con Gwyana avrebbe potuto parlare, lui non aveva legami alcuni con Arsalan. Quindi dov'era? 

<<Glielo avete dato voi il nome, no?>> Mentre parlava, vedeva l'espressione del monaco farsi sempre più preoccupata <<È un membro qui... giovane, rasato, asiatico...>>

<<Il fratello Gwyana... non è più con noi.>> rispose. 

<<Oh, ha lasciato il tempio?>>

<<...si è tolto la vita.>>

La pioggia si fece più forte. 

<<Si è... suicidato? Cosa- quando? Perché?!>>

<<Forse sarebbe meglio se->>

Ma lui lo prese per la veste e lo scosse violentemente, nemmeno pensando a cosa stesse facendo. <<Mi risponda, io- io non sapevo niente, gli stavo parlando come niente qualche giorno fa, e->>

<<Il fratello Gwyana non poteva vivere senza l'amore del monaco Devadatta, e... si è sparato due mesi fa.>>

Due... mesi...? 

No... no, lui... lui lo aveva incontrato... proprio... proprio lì...

Gwyana... Gwyana era vivo... era vivo... era...

20 novembre 2020

<<Un frutto della tua immaginazione.>> disse la Dottoressa Quiner. 

Gli altri presenti nel cerchio bisbigliarono qualcosa tra sé. Jacob scattò in piedi. 

<<Si deve ricordare, Dottoressa! È stato suo paziente- è stato lui a suggerirmi di venire qui!>>

<<I ricordi possono essere ingannevoli. È normale per i sopravvissuti di un culto soffrire questi effetti.>>

<<Basta con questi culti, la mia memoria è a posto, cazzo, forse la sua->>

<<Di che etnia hai detto che era, questo Gwyana?>>

Ci pensò qualche secondo. Stranamente. <<Asiatico.>>

<<Asiatico è un po' vago. Sud Asia o Est Asia?>>

<<Non... non sono sicuro.>>

<<Ah! Capisco. Quindi non potresti nemmeno dirmi se Cinese, Coreano, Vietnamita, Indiano...>>

<<No... non...>>

<<Puoi dirmi il colore dei suoi occhi, o il tipo di voce che aveva?>>

Il colore dei suoi occhi...

La sua voce...

Non... non ci aveva mai fatto caso...

Non aveva mai... ben percepito... la sua persona...

Come se fosse... sfocato. 

<<...non riesco.>>

La Quiner scrisse qualcosa sul blocco note, per poi chiudere la penna e riprendere a gesticolare come sempre, forse più del solito. <<Questo Gwyana, hai detto, ti ha dato un mio biglietto da visita. Io, in effetti, lascio i miei biglietti da visita a tutti i clienti con cui ho finito. Puoi farmelo vedere?>>

<<Sì! Come no!>> esclamò lui, rovistando tra le tasche <<L'ho sempre tenuto qui, non l'ho mai...>>

E tirò fuori un pezzo di carta. 

Nient'altro che un pezzo di carta bianco con sopra scritto il numero della Dottoressa nella calligrafia di Jacob stesso. 

<<...tolto...?>>

<<Davvero?>> chiese lei <<E perché mai l'avresti sempre tenuto con te?>>

<<P-perché...>> mormorò <<Perché... non riuscivo mai... a ricordare l'indirizzo...>>

<<Hm.>>

Tutti rimasero in silenzio, dandogli il tempo di processare. 

La mente di Jacob Aiagon era così distrutta che i ricordi lo ingannavano. 

Se nemmeno la sua memoria era affidabile, i suoi stessi sensi, chi o cosa poteva mai esserlo? 

Niente. 

Dunque, l'unica risposta possibile, era che lei gli stesse mentendo. 

Sì. 

Quella Dottoressa. 

Doveva essere un Demone. 

Un Demone. 

Un Demone. 

E ogni Demone. 

Doveva morire. 

Le salto addosso, e strinse le sue mani intorno al suo collo. 

<<Muori.>>

Le sue parole soprassedettero ogni altro suono. 

<<Muori. Muori. Muori. Muori muori muori muori muori muori muori muori-!>>

Non notò che qualcuno avesse sollevato una sedia, finché non lo colpì sul collo. 

Senti un rumore come ossa rotte, e

20 novembre 2020

<<Jacob? Sei tu?>> chiese la voce al citofono. 

Il ragazzo sobbalzò con un grido. 

<<Dove... cosa...>>

Si trovava... di fronte all'entrata del condominio, dove lavorava la Dottoressa. 

<<Pronto?>> ripeté la voce. 

<<S... sì.>>

Il portone si aprì. 

Ma lui non sapeva nemmeno cosa fosse successo. 

Si guardò nel vetro della porta. I suoi occhi erano del colore normale. 

Ricordava di aver agito come se sotto l'influenza di Mara. Ma non era ancora nemmeno entrato. Il giorno era lo stesso, l'orario quello corretto. 

Ciò che era nella sua memoria non era mai successo, non sarebbe mai potuto succedere. 

Oltre il citofono, la Quiner gli aveva appena parlato. Era viva e vegeta. 

Ma quella confusione non poteva che essere opera di un solo Demone... Mara, ancora nella sua anima. 

E per reprimere Mara, doveva subito andare... andare...

"...dov'è che andavo per controllare Mara...?"

Ah! Giusto! 

Il gruppo di terapia, ed era proprio lì che era! 

Senza indugio, corse su per le scale. 

Stavolta, trovò tutti i presenti nel cerchio occupati a ridere. 

<<Oh, Jacob, stavamo aspettando giusto te!>> disse Francis, indicando la sedia vuota. 

Jordan era sempre il meno entusiasta di vederlo, ma sorrise e non si mostrò ostile. <<Ora possiamo cominciare.>>

<<Sono d'accordo.>> disse la Dottoressa, prendendo il quaderno <<Oggi ho un nuovo metodo terapeutico da proporvi.>>

La Quiner si alzò, prese la propria sedia, e la posizionò al centro della stanza, per poi far spostare gli altri e chiudere il cerchio. 

<<Ho bisogno di un volontario.>> annunciò. 

Con un po' di riluttanza, Siobhán alzò la mano, e ricevuto un segno si andò a sedere al centro. 

<<Questa si chiama terapia critica.>> spiegò la Quiner <<La persona al centro deve parlare il più a fondo possibile di sé, specificatamente della propria vita nel culto ma anche tutto il resto. Gli altri devono criticare il più aspramente possibile quella persona.>>

<<Criticare...?>> chiese la donna di fronte a lei. 

<<Insultare, attaccare, comunque lo vogliate dire. Dovete informarla di tutti i suoi errori e difetti, tutto il ribrezzo e la rabbia che provate, e farlo in modo che sembri reale. Ci sono solo tre regole: non trattenete nulla, non usate violenza fisica, e ricordate: è solo un gioco.>>

<<Hey! Un momento!>> disse Jacob <<Come ci aiuterà, questo?>>

<<Ottima domanda! Vedi, la parte più difficile del lasciare un culto è abbandonare la mentalità imposta da esso. Una critica così dura è il modo migliore per distruggerla, e rendervi più abituati alle critiche future.>>

<<...ha... senso, credo...>>

Del resto, era lei la psicologa... giusto...? 

<<Uh...>> cominciò a dire Siobhán, guardando la Dottoressa ora in piedi fuori dal cerchio. 

<<Qualcosa che non ci hai mai detto.>>

<<Okay... io sono... lo sapete già chi sono. E sapete che Divinitas Mentis aveva come obiettivo un suicidio di massa. Ma... una cosa, non l'ho detta a nessuno, è che...>> Esitò. Lo sguardo della Quiner sembrò incoraggiarla. <<...ho invitato... molte mie amiche. E alcuni parenti. Al gruppo. E... li ho convinti a fare la stessa cosa che facevo io, perché... pensavo, che se l'avessero fatto anche loro... non sarei più stata io quella... strana. P-poi... è arrivato il giorno del "rituale", e... tutti i membri che erano riusciti ad odiare i propri corpi... li hanno abbandonati, dandosi... fuoco. E io... io ero pronta esattamente quanto loro, sarei dovuta morire insieme, ma... ma ho avuto paura e ho detto di non essere pronta... mentre tutte le reclute che avevo portato io... loro hanno avuto il coraggio, e io non le ho fermate. E adesso... ancora le loro famiglie non sanno... cosa gli sia successo...>>

Non era chiaro se avesse finito di parlare, ma all'improvviso Ivo gridò: <<Seriamente?! E osi definirti una vittima?!>>

<<I-Ivo...?>>

L'uomo sembrava disgustato da lei, decisamente non per "gioco". <<Vittima del cazzo, fai bruciare le tue amiche e mantieni pure la sfrontatezza di mostrarti qui?>>

<<Non... non sono stata io...!>>

<<Ma è come se lo fossi stata.>> disse Francis <<Se non avessi deciso di trascinare quella gente giù con te, sarebbero ancora vive!>>

<<Aspettate, i-io...>>

I due uomini si sarebbero alzati se la Dottoressa non avesse fatto segno di rimanere seduti. Ma continuarono ad urlare tanto che erano praticamente nelle sue orecchie. 

<<Ti aspetti davvero la nostra simpatia?!>>

<<Il tuo corpo avresti fatto meglio ad odiarlo davvero!>>

<<E a bruciarti, così avresti avuto quel che ti meriti!>>

Siobhán si fece sempre più silenziosa, coprendosi la testa con le mani, ed emettendo solo flebili respiri. 

Intanto, Jacob e Jordan non avevano parlato, decisamente ansiosi riguardo a quella terapia critica. 

Finalmente, la Quiner batté le mani, ed annunciò la fine dell'esercizio. <<Va bene, ragazzi! Siobhán, puoi tornare a sederti. Non preoccuparti, avrai l'occasione per il riscatto. Ora... a chi tocca?>>

Non appena la donna si fu alzata, gli insulti, e tutto il resto, cessarono immediatamente. 

Poi la Dottoressa fece cenno a Jordan. 

Lentamente, il ragazzo si sedette al centro. 

<<...c'è una cosa... simile a quella di Siobhán, che è accaduta a me...>> Si era già piazzato in una posizione difensiva, con la testa volta verso il basso tenuta dalle braccia. <<Prima che il nostro culto crollasse... abbiamo organizzato una festa. Un party per divertirci, ospitato da una di nome Inlus, che... che era un po' fuori. Aveva trovato questo manicomio abbandonato, per esempio, e c'erano voci che il motivo per cui l'aveva fatto era che... aveva un prigioniero, lì.>>

"Un prigioniero...?"

<<Una notte, così, mentre Inlus si intratteneva con chissà chi, ho deciso di andare ad esplorare l'edificio. Nessuno poteva salire ai piani superiori e io ho fatto proprio questo. Ho... girato, a caso, finché non ho sentito un suono. Dentro una stanza... ho aperto la porta con attenzione, che poi era un po' rotta, e dentro... c'era qualcuno.>>

"Qualcuno...?!"

<<Non sono riuscito a vederlo in faccia, ma era seduto sul pavimento, ed aveva un oggetto fluorescente sopra il corpo... come una... spada. E c'erano... ciotole di cibo. Inlus aveva davvero un prigioniero. Così... io...>>

<<Andiamo. Che cos'hai fatto?>> chiese la Dottoressa. 

<<...gli ho fatto una foto e me ne sono andato. Non l'ho detto a nessuno, pensavo solo fosse divertente. Non mi importava di chiunque fosse quel tipo. Se Inlus davvero lo trattava come un cane...>> Jordan sorrise <<Gli sarà dovuto piacere.>>

Ma Jacob, per qualche motivo, non sembrò trovarlo divertente. <<...bastardo.>>

<<Come?>>

<<Disgustoso bastardo che non sei altro!>> gridò il ragazzo, più furioso di chiunque altro fosse stato in quella stanza prima <<Quel fottuto manicomio dovevano farvelo crollare addosso e lasciarvi lì a chiamare aiuto come gli insetti che siete!>>

<<H-hey, aspetta->>

<<Ahhh, ma lo vedrai, eccome se lo vedrai. Con quegli stecchini che ti ritrovi... non è tanto prima che qualcuno più forte di te prenda un oggetto di metallo... e ti apra la testa in due.>>

<<Forse sarò proprio io!>> disse Ivo <<Davvero, lo hai lasciato lì a morire?! Mi fai schifo.>>

<<Già, che pezzo di merda. Non che pensavamo ci fosse speranza per te.>> disse Siobhán, chiaramente curata della propria terapia critica precedente. 

Jordan però non aveva intenzione di lasciarsi attaccare. <<Un attimo! Cosa->>

Come risposta, Jacob gli saltò addosso e lo gettò verso il basso, obbligandolo con la forza a risedersi. <<Statti fermo, pensi che abbiamo finito con te->>

E la Quiner li interruppe di nuovo con un battito di mani. <<Ottimo lavoro! Penso proprio che potremo espandere la durata della terapia già dalla prossima volta! Chi va, ora?>>

Un altro silenzio. 

Non importava con quasta animosità stessero discutendo prima, quando finiva, finiva tutto. 

<<Jacob?>> propose la Quiner. 

<<...io...? Non so se...?>>

<<Ormai è tuo dovere.>>

"...sì, suppongo che lo sia."

Così anche lui si sedette al centro. 

Inizialmente, non sapeva bene cosa dire. Ci mise un po' a cercare una "confessione" che non fosse né troppo né troppo poco. 

<<...non l'ho mai menzionato, ma... le battaglie che Arsalene mi faceva combattere... erano battaglie serie. Sono rimasto ferito ogni volta. Ma... questo solo perché io sono sopravvissuto. Ed in una battaglia all'ultimo sangue, ciò significa che il mio nemico è morto. Tutti i miei nemici sono morti. Ho ucciso cinque persone... di cui una bambina.>>

Limitò a questo la sua storia. 

<<...t-tu... sei... un mostro.>> disse Jordan. 

<<Sì.>> rispose. 

<<E vieni a dirci a noi che siamo bastardi? Che diritto hai, tu, che dovresti stare sulla sedia elettrica?!>>

<<Oddio, che...>> mormorò Francis. 

<<E non ti penti di nulla?! Lo dici così?! Cosa sei, un animale?!>> esclamò Siobhán. 

<<Un criminale come te dovrebbe solo morire!>> disse Ivo. 

Jacob però non aveva intenzione di lasciarsi attaccare. <<Un attimo! Cosa->>

Come risposta, Jordan gli diede uno schiaffo che quasi lo gettò sul pavimento. 

<<Dottoressa, questo è permesso, vero?>>

La Quiner annuì. <<Non c'è regola contro la violenza fisica, ma ce n'è una contro il trattenersi.>>

<<Con questo assassino di merda? Non lo farò.>> Lo colpì di nuovo. 

Gli occhi di Jacob stavano cominciando a lacrimare, così come il suo naso stava cominciando a perdere sangue. 

Ma Jordan non si stava fermando, e continuava a colpirlo. <<Guardati! Angelo Custode, difensore della fede, ma chi ti credi di essere?!>> Lo colpì. <<Tu sei un fallimento. Ti sei fidato di quell'Angelo perché altrimenti saresti morto come un fallimento. Haha!>> Lo colpì. <<Piangendo nel buio, pregando per una seconda opportunità che non sarebbe mai venuta!>> Lo colpì. <<Ma nessun Angelo può riparare una persona come te. Incapace di vivere senza fare del male agli altri.>> Lo colpì. <<Perché vuoi essere felice senza lavorare per ciò. E gli altri devono soffrire al posto tuo.>> Lo colpì. <<Quindi sii felice, hai cambiato il destino della tua morte! Non sarai ignorato da tutti! Saranno tutti occupati a festeggiare, perché il più grande peso è stato tolto dalla loro schiena!>> Lo colpì ancora e ancora e ancora. 

E il Giudice... a malapena ci vedeva. 

Non riusciva a reggersi in piedi e il suo cuore stava per esplodere. 

Ma tutto quello che aveva sentito era vero. Tutti i problemi di cui avevano parlato erano veri. Doveva risolverli. 

Anche se ciò significava sopportare quel metodo di terapia. 

Così, anche quando Jordan lo stava tenendo per il colletto, e l'espressione sul suo viso era diventata incomprensibile per via dei lividi inflitti, delle lacrime scorrenti, e del sangue... non parlò. 

Riuscì solo a dire: <<Mi... mi dispiace.>>

Poi il ragazzo lo lasciò andare, e lui cadde sulla sedia. 

La Quiner aveva osservato tutto, prendendo appunti. Stava probabilmente per annunciare chi sarebbe stato il prossimo a ricevere le "critiche", quando notò l'orario sulla parate. <<Oh, non me n'ero accorta... ma è ora di andare. Scusate, ragazzi, potremo riprendere la prossima volta.>>

I membri del gruppo se ne andarono come se nulla fosse mentre la Dottoressa li salutava dalla porta. <<Ciao! A dopodomani!>>

-questo fece interrompere il cammino di Jacob. <<Dopodomani? Non è mercoledì, il prossimo incontro?>>

<<Hm? Dimentichi l'incontro della domenica!>> chiese lei <<Abbiamo modificato il numero di giorni da due a tre, ricordi?>>

<<N... no.>>

<<Io sì.>> disse Siobhán vicino all'ascensore. 

<<Pure io, l'abbiamo deciso l'altra volta.>> aggiunse Ivo. 

Jacob continuava a non ricordare, ma ormai aveva ammesso che la sua memoria era un disastro. <<...se lo dite voi.>>

Aveva immaginato Gwyana. Ne aveva parlato quel giorno stesso con la Dottoressa. Se aveva fatto ciò, era possibile qualunque cosa. 

21 novembre 2020

Adesso, Arsalan si trovava in un luogo ancora più specifico. Il bosco dove era avvenuto l'unico avvistamento del suo avversario. 

Quando Inlus, o la donna che sarebbe poi diventata Inlus, aveva scattato una foto di quella figura misteriosa... ed era poi tornata online con un atteggiamento del tutto differente. 

Era chiaro cosa le fosse successo. Quell'uomo aveva ucciso il suo Angelo Custode, ed iniziato la collaborazione con il suo Diavolo Accusatore. 

Il perché ed il come gli erano ancora oscuri. Se importavano, importavano poco. Doveva solo capire dove si trovasse quell'uomo. Aveva seguito quello che pensava sarebbe potuto essere il suo percorso, e ora cercava possibili tracce del suo passaggio. 

"Lo troverò."

Questo si ripeteva. 

Ancora e ancora. 

"Lo troverò. Lo troverò. Non posso arrendermi. Io sono l'Angelo Custode. Lo troverò. Lo troverò. Non posso arrendermi. Io non fallirò. Io sono il suo Angelo Custode."

Perché c'era un motivo se si era incarnato lì. 

E non era certamente quello di rovinare la vita di Jacob Aiagon. 

...per questo non poteva, non doveva fallire. 

Almeno per una volta, avrebbe fatto qualcosa per il suo bene. 

Aliquid Memoratum

<<E andiamo-!>> gridò Rhoda, lanciando via il telefono sul divano. 

Continuava a provare a chiamare Jacob, ma era come se non avesse più un cellulare. 

Doveva pensare che fosse in pericolo? No, stando a quanto diceva Arsalan, almeno ogni notte era vivo e vegeto nel proprio letto. 

...che metodo del cazzo, comunque, tornare a casa solo per dormire un paio d'ore e poi andarsene subito, solo perché non vuoi parlare con il tuo coinquilino. Quei due erano diventati ridicoli. 

O forse gli Angeli non possedevano un senso del ridicolo. 

In ogni caso, nessuno dei due si stava comportando in modo normale. 

Per questo Rhoda si era trovata costretta ad entrare nel loro appartamento. 

...non ci era entrata di nascosto o nulla del genere. Era semplicemente andata a visitare Jacob. 

E aveva trovato la porta aperta. 

Niente segni di lotta. La Spada Sacra era a posto. Non una goccia di sangue, o una frattura nel muro. 

Sembrava semplicemente che Jacob fosse uscito di casa, e si fosse dimenticato di chiudere. 

<<...idioti.>>

Non aveva altro da dire- per la prima volta, odiava tutta quella storia, il sapere che uno dei suoi amici era un Giudice scelto da Dio e l'altro un Angelo del Cielo, il sapere che potevano ritrovarsi a combattere e morire contro un Demone pazzo da un giorno all'altro. Ma soprattutto, il sapere che questi due guerrieri esperti erano totalmente incapaci di agire come persone normali. 

Li trovava pietosi e li odiava. 

E se le altre due Giudici non avrebbero rimediato a quella commedia, l'avrebbe dovuto fare lei, così da risparmiarsi dolori futuri. 

Con un sospiro, si sedette nella prima poltrona che capitò, decisa ad attendere il ritorno di uno dei due. 

22 Novembre 2020

Non avrebbe potuto immaginare che Jacob stava appena arrivando all'ufficio della Dottoressa Quiner. 

La psicologa gli aprì ancora prima che lui suonasse il campanello. <<Jacob! Era giusto te che aspettavamo!>>

Lui salutò gli altri e gli altri salutarono lui. 

<<Senta, Dottoressa...>> Si rovistò tra le tasche e prese un anello d'oro. <<Ho trovato questo, prima... è suo?>>

<<Hm? Mai visto prima.>> rispose <<Io non porto anelli.>>

<<Nessun anello? Nemmeno quello nuziale?>>

<<Haha, cosa ti fa pensare che io sia sposata?>>

...già... cosa glielo aveva fatto pensare...? 

<<Allora... a chi tocca la seduta critica, oggi?>> chiese la Quiner. 

Al centro del cerchio era già stata posta una sedia, ancora vuota. 

Ivo e Francis, gli unici che non l'avevano ancora avuta, indicarono Jacob. 

E anche Siobhán e Jordan, esattamente allo stesso momento, indicarono Jacob. 

<<Io? Ma io sono già stato seduto...>>

Loro non risposero. Invece, quel che fecero fu prenderlo con la forza, e gettarlo sulla sedia. 

<<U-un attimo! Cosa->>

<<Hah! Guardatelo!>> disse Jordan <<Sembra proprio uno che ammazza i bambini!>>

In coro, tutti i pazienti risero di lui. La Dottoressa sembrava non notare nulla. 

<<Allora, Jacob, cos'hai da dirci oggi?>>

<<Io...>>

<<Lascia perdere, lo vedremo da soli.>>

Qualcuno schioccò le dita, e sulla parete più vicina apparve un video. 

Non c'era proiettore. Solo un'immagine in movimento. 

Mostrava lui, nell'appartamento della famiglia Abel. 

Con un salto, stava uccidendo la piccola Diana. Ma non appena la Spada usciva dalla sua testa e la luce lasciava gli occhi della bambina, il video ripartiva da capo. 

<<Ooh!>> gridò Siobhán <<Ti divertivi, vero? Non ne avevi abbastanza a trapassare quella bambina, ah?!>>

<<Dove... cosa...>>

Poi la scena cambiò. 

In una stanza buia, ma chiaramente visibile, era Jacob nel panico, in preda ad allucinazioni di ragni e insetti. 

Il Demone Inlus e la Spada Sacra non c'erano, come se rimossi dal video, quindi il suo corpo nudo era completamente visibile. 

Tutti scoppiarono a ridere. 

<<O-okay... haha... va bene così, vero...>>

No. Le risate non smisero, e il video non si concludeva, né ricominciava. 

Elizabeth entrò nella stanza insieme a lui. 

Come aveva fatto ogni settimana, gli diede un bacio lento. E quella sarebbe dovuta essere la fine, ma non lo fu. 

Le immagini mostrarono uno dei suoi incubi, nei quali Jacob si arrendeva ai propri desideri con Elizabeth ed Inlus. E quando aveva avuto quel che voleva, procedeva a sottometterla e infine ad ucciderla. Ma ancora a quel punto-

Guardando questo video. 

Sentendo le risate incessanti. 

Un conato di vomito salì per il corpo di Jacob. 

<<D... devo andare...>>

La Quiner indicò con la penna. <<In fondo al corridoio.>>

Il Giudice corse via. Le voci di scherno dei suoi compagni non si interruppero. 

Continuò a correre. E a correre. E a correre ancora e a correre ancora. 

E dopo quella che era sembrata tutta la sua vita, raggiunse una porta aperta. 

Si chiuse alle sue spalle. 

Una luce si accese. 

-quello. 

--non era un bagno. 

Il pavimento era rosso. I muri erano rossi. Il soffitto era rosso. 

Rosso era il sangue del corpo squarciato, che con una corda si trovava sospeso sopra un fornello caldo. 

Quell'uomo... sì, l'aveva visto, era...

...il marito della Dottoressa...? 

<<C-cosa... cosa sta succedendo qui...?>> Jacob provò a tornare indietro. 

La porta era scomparsa. 

Non poté che guardare mentre, per il calore sotto i suoi piedi, quel corpo si scioglieva... no, non si stava sciogliendo. 

Come se fosse ricoperto da cera, essa si liquefece, rivelando al di sotto un altro volto. 

<<Gwyana...?>>

Era lui. Era l'uomo che era convinto non esistesse. 

Stavolta, quando si sciolse, il corpo scomparse nel nulla. 

Lasciando solo un disgustoso odore. 

E al solo sentirlo, Jacob evocò la Spada Sacra. 

<<Ah! Che cos'è questa?!>>

Una spada... apparsa dal nulla. 

Una spada... che aveva già visto...

Una spada... una spada...

<<...Spada... Spada Sacra.>> si ripeté. <<Cosa... cosa dovrei ricordare... Spada... Spada... Sha... Shamshir... e...>>

Dalla sua tasca cadde un anello. 

<<...Shamshir-e-Zomorrodnegār, la Spada di Re Salomone.>>

Scattò per prendere l'oggetto e rimetterselo al dito. 

La sua vista, per un solo secondo, fu riempita dall'immagine di un vecchio dalle vesti regali. <<Ricorda, Jacob! Tu. Sei. Il Giudice. Del. Signore.>>

Giudice... del...

...Signore...

...lui... era il Giudice del Signore...

...e quell'odore...

<<Demone.>>

<<Alla fine, ce l'hai fatta.>>

Dietro di lui. 

L'unica persona che sarebbe potuta essere. L'unica persona che avrebbe sospettato se non avesse mandato all'aria la sua mente. 

<<Jordan.>>

Il ragazzo biondo sorrideva, soddisfatto. <<Sei davvero un pollo, lo sai questo?>>

<<Tu... bastardo... che cosa mi hai fatto?!>>

<<Nulla in confronto a quello che ti farò ora.>>

Jordan schioccò le dita. Dal pavimento apparirono tre ombre umanoidi. 

Jacob non avrebbe lasciato che lo attaccassero. Agì per primo. 

Attraversò il petto di una con la Spada, e la lanciò di lato. Allo stesso tempo bloccava un'altra per il collo, e una volta liberatosi della prima, finì anche quella, mozzandole la testa. 

La terza cercò di soffocarlo alle spalle. Era debole. La fece fuori tagliandola orizzontalmente in due. 

Spianata la strada, si lanciò sul loro comandante. 

Doveva essere un Demone debole, perché non contrattaccò. 

<<Pensavi di potermi controllare?! Come tutti gli altri?! Pensavi te l'avrei lasciato fare?!>>

<<Jacob, aspetta->>

<<Non aspetterò più!>>

E conficcò la Shamshir nella sua testa, appendendola al muro. 

<<Mai... più...>>

Con Jordan andato... nessuno l'avrebbe mai... più... controllato. 

Il suo respiro pesante cominciava a farsi più leggero. Il suo cuore stava riprendendo il ritmo normale. 

Poi, la Dottoressa batté le mani. 

<<Il gioco...>>

Dietro Jacob, la Dottoressa Quiner applaudì. 

<<...è finito, Jacob.>>

...no. 

No. 

Non poteva essere. 

<<Che cosa non può essere, Jacob? Non ricordi quel che abbiamo detto? Devi sempre fidarti della Dottoressa.>>

Tutt'intorno a lui... l'aria girò su sé stessa. 

L'illusione intorno ai suoi occhi svanì come se non ci fosse mai stata. 

E Jacob vide. 

In quella stanza rossa, sul pavimento, vide i corpi senza vita di Francis, di Siobhán, di Ivo. 

Le ombre che lui aveva appena distrutto... erano...

<<No. No, no, come... cos'hai fatto...?>>

Il Giudice cadde in una pozza di sangue, in ginocchio. 

Era troppo. 

<<Io? Ho solo spostato un po' i tuoi ricordi. Ma non ti ho obbligato a fare niente.>>

<<Jordan... Francis, Ivo, Siobhán...>> invocava i loro nomi. 

<<Ma di chi parli? Guardati intorno.>>

Incapace di non obbedire, lui lo fece. 

I cadaveri dei suoi compagni di terapia, da lui uccisi...

...non c'erano più. 

Nemmeno il sangue. 

<<Nessun "Francis", nessun "Ivo" o "Siobhán" o "Jordan" sono mai esistiti.>>

<<Ma... ma...>> Si mise una mano sulla faccia in lacrime <<Ma io mi ricordo...>>

<<Oh? Allora, se te li ricordi devono essere esistiti.>>

E all'improvviso, i cadaveri apparvero di nuovo, stavolta cadendo dal soffitto uno dopo l'altro. 

Jacob lanciò un grido e si spostò quando uno toccò la sua testa. Ottenne solo di immergersi ancora di più in quel liquido rosso. 

<<In realtà, non è davvero importante.>> continuò la Dottoressa <<Resta il fatto che li hai uccisi con piacere, come hai fatto a numerosi dei miei compagni.>>

<<De... Demoni... sono malvagi...>> riuscì a balbettare. 

Lei lo ribaltò con un calcio. <<Tutti gli uomini sono malvagi! Ma voi avete il dono del libero arbitrio, eppure decidete comunque di peccare. Voi siete il veleno della Terra! Tu non hai il diritto di giudicare noi!>>

Il ragazzo tossi violentemente. <<Basta... per favore...>>

<<Basta? Basta?!>> Stavolta, la Quiner lo prese per i capelli, e lo tirò al proprio livello degli occhi. <<Io, Nargatas, ho dedicato il mio tempo ad ottenere vendetta su di te. Se vuoi pietà, chiedila a coloro che hai ucciso.>>

Di nuovo lo gettò giù. 

<<Potrei farti a pezzi, scavare nelle tue ossa, ma non ho bisogno di farlo. Tutti i pezzi sono già in posizione per la tua fine, e lo sono sempre stati. Per lo scacco matto, mi basta far uscire ciò che hai dimenticato dall'ombra.>>

Nargatas cominciò a gesticolare in modo ipnotico. Le palpebre di Jacob si bloccarono. 

<<La tua memoria era già debole, così debole da essere libera a me, sin da quando hai lasciato Mara. Tu non ricordi, non è così? Non ricordi cosa sia successo davvero al Re Demone. Quello che Arsalan, nella tua anima, abbia fatto. Allora, Jacob Aiagon- ricorda!>>

La sua mente si spaccò in due. 

Il ragazzo urlò. 

Tirandosi i capelli, vide sangue scorrere. 

<<Ricorda, Giudice!>>

Sì, i ricordi stavano tornando, forzati ad uscire come un neonato dalla madre. 

Ma allo stesso tempo, la sua forza. 

La sua forza stava tornando. 

Il suo corpo stava guarendo. 

I suoi sensi stavano aumentando. 

L'Angelo si stava avvicinando... di pochissimo, ma si stava avvicinando. 

<<Ancora un po'!>> disse il Diavolo Accusatore <<Non arriverà prima che tu abbia ricordato! Ricorda, Giudice, ricorda la battaglia, ricorda tutto!>>

La memoria stava-

<<No!>>

Jacob si lanciò sulla Dottoressa Quiner. 

Gridò. 

Un grido lungo, continuo, incessante. 

E colpì. 

Con una mano afferrò la sua testa, e la infranse sul muro, lasciando una macchia rossa. 

E lo fece ancora. 

E ancora. 

E ancora. 

E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E ancora. E

XX:XX

Mara cadde. 

In piedi di fronte a lui, Arsalan teneva una delle Spade Sacre in mano. 

In qualche modo, nell'anima di Jacob non solo poteva apparire, ma potevano apparirne due. 

Il "come" non gli importava. 

Gli bastava avere un modo per distruggere quel Demone. <<È una trappola, Signore dei Sensi? Non hai ancora usato il tuo Occhio. Devo supporre fosse un'illusione?>>

Intorno a loro, l'aria era rimasta immobile, non importava quanto violento si fosse fatto lo scontro. Solo il corpo inconscio di Jacob fluttuava leggermente nell'oscurità. 

<<Gh...>> gemette Mara <<Non posso usarlo per atti violenti, tu lo capisci...>>

<<Hm.>> rispose. Si avvicinò con la Shamshir-e-Zomorrodnegār alzata. 

Stava per abbassarla, finendo l'esistenza del Re Demone in quel mondo, quando sentì un rumore dietro di sé. 

Si girò. Afferrò per i capelli il Mara che lo stava attaccando alle sue spalle. Lo gettò nello stesso punto in cui si trovava l'altro Mara. 

Non appena ebbe sbattuto le palpebre una volta, i due divennero uno solo. 

Lo bloccò subito con un piede sullo stomaco. 

<<...però puoi usarlo per sdoppiarti, capisco.>>

Ancora una volta, l'avrebbe ucciso lì, ma Mara riuscì a bloccare il colpo a malapena con la propria Spada. <<Arsalan! Arsalan... perché dobbiamo lottare?>>

Lui cercò di colpire ancora. Stavolta Mara si teletrasportò fuori dalla sua vista. 

<<...sei stato tu a proporre di combattere.>> notò l'Angelo. 

<<Perché pensavo non avresti mai accettato se non ti avessi prima indebolito un po'!>>

<<Accettato... cosa?>>

<<Tu dici di voler fare il bene di Jacob Aiagon. Io dico di voler fare il bene di Jacob Aiagon. Dobbiamo davvero litigare?>>

<<...non provarci.>>

Mara non lo ascoltò, e abbassò una mano. 

Nello stesso modo, si abbassò il corpo di Jacob nel buio. 

E il ragazzo cominciò ad aprire gli occhi. 

<<Cosa... sta succedendo, qui...?>>

<<Buongiorno.>> salutò il Deva <<Se ho progettato bene la tua dormita, tu dovresti aver già visto tutto.>>

<<Tutto...?>>

Lui... cosa aveva visto...? 

Aveva visto... Risa e Simona... aveva visto sé stesso... aveva visto... infinite scale...

...ed Arsalan. 

L'aveva sentito parlare dei propri sentimenti. 

<<Avevo pensato sarebbe stata una buona idea portarmi avanti con il lavoro, ma ora capisco... devi essere tu a decidere, Jacob.>>

L'Angelo accanto a lui sospirò. <<Se è a questo che vuoi giocare, Mara... non devi temere nulla. Io mi fido del mio Giudice.>>

<<Lo vedremo.>> Si rivolse di nuovo al ragazzo <<Allora, Jacob. A te la scelta.>>

Scelta...? 

<<Io sono Mara, il Re Demone. Ti offro una via di fuga dall'esistenza come Giudice. Se questo tipo collaborerà, non dovrai nemmeno mangiare nessuno!>>

<<E io sono Arsalene, tuo Angelo Custode. Ti offro di rimanere sulla retta via, di usare il tuo potere come hai giurato avresti fatto, per salvare le persone intorno a te. E non sarai più controllato dall'edonismo di Mara.>>

Le due figure dal volto uguale si fermarono di fronte a lui. 

...volevano fosse lui a scegliere una strada. 

Ma il ragazzo... era ancora così confuso...

E non era una decisione facile...

"Ha detto... Mara... il Re Demone, nemico del Buddha... causa della mia ossessione di questi giorni... non posso certo fidarmi di lui..."

...si stava mentendo, ovviamente. 

Aveva avuto la prova di quanto Mara fosse cambiato. E nel suo piano, nemmeno Arsalan aveva trovato un errore. 

"Sì, posso fidarmi di Mara... e voglio, come non voglio più soffrire così... ma... se smetto di essere Giudice, Arsalan sparirà... Risa e Simona non avranno più il mio aiuto..."

No. Questo era il modo sbagliato di pensare. "Risa e Simona non hanno bisogno del mio aiuto. Sono capaci di combattere da sole."

...però... "So già cosa accadrà... qualcuno rimarrà ferito, o peggio, di fronte a me. Non sarò capace di aiutarlo. E mi pentirò della mia decisione."

Era sempre a quello che tornava. 

Il futuro pentimento. 

Lo terrorizzava. 

Perciò, non poteva permettersi di fare una scelta affrettata. 

<<Io...>>

Giudice, non Giudice... responsabilità, libertà... sofferenza, piacere...

Forse... forse... avrebbe dovuto...

<<Ah, maledizione.>> disse Arsalan. 

L'Angelo si mosse di scatto e tagliò la testa a Mara. 

La stessa ferita fu sentita sul collo di Jacob. 

Il ragazzo gridò, e pensò che sarebbe morto. 

<<Ahhh...>> sospirò Mara, la cui testa stava scomparendo nel nulla <<Bas... tar... do...>>

Ma nemmeno così Jacob si sentì meglio. 

La sua anima si incrinò. 

La sua mente crollò su sé stessa. 

L'oscurità si trasformò in un'esplosione di colore. 

L'ultima cosa che vide, prima di riapparire nel mondo dei vivi, fu l'occhio azzurro di Arsalan. 

<<Io... ti... odio-!>>

Così tutto finì. 

23 novembre 2020

E ancora. 

E si fermò. 

Il cranio della Dottoressa Quiner era in pezzi. Solo l'interno rimaneva. 

E i suoi capelli rossi. 

Rossi. 

Tutto rosso. 

Così tanto rosso. 

Jacob stesso ne era ricoperto. 

<<Hahhhh... hahhhhh...>

Troppo. 

Troppo. 

Troppo. 

Facendosi strada tra i corpi dei suoi compagni, o quelli che sembravano tali, trovò la porta. 

Uscì dalla stanza rossa. 

Ma i suoi occhi vedevano ancora un solo colore. 

Non sapeva più dove si trovava. Continuò a camminare. 

Sentì grida intorno a sé. Non vedeva la fonte. Non vedeva nulla se non un colore.

E poi.  

Non sapeva dove si trovava. Ma vide un uomo. 

Un Angelo dai capelli rossi. 

<<Oddio... Jacob, che cosa->>

<<A... A...>>

...lo attaccò con la Spada Sacra. 

<<ARSALAN!>>

Ruggendo, cercò di passarla attraverso il suo cuore. L'Angelo lo disarmò. 

Così lui cercò di tirargli via la faccia con le proprie mani, ma fu bloccato. 

<<Muori, maledetto, muori! Perché non muori?! Perché non muori mai?!>> gridò. 

<<Jacob, io... mi dispiace...>> mormorò l'altro. 

<<Se ti dispiace allora ucciditi! Risparmiaci tutti e due e ucciditi, bastardo!>>

Con una testata gli fece perdere l'equilibrio giusto un attimo. 

L'attimo bastò perché il Giudice potesse colpirlo in faccia. 

Mise tutta la sua forza in un solo pugno. 

E alla fine, non gliene era rimasta nemmeno per reggersi in piedi. 

<<Hahhhh... hahhhhh... avrei dovuto... farlo...>>

Troppo. 

Troppo per la sua mente. 

Il ragazzo, schiacciato dal peso di sé stesso, collassò. 

8

C'erano tre Angeli. 

<<Che cosa gli hai detto?>>
domandò Raguel. 

<<La verità.>>
rispose Arsalan. 

<<Sempre?>>
domandò Zedel. 

<<Sempre.>>
rispose Arsalan. 

<<In tutta onestà, puoi dire che Jacob avrebbe accettato di diventare Giudice, se avesse saputo che sarebbe stato preso, torturato, e abusato?>>
domandò Raguel. 

<<No.>>
rispose Arsalan. 

<<Quindi lo sapeva o no?>>
domandò Zedel. 

<<Non gliel'ho detto perché non lo immaginavo nemmeno io.>>

<<Pensavo... ci fossero pochi, deboli Demoni in questa città.>>

<<La solita feccia che striscia nelle ombre. Tevatort...>>

<<Una supposizione piuttosto azzardata, visto quello che è successo al tuo ultimo Giudice.>>

<<Proprio per questo. Non sarebbe potuto accadere due volte di seguito... credevo.>>

<<Avresti dovuto notare le coincidenze fin da subito. Questa città...>>

<<Pensate avrei potuto prevedere tutto questo?>>

<<Mara? Inlus? Il fottuto Anticristo?>>

<<Ho detto a Jacob che tutti gli uomini si fondevano con i propri Diavoli Accusatori volontariamente...>>

<<...perché non immaginavo Lucia Celesti. Dovrebbe essere uno di quei casi da una volta ogni millennio...>>

<<Su questo hai ragione. Non c'è mai stata una tale concentrazione di Diavoli Accusatori nella stessa zona ed epoca.>>

<<Aumenta il numero di Demoni e aumenta la probabilità che uno particolarmente potente appaia...>>

<<Sappiamo il motivo. Sappiamo che c'è un ultimo problema di cui dobbiamo occuparci.>>

<<Purtroppo, questo non è stato il tuo unico errore.>>

<<...lo so...>>

<<Hai accettato che Jacob Aiagon detestasse essere Giudice, sperando di poterlo convincere. E l'hai fatto. È diventato tuo amico.>>

<<Poi l'hai visto depresso. Hai cercato di aiutarlo. In parte grazie a te, in parte uccidendo An, si è ripreso.>>

<<E si è insuperbito. E l'incontro con Diana Abel l'ha fatto cadere ancora più in basso.>>

<<Ma è rimasto accanto a te, e tu accanto a lui. Soprattutto quando Inlus l'ha rapito, non possiamo negare che tu abbia fatto del tuo meglio.>>

<<Giunto Mara, tu sei diventato la sua unica ancora alla vita, e presto, la sua ossessione. Hai pensato avesse bisogno del tuo supporto.>>

<<Così, quando hai visto che non aveva funzionato, hai capito che continuavi a fallire.>>

<<Hai capito che i tuoi sentimenti di attaccamento per lui stavano danneggiando le tue capacità di giudizio.>>

<<Hai deciso di eliminarli.>>

<<E dove ti ha portato quella scelta?>>

<<Qui.>>

<<Ho pensato eliminare Mara sul posto fosse la cosa migliore da fare.>>

<<Hai pensato fosse giusto decidere di non lasciarlo decidere?>>

<<Hai pensato fosse bene mentirgli quando ha dimenticato l'evento?>>

<<L'ho pensato.>>

<<Adesso ha ricordato tutto.>>

<<Ti vede come uno schiavista inviato dal Cielo.>>

<<Con il compito di assicurarsi che il Giudice non possa mai smettere di essere tale.>>

<<Si sbaglia?>>

<<...non era quella la mia intenzione.>>

<<Io sono il suo Angelo Custode.>>

<<Devo fare le decisioni che ritengo più adatte a proteggerlo.>>

<<Ho pensato fosse giusto così.>>

<<Anche quando stava chiaramente soffrendo? Anche allora?>>

<<Non potete credere che fidarsi di Mara fosse l'opzione migliore.>>

<<Assolutamente no.>>

<<Allora quando avrei sbagliato?! Quando mi sono allontanato perché lui non voleva vedermi? Quando sono entrato nella sua anima per aiutarlo?>>

<<Non una singola volta.>>

<<Hai commesso solo un gigantesco errore di giudizio.>>

<<Hai voluto che Jacob Aiagon fosse Giudice nonostante tutto.>>

<<È stato scelto da Dio!>>

<<È stato convinto da te.>>

<<Distaccarti dai tuoi sentimenti è sempre un errore, Arsalan. Ma tu hai scelto quelli sbagliati.>>

<<Cosa... state dicendo...?>>

<<Non mentirti.>>

<<Lo sappiamo tutti e tre.>>

<<Tu non hai mai superato il tuo pentimento.>>

<<Non hai mai dimenticato il tuo Giudice precedente, Daniele Tobia Abel.>>

<<Se hai insistito perché Jacob Aiagon fosse Giudice, era per avere una seconda opportunità.>>

<<Dimostrare che non avresti fallito un altro umano.>>

<<No! Vi sbagliate!>>

<<Devadatta lo aveva quasi ucciso! Questa città era infestata dai Demoni!>>

<<Eppure non è di loro che parli.>>

<<Tu non ti sei mai definito un Giudice. Tu ti sei sempre definito una sola cosa.>>

<<Perché...>>

<<Io sono il suo Angelo Custode.>>

<<E non vuoi nient'altro.>>

<<Se non dimostrare che puoi salvare Jacob Aiagon.>>

<<Ma non puoi.>>

<<Fallirai sempre.>>

<<Io...>>

C'erano centoquarantaquattromila Angeli. 

Una schiera di esseri cosmici, corona intorno all'universo, chiave dell'infinito. 

Ed una sola luce. 

23 Novembre 2020

Fuori nel cielo, la luna non cessava di rischiarare il cosmo. 

Dentro l'appartamento, una macchia di sangue né rifletteva i raggi. 

La ragazza spinse via l'Angelo e si diresse verso Jacob, ancora una volta inconscio <<Non lo toccare.>>

<<Rhoda->>

<<Silenzio.>> ordinò, sollevandolo. 

<<Dove stai andando?>> chiese Arsalan. 

<<Lo porto lontano da te. Da tutti voi.>>

<<Sai che non posso lasciartelo fare.>>

<<Vai al Diavolo.>>

Ma quel che fece fu apparire, quasi istantaneamente, tra lei e la porta. 

<<Se mi dirai che è stato un Demone a fargli dire quelle cose, non ti crederò.>> disse Rhoda. 

<<Non ti mentirò. Provenivano tutte dal suo cuore.>>

Questa risposta fece solo innervosire di più la ragazza. <<E con quale coraggio insisti... a custodirlo...?>>

Dall'altra parte, sul volto dell'Angelo, nessuna emozione era visibile. <<Se fossi stato con lui negli ultimi giorni, questo non sarebbe successo.>>

<<Ma non lo eri. Perché lui ti odia. Mi sembra chiara la situazione, no?>>

<<Prima o poi capirà. Ha bisogno di me.>>

<<In questo momento, l'unica cosa di cui ha bisogno è distanza dalla tua faccia.>>

<<Questo sarò io a giudica->>

L'Angelo si girò all'improvviso. 

La sua testa fu veloce. Le sue braccia meno. 

Una scheggia di roccia volò sfondando la porta alle sue spalle, e si conficcò nella sua schiena. 

Prima ancora che potesse gridare, fu seguita da una donna che lo bloccò sul pavimento. 

<<Preso, per una volta!>> esultò Simona. 

Arsalan cercò di protestare, o forse di urlare per danneggiare le sue orecchie. Lei gli mise una mano sulla bocca. 

I due si dimenarono, ma lei era più forte. L'avrebbe potuto tenere lì forse per ore. 

Nel frattempo, Rhoda fu tirata fuori dall'appartamento. 

<<Hey! Hey! Risa, cosa->>

La Giudice però era troppo occupata ad esaminare il corpo di Jacob tra le sue braccia e mormorare in Italiano. <<Santo cielo... che gli è- anzi, non dirmelo.>> Si tolse l'abito da Cavaliere, sotto il quale indossava una specie di tuta a pezzo unico, e lo avvolse con esso. Poi tirò fuori un mazzo di chiavi che le diede in mano. <<Se sembra pesante è perché è pieno d'armi. L'importante è che nessuno si accorga che c'è un uomo insanguinato sotto. Queste sono per la mia macchina, è qui fuori. Non serve l'ospedale. Portalo a casa.>>

Rhoda cominciò a correre seguendo i cartelli. <<Grazie di tutto, ma non pensare di essere senza colpa in questo!>>

<<...già.>> mormorò tra sé e sé <<Non serve che me lo dici.>>

Dopo averla vista scomparire per una scala, Risa tornò dentro l'appartamento. <<Avevi ragione, Simona. Una pietra piatta fa così poco rumore, nemmeno lui è riuscito a sentirla.>>

<<Visto? Heh.>> rise lei, avendo difficoltà a tenere fermo l'Angelo <<Ora, se non ti dispiace, potresti...?>>

<<Se non mi dispiace? Non scherzare. Non esistono parole per descrivere da quanto stavo aspettando questo momento.>>

Intanto, Rhoda aveva trovato l'auto a forza di aprire e chiudere. 

Prima che potesse mettersi nel sedile del guidatore, si accorse... che ce n'era già uno. 

<<Cia-ciao.>> salutò Raguel, al volante. <<Fresca fuori d'ospedale, ora tocca a lui.>>

<<Casa mia. Ti dirigo io.>>

<<Agli ordini!>>

Arrivarono al condominio ignorando ogni limite di velocità. La macchina tornò indietro non appena Rhoda l'ebbe lasciata. 

Portone. Piano terra. Appartamento. Chiuse l'entrata a chiave e poggiò Jacob sul divano, con l'abito di Risa sul pavimento. 

Respiro e battito erano regolari. Del resto, era un Giudice sovrumano, quindi forse le precauzioni tipiche non erano nemmeno necessarie. Rhoda prese comunque un panno bagnato freddo. 

Non appena toccò la sua fronte con esso, le mani di Jacob cominciarono a tremare...

...e la Spada Sacra apparve dal nulla, spaventando la ragazza. 

"Deve... essere una reazione istintiva." pensò "Senza coscienza... sente il contatto del freddo con il suo corpo come un attacco da cui difendersi."

Che schifo. 

Che schifo il fatto che doveva temere ogni cosa. 

Non studiava da chissà quanto. Ormai erano, cosa, sette mesi che combatteva Demoni? Avrebbe passato la sua intera vita in quel modo? 

Inizialmente, l'aveva accettato. L'aveva visto come una specie di eroe coraggioso. Lo riteneva spericolato, ma comprensibile. Ora aveva un'idea migliore di cosa significasse quella parola. 

Giudice. 

...una situazione di proporzioni bibliche. 

Per definizione, più grande di ogni uomo. 

Sicuramente, più grande di quel Jacob Aiagon. 

Non importava come la si mettesse, lui non poteva essere Giudice. 

Rhoda ancora non conosceva tutti i dettagli. Come funzionasse esattamente la sua esistenza, quello non le era chiaro. 

Ricordava, però, alcune delle sue spiegazioni al riguardo. 

Arma Sacra. La Shamshir-e-Zomorrodnegār di Re Salomone. 

Giudice del Signore. Jacob Aiagon. 

Questi due fattori rendevano poi possibile l'incarnazione del terzo. 

Angelo Custode. Arsalene. 

In realtà, non era molto sicura che ciò che stava per fare avrebbe funzionato. Forse quel "ricordo" era solo qualcosa che lei aveva dato per scontato, ma era falso. 

Tuttavia... c'erano poche cose che potesse fare. 

Rhoda posizionò quella Spada Sacra, un oggetto tenuto da nientemeno che Re Salomone, a terra in mezzo alla stanza. 

"Jacob... spero di non stare commettendo un errore..."

Prese anche l'abito di Risa, e lo aprì completamente. 

Come sospettava, non c'erano solo coltelli, pagine della Bibbia, e altre armi inferiori. 

C'erano anche i quattro Chiodi Sacri. 

"...ma non posso aspettare oltre."

Infine, trovò un normale martello. Sperò non si sarebbe frantumato. 

"Questo... è l'unico modo per liberarsi di lui, non è così...?"

Tenne uno dei Chiodi sopra la lama della Shamshir-e-Zomorrodnegār. 

Con l'altra mano alzò il martello. 

Si preparò a qualunque cosa sarebbe successa. 

"...così sia, suppongo."

Ed abbassò la mano. 

...o almeno...

...ci provò. 

...senza successo. 

...perché qualcuno le stava tenendo ferma la mano. 

<<Che cosa pensa di stare facendo?>>

Dietro di lei. 

Pallido come un cadavere. 

Vestito come un vagabondo. 

C'era un uomo. 

Un uomo senza volto. 

Initium Proelii

<<...vedi, Jacob...>> disse suo nonno <<Con il tempo, ho imparato a distinguere le scelte che ho fatto io e quelle che hanno fatto gli altri per me.>>

<<Gli altri?>> chiese il bambino. 

<<Quando è finita la guerra, e abbiamo tutti visto i risultati, mi sono detto... "Non è colpa mia! Tutti ci sono andati! Il governo ci ha portati lì!"... eccetera.>> L'uomo rise debolmente. <<Ci ho messo un po' a ricordare cosa mi avesse motivato... e a prendermi le mie responsabilità. Tu lo sai che bisogna sempre ammettere i tuoi errori, vero?>>

<<Certo!>>

<<E sai il perché?>>

<<Perché è giusto!>>

<<Anche. Ma la cosa più importante è che diventerai più saggio nel futuro. Impari, come ho detto, a distinguere le tue scelte da quelle degli altri. Jacob, questa è la cosa più importante che ho da dirti...>>

Il vecchio fissò negli occhi grigi di suo nipote, identici ai propri. 

<<...quando sarai grande, non lasciare mai che qualcun altro faccia le tue scelte al posto tuo, va bene?>>

Il bambino ovviamente non poteva comprendere del tutto a cosa si riferisse. Ma nemmeno poteva pensare a motivi per cui rifiutare. 

Jacob Aiagon non si sarebbe mai lasciato controllare dagli altri. 

<<Okay!>>

23 Novembre 2020

Rhoda si scansò con un grido, allontanandosi da quella figura. 

Non riuscì a prendere la Spada Sacra, ma tenne il martello e i Chiodi in mano. <<N-non ti muovere!>>

L'uomo senza volto fece proprio ciò. <<Senza la forza e la mira di Risa Dascira, quei Chiodi sono inutili. Se volessi farti del male, lo farei.>>

<<Già, già, aspetta che mi fido del cadavere!>> Rotolò di lato, e prese la veste che la Giudice le aveva lasciato. <<Vedi tutte queste armi? Anche queste sono inutili?!>>

<<Rhoda... non obbligarmi a contrattaccare.>>

In effetti, immaginava che se si fossero messi a lottare nel suo appartamento, avrebbero distrutto il palazzo intero. 

Tuttavia, nel panico, fece una scelta piuttosto idiotica. 

Prese un piccolo oggetto metallico con uno schermo ed un solo pulsante sopra. 

Lo premette, e lo lanciò nella direzione del nemico. 

L'uomo afferrò lo strumento al volo senza nemmeno esitare. 

La ragazza... non vide bene cosa accadde, poi. 

Fu come se, nel suo pugno, quell'oggetto si fosse semplicemente... disintegrato. 

Scomparve nel nulla, lasciando un breve bagliore. 

<<Non provarci di nuovo.>> la avvisò lui <<Mi stai solo facendo sprecare tempo. Io sono qui per aiutare il tuo amico.>>

<<Continuo a sentire dire che volete aiutarlo... ma perché dovrei fidarmi di te? Sei entrato qui di soppiatto, e non hai nemmeno una faccia che possa riconoscere!>>

<<Questa è un'ottima osservazione. Tuttavia...>> L'uomo alzò un braccio in direzione del corpo di Jacob <<...non ho bisogno che tu ti fidi di me, perché non puoi fermarmi.>>

Su questo aveva ragione, il bastardo...

In mezzo a tutti quegli Angeli e Demoni e creature uscite da chissà quale angolo dell'universo, lei non poteva fare nulla. 

Era fortunata a non averne incontrato nessuno che non avesse sembianze umane, o sarebbe andata fuori di testa molto prima. 

...la sua testa era, in quel momento, tutto ciò che aveva. 

Quell'uomo poteva distruggere con il tocco. Probabilmente poteva muoversi alla velocità del suono. Ma quanto era intelligente? 

<<...abbiamo parlato un po' di te, lo sai questo? Io e i Giudici, voglio dire.>>

<<La mia presenza è stata meno discreta di quanto desiderassi. Quella singola foto era già troppo per me.>>

Voleva davvero rimanere nascosto. Certo, chi arriverebbe a rimuovere il proprio volto se non un tipo come lui? 

Un tipo non solo desideroso, ma ossessionato. 

<<Perché ci ha permesso di capire chi sei?>>

<<...voi non avete capito chi sono.>> Era davvero difficile riconoscere cosa stesse provando. Rhoda scelse di credere che fosse preoccupato. 

<<Ti abbiamo chiamato l'Uccisore di Angeli, perché è quello che fai, no? Uccidi Angeli Custodi e crei Diavoli Accusatori.>>

<<È più complesso di ciò.>>

<<...lo fai perché stai accumulando potere.>>

Con questo stava, ovviamente, azzardando. Ma, secondo quello che gli altri le avevano detto... tutti i Demoni erano uguali. 

Tutti i Demoni volevano potere. Tutti i Demoni erano orgogliosi di qualcosa. Lui doveva essere orgoglioso del mistero sulla sua identità. Dimostrare che questo mistero era più piccolo di quanto pensasse avrebbe ottenuto la reazione che desiderava. 

...probabilmente l'avrebbe attaccata violentemente. 

<<Ci stai mettendo un bel po' ad "aiutarlo".>>

<<Se tu rimanessi... in silenzio...>>

<<Hai ottenuto molto potere, ma ancora non è abbastanza. Per questo hai bisogno di... hm... non hai bisogno di Jacob, vero? Hai bisogno di Arsalan.>>

<<...il tuo coraggio è ammirabile, ma inutile.>> L'uomo, a questo punto, doveva aver notato che Rhoda nascondeva le braccia dietro la schiena. <<Speri di farmi infuriare? O di prendermi in trappola?>>

<<Di... distrarti.>>

<<...da cosa?>>

All'improvviso, la ragazza rivelò il contenuto delle sue mani. 

Acqua Santa nella sinistra. 

Un umidificatore che aveva riempito con Acqua Santa nella destra. 

Essenzialmente, un'Arma Sacra fatta in casa. 

Con un leggero movimento delle dita, spruzzò un getto che al solo contatto fece gridare di dolore e cadere a terra quell'uomo. 

E per un secondo...

...ebbe un volto. 

Ma Rhoda non aveva il tempo di guardarlo. Finché il nemico era sul pavimento, aveva una chance. Preso un coltello, lo affondò nel suo braccio. 

L'uomo non sembrò nemmeno notarlo. <<Interessante.>> Afferrò la ragazza per un polso, e la lanciò in direzione del muro. 

Mancò poco perché colpisse con la testa. Fece comunque male. 

Ah... era stata troppo lenta...? O forse aveva sottovalutato quella... creatura? 

L'Acqua Santa lo aveva ferito, come previsto... aveva perfino brevemente rivelato la sua faccia... ma si era ripreso troppo in fretta...

<<Era quello il tuo piano?>> chiese lui <<Ti ringrazio, mi hai aiutato a comprendere meglio la mia natura. Ma... se mi tenti di nuovo... sarò costretto a disporre di te definitivamente.>>

Come se non fosse successo nulla, l'uomo si diresse verso l'uscita. <<Jacob Aiagon si sveglierà tra poco. Ti consiglio di essere qui quando accadrà.>>

Rhoda si stava rimettendo in piedi. Più per odio personale che per altro, non aveva intenzione di lasciarlo andare. Colpirlo alle spalle non sarebbe stata una mossa codarda, vista la differenza nel loro potere. 

Sarebbe stato facile. Sarebbe scattata a prendere l'umidificatore, e poi gli avrebbe piantato uno dei Chiodi nella schiena. L'avrebbe fatto senza timore. 

...se fosse stato neccessario, ma non lo fu. 

Non appena l'uomo aprì la porta, si trovò davanti Simona Paldim. 

<<Ciao!>>

La Giudice lo prese dal collo e scaraventò la sua testa sul muro di cemento dietro di sé. 

E poiché erano al piano terra, lo sollevò un'altra volta e lo lanciò direttamente attraverso il portone che dava sulla strada. 

Una famiglia che stava passando sul marciapiede gridò quando cadde accanto a loro. 

<<Che avete da guardare?>> chiese Simona, uscendo dal condominio <<Stiamo solo discutendo. O lo faremmo se avesse una bocca con cui parlare. Andate via.>>

Loro si allontanarono senza farselo ripetere. 

<<...Simona... Paldim.>> disse l'uomo, rimettendosi in piedi. Lei avrebbe potuto impedirglielo, ma... dove sarebbe stato il divertimento? <<La Giudice di discendenza ebraica.>>

<<Proprio io. E tu devi essere Cadaverus, il Demone di discendenza dei manichini.>>

<<...che sfrontatezza. Voi che vi credete il "Popolo eletto"... vi ritenete superiori a tutti, non è così?>>

<<Ah, quindi sei un goy.>> La ragazza si tolse la giacca, non preoccupandosi di lasciarla per terra. <<E ovviamente ti sbagli. Noi non siamo migliori di nessun altro in qualunque cosa. Io, tuttavia, sono la migliore a prenderti a calci in culo.>>

Attaccò con un calcio verso l'alto. L'uomo lo evitò saltando all'indietro. Lei si precipitò su di lui senza dargli un secondo, ma l'uomo riuscì a schivare anche il seguente pugno. 

Era veloce quasi quanto lei. Quasi. Poteva evitare i suoi colpi uno dopo l'altro. 

"Quindi non devo fare altro che colpire più di una volta alla volta, no? Sono così intelligente."

Facile. Saltò roteando nell'aria, lasciando giusto un attimo di tempo tra un calcio e l'altro. Questo non bastò nemmeno a sfiorare il nemico, così, non appena i suoi piedi toccarono terra, Simona usò la velocità guadagnata dal salto per lanciarsi in avanti. 

L'uomo non poté spostarsi in tempo. Il pugno della Giudice raggiunse il suo stomaco e sembrava che l'avrebbe trapassato. 

Per qualche miracolo, riuscì a rimanere in piedi. Ma ora si trovava direttamente di fronte a Simona. 

<<Che peccato->> disse lei. Sfruttando la stessa tattica di "più di una volta alla volta", scatenò una raffica di pugni. Concluse con un calcio dall'alto verso il basso, bloccandolo sull'asfalto. <<-non sai fare di meglio?>>

<<...è davvero un peccato.>> rispose. Nonostante tutti gli attacchi, nonostante fosse chiaramente ferito, la sua voce era stabile come prima. <<Volete obbligarmi a farvi del male. Allora... così sia.>>

L'uomo afferrò il suo piede. 

Il suo tocco fu come quello di un metallo ardente. 

Simona gridò, quasi cadendo all'indietro. Si distrasse per qualche secondo, e rialzatosi, il nemico ne approfittò per fuggire. Con un solo salto, raggiunse la cima del palazzo accanto. 

Anche se la Giudice sentiva il piede ancora bruciare, era disposta a seguirlo, ma Rhoda la fermò correndo fuori. <<Aspetta! Lascialo andare!>>

<<Perché dovrei?>> domandò lei. 

<<Non hai visto? Le sue mani... prima ha incenerito una delle bombe di Risa come se non fosse niente. Se l'unica cosa che puoi fare è corpo a corpo, sei praticamente già morta.>>

<<...quindi sono la peggiore a prenderlo a calci in culo...>> brontolò Simona. Chiarito che sarebbe rimasta lì, si tolse la scarpa dove l'aveva ferita. Le scottature non erano gravi. <<Cavolo... voglio dire, uh, posso usare il tuo bagno...?>>

Zoppicando, riuscì ad entrare nel suo appartamento, e lasciò che l'acqua corrente della doccia aiutasse la sua guarigione veloce da Giudice. <<Ahhh... la prossima volta...>>

<<Vi organizzerete meglio. Piuttosto, che ci facevi qui?>>

<<Hm? Non hai attivato tu il cercapersone di Risa?>>

<<Ah. Quindi non era una bomba...>>

<<Nemmeno lei oserebbe portare esplosivi in tasca. Ora spiegami tu cosa ci faceva lui, qui.>>

<<...non sono sicura. Ha detto di essere venuto per aiutare Jacob. L'ho solo visto alzare un braccio sopra la sua testa, però.>>

<<Odio questa sottospecie di magia.>> La Giudice si toccò una delle bruciature. Ritrasse il dito subito. <<E come sta ora Jacob?>>

<<Aveva detto si sarebbe svegliato presto, ma...>>

"...ma non ho visto alcun cambiamento."

Perché nel corpo del Giudice, nessun cambiamento era avvenuto. 

Ciò che l'uomo senza volto aveva fatto era stato rivolto direttamente alla sua anima. 

Ancora una volta, Jacob aprì gli occhi solo per vedere oscurità totale intorno a sé. 

<<...sempre così finisce.>> mormorò <<Sempre in questo dannato posto.>>

<<Heh. Altrimenti, come faresti a parlare con me?>> chiese una voce conosciuta alle sue spalle. 

<<...Salomone.>> Il ragazzo si girò. <<Sono svenuto, non è così?>>

<<"Svenuto" è dir poco. Eri così infuriato con l'Angelo Custode che la tua mente è crollata. Ma sopravvivrai. Assicurati solo di non farlo di nuovo.>>

<<...di non arrabbiarmi?>>

<<Jacob, anche se io capisco quel che provi, devi capire che Arsalene agisce solo per aiutare te, e l'umanità intera.>>

<<...e tu?>>

<<Hm?>>

<<Tu...>> disse Jacob, avvicinandosi al re <<Tu l'hai aiutato... con Mara...>>

Salomone, sempre cercando di mantenere l'apparenza calma, arretrò un po'. <<Uh... non mi ero accorto della sua presenza... ero recentemente morto, e il Signore dei Sensi...>>

<<Non intendo quello, bastardo. Quando Arsalan gli ha tagliato la testa... tu dov'eri? Dovevi essere lì.>>

<<Jacob... Jacob, aspetta->>

Ma dal punto di vista del Giudice, solo pochi minuti prima aveva giurato che nessuno l'avrebbe più controllato. 

Quindi quella scoperta...

<<...sei stato a guardare. Hai fatto qualcosa per fermare Arsalan, Salomone?>>

<<A-anche se avessi voluto...>>

<<Anche se?>>

Chiamatala a sé, lo minacciò con la sua stessa Spada. 

<<Jacob... era tutto...>>

<<Non. Osare. Dirlo.>>

Il sovrano ricevette il messaggio e lasciò quella frase incompiuta. <<Puoi... uccidermi, se vuoi. Prima o poi tornerò, comunque. Ma ti consiglio di non farlo.>>

<<Vai. Dimmi la tua scusa.>>

<<...io sono l'unica cosa, in questo momento, che sta tenendo Mara a bada.>>

Mara...?

<<Dov'è?!>> Il ragazzo si girò di scatto. 

E come nebbia che si dissipa, il Re Demone apparve di fronte a lui. La sua testa era tornata salda sul collo, come se lo fosse sempre stata. <<Eccomi! Ti sono mancato?>>

-ma il Giudice fece la stessa cosa. Lo pose sotto la Shamshir-e-Zomorrodnegār, pieno di rabbia negli occhi. <<Così, non hai rinunciato, vero?!>>

<<Rinunciato?>> chiese Mara, con il suo perenne sorriso sulle labbra canine <<E perché? È per il tuo->>

<<No!>> Anche se forse decapitarlo di nuovo sarebbe stato più utile, decise di sentire la sua faccia sul proprio pugno. <<Siete davvero tutti uguali? Tutti?>>

<<Perché sei sorpreso? Imporre i propri desideri sugli altri è ciò che fate tutti voi umani, non è così?>>

Salomone sbuffò, e mise una mano sulla spalla di Jacob. <<Non ascoltarlo. Le sue opinioni sull'umanità valgono quante quelle di un cane.>>

<<Oh? Sentiamo le tue, allora! Per esempio, le tue opinioni sulle donne.>>

<<Ahhh, non mi importa!>> gridò Jacob, lasciando cadere Mara e allontanandosi dai due. <<Non mi importa di voi, capito?! Non mi importa di Arsalan, non mi importa dei Demoni, non mi importa di nulla di queste cose!>>

<<E allora...>> tuonò una quarta voce <<Di che ti importa?>>

Tra Salomone e Mara risplendette uno spicchio di luce. Un'illusione temporanea che si mutò presto in una figura altrettanto bianca. 

Jacob si girò, vedendo un uomo senza volto. 

<<Sei tornato, infine.>> disse Salomone. <<Avevi piazzato una tua immagine in quest'anima, ma dev'essersi consumata, non è così?>>

<<Corretto. Per favore, lasciami a parlare con il Giudice.>> chiese lui. 

Mara gli si avvicinò, con gli occhi curiosi come quelli di un bambino. <<Sì, anche se questa è solo una proiezione, riesco già a vedere il tuo potere. Chissà se potrei fare la stessa cosa...>>

<<Signore dei Sensi, io->>

<<Allora?>> li interruppe Jacob. Il suo sguardo non era più caldo verso di lui che verso gli altri. <<Se sei qui, devi avere qualche consiglio da darmi.>>

<<-ovvio. È necessario che tu ti svegli.>>

<<Se sono crollato, ci sarà un motivo. Il mio corpo rimane a dormire.>> Aveva ancora la Spada in mano, e sembrava pronto ad usarla. 

<<Lo stress. La rabbia. Sei stato sveglio per più ore di quanto riconoscessi, ma con la tua fisionomia da Giudice, ti sei già rimesso in sesto. Manca solo la tua coscienza.>>

<<...mi sto impedendo io stesso di svegliarmi?>>

L'uomo annuì. <<Ovviamente, non potrai mai rimanere qui per sempre. Ma ho bisogno che tu esca ora.>>

<<Dimmi il perché.>>

<<Te lo dirò. Ti spiegherò ogni cosa, se vieni... hm... nei campi fuori città, all'alba. Mi farò trovare.>>

<<...e poi cosa succederà?>>

<<E poi vedremo tutto finire.>>

L'uomo fece un passo indietro, e come era apparso, scomparve in un'esplosione luminosa. 

<<Jacob...>> chiamò Salomone cautamente <<Non importa cosa pensi di me... non puoi fidarti di quell'uomo.>>

<<Nemmeno di te, se è per questo. Ma ho una scelta?>>

<<Che atteggiamento tipicamente umano. C'è sempre una scelta.>> disse Mara. 

<<...non per me.>>

Senza aspettare la risposta di uno dei due, cominciò a svegliarsi. 

Riuscì a riprendere a muovere il proprio corpo in tempo per sentire il suono di una porta in chiusura. 

<<Cosa...?>>

La sua vista era ancora sfocata. Ci mise qualche secondo a riconoscere di trovarsi nell'appartamento di Rhoda. 

A giudicare dal panno bagnato sulla sua fronte... doveva aver cercato di aiutarlo. 

Si mise in piedi con difficoltà. Aveva bisogno di assicurarsi di una cosa. 

Corse in direzione della finestra più vicina, e per poco non scivolò sul pavimento. 

"Acqua Santa...?"

C'era anche un contenitore mezzo vuoto... di quelli usati da Risa. 

"Hanno combattuto un Demone..."

Si sporse dalla finestra. 

Rhoda e Simona stavano lasciando l'edificio. 

"...devono avermi portato qui. Ed è apparso un Demone... in questa stanza."

Un Demone...

...ora aveva la quasi totale conferma che quell'uomo senza volto ne fosse uno. 

...più importante, sapeva di chi poteva fidarsi. 

"L'alba è tra poche ore. Ma..."

Ma non poteva andarsene senza dire nulla. 

Né voleva essere seguito da alcuni di loro. 

Fece la cosa più ovvia. 

Trovò carta e penna, e scrisse un messaggio. 

"Non preoccuparti."

"Dovevo andare."

"Grazie."

...questo era seriamente tutto. 

Si sciacquò la faccia e si cambiò i vestiti, ancora sporchi di sangue. 

Poi, presa la Shamshir-e-Zomorrodnegār e quel goccio di Acqua Santa imbottigliata, lasciò l'appartamento. 

Il cielo sembrava vuoto di nuvole, ma in realtà non si vedeva alcuna luna. 

Camminando da solo, il Giudice andò ad incontrare un uomo senza volto. 

6:07

"Ho mai visto questo posto non illuminato...?"

Era incapace di ricordare. 

Quella casa, il posto in cui Arsalan l'aveva portato tanto tempo prima... per lui era sempre stata avvolta nella luce del sole. 

Forse semplicemente odiava le città. Forse aveva dei buoni ricordi associati con quel posto. 

Come l'aver salvato Lucia Celesti. 

Proprio in quel giardino. 

Il suo più grande fallimento e il suo più grande orgoglio, l'aver combattuto con quella donna. 

...e una prova delle menzogne di Arsalan. 

Quando gli aveva detto che il fondersi con un Diavolo Accusatore fosse una scelta. 

Quando gli aveva detto che nessuno poteva esorcizzare un Diavolo Accusatore. 

Bugie per convincerlo a lottare. 

Non si sarebbe mai dovuto fidare di lui. Di un Angelo, una macchina capace di fingere oltre ogni riconoscimento. 

"Forse avresti dovuto informarti da te."

"Già, forse avrei-"

...un attimo. 

"-chi ha parlato?!"

Si guardò intorno, ma non c'era nessuno in tutto il giardino. Corse all'interno della casa. Nulla. 

Quella... era una voce, e non era la sua, né quella di chiunque altro conoscesse. 

Era giunta nelle sue orecchie come una folata di vento, scomparsa allo stesso modo. 

Doveva pensare che...? 

"...hm."

Sul pavimento di legno, dal mobile pieno di libri, ne era caduto uno. 

Si piegò per raccoglierlo. Non aveva mai controllato tutti i contenuti di quella libreria. Non si aspettava di riconoscerlo. 

Invece, era proprio l'unico che aveva consultato più volte. 

L'Apocalisse di Salomone, un'enorme raccolta di informazioni su Demoni. 

Trovato il suo posto, stava per rimetterlo sullo scaffale, quando notò qualcos'altro. 

Il nome dell'autore. 

Daniele Tobia Abel. 

"...A... bel...?"

Come... Diana... Abel...? 

Poteva essere una coincidenza...? 

Come a rispondere, il vento gli forzò un brivido attraverso la schiena. 

...aveva ancora tempo prima dell'alba. Quell'uomo aveva detto si sarebbe fatto trovare. 

Jacob si sedette, e aprì quel libro. 

L'Apocalisse di Salomone
di Daniele Tobia Abel

Tutto è inerente. 

Il destino e il tempo. La vita e la morte. 

Il bene e il male. 

Questo è l'universo in cui viviamo, il migliore di tutti i possibili mondi. 

Questo è l'universo in cui viviamo, dove cade ciò che deve cadere. 

I - Sulla Natura Dei Demoni
II - Demoni E Altre Creature Maligne
III - Prima Riflessione Sulla Natura Del Male

Niente di tutto questo aveva senso. 

Jacob sfogliò fino a raggiungere la prima sezione, Sulla Natura Dei Demoni, e lesse un paragrafo a caso. 

al contrario di un dio fisico, un Dio Vero non "controlla" un concetto quanto "è" un concetto, e il concetto stesso solo esiste in relazione al Dio Vero che lo rende quello che è, in una retroattiva definizione

...continuò a cercare. 

poiché il Logos è Dio, dovrebbe essere teoricamente possibile creare un Anti-Logos attraverso il peccato, e dunque, usando i sistemi naturali per convergere millenni di karma negativo in un singolo individuo, manipolando la realtà intorno a

...ancora...

imponendo la propria essenza attraverso la sovraimpressione risulterebbe in un Vero Nome unico, in qualche misura divino seppur umano, forse equivalente all'esistenza del Figlio,

...e ancora. 

Diavoli Accusatori

...eccolo. 

Ogni umano riceve dunque un Diavolo Accusatore in opposizione al proprio Angelo Custode. 

La posizione è fatta per essere occupata da un Demone Infernale, inviato dal Diavolo, ma sono stati riportati casi in cui è stato preceduto da un'altra creatura. Questo libro si concentra sui figli di Lucifero. 

Un Diavolo Accusatore tenderà a cercare di eliminare il proprio Angelo Custode corrispondente. Oltre a sconosciuti metodi di lotta fisica in uno stato non-fisico, è probabile che i Diavoli Accusatori diventino più potenti grazie alla corruzione dell'umano, ma questa rimane una teoria. 

Eliminato e rimpiazzato l'Angelo Custode, il Diavolo Accusatore cercherà di convincere l'umano ad accettare il suo potere, a qual punto, fonderà la sua anima con quella dell'umano. 

[Nota: l'eliminazione di un Angelo Custode è un evento raro. La Chiesa stima sia un evento da 1/100000. La fusione con umano è poi un evento da 1/100. In altre parole, le statistiche suggeriscono ci siano un totale di 2 Diavoli Accusatori su tutto il pianeta. Nonostante questo, la Chiesa li considera una minaccia prioritaria.]

Aspetta un attimo...

La fusione non può essere annullata in alcuna condizione conosciuta. Dunque, per rispedire il Demone all'Inferno, l'umano deve essere ucciso. 

<<...cosa...?>>

Il libro doveva essere errato... lui aveva avuto prova del contrario, aveva visto Lucia liberarsi dal proprio Demone...

Ad un Demone può convenire mentire sulla propria natura, sostenendo per esempio di essere Dio, ma non sulle azioni che compieranno dopo la fusione, poiché un umano non collaborativo è paragonabile ad una disabilità per i Diavoli Accusatori. 

Questo... tutto questo era... assurdo...

Qui, tuttavia, non sono fatti giudizi morali, riservati invece al terzo volume. Questo primo intende discutere della natura dei Demoni e del male, facendo metafisiche valutazioni ma non critiche. 

...no, un momento. 

Terzo volume? 

Il Giudice controllò la copertina e il bordo del libro. Non c'era alcun numero ad indicare che quello fosse il primo in una serie. 

Nonostante lo stile e la grafia raffinati, l'autore doveva essere qualcosa come un dilettante. 

Ma ormai la sua curiosità si era scatenata, e Jacob aveva intenzione di saziarla. Si alzò e cominciò a cercare tra gli scritti in quella libreria. 

Chiunque l'avesse compilata era davvero interessato a tutto il mondo religioso... alcuni dei nomi presenti, il ragazzo non li aveva nemmeno mai sentiti. 

Finalmente, lesse quasi di sfuggita il nome. 

Questo tomo era ancora più grande del precedente. Lo estrasse, ripulì dalla polvere... ed aprì. 

L'Apocalisse di Ezechiele
di Daniele Tobia Abel

Nulla è inerente. 

Nemmeno il destino, nemmeno il tempo. Né la vita, né la morte. 

Non il bene, non il male. 

Questo è l'universo in cui viviamo, perciò rendiamolo il miglior mondo possibile. 

Questo è l'universo in cui viviamo, e la nostra forza ci impedirà di cadere. 

I - Sulla Natura Degli Angeli
II - Angeli E Altre Creature Benigne
III - Seconda Riflessione Sulla Natura Del Male

Quindi... questo era il secondo di tre volumi. Uno dedicato ai Demoni, uno agli Angeli. 

...e se il primo conteneva informazioni sui Diavoli Accusatori, questo doveva...

Incarnazione di Angeli

L'universo intero utilizza l'Ousia - la Luce Divina - come propria fondazione, ma in forme diverse. 

Si dice Ousia Pura la Luce, senza caratteristiche fisiche, che compone Angeli, Demoni e spiriti. 

Si dice Ousia Impura la Luce che ha perso ogni traccia della Luce, diventando materia fisica. 

Si dice Ousia Mezza-Pura la Luce che mantiene le caratteristiche della Luce come se Pura, ma è comunque fisica come se Impura. Questa è l'Ousia che crea i corpi degli Angeli incarnati. 

Gli Angeli possono essere incarnati in due circostanze diverse. Uno, se come Angeli Custodi, il loro umano diventa Giudice. Due, se sono stati inviati sul mondo per una missione che richiede forma fisica. 

In ogni caso, agli occhi normali sono indistinguibili dalle creature di cui prendono la forma. Possono compiere tutte le attività degli esseri viventi, inclusa la procreazione. 

Le conseguenze della procreazione tra Angelo e umano sono varie. Gli ibridi risultanti sono detti "Nephilim" e poiché in parte composti da Ousia Mezza-Pura, sono capaci di comprendere l'Ousia in tutte le sue forme. Alcuni casi hanno dimostrato leggere abilità di manipolazione della Luce Divina. 

<<...Ousia, hm.>>

Aveva già incontrato An, il Demone che misteriosamente poteva controllare questa Luce Divina. E la Shamshir-e-Zomorrodnegār stessa era capace di tagliarla... perché Salomone l'aveva costruita per distruggere i Demoni, senza capire esattamente cosa significasse ciò. 

Ma quelle non erano gli unici casi che aveva visto di quella Ousia. 

Quando avevano combattuto Devadatta, e quell'Albero della Vita era apparso nel cielo...

Avevano sospettato potesse essere stato An a crearlo, anche se ne dubitavano. In ogni caso, non era mai tornato ad essere rilevante. 

Per gli altri, almeno. Jacob aveva sempre avuto i propri dubbi. 

Una colonna di luce che lo disintegrava nei sogni. 

Un lampo bianco che significava la "sua" apparizione. 

...ormai gli era chiaro chi fosse quell'uomo senza volto. 

Non rimaneva che andare a confermare con lui. 

Il sole stava cominciando a sorgere. 

In alto, rimaneva una sola stella. 

Una stella brillante come il sole stesso... e supportata da un raggio bianco che partiva da terra. 

L'aveva detto, che si sarebbe fatto trovare. 

Alba

Dunque i due si incontrarono, in un campo vuoto. 

Noncuranti del vento freddo, noncuranti dell'aria pesante, l'uomo aspettava, e il ragazzo si avvicinava. 

Si fermò lontano. La sua Spada radeva l'erba alta. 

<<Jacob Aiagon.>> disse l'uomo con una voce raschiante <<Il tempo corre, non è così?>>

<<Per chiarirci, non ho ancora deciso se fidarmi di te.>> Jacob alzò l'Arma <<Quindi, le domande le farò io. Chi sei tu?>>

<<Io-- sono l'Alpha e l'Omega. Colui che aspira all'infinito, e alla fine.>>

<<Non hai un volto. Devo credere che non hai nemmeno un nome?>>

<<A che serve un nome che l'universo dimenticherà? Quel che ero non importa. Quel che sarò, sarà ricordato per sempre.>>

<<No, no, a me importa moltissimo. Dimmi, chi eri?>>

L'uomo esitò. Poi cominciò a camminare, con passi lenti, verso di lui. Jacob si rifiutò di arretrare. 

<<Un avventuriero. Un temerario, ma uno che in realtà aveva sempre paura. Ero terrorizzato. Terrorizzato dall'idea - che prima o poi sarebbe tutto finito.>>

Il vento si quietò all'improvviso. Fu quasi spettrale. Ma l'aria non fece che diventare più tesa. 

<<La battaglia mi manteneva calmo, finché, un giorno, chiunque sia in alto mi colpì con la dura realtà. Una tempesta che distrusse la mia vita, tutti coloro intorno a me, e il mio futuro.>>

Passi delicati. Come una farfalla... no, come un fantasma. 

<<Quello fu il giorno in cui io morii. E quello fu il giorno in cui mi fu offerta l'occasione di risorgere. Ma perché vivere, se devi farlo come goccia d'acqua? Per questo decisi...>>

La sua mano pallida accarezzò il viso di Jacob. 

<<...che la morte non mi avrebbe mai reclamato.>>

-ci fu un bagliore. 

La luce dell'alba si riflesse su una scheggia. 

Un chiodo. 

Un Chiodo volò. 

E trapassò la testa di quell'uomo. 

Est Vir Qui Adest

Era nelle fogne che si aggiravano i Demoni più deboli. 

Quelli incapaci. Quelli spaventati. 

Quelli che gridavano, come stava facendo lui. 

Ma la Giudice italiana lo finì, con un coltello nella gola. 

<<Accidenti, che velocità.>> disse l'altra, dietro di lei <<Te l'avevo detto, non serviva venissi con te. Se dovevamo proprio dividerci, potevi stare con Zedel, e io->>

<<...Simona.>>

Risa non aveva smesso di guardare quel cadavere insanguinato. Era morto ormai. Lo guardava comunque. <<...Simona, quando siamo state catturate da Mara... hai visto qualcosa anche tu, non è così?>>

La Giudice esitò a rispondere. Ma quando lo fece, fu un'affermazione certa. <<Sì. Ho visto tutto il mio pentimento, tutto il mio odio...>>

<<E come ne sei uscita?>>

<<...ho seguito la luce.>>

<<Qualcuno di importante, vero?>>

<<Raguel.>>

<<...anch'io. Zedel.>>

<<Perché lo menzioni ora?>>

Sospirò. <<Prendi.>>

Nella mano di Simona volò un crocifisso. 

<<Che me ne faccio di questo...?>>

<<Tienimelo da parte. O buttalo, se vuoi. Non mi importa.>>

<<N-non ti importa?!>> La domanda risuonò tra quelle mura metalliche. <<Cosa vuol dire? Non è piuttosto importante per te, questo?>>

<<...lo era. Ma ho deciso che non può più esserlo. Che ho bisogno di qualcos'altro di importante.>>

Sullo sguardo di Simona si formò un gigantesco sorriso. <<Davvero?!>> Con la forza di un camion, si slanciò su di lei per abbracciarla <<Uuuh... sono così fiera di te...>>

<<Smettila!>> reclamò lei, cercando di liberarsi <<Non ho finito! Ho un altro favore da chiederti!>>

<<Hm? Di che si tratta?>> domandò, arretrando. 

Un altro sospiro. <<...insegnami ad essere sua... a... amica.>> E due guance rosse. 

-questo era il passato. 

23 Novembre 2020

Non uscì sangue dalla testa dell'uomo. 

Solo il Chiodo stesso, che, lanciato da Risa Dascira, aveva attraversato il suo cranio. 

Senza una parola, e senza che la sua ultima emozione fosse discernibile, l'uomo senza volto cadde a terra...

...di fronte ad uno sbigottito Jacob. 

Ancor più quando la Giudice e il suo Angelo uscirono dal proprio nascondiglio, tra l'erba a decine di metri di distanza. <<Zedel, dobbiamo controllare che sia morto davvero!>>

<<Oh, questo tipo è resistente, credetemi.>> disse Simona, saltando fuori da un punto vicino. Accanto a lei... Raguel, che in realtà Jacob non sapeva nemmeno si fosse rimessa. 

E finalmente... a passi pesanti...

...apparve Arsalan. 

"No, no, no, perché l'hanno portato qui?! Che ci fanno loro stesse qui?! Merda-!"

Fu il primo ad arrivare al corpo. Senza nemmeno guardare Jacob, si rivolse solo al pallido cadavere ai suoi piedi. 

<<Il battito... è bassissimo, quasi zero... ma...>> Le sue sopracciglia si piegarono molto, molto leggermente. <<...sta aumentando.>>

L'Angelo saltò all'indietro, ponendosi distante, alle spalle dall'uomo. Zedel si mise in un'altra posizione, e così fece Raguel, passeggiando tranquillamente. 

<<Risa, Simona, cosa->> cercò di dire il Giudice. 

Fu interrotto dalla seconda, che li trascinò indietro. <<Spiegheremo dopo. Ora dobbiamo assicurarci che non abbia via di scampo.>>

Le due Giudici si allontanarono, e con l'insieme di tutti loro, formarono un cerchio. Un enorme cerchio intorno all'uomo senza volto, per impedire fugisse da lì. 

Inizialmente, non sembrava nemmeno si sarebbe più mosso. 

Poi tremò. 

Poi si rimise in piedi. 

<<...saggio.>>

Questo fu tutto ciò che poté dire, prima di essere attaccato. 

Arsalan e Zedel alle sue spalle, Risa e Simona dal fronte. 

In meno di un secondo, avrebbe dovuto difendersi da quattro esperti guerrieri. 

Il suo corpo sembrò brillare. 

L'uomo si contorse. Con il pugno bloccò un Chiodo diretto alla sua schiena, mentre un altro gli volava sotto il braccio. 

Ma comunque aveva un Angelo e una Giudice in rotta di collisione. Mosse due dita dell'altra mano. 

Ne uscirono raggi di Luce che, per un solo attimo, bloccarono la strada ai suoi due avversari. 

Nessuno riuscì nemmeno a sfiorarlo. 

Tuttavia, in un senso, avevano avuto successo. Avevano costretto l'uomo a rivelare il proprio potere. <<Ousia.>> disse Jacob, poco sorpreso. 

<<La Luce Divina nella sua forma più Pura. >> confermò lui <<Ma dove An sapeva usarla solo per uccidere, il mio Diavolo Accusatore mi ha insegnato a creare illusioni, ed entrare nelle menti.>>

Si guardò intorno. Era ancora circondato, esattamente come prima. Solo aveva dimostrato... che circondato non significava contenuto

<<...purtroppo, le mie risorse sono limitate. Mantenere questa illusione con sei persone è solo uno spreco. Per quanto mi disturbi il dovermi rivelare...>>

Schioccò le dita. 

Sul suo volto...

...cominciarono ad apparire fattezze. 

Un viso si stava materializzando, rimosso il velo che aveva imposto su tutti loro. 

Se c'era mai stato un bell'aspetto, era ormai stato cancellato. Distrutto, fatto a pezzi e reso non brutto. Solo anonimo. Rimaneva una bocca senza labbra, un capo calvo e cadaverico. 

E i suoi occhi...

I suoi occhi erano ombre. 

Ma nel profondo delle orbite, si intravedeva un bagliore effimero. 

Come una fiamma un tempo ardente, o una stella cadente. 

<<Avevo detto a Jacob Aiagon che avrei spiegato tutto, e manterrò la mia promessa.>>

Ora era fermo. Stava aspettando che qualcuno parlasse. D'altra parte, nessuno lì osava abbassare la guardia. 

<<Ho saltato l'incontro con quel tipo, An.>> disse infine Simona <<Questa Ousia significa che puoi diventare un dio, giusto?>>

<<È possibile, sì. Non è però la mia intenzione attuale.>>

Risa si fece avanti. <<Se lo fosse stato, avresti fatto ben altro che... vagare per la regione uccidendo Angeli Custodi.>>

<<Per chi mi hai preso, Cavaliere della Chiesa?!>> Nella sua voce rauca c'era una certa passione, forse... euforia. <<Non sono al mondo per ragioni sadiche! Il mio pellegrinaggio ha avuto come scopo unico il trasformare Angeli e Demoni, allo stesso modo, nella stessa Luce che mi dà potere! Senza ferire nessuno, senza esserne notato.>>

<<...vorresti dire di non essere responsabile per l'alto numero di Diavoli Accusatori?>>

L'uomo sbuffò flebilmente. <<Ho commesso alcuni errori. Sapevo benissimo che se avessi lasciato dei Diavoli Accusatori in vita, c'era il rischio si fondessero con i propri umani. Purtroppo... circa il due percento dei Demoni è sopravvissuto.>>

Due su cento umani perdevano solo l'Angelo, diceva. 

Mentre quel libro affermava che un umano senza Angelo su cento si fondeva con il proprio Demone. 

Perciò... se le statistiche erano perfette, quell'uomo aveva assorbito...

...decine... di migliaia di...

<<Ma quando ho scoperto che c'erano dei Giudici in quella città, ho giurato di aiutarli per rimediare al mio sbaglio.>>

<<Avresti potuto fare tutto da solo, con quei raggi che hai.>> disse Simona. 

<<...se la Chiesa avesse saputo della mia esistenza... sai cosa fanno agli esseri come me? Nel caso migliore, mi avrebbero rinchiuso per sempre nella Settima Sfera. Nel peggiore, avrebbero usato qualsiasi mezzo per uccidermi... e scoperto che nulla se non un'esplosione nucleare può farlo.>>

Purtroppo, il bastardo non aveva tutti i torti. 

Se stava nascondendo qualcosa, e di questo Jacob non riusciva a togliersi il dubbio, era bravo a farlo. 

<<...complimenti, suppongo.>> disse il Giudice <<E il tuo obiettivo? Quale sarebbe?>>

<<Proprio tu me lo chiedi, Jacob Aiagon? Trasformando Angeli e Demoni in Ousia, rendo poi quell'Ousia parte di me. Ogni scintillio di Luce una nuova vita, una reanimazione dopo ogni caduta.>>

<<...una nuova vita...? Quindi, tu sei...>>

L'uomo alzò le braccia e il volto al cielo. 

<<Il mio è il primo obiettivo di sempre: l'immortalità. Totale, incondizionata, immortalità. Replicherò il miracolo della creazione in questo corpo, e mi sospenderò nell'aria per l'eternità. Senza dover temere più il tempo, non il passato, non il futuro.>>

All'improvviso, Arsalan parlò, facendolo girare nella sua direzione. <<Non importa quante vite possiedi, nessuno può diventare mai immortale.>>

<<Hai ragione. Il numero di vite è irrilevante. Per questo è solo una soluzione temporanea.>>

<<E quella permanente?>>

<<Un singolo rituale. Tutta l'Ousia convertita in un singolo miracolo, un atto di riscrittura ontologica che cambierà la mia esistenza in una senza fine.>>

...immortalità metafisica ed assoluta. 

Ciò che quest'uomo stava dicendo era... assurdo. No, non erano le sue parole ad essere assurde... lo era l'idea che fosse possibile non morire mai. 

Almeno, lo era per Jacob Aiagon. 

Aveva così tanta voglia di... semplicemente, alzare la Shamshir-e-Zomorrodnegār, e colpirlo. 

Perché era geloso. 

<<Ma non è tutto qui, vero? Hai detto di aver bisogno di me.>>

<<Ne ho sempre avuto bisogno. Non ho intenzione di lasciare Diavoli Accusatori in giro.>> rispose <<Tuttavia, non ho nemmeno desiderio di procrastinare più a lungo. Ti ho esortato ad alzarti e lottare, perché... c'è solo un ultimo Diavolo Accusatore per te da sconfiggere.>>

<<...uno?>>

Annuì. <<Nel rifugio per senzatetto della vostra città, si aggira un Incubo di nome Berilix.>>

<<Hai detto... Incubo?>> chiese Arsalan, esitante. 

<<Uno dei tipi di Demoni più pericolosi, lo so. Vi consiglio di non prenderla alla leggera. Ci reincontreremo se avrete successo.>>

Con questo, l'uomo piegò una gamba, nella posizione di un corridore in partenza. 

Le sue coscie emisero luce bianca. 

Jacob allungò un braccio. <<Aspetta. Esigo almeno di conoscere il tuo nom->>

-ma egli aveva già fatto un salto verso il cielo. 

Scomparendo chissà dove. 

E lasciando i Giudici e gli Angeli da soli, in un campo, a guardare il sole nascente. 

<<...un solo Diavolo Accusatore.>> ripeté Jacob, a bassa voce <<Finalmente...>>

<<Non esultare troppo presto. Non è finita finché non è finita.>> disse Risa <<Quella casa è qua vicino, no? Andiamo, abbiamo bisogno di un->>

<<Io non ho bisogno di niente.>> rispose secco lui <<E che ci fate qui, comunque?>>

Simona spuntò da dietro di lui. <<Quel raggio di luce era visibile da tutta la città. Che indiscreto... per fortuna a quest'ora non c'erano troppe persone a vederlo.>>

<<Ed era necessario che portaste...>> Indicò Arsalan <<Lui?>>

L'Angelo si stava tenendo a distanza, sia fisica che, a giudicare dalla sua espressione, emozionale. Ma ebbe il coraggio di parlare. <<Dobbiamo stare vicini per essere entrambi il più potenti possibile, ricordi?>>

<<Ricordo, ricordo. Per impedire che diventi indipendente da te e quel Dio.>>

<<Ora stai...>> lo chiamò, avvicinandosi e tendendo una mano. 

Lui la rifiutò con uno schiaffo. <<Ho ricordato tutto, sai. Non solo hai deciso che non meritavo di scegliere, hai anche pensato non meritassi di saperlo.>> Fissò i suoi occhi azzurri <<Dimmi che era per il mio bene.>>

Non ci fu risposta. 

Jacob la attesse. Non ce ne fu alcuna. 

Senza aggiungere altro, si voltò, e riprese la strada da cui era venuto. 

Risa lo seguì per prima. Poi Zedel. Poi Simona. 

Raguel mise una mano sulla spalla dell'Angelo dai capelli rossi. <<Quello che stai facendo... non può funzionare.>>

<<Nulla...>>

-Arsalan deglutì. 

<<Nulla è impossibile ad un Angelo Custode.>>

Ricevette un ultimo sguardo compassionevole, prima che anche lei lo lasciasse. 

E Arsalan rimase da solo in quel campo. 

Immobile. 

Sentiva che, se si fosse mosso, avrebbe perso il controllo ancora una volta. 

<<...Jacob, stai bene?>> chiese Simona al ragazzo nel sedile accanto. 

L'automobile con i Giudici e i due Angeli era ormai scomparsa dalla vista di Arsalan, e aveva quasi lasciato l'area definita come campagna. Per qualche motivo, Simona sembrava considerare quello il momento più adatto per parlare. 

<<Benissimo. So benissimo di cosa parlo.>> rispose lui, acido. 

<<Oh, non sto dubitando delle tue facoltà intellettive. Sto chiedendo come ti senti.>>

Risa e Zedel davanti, e Raguel accanto, rimanevano praticamente assenti. 

<<Sono... arrabbiato, come pensi mi debba sentire?>>

<<Non so. Mi aspetterei che, dopo quel che gli hai lanciato addosso, avessi scaricato la tensione. Ma sembri essere più nervoso di prima.>>

...era quella maledetta faccia. 

Quel viso che rimaneva sempre inespressivo, non importava cosa gli gridasse contro. 

Perché l'Angelo non aveva intenzione di provare sentimenti per lui. Quindi, non avrebbe ascoltato a quel che diceva. 

Le parole erano sprecate su Arsalan. 

<<Lascia perdere. Qualcuno mi spieghi cos'è un Incubo, piuttosto.>>

<<Demone attratto dal desiderio sessuale, essenzialmente una Succube.>> si aggiunse Risa <<Nel Medioevo si credeva che queste fossero Demoni donna e quelli uomo, perciò i termini hanno ancora un sesso. In realtà, Incubi e Succubi possono entrambi assumere qualsiasi forma.>>

<<E quanto è pericoloso?>>

<<Purtroppo nemmeno le Medaglie di San Benedetto funzionano contro nemici che non conosci... quindi dovrai solo assicurarti di non essere sedotto.>>

<<Ci serve un metodo per scoprire chi sia.>> disse Zedel <<Potremmo formare un cerchio di sale intorno all'edificio e poi fingere un'evacuazione. O mostrare pagine della Bibbia a diverse persone...>>

<<Troppo difficile e troppo lungo.>>

Allora Raguel alzò una mano. <<E se usassimo di nuovo l'impianto antincendio?>>

Stavolta, Simona scosse la testa. <<Perché le tue idee hanno sempre a che fare con il fuoco? E no, pensi davvero questo posto possa permettersi di ricevere tutte le sue proprietà danneggiate dall'acqua?>>

<<Un momento.>> Zedel interruppe ancora. <<A quest'ora... staranno ancora tutti dormendo, no?>>

<<Diciamo che la sveglia ufficiale è tra venti minuti al massimo.>> disse Jacob. 

<<Offriremo loro Acqua Santa per colazione.>>

<<...sei un genio.>> sussurrò Risa, apparentemente sbalordita. Poi lo ripeté a voce più alta: <<Sei un genio, Zedel. Sbrighiamoci, prima che comincino senza di noi.>>

Raggiunsero l'edificio quasi correndo, ed entrarono senza troppe spiegazioni oltre a "amici di Jacob". 

Prendere il posto di chiunque distribuisse il cibo sarebbe stato più difficile. I volontari lì riconoscevano Jacob, ma non erano comunque disposti a semplicemente lasciar fare a qualche donna mai vista. 

Ci vollero diverse banconote stampate direttamente dal Vaticano per convincerli ad andarsene. 

Dunque Zedel e Raguel si posizionarono nella cucina, dove il cibo era essenzialmente già pronto. Rimaneva solo da benedire acqua, tè e caffè. Jacob e Risa si occuparono di distribuirli al banco insieme a tutto il resto. 

Solo Simona rimase ad osservare, e ad aiutare negli altri affari del rifugio. 

-l'intera colazione durò più di mezz'ora, e anche per due Giudici, l'operazione fu sfiancante. 

Era una questione di allenamento, di sicuro. Sentire le richieste tra il rumore, passare da una stanza all'altra, facendo attenzione a riempire sempre dove erano finite le bevande, e rispondere al perché il caffè non sapesse di niente. 

Dimenticarono perfino di star cacciando un Demone, troppo occupati a distribuire cibo. 

Solo una volta certi che nessun altro sarebbe venuto a mangiare, poterono sedersi nella cucina, dove gli Angeli sembravano aver faticato meno della metà. Infatti Zedel e Raguel lasciarono tranquillamente la stanza per assicurarsi che, nel caso in cui qualcuno avesse una reazione all'Acqua Santa, non se la perdessero. 

<<...e io che pensavo di essere stata allenata al perfetto vigore mentale.>> sospirò Risa. 

<<Pensa a noialtri che non siamo stati allenati da nessuno.>> rispose Jacob. 

<<Giusto. Hai...>>

Un po' tremante, gli mise una mano sul capo e lo pattò un paio di volte. 

<<...fatto un ottimo lavoro.>>

<<...cos'è questo?>>

La Giudice ritrasse il braccio e lo incrociò con l'altro. <<Dimostrazione di affetto. Simona me l'ha insegnata per essere più amichevole.>> I suoi occhi ora stavano guardando da un'altra parte. 

<<Ah, non pensare che non l'apprezzi... ma questo mi fa più sentire come un cane, o tuo figlio.>>

<<'Acci mia...>> mormorò la ragazza in quello che doveva essere Italiano. 

<<È un insulto o...?>>

<<Hm? Ah, no... è un insulto ma l'ho rivolto a me stessa. Viene dal dialetto di Roma...>>

<<Acci.>>

<<Abbreviazione. In realtà, significa qualcosa tipo... "Siano maledetti i miei antenati defunti".>>

<<Avevo sentito che gli Italiani parlassero tanto.>>

<<Sicuro, ma ci insultiamo troppo spesso per dire frasi intere.>>

Il ragazzo rise leggermente. Non ebbe la stessa reazione da lei. 

<<Quindi sei cresciuta proprio a Roma stessa...>>

<<Certo. Del resto, fu direttamente ad un agente del Vaticano che i miei genitori mi consegnarono...>> Si girò per incontrare il suo sguardo. <<Ma tu questo lo sapevi già, non è così?>>

Ah... quegli occhi azzurri... e quell'espressione vuota... <<N-no, perché?>>

<<Hai avuto un sogno, ricordi?>>

Come no... quel sogno di tanto tempo prima, quando aveva visto la piccola Risa venire affidata ad un prete... e poi...

<<...credevo di essere migliore a fingere.>> ammise, sarcasticamente. 

Anche se aveva mantenuto quel segreto tanto a lungo, chiaramente lei non se l'era presa tanto, quindi sentiva di poter scherzare al riguardo. 

<<Oh, sei terribile. Ma del resto, anche se le mie difese psichiche sono infallibili, non avevo idea di come fosse stato possibile. Poi è apparso quell'uomo senza volto, con cui tu, chiaramente, hai un po' di storia...>>

<<Si nota anche quello?>>

Lei annuì. <<In tutti i sensi possibili, credimi.>>

<<...e scommetto che c'è qualcosa per cui non ti fidi di lui.>>

<<Le sue intenzioni sembrano oneste, eppure decisamente le sue parole sono manipolatorie. Se dovessimo mai combatterlo, per favore, assicurati di non lasciarti ingannare.>>

La Giudice si alzò, con l'apparenza di essersi ripresa del tutto. Jacob non era certo che fosse così anche per sé, ma la seguì. 

Usciti dalla cucina, trovarono subito Simona. <<Allora? Qualcuno?>>

Scosse la testa, delusa. <<Nessuno sembra aver reagito all'acqua. Potrebbe aver intuito il piano, o potrebbe essere stato fortunato a non fare colazione.>>

<<Ottimo lavoro, comunque.>> disse Risa <<Riproveremo a pranzo. Meglio discutere di nuovo, ora.>>

Così si incontrarono fuori dal rifugio, accanto alla porta. 

<<Va bene, altre idee?>> domandò Jacob. 

Non ottenne risposta. 

<<Se questo non ha funzionato, rimane soltanto la trappola. Come si attira un Demone?>> ragionò Simona. 

<<Non è solo un Demone qualunque. È un Incubo.>> precisò Raguel <<E questo significa che... è attratto dal desiderio sessuale, giusto?>>

Risa rispose di sì. <<Perché?>>

<<Be', perché noi Angeli possiamo scegliere quali emozioni provare, giusto?>>

Il silenzio risultante fu peggiore di quello precedente. 

<<Non ne ho intenzione.>> disse Zedel. 

<<Lo farò io! Nessun problema! Farò da esca.>>

<<Potrebbe... funzionare.>> ammise Simona. <<C'è qualche motivo per cui non dovrebbe?>>

<<-vuoi... simulare libido? Tu? Un Angelo Custode?>> chiese Risa. 

Raguel annuì sorridendo. 

<<...va bene. Sì, solo un Angelo potrebbe provarlo con tanta intensità da obbligare un Incubo ad uscire allo scoperto. Fai pure.>>

E con riluttanza, tutti dovettero dirsi d'accordo al piano. 

Raguel si sarebbe seduta su una panchina nel cortile del rifugio, e lì avrebbe attirato l'Incubo solo con il proprio desiderio sessuale simulato. Nei dintorni sarebbero rimaste Risa e Zedel, le cui abilità nel colpire a lunga distanza erano le uniche veramente necessarie. Aveva fin troppo senso per un'idea del genere. 

L'unico ad avere da obiettare era Jacob, che, una volta visti tutti in posizione, rimase addosso allo schienale della panchina per parlare con l'Angelo. <<Sei sicura che la tua simulazione attirerà il Demone?>>

<<Anche se la libido non fosse un'emozione, potrei comunque provare tutte le emozioni causate da esse così che diventano essenzialmente la stessa cosa.>>

<<No, intendo. Credi che un Demone seguirà una simulazione?>>

<<Hah, bella domanda.>> Raguel allargò un braccio sulla sua spalla. <<I nostri corpi sono programmati per reagire al mondo fisico in modo appropriato. Questo è tutto. Non è così che funziona anche per gli umani?>>

<<A volte sono triste senza motivo.>>

<<Se credi che ci siano cose senza motivo, sei più ingenuo di quanto pensassi.>>

<<Okay, okay. Ma, noi non possiamo scegliere le nostre emozioni come voi.>>

<<Come no?>> Gli mise una mano tra i capelli e cominciò a formare riccioli. <<Se mangi, diventi felice. Se piangi, scarichi la tristezza. E se ti concentri abbastanza a lungo, ti assicuro che puoi convincerti ad arrabbiarti per cose non necessarie. Sono tutte scelte. Solo più difficili.>>

Esitò. <<...suppongo. Però... ci sono cose che nemmeno noi possiamo evitare di provare. Roba causata da un trauma, per esempio.>>

<<È solo il vostro limite. Persino gli Angeli Custodi ne hanno uno.>> La sua mano scivolò velocemente sulla sua guancia. <<E io... sto per raggiungere... il mio.>> disse con respiro pesante. 

<<Forse avresti dovuto aspettare per cominciare?>>

<<F-forse. Se non ti dispiace...>>

Il Giudice corse via, rientrando nell'edificio. 

Ora che tutte erano fuori, ad accoglierlo fu solo Simona. 

<<...ti fa un po' impressione?>> le chiese. 

<<Nah. Raguel ha fatto di peggio.>> replicò <<Che ne dici di portarmi qua in giro, piuttosto?>>

<<Ho già incontrato troppe persone che conoscevo, per favore.>>

<<Sei del tutto concentrato sul trovare Berilix, huh...>>

<<L'ultimo Diavolo Accusatore.>> disse, come se fosse l'intera spiegazione. 

<<...se vuoi fermarti, fallo ora.>>

Questa affermazione lo fece fermare, ma aveva la sensazione non si riferisse proprio a quello. 

<<Senti, lo so com'è, il cercare di muoversi sempre avanti per non fermarsi sul passato.>> continuò la Giudice <<Una bici crolla se non corre, giusto. D'altra parte, una bici cade totalmente a pezzi se non si ferma ogni tanto.>>

<<N-non so di cosa stai parlando.>>

Jacob riprese a camminare. Lei tese una mano verso la sua testa, per fermarlo. 

E si attivò come in automatico. 

Il suo corpo girò su sé stesso e la Shamshir-e-Zomorrodnegār apparve prima che uno dei due potesse notarla. 

La punta della lama era a pochi centimetri dal viso di Simona, che, in realtà, non sembrava per niente preoccupata. 

Ansimando, il ragazzo si ritrasse. 

<<Qual è la prima cosa da cui stai fuggendo? Inlus, Mara...?>>

Ancora la risposta mancò. Jacob stava solo fissando il pavimento. 

<<È stato giusto oggi che sei apparso nel tuo appartamento, furioso e ricoperto di sangue. Cosa...?>>

<<...un'illusione.>>

Quella parola lì non aveva senso, ma Simona l'accettò, e si mise comoda. 

<<Un Demone ha manipolato la mia memoria. Mi ha fatto dimenticare quel che dovevo fare, e chi ero. Poi ha tirato fuori i miei ricordi ed incubi su... su Inlus, e li ha mostrati a tutti, e io... sono scappato, e li ho uccisi tutti. O almeno... credo.>>

<<Credi?>>

<<Ancora... non so se quelle persone siano esistite o no.>>

<<Ah, capisco. Ad un certo punto... non serve nemmeno cercare di capire.>>

Il ragazzo dovette prendere un secondo in più per processare quell'affermazione. 

<<...tu non sei stupida, Simona. Però non pensi alle cose molto a fondo, vero?>>

<<Quando lo faccio è una vera rottura.>> confermò lei. 

<<Allora dovrai perdonarmi per questa domanda...>> disse <<...Simona, secondo te che quello che facciamo noi... è giusto?>>

Sembrò prenderla di sorpresa, o forse renderla un po' disturbata. 

Come se quella fosse l'ultima cosa a cui volesse pensare. 

Aveva proprio da ringraziarla solo per l'aver risposto. 

<<Quando ho ricevuto il mio ruolo di Giudice... non avevo qualcuno da combattere, ero in una situazione di vita o di morte contro la natura avversa, non un nemico.>>

Era sempre stata segretiva riguardo alle circostanze di quell'evento. Così come su tutto il resto. 

Sì, la prima troppo occupata a muoversi in avanti per pensare al passato era lei. 

<<Suppongo abbia influenzato il mio modo di pensare a questo lavoro.>> continuò <<Non mi concentro sui miei nemici. Mi concentro su coloro che sto aiutando.>>

Ovvio. Quello era il loro compito. 

<<...quel Demone, ha detto qualcosa.>> ricordò Jacob <<Ha detto che... al contrario dei Demoni, gli umani hanno la capacità di scegliere tra bene e male.>>

<<Hmmm. E quindi questo significherebbe che i Demoni non sono veramente malvagi?>>

<<Tu che dici?>>

<<...dico che quando troveremo Berilix, non avrò tempo per preoccuparmene.>>

E quella fu la fine della discussione. 

Attesero ancora fino all'ora di pranzo, poco prima della quale uscirono di nuovo nel cortile. 

Raguel era ancora seduta sulla stessa panchina a non far nulla se non sudare estensivamente. 

<<D-dite che... p-possiamo finirla qui...?>> ansimò. 

Si era tolta la felpa e le sue mani ora stavano aggrappandosi alla maglietta sottostante fino a quasi strapparla. 

<<Per quanto sia divertente, sì, possiamo.>> rispose Simona. 

<<Grazie.>> sospirò, e con un cambiamento della sua espressione, spense la libido chiaramente inutile. 

Zedel e Risa uscirono dalle loro posizioni. La Giudice, in particolare, sembrava nervosa. <<Pare non stia funzionando nulla.>>

<<L'uomo potrebbe averci mentito.>> notò il suo Angelo. 

<<Ma perché? Non ha bisogno di distrarci, di indebolirci o qualunque altra cosa, perché è capace di ucciderci tutti.>>

<<La sua storia è anche coerente.>> disse Jacob <<Facciamo un altro tentativo. Distribuiamo l'Acqua Santa a pranzo, e se non funziona...>>

<<...ne riparleremo con lui, sì. Raguel, puoi purificare da sola, no?>>

<<A meno che non bevano tè a pranzo...>>

<<Bene. Tu in cucina, Jacob e Simona, voi distribuite. Zedel, vieni con me, per piacere. Devo allontanarmi dall'edificio per una mezz'ora.>>

Allontanarsi? Non era un po' vaga come affermazione...? 

Mentre le due si allontanavano, il ragazzo aprì la bocca per chiedere chiarimenti, ma fu fermato da Simona. 

<<Penso voglia solo portarla a fare una passeggiata.>> sussurrò la Giudice <<Su, andiamo.>>

E si ritrovarono una seconda volta in cucina. 

Questa operazione fu peggiore, naturalmente. Affrontare certe persone è ben diverso quando sono appena sveglie, e ormai, nessuno lì lo era più. Se avessero avuto qualche ruolo ordinatorio oltre a "dare cibo", sarebbero morti. 

Be', in realtà, Simona si stava lamentando molto meno di Jacob. Anzi - salutava ogni singolo individuo a cui porgeva qualcosa, e non rompeva mai il proprio sorriso. 

Era dedicata all'amicizia, almeno. 

Soltanto una volta si interruppe, proprio nel bel mezzo del consegnare una porzione. <<-Jacob, lo senti anche tu?>>

<<Cosa?>>

La Giudice lasciò cadere il piatto con il cibo, saltò oltre il banco, e corse attraverso l'intera sala pranzo. 

Tutti i presenti si girarono a fissarla, in silenzio. 

Ci impiegò solo un paio di secondi a raggiungere il proprio obiettivo - un uomo seduto ad un tavolo, con un bicchiere d'acqua e un pezzo di carne davanti. 

<<Hey.>> gli disse <<Mi sembrava avesse avuto una strana reazione a quell'acqua.>>

<<Acqua?!>> gracchiò lui. <<Sì, acqua è proprio il termine giusto!>>

Sbatté una mano sul tavolo. <<Quindi lo ammette! Quest'acqua le ha fatto male!>>

<<Cos'altro, sennò?! È la peggiore bistecca che io abbia mai mangiato!>>

<<...bistecca?>>

L'uomo le passò il piatto con la carne dentro. <<Buttala via e di' al cuoco di pentirsi delle proprie scelte di vita!>>

<<...ah. Sissignor signore.>>

La Giudice tornò al banco come se niente fosse. Prima di rimettersi a distribuire cibo, gridò nella direzione della cucina: <<Non devi benedire anche l'olio!>>

Ci fu una risata nella voce di Raguel. 

Quella fu l'unica cosa più che monotona ad accadere. Anche alla fine, nessuno lì era stato ferito dall'Acqua Santa. 

Risa e Zedel tornarono giusto in tempo per vedere la sala pranzo essere svuotata. 

<<Ne deduco che abbiate fallito ancora.>> disse la Giudice. <<Ah, se mi perdonerete i termini.>>

<<No, no, hai ragione.>> rispose Jacob, seduto, come prima, in una sedia nella cucina <<Questi piani... inefficaci. Se ne avete un altro, proponete, perché io non ho nulla.>>

Ancora una volta, non ottenne una replica immediata. 

Tuttavia, questa era diversa. 

In particolare, sembrava che... Simona non stesse dicendo qualcosa. 

...e anche Risa, non aveva la stessa espressione di sempre. 

Come se avessero un'idea in mente... ma non la stessero dicendo...

...decise di non fare ulteriori domande. Erano più responsabili di lui, del resto. Sapevano quel che facevano. 

<<...andrò ancora a chiedere in giro.>> concluse, rimettendosi in piedi e lasciando la stanza. 

Le altre annuirono, ma non lo seguirono. 

Jacob girò tra i tavoli da solo fino a trovare la persona che stava cercando, e che aveva ignorato fino a quel momento. <<Hey, Elliot.>>

Il senzatetto gli sorrise flebilmente. <<Jacob. Tutto a posto?>>

<<Sì, ma...>> Si sedette accanto a lui, dove non c'era nessuno <<...tu, stavolta, sei decisamente quello che non sta bene.>>

<<Niente di che, haha. È solo che... ho pochi giorni.>>

<<-pochi giorni? Pochi giorni di cosa?>>

<<Non lo sai... questo rifugio offre ospitalità per un massimo di sei mesi.>>

Sei mesi...? Immaginava almeno un anno. 

Nel caso di Elliot, lui era stato lì da...

...inizio Giugno. 

...nella prima settimana di Dicembre, l'avrebbero rimosso. 

<<Ah... non hai trovato casa o lavoro, nel frattempo...?>>

Elliot scosse il capo. <<Per quanto mi abbiano aiutato, c'è ben poco che io sappia fare. O meglio, non ho qualificazioni ufficiali. Eh, è un sistema nel quale o sei dentro o sei fuori...>>

Con quest'ultima parte, lo guardò con un lungo sorriso. 

...stava implicando... che il ragazzo ci era dentro, e doveva approfittarne...? 

Non aveva mai ricevuto acidità o invidia da Elliot, e se davvero era così, ne rimase sorpreso...

...aveva ragione, ovviamente. 

Lui sopravviveva con il denaro del Vaticano, ma... era uno studente. Aveva perfino trovato un lavoro, e comprato un appartamento - tutte cose che dava per scontato. 

E per le quali Elliot, no, tutte le persone lì avrebbero lavorato più di quanto avesse mai fatto lui. 

Perfetto, come se non bastasse tutto, ora si sentiva terribile. 

Stava per proporre qualcosa, prima del quale però fu interrotto: <<Ma la tua amica bionda direbbe che "a domani provvede Dio", eh?>>

<<Importa quello che dice lei? Elliot, non preoccuparti. Hai ancora due settimane, se non sbaglio, farò tutto il possibile per trovare una soluzione.>>

L'espressione dell'uomo sembrò cambiare leggermente. Se c'era mai stata acidità, ora era un po' diluita. Il sorriso però rimase. <<Te l'ho detto, o sei dentro o fuori. Tutto ciò che si può fare per aiutarmi è fuori dal sistema.>>

<<...intendi dire illegale, non è così?>>

Elliot continuò a mangiare senza rispondere. 

<<...ti ho detto che me la vedrò io. Prima, però, ho un altro problema... te lo dirò in breve.>> Si avvicinò al suo orecchio per sussurrare. <<C'è un Demone di nome Berilix in questo edificio.>>

<<Un Demone.>> ripeté lui, poco impressionato. 

<<Sì, una Succube, è attratto dalla libido. Hai visto qualcosa di strano di recente?>>

<<Hm. Nulla se non te e le tue amiche. E un caffè terribile.>>

Il Giudice si lasciò cadere sul tavolo. <<...questo è l'ultimo Demone. Devo trovarlo... devo. Trovarlo.>>

<<Hmm. Hai detto che è una Succube?>>

<<Sì, ma potrebbe anche essere nel corpo di un uomo.>>

<<Avete provato una trappola attraverso la libido?>>

<<Anche quello, gli Angeli possono regolare le proprie emozioni, Raguel ha fatto da esca, non ha funzionato.>>

Elliot ragionò un po', alzando lo sguardo dal proprio cibo solo per guardare l'altro lato della stanza, nella direzione in cui si trovava Raguel stessa, per poi tornare a mangiare in tranquillità. 

<<...Jacob, sei sicuro che a questo... "Berilix" interessino le donne?>>

<<Hm? Né Angeli né Demoni hanno sesso, non credo abbiano preferenze del genere.>>

<<Ah. Pensavo gli umani avessero un certo controllo nelle loro azioni, anche quando sono influenzati da questi Demoni.>>

<<No, no, infatti ce l'ha->>

Il Giudice capì. 

"Infatti ce l'hanno". 

Agli occhi di un umano, Raguel sarebbe stata indistinguibile da una donna qualsiasi. 

Se l'umano fuso con Berilix fosse stato qualcuno senza interesse nelle donne, avrebbe sì sentito la sua libido, ma avrebbe potuto scegliere di rifiutarsi di abboccare. 

Perciò quel di cui avevano bisogno... era...

<<Comunque, Jacob...>> disse Elliot <<Dov'è Arsalan?>>

-il Giudice raggiunse le altre in cucina. 

<<...l'avevate già capito.>>

Solo ad annuire fu Zedel. <<Abbiamo bisogno di Arsalan per questo.>>

No. 

Non lui. 

Non Arsalan. 

...dannata mano che non smetteva di fremere. 

<<Lo farò io.>> disse. 

<<Ricordi? Il desiderio sessuale deve essere abbastanza potente da convincere un Demone a->>

<<Lo ricordo!>> ringhiò il ragazzo <<E siamo sicuri che questo sia l'unico modo?>>

<<Se non vuoi distruggere le loro proprietà con dell'acqua, o perdere tempo prezioso analizzandoli tutti uno ad uno...>>

"...lo preferirei."

Se fosse stato per lui, forse l'avrebbe persino fatto. 

L'unica obiezione, una voce nella sua testa. 

<<Suppongo questo sia un momento buono come un altro. Jacob.>> chiamò ancora Zedel <<Mentre ci pensi, posso parlarti in privato?>>

In privato? Cosa voleva dire? Non aveva mai chiesto nulla di simile con lui. 

Né lui si sentiva di farlo. Ma l'Angelo ormai aveva cominciato a camminare verso l'uscita più vicina. 

Davanti agli sguardi confusi delle Giudici, la seguì finché non furono di nuovo fuori dall'edificio. 

<<Andiamo. Che devi dirmi?>>

<<...Risa è convinta che gli umani non abbiano la capacità di scegliere il proprio destino, questo lo sai. Non c'è nulla che vorrei più che vederla cambiare idea, ma... la mia esistenza stessa è prova di quel che dice.>>

<<In... che senso?>>

L'Angelo non lo stava guardando negli occhi. Stava solo fissando il cielo, noncurante della luce del sole nei suoi occhi. <<È il Paradiso, vedi. Un posto dove gli uomini più buoni vivono dopo la morte. Ma quest'idea crea un dilemma. Dimmi tu, secondo te esiste libero arbitrio nel Paradiso?>>

Quella domanda... chiaramente nascondeva implicazioni che lui non riusciva a vedere. Perciò scelse di proseguire come capiva al momento, e scoprire il resto. <<Certo.>>

<<Ma allora, è possibile peccare in Paradiso? È possibile peccare, magari persino al punto di meritare l'Inferno?>>

<<...va bene, suppongo di no.>>

<<Dunque Dio toglie la vostra capacità di peccare, e il vostro amato libero arbitrio. Ma questo non significherebbe, allora, radicalmente modificare i vostri modi di pensiero, la vostra mente, e le vostre emozioni? Una volta che fa ciò... la persona che si trova in Paradiso è ancora la stessa che era in vita?>>

<<...eh, le persone cambiano. Ma rimangono sempre le stesse persone... credo.>>

<<Hm. Forse. Dimmi questo, allora: se dovessi prendere un assassino e fargli un lavaggio del cervello, cambiandone completamente la personalità, si potrebbe ancora dire che "merita" una punizione per gli omicidi da lui commessi?>>

Su questo, la risposta era facile. Aveva visto una bambina posseduta ed era stato controllato da Mara. Non aveva mai pensato che alcuno dei due fosse altro che innocente. <<No, certo che no.>>

<<E se prendessi l'uomo più buono al mondo e lo trasformassi in un assassino, meriterebbe ancora complimenti per essere stato buono?>>

<<No. Sarebbe tragico, ma ormai quell'uomo buono è andato.>>

<<Quindi, dopo che hanno avuto la personalità modificata da Dio, nessuna delle persone in Paradiso può meritarsi davvero il Paradiso.>> concluse l'Angelo. <<Ma la mia esistenza dimostra che il Paradiso esiste, e se è impossibile che le persone perdano il proprio libero arbitrio in Paradiso, l'unica soluzione... è che non l'abbiano mai avuto.>>

-l'unico rumore, lì, era quello delle macchine di passaggio, e fu così per un po' di tempo. 

<<...ed è davvero così?>> chiese infine Jacob. 

<<Prima che diventassi Angelo Custode, quando ero in presenza di Dio, sapevo tutto. Entrata nel mondo mortale sono diventata capace di errore. Ergo, non posso risponderti con certezza. Del resto, importa?>>

<<Come può non importare?>>

<<Se sapere la verità significa vivere un'esistenza misera come quella di Risa, forse è meglio avere torto.>>

Zedel si diresse di nuovo verso la porta, lasciando il ragazzo confuso. 

Tese il braccio. <<Aspetta! Perché mi hai detto tutto questo, esattamente? Cosa vuoi che faccia?>>

Giratasi, lei incontrò il suo sguardo, con quei occhi di uno strano verde. 

<<Non può controllarla, Risa, intendo, non può controllare la sua rabbia. Per questo lei non può comprendere la prima libertà di tutti noi, la libertà di scegliere come reagire alle azioni degli altri. Tu, invece, puoi, e nemmeno io posso forzarti, ma ti prego solo di essere comprensivo con lei.>>

Questa fu la chiara fine della discussione, e nemmeno Jacob osò fare altre domande. 

Domande comunque inutili, perché dietro tutte le contorte argomentazioni dell'Angelo, il messaggio era chiaro. 

"Un giorno io non potrò custodire Risa".

"Per favore, abbi cura di lei". 

...e lo stava chiedendo a lui. 

Come se ne fosse capace. 

Ma quando è un Angelo a pregarti... è difficile dire di no. 

"Va bene, Zedel. Farò... del mio meglio."

Questa era la seconda responsabilità che si era preso nell'ultimo giorno... nell'ultimo quarto d'ora, persino. 

Quando tornò a parlare con le altre, il suo cuore si era decisamente fatto più pesante. 

<<Allora, Jacob?>> domandò Risa <<Nessuna di noi vuole farlo, sia chiaro, ma se è necessario...>>

<<Non è necessario.>> negò lui. 

Voleva che questo fosse chiaro. Che Zedel aveva ragione. 

Una scelta esiste sempre. Una scelta orribile, sconveniente, o immorale, esiste sempre. 

E voleva fosse chiaro che stava facendo una scelta, e che nessuno lo stava obbligando. 

...era così? 

Non c'era forse una voce nella sua testa ad influenzare le sue azioni? 

"Un egoista non vince mai nessuna battaglia".

...quale era il punto di vincere se aveva bisogno di lui per farlo? 

<<Va bene.>> concluse <<Andiamo a raccattare Arsalan.>>

Absit Violentia

<<Tu.>> mormorò Simona, allungando il braccio. 

Senza pensare a cosa stesse facendo. 

Una singola mano, avvolta intorno alla testa del Demone. 

Lentamente, piegò le dita. 

Non aveva la forza per farla esplodere velocemente. Quindi, guardò il sangue colare dalla nuca. 

Lo sentì gridare. Un umano fuso ad un Demone poteva sopportare più dolore di quanto immaginasse. Tuttavia, il proprio corpo dipendeva comunque da un sistema nervoso. 

La distruzione del lobo occipitale significava che ora era incapace di processare ciò che vedeva. 

In teoria, dunque, né l'uomo né il Demone videro Simona alzare l'altra mano. 

Tutto ciò che seppero fu che il loro lobo frontale fu infranto subito dopo, completamente paralizzando ogni muscolo. 

Se c'era ancora qualcosa di vivo, lì, smise di gridare. E di fare qualsiasi altra cosa. 

Era buio. Simona non sapeva dove fosse, né come quel Diavolo Accusatore l'avesse catturata. 

<<Risa?>>

Solo una flebile candela illuminava quella stanza. 

<<Zedel...?>>

Facendo un passo avanti, sentì i propri piedi colpire un liquido. 

<<R... Raguel...? Dove siete...?>>

Buio. Troppo buio. 

E sola. 

Troppo sola. 

Dove non c'era nessuno a guardare, nemmeno Dio. 

Ed era solo lei, con un cadavere creato dalle sue stesse mani. 

<<No no no... dove siete tutti... dove siete... qualcuno... qualcuno mi...>>

-un muro di fronte a lei andò in pezzi. 

Risa. 

Con un calcio, l'aveva distrutto. 

Dalle sue spalle, luce inondò la stanza. 

<<Finalmente. Hai già ucciso il Demone, vedo. Cosa->>

Ma all'altra Giudice non interessava parlare. 

Si gettò su di lei e avvolse le sue braccia intorno al suo corpo. 

<<Giusto in tempo.>> ansimò Simona <<Pensavo... di stare... per perdere... il controllo.>>

Lei non replicò con le proprie braccia, né però la spinse via. <<-cosa ti ha fatto?>>

<<Niente. Niente. Non lasciatemi da sola, o...>>

<<O farai qualcosa di orribile?>>

Arretrò immediatamente. Le sue labbra erano chiuse, il suo sguardo emetteva una domanda ovvia. 

<<Per quanto tu nasconda, io posso sempre indovinare. L'unica cosa di cui hai paura... è quello che sei capace di fare.>>

Non poté che enfatizzare con un gesto il cadavere dal cranio schiacciato ai suoi piedi. 

<<...forse tu non capisci quanto sia facile ferire qualcuno. Anche mortalmente.>>

<<Oh, no. Sei tu a non capirlo.>>

Avvicinatasi, Risa prese un coltello, e con leggerezza, cominciò a farlo scorrere per il corpo di Simona. 

<<Se ti tagliassi la gola per errore, potresti morire dal dolore, o dissanguata. Questo se supponiamo che non ti ferisca la trachea, nel qual caso non respireresti più, e le tue vie aeree potrebbero perfino venire otturate, soffocandoti. Più in basso hai il cuore, da dove partono cinque capillari tra vene e arterie, e se ne tagliassi uno solo, perderesti sangue e ossigeno allo stesso tempo. E perfino nel tuo stomaco, se dovessi danneggiarlo, senza nemmeno distruggerlo, potresti essere uccisa dalla peritonite, dopo un po' di tempo a vomitare.>>

<<...se stavi cercando di spaventarmi, non ci sei riuscita.>>

<<Oh? Non hai paura di un Cavaliere della Quinta Sfera prona a scatti d'ira? Se un giorno mi arrabbiassi...>>

<<Mi fido di te e delle tue abilità.>>

<<Appunto.>>

La Giudice italiana girò su sé stessa, dandole le spalle. 

<<Uno dei motivi per cui il Vaticano mi ha inviato qui era che temevano Jacob fosse troppo inesperto. Non l'ho mai seriamente allenato... ma forse, in questa città c'erano più principianti di quanto pensavano.>>

Simona fissò la sua schiena per qualche secondo. 

<<...vuoi insegnarmi a combattere?>>

<<Sei più forte di ognuno di noi, ovviamente...>> Si rivolse di nuovo verso di lei. <<Tuttavia, se quel che ti serve è fiducia, posso dartela solo in questo modo. E del resto, è solo giusto che ricambi il tuo favore, no?>>

...ma questo era qualche tempo fa. 

23 Novembre 2020

Risa insistette per andare a prendere Arsalan con Raguel... per protezione, diceva. 

Presero la sua macchina, e tornarono in campagna, così da reclutare quel solo Angelo Custode che nemmeno loro volevano incontrare. 

<<Non avrei dovuto lasciarlo lì.>> si disse Jacob. 

Alla sua sinistra era rimasta Simona. <<Hai fatto una scelta normale. Preoccupati di quel che farai dopo.>>

Eh. Dopo? 

Dopo non sapeva nemmeno se sarebbe rimasto in piedi. 

Per qualche motivo, pensava di sentirsi più esausto di quanto fosse veramente. 

O forse quella sensazione alienante veniva dal suo essere più stanco di quanto sentisse. 

A quel punto, non sapeva più nemmeno cosa stesse dicendo. 

Mosse le dita. Stava aspettando di sentirsi più forte e resistente... i segni dell'avvicinamento di Arsalan. Ma ancora non c'era niente. 

L'Angelo rimaneva lontano, ed una parte di lui voleva fosse così. 

Non poté evitare di fissare Simona. Il suo aspetto così come le sue abilità rendevano esplicito che fosse, fisicamente, più forte di lui e tutti gli altri, e nemmeno aveva bisogno di essere vicina al proprio Angelo Custode per ciò. 

Ironico come l'unica a non avere quella regola fosse la tipa dell'amicizia. 

...proprio mentre la stava guardando, notò ogni suo arto irrigidirsi. 

<<Oh no. Lo senti?>> domandò la ragazza. 

Sentire...? 

Avrebbe potuto chiederle di chiarire a cosa si riferisse. Ma in realtà, lo sapeva benissimo, e nemmeno una risposta negativa lo avrebbe convinto. 

Odorò l'aria. 

Non sentì nulla. 

Doveva pensare che Simona si sbagliasse? Oppure...

<<Vai.>> le disse. 

La Giudice scomparve dalla sua vista. 

...gambe più veloci di chiunque altro. 

Riflessi più sviluppati di un atleta. 

Un olfatto più avanzato, se poco, di un predatore. 

Avrebbe notato un odore di zolfo troppo leggero perché Jacob facesse lo stesso. 

E a giudicare dalla direzione che aveva preso, veniva da dentro il rifugio. 

Il ragazzo la riuscì a seguire a malapena, un po' giudicando dagli spazi dove una folla si era divisa. 

Poi la puzza raggiunse persino il suo naso. 

-in uno dei bagni. A lati opposti di un corridoio, c'erano quello degli uomini e quello delle donne. 

Ma solo nel secondo la porta era stata aperta con abbastanza violenza da scardinarla. 

Sperando non ci fosse nessun altro, corse dentro. 

Disgustoso come previsto. Mura ammuffite, un soffitto decadente. 

Un corpo con un cacciavite nella schiena sul pavimento. 

Simona lo stava tenendo fra le braccia. <<...l'odore veniva da qui. Quando sono arrivata, era già scomparso.>>

La donna non aveva più alcun battito né respiro - decisamente, era morta. A giudicare dalle gocce di sangue a terra, Berilix l'aveva portata nell'angolo della stanza per colpirla, e uccisa anche a costo di rivelarsi. 

<<Dobbiamo andare.>> disse Jacob <<Deve aver deciso di cominciare una serie.>>

Ma Simona rimase lì. <<...no, non penso.>>

<<Huh? L'omicidio seriale è uno dei modus operandi più tipici per questi Demoni.>>

<<Lo so. Però... non ha senso. Guarda i gabinetti. Se fossero stati usati sarebbero pieni, se qualcuno avesse scaricato sarebbero bagnati all'interno. Invece...>>

...invece, il ragazzo ammise dopo aver controllato, non c'era niente. 

<<Magari non ha avuto il tempo di usarlo.>> notò. 

<<Se avesse avuto bisogno di rilasciare, avrebbe rilasciato dopo la morte. Non è successo. Questa persona non aveva bisogno di andare in bagno.>>

<<E se fosse venuta a lavarsi le mani?>>

Un po' disgustata, Simona gli mostrò le suddette mani del cadavere. <<Sono pulitissime, non perché ha usato i lavandini - quelli sono completamente asciutti - ma perché aveva salviette in tasca.>>

...va bene. Adesso era un'investigatrice. 

Anche se era sempre stata piuttosto osservante, mai Simona aveva dimostrato quel genere di attenzione ai dettagli. La stessa persona che si era precipitata ad inseguire odore di zolfo ora stava analizzando con calma la situazione. 

D'altra parte, aveva ragione. 

<<Allora... si trovava fuori, e Berilix ha deciso di trascinarla qui per ucciderla? Non nega la possibilità che stia commettendo omicidi in serie.>>

<<Forse.>> rispose lei <<O forse questa donna ha incontrato Berilix nel corridoio, facendo qualcosa che rivelava la sua identità, e il Demone l'ha trascinata qui per ucciderla.>>

<<Proprio quel che pensavo io.>> disse Zedel. 

Quella voce alle sue spalle fece quasi sobbalzare Jacob. Lontana da Risa, l'Angelo non aveva più tutto il proprio potere, ma se poteva camminare così silenziosamente, non ne avrebbe avuto bisogno. 

<<E credo anche di sapere il resto. Venite fuori.>>

<<E lei?>> chiese Simona, mostrando il corpo. 

<<Non possiamo portarla con noi, ora. Mettila su un gabinetto e chiudi la porta. Ci... assicureremo di riprenderla dopo.>>

...a malincuore, lei fece così, e poi seguì l'Angelo nel corridoio. 

La prima cosa che Zedel fece fu colpire il pavimento sotto di loro con un piede. Lo ripeté diverse volte, in diversi punti. 

<<Stai cercando... una parte vuota?>> chiese Jacob. 

<<Qui. Controlla per me.>>

Il Giudice si piegò, e attaccato l'orecchio, bussò un paio di volte. 

Il suono in risposta era diverso. Non sapeva esattamente come riconoscere il suono del vuoto, ma era abbastanza diverso perché capisse. 

<<...è una mattonella.>>

Rimossero quel quadrato, quasi indistinguibile dal resto. 

Sotto di loro... completo buio. 

Un buco che scendeva giù per chissà quanto. 

<<L'avrà creato lui...?>>

<<Non importa.>> disse Zedel <<Qualcuno di noi deve scendere lì sotto. Le probabilità di incontrarlo sono più alte lì che qui, perciò suggerisco che voi due scendiate. Io rimarrò di guardia... devo anche assicurarmi che nessuno trovi il corpo, del resto.>>

Fece cadere un Chiodo verso il basso per capire quanto fosse profondo. Entrambi i Giudici sarebbero riusciti ad entrare, se con un po' d'aiuto. 

<<Ci servirà una torcia.>> notò Simona. A passi veloci ma umani andò via per recuperane una. 

Lasciò Zedel sola con Jacob, il quale stava ancora fissando il vuoto, e che sussurrò: <<...ridicolo.>>

<<Cosa c'è di ridicolo?>> chiese l'Angelo. 

<<Questo doveva essere un lavoro semplice. Trovate Demone, uccidetelo. Invece si sta trasformando in una caccia impazzita. Ridicolo.>>

<<Il tuo errore è pensare che Berilix sia solo un obiettivo da sconfiggere per mettere fine alla tua storia. Ogni nemico è la propria persona, ogni persona genera una storia, e incrociarle significa che dobbiamo adattare le nostre alle loro.>>

<<...e che la mia storia è limitata da quelle altrui, hm?>>

<<Non solo. È anche agente e ricevente.>>

Poco dopo, la Giudice tornò marciando. Aveva trovato da qualche parte ben due torce. <<Allora, Jacob?>>

Ultimo Diavolo Accusatore. Forse l'avrebbero trovato lì sotto, e sarebbe davvero finito tutto lì. Più probabilmente non sarebbe andata così. Andava mai così? 

Decise di essere ottimista, e ricordò che con Simona a fianco, aveva ben poco da temere. <<Andiamo.>>

La prima a scendere fu lei. Introdusse le gambe, si aggrappò dai lati, e si lasciò andare in caduta libera. 

Ci fu un tonfo. 

Poi un suono, e l'accensione di una luce. <<Tutto a posto!>>

Come previsto, era atterrata in piedi senza danni. 

Jacob però non era certo di poter fare lo stesso, per via della lontananza da Arsalan. Scese più lentamente, tenendosi con mani e piedi. 

I palmi divennero rossi e persero più pelle di quanto si aspettasse, ma continuò. 

A metà strada, sentì il rumore della mattonella venir spostata. Zedel aveva chiuso l'entrata. Era tutta discesa, ora. 

<<Va bene, Simona, sempre per sicurezza assicurati di prendermi al volo.>>

<<Huh? I-io?>>

Non ci furono altre parole. Il ragazzo lasciò andare. 

Precipitò per un paio di secondi attraverso quello strettissimo spazio, e piombò tra le braccia della Giudice più giù. 

L'unico risultato negativo fu un ventre dolente. 

<<...wow, lo sai cosa sarebbe successo se non ti avessi preso?>>

<<Questa è dura roccia, quindi suppongo mi sarei rotto il collo.>> Con un gesto, le indicò di liberarlo, il che fece. <<Ma ero certo ci saresti riuscita.>> concluse, accendendo la propria torcia. 

C'era una sola direzione da seguire, e la imboccarono lentamente. 

<<Ah, devi ringraziare più Risa per quello.>> continuò lei mentre camminava alle sue spalle. 

<<Che c'entra Risa?>>

<<Come afferrare una persona in caduta è una delle cose che mi ha insegnato! Non aveva previsto che fosse in uno spazio così ristretto, però...>>

<<Ti ha insegnato questa roba?>>

<<Mi ha insegnato roba di tutti i generi,  negli ultimi tempi.>>

<<Giusto. Allenamento da Giudici. Non sarebbe mai soddisfatta altrimenti.>>

<<In realtà->>

<<Aspetta.>>

...questo era da aspettarselo. 

Un bivio. 

<<A giudicare dai rumori sopra di noi, siamo sotto la cucina.>> disse Jacob <<Quindi... se ricordo bene la mappa, uno di questi potrebbe portare fuori, e un altro...>>

<<C'è uno sgabuzzino, credo.>>

<<Sì. E siamo certi non ci fossero altre uscite, prima?>>

<<L'entrata che abbiamo usato era contrassegnata. Ho controllato il soffitto, e non ce ne erano altre.>>

Dunque, se Berilix era fuggito attraverso i tunnel, doveva aver preso una di quelle direzioni. 

<<...ma a questo punto, si sarà già allontanato dalle uscite.>>

<<Seguirlo è inutile.>> La ragazza sbuffò. <<Dobbiamo stare qui ad aspettarlo?>>

Ma per quanto lei fosse seccata, lui si era solo fatto più determinato. <<...no. Tu starai qui ad aspettarlo. Io tornerò su, e lo costringerò a scendere. Così potrai occupartene tu.>>

<<E come hai intenzione di farlo?>>

<<Ho già trovato un modo, non preoccuparti.>> rispose lui, correndo nella direzione da cui erano venuti. 

Lasciò Simona da sola nel buio, e tornato nel punto in cui si trovava la mattonella, gridò il nome di Zedel. 

L'Angelo apparve per aprirgli la botola. Come era sceso risalì, e le spiegò la situazione. 

<<Non sappiamo chi sia, ma possiamo scatenare un panico generale.>> disse <<Annunciamo che c'è stato un omicidio.>>

Fu facile, naturalmente. Portarono il direttore nel bagno e gli mostrarono il cadavere, al che fu chiamata la polizia, e anche prima, informalmente, indetta una caccia all'uomo. 

Anche se avessero voluto mantenere il segreto, la voce si sarebbe diffusa subito, e loro non avevano alcuna intenzione di mantenere il segreto. 

Perciò, in pochi minuti, tutti nel rifugio sapevano dell'accaduto. 

La reazione naturale di Berilix sarebbe stata nascondersi giù nel tunnel, dove avrebbe incontrato Simona. E a lei non sarebbe certo sfuggito. 

-un piano semplice. Bastava sperare funzionasse. 

In realtà, Jacob non voleva altro che vederlo completato con successo. 

Il motivo era ovvio. Sarebbe stata una vittoria conseguita senza... il suo aiuto. 

Dimostrando che non ne aveva bisogno, e risparmiandolo dal dover collaborare con lui un'altra volta. 

Nonostante questo pensiero positivo... il ragazzo era teso. 

Decise che fosse la confusione causata da loro stessi a farlo sentire così, ed uscì al di fuori dell'edificio. Ormai era impossibile per lui sperare di entrare nei tunnel senza essere notato, e comunque, con i suoi poteri ancora così deboli, sarebbe solo stato un fastidio lì. 

Seduto su un gradino, rimase a fissare il sole di fronte alla porta per qualche secondo. 

<<...ultimo Diavolo Accusatore.>> si ripeté. 

Un po' gli dispiaceva non poterlo sconfiggere con le proprie mani, ma il compito spettava a Simona. 

Ora rimaneva solo da aspettare. Aspettare che la sua compagna facesse...

...la propria parte...? 

<<...aspetta.>>

Il ragazzo scattò in piedi. Quasi scivolò giù per quelle poche scale. 

Ripensò a quel tunnel. C'era un dettaglio... un dettaglio che ricordava perfettamente, eppure a cui non aveva fatto caso. 

La mattonella. 

Berilix l'apriva per entrare nei tunnel. 

Ma una volta lì...

Poteva essere chiusa solo dall'esterno. 

"Dannazione, Zedel, avresti dovuto pensarci!" si disse correndo verso l'entrata. 

Aprì la porta del rifugio, e...

...davanti, gli apparve un uomo con le mani piene di cacciaviti. 

Tutto il tempo che ebbe fu quello di spostare leggermente la testa. 

La lama non gli passò attraverso la fronte come previsto. Solo nel suo mento. 

<<Bastar->>

Fu spinto all'indietro da un calcio. La sua schiena toccò il duro pavimento, e fu fortunata a non infrangersi su esso. 

Il Demone non perse tempo, e si scagliò su di lui con un altro cacciavite. Jacob, per quanto ferito e debole, riuscì a rotolare via ed evocare la Shamshir-e-Zomorrodnegār. 

La roteò nell'aria, disarmandolo, ma di solo un'arma su otto. 

Altri cacciaviti diretti verso il suo orecchio. Cercò di afferrarli, capì di aver fallito, e decise di afferrare invece il polso del nemico. Fu una scelta intelligente, in realtà. Lo slogò, e approfittò del momento per avvicinare l'uomo e colpire con la Spada. 

Velocità e forza provavano che fosse un Demone. Non aveva paura di ferirlo. 

Purtroppo, lo vide contorcersi usando il punto di contatto con la sua mano come perno, roteare ed infine colpire il fianco di Jacob con un calcio. Lo spinse di nuovo all'indietro; mentre il Giudice riuscì a rimanere in piedi, il Diavolo Accusatore era atterrato su tutti gli arti funzionali. 

Il terreno cominciò a tremare. Leggermente, poi sempre più forte. Jacob quasi perse l'equilibrio, ed immaginava che presto l'edificio accanto a loro... e tutti quelli coinvolti... avrebbero rischiato grosso. 

Se quel Demone poteva creare terremoti, doveva essere quello che aveva creato i tunnel. Da dove prendessero questi poteri non lo sapeva. Sapeva solo di non potersi concedere più di un attimo di riposo, o le cose si sarebbero messe male. 

Abbastanza tempo perché potesse analizzare il proprio mento: ferita pericolosa se avesse dovuto usare la propria mascella, o se avesse causato un'infezione. Per il resto era solo un enorme fastidio. 

L'attimo si era concluso, durato più del previsto, e mentre il terremoto proseguiva, il Demone era tornato all'attacco con un salto. 

Il Giudice lo prese al volo e scaraventò contro il muro, solo per vederlo lanciarsi di nuovo su di lui, usando il muro stesso come propulsore. Questa fu una mossa lenta, magari addirittura stupida. Il corpo del Demone in volo strisciò giusto contro la Spada Sacra, formando un taglio di certo disabilitante. 

Per un normale umano, almeno. Quei bastardi smettevano di soffrire il dolore dopo pochissimo tempo. 

In ogni caso, il Diavolo Accusatore cadde sul pavimento. Altri secondi. 

La mano sinistra di Jacob si stava muovendo più veloce di prima. 

La destra impugnava una Spada sempre più vicina al petto di quell'uomo. 

Affondo. 

Il Demone parò... usando tutti i cacciaviti che aveva. Ingegnoso, ma debolmente temporaneo. La Shamshir continuava a scendere lentamente verso il suo torace. 

Tuttavia, Jacob sentiva di essere in svantaggio. 

Uno dei cacciaviti sarebbe scivolato giù dalla presa con la Spada, e la vittoria avrebbe ricevuto il più veloce: l'uomo con il cacciavite diretto alla fronte di Jacob, o Jacob con la Spada diretta al suo petto. 

Se l'avesse lanciato, poi, il rischio sarebbe aumentato ancora di più. 

Per questo non poteva permettersi di rimanere fermo in quella posizione. Senza destare sospetti, abbassò la mano sinistra. 

Questa era pericolosa. 

La Shamshir-e-Zomorrodnegār scomparve dalla sua destra, lasciando che tutti i cacciaviti convergessero verso la sua faccia. 

Nel frattempo però, la stessa Spada stava riapparendo nella sua sinistra, molto più vicina al corpo del nemico. 

Così, Jacob tagliò via il braccio dell'uomo, e con lo stesso movimento passò lateralmente attraverso il suo stomaco. 

Le sue orecchie nemmeno processarono le risultanti grida - o meglio, non le avrebbero processate se non fossero potute essere sospette ad altri. 

Per evitare che qualcuno dentro il rifugio lo sentisse ed uscisse a controllare l'accaduto, gli tagliò subito la gola. 

Le vibrazioni del terreno sotto i suoi piedi si interruppero. 

E quella, senza ombra di dubbio, fu la fine di quell'uomo. 

Non sapeva se fosse il vero Berilix o il suo complice. Non sapeva che tipo di Demone avesse appena ucciso, come facesse a manipolare il terreno. Non sapeva che persona fosse, quella. Del resto, ora non era più. 

Era solo...

...sangue. 

Sangue...

<<Hahhhh...>>

Sangue...

"Ah, Jacob, Jacob. Il tuo corpo reagisce male a questa vista, ora."

Ma... ra...

Cosa... stava... dicendo...? 

"Sto dicendo che dovrai ringraziarmi per aver trasformato il tuo panico in lussuria. Andiamo, Jacob. Di che colore è?"

...rosso. 

Thump, thump

<<No.>>

Rosso... come...

<<Non... ahhh... non... adesso...>>

Rosso come tutto ciò che amava e tutto ciò che odiava. 

Rosso come il cremisi della morte da lui tanto desiderata. 

Le sue mani. Non solo. Le sue gambe e il suo corpo fremevano. 

Tutto tremava. Il mondo intero. 

Thump, thump

I suoi occhi dorati risplendevano come un'intera citta. 

Thump, thump

Il corpo di Jacob Aiagon cominciò a piegarsi verso il basso. Una mano toccò terra e si immerse nel sangue. 

Per sentirne la consistenza. 

Come un desiderio di lussuria e violenza liquefatto, come tutta la feccia del mondo che così tenendo gli uomini in vita li incatenava. 

Il suo odore, come il peggiore segno di catastrofe, eppure come un incidente da cui non si può distogliere lo sguardo. 

E la bocca di Jacob Aiagon. 

Sussurrava: <<Ma... ra...!>>

Ma non rifiutava davvero il Signore dei Sensi, no. 

La stessa bocca ora stava estendendo la lingua, così da accogliere quella mano tremante e quel rosso, come aperitivo per un completo pasto. 

Thump, thump

La sua coscienza stava cedendo. I suoi sensi stavano venendo inondanti dalla percezione di quel liquido. Rosso. 

Come. 

I suoi. 

Capelli. 

<<Ar... sa... lan.>> mormorò. 

Ma quel nome. 

Quel nome lui non lo amava. 

Quel nome lo odiava. 

Eppure in quel momento, pieno solo di lussuria assoluta, era l'unico che riusciva a riconoscere. 

Un nome come un afrodisiaco. 

Un nome come una nausea.  

Thump

Un nome che lo risvegliò. 

Scintillando, gli occhi d'oro svanirono. 

Jacob Aiagon riprese coscienza del mondo intorno a sé, tutto ciò che aveva mancato di notare, allo stesso tempo. 

Mentre era piegato lì, qualcuno aveva lasciato l'edificio alle sue spalle. 

Quel qualcuno emetteva un terribile odore di zolfo. 

Quel qualcuno, che a giudicare dal rumore dei passi indossava pesanti tacchi, si era poi avvicinato a lui. 

Ora, se la sensazione dell'aria intorno a lui non lo ingannava, se il suono acuto che sentiva immobile era reale, se il suo sesto senso esisteva davvero fuori da un'illusione...

Se ciò che percepiva era reale, quel qualcuno stava per ucciderlo con una lama attraverso la nuca. 

Lui era congelato, ovviamente. Non poteva reagire. Stava solo processando gli avvenimenti nell'ultimo misero momento della sua vita. 

Tra un battito del cuore e l'altro. 

Poi il suo tempo finì, e sentì solo un'esplosione. 

Thump

Ma Jacob era vivo. 

Si girò. 

La persona alle sue spalle non c'era più. 

Al suo posto, un'automobile familiare si era schiantata sul muro, portando lei con sé. Sembrava che... lo scontro l'avesse rimossa e bloccata, e che poi un Chiodo nella sua fronte l'avesse uccisa. 

...questo significava che...

Il Giudice corse a vedere chi ci fosse dentro la macchina. Lo sapeva già, ovviamente. 

Raguel era dietro, senza cintura di sicurezza, e dunque chiaramente ferita dall'impatto, ma non c'era sangue. Con ogni probabilità era svenuta. 

Davanti, al sedile dell'autista, c'era Risa. Lei la cintura l'aveva, ma comunque doveva aver urtato contro il proprio schienale. Anche lei aveva gli occhi chiusi. E se non aveva subito danni peggiori, era perché qualcun altro si era lanciato sul volante in quel momento...

...colui che era nel sedile del passeggero, aveva preso il controllo del veicolo per colpire Berilix. 

Lì c'era Arsalan, anch'egli svenuto e ferito, e che presumibilmente aveva precipitato quella macchina addosso ad un Demone ed un muro per salvare Jacob. 

Thump, thump

Passarono ore. 

Le prime ore furono necessarie per convincere il Vaticano a ripagare i danni al rifugio, ad occuparsi dei corpi dei Demoni, e a trovare una storia convincente per l'omicidio. 

Poi altre ore le dedicarono ai feriti, i tre feriti nell'auto. Rimasero a letto nella casa fuori città, nonostante le loro capacità di guarigione sovrumane. Dovevano averla mandata a velocità ridicole per essersi fatti tanto male. 

...certo. Jacob stava per essere ucciso. 

Se non fosse stato per loro... anzi, no, per...

<<Hey.>> salutò Simona. 

Stavolta il ragazzo nemmeno si spaventò. Lo stress che lo riempiva non lasciava spazio per la paura. <<Hey.>> rispose. 

Era seduto nel giardino, sempre a fissare il sole nel cielo, come non aveva potuto fare propriamente prima. 

Certo, ormai era il tramonto. Non un tramonto impressionante, ma è vero quando si dice che rimane sempre uno spettacolo. 

Simona si unì a lui, in piedi, come se avesse qualche posto dove andare dopo. <<Non ti ho fatto ancora i complimenti, vero? Hai ucciso quel Diavolo Accusatore.>>

<<Niente di che, però grazie. Avrei dovuto sconfiggere anche Berilix stessa.>>

<<In realtà, io avrei dovuto sconfiggere Berilix.>> notò la ragazza <<Purtroppo, quando è entrata nel tunnel, un innocente l'ha vista e ha deciso di portarlo giù con sé.>>

<<Ah, aveva un ostaggio?>>

<<...e l'avrei solo ferito, combattendo lì.>>

<<Sì, forse. Alla fine è andata bene, quindi...>>

Lasciò la fine della frase a sé stessa, tornato a guardare la discesa del sole. Simona però aveva altro da dire. 

<<Quel Demone... ferita al fianco, taglio alla schiena, buco nello stomaco e gola distrutta, hm?>>

<<La prima è stata accidentale e l'ultima necessaria per zittirlo.>> confermò lui. 

<<...Jacob, non pensi mai ai... livelli di violenza che raggiungiamo?>>

La ragazza piegò le ginocchia per raggiungere più o meno la sua altezza. I suoi occhi verdi sembravano fatti per complementare il tramonto. 

<<A volte mi dico che preferivo le cose pulite.>> rispose Jacob <<Poi ricordo che ho sconfitto Devadatta solo usando il mio sangue per disegnare sul terreno.>>

<<...non penso ci sia tanto sangue in un corpo da far ciò senza morire.>>

<<Ha funzionato.>>

<<Però quello è diverso, credo. Io mi riferisco al... ferire i nostri nemici. I miei pugni, la tua Spada... possono attraversare carne umana come burro.>>

Esagerazione, ma sì, il concetto era giusto. 

Lui solo non capiva dove volesse arrivare. <<Pensavo ti piacesse lottare.>>

<<Adoro lottare! Niente regole, niente limiti, adoro l'idea di scaricare la tensione colpendo uno in faccia! Ma a volte ricordo...>> Si fissò una mano <<Che colpendolo potrei ucciderlo. Anche per sbaglio... gli umani sono così fragili che puoi spaccare un cervello anche per sbaglio.>>

...queste non erano cose a cui lui pensava spesso, in effetti. Anche se sapeva di essere una macchina da guerra divina, e che a volte doveva uccidere innocenti, non temeva mai di perdere il controllo in quel modo. <<Non avevo notato questi tuoi timori.>>

Lei rise leggermente. <<Se qualcuno fosse stato lì a notarli, non li avrei avuti.>>

Questa criptica frase fu l'ultima che disse prima di andarsene, tornando dentro la casa. 

..."se qualcuno fosse stato lì". 

Voleva dire che accadeva solo quando era sola...? 

Ancora Jacob non sapeva molto sul passato di Simona. Quando ci pensava, tornavano alla sua mente solo deboli ricordi. Ma nonostante ciò, ormai gli era chiaro che quella ragazza si era creata un problema tutto per sé. 

Quando l'amicizia diventava il centro focale della sua esistenza, Simona Paldim diventava totalmente dipendente dai suoi amici. 

-a questo punto, anche Jacob si rimise in piedi, e tornò dentro. 

Vide Zedel accanto al letto di Risa. Non avendo mani, però, l'Angelo aveva bisogno anche dell'aiuto di Simona per occuparsi della propria Giudice. 

E Simona allo stesso tempo stava controllando l'altra stanza, quella di Raguel. 

La terza, invece...

<<Nessuno sta guardando Arsalan?>> chiese a Simona. 

<<È un Angelo. Starà bene.>> rispose lei, e quello fu quanto. 

...certo, Arsalan non sarebbe morto presto. 

Né lui aveva alcun interesse nell'aiutarlo a guarire, quando ne sarebbe stato capace da solo, e quando altre persone stavano sicuramente peggio di lui. 

Tuttavia. 

Quando sentì un rumore dalla sua stanza, come se l'intero corpo dell'Angelo fosse caduto sul pavimento tremando...

Il suo unico istinto fu di andare a controllare. 

Non fu nemmeno l'unico a sentirlo, ovviamente. 

<<Wow. È andato lui.>> disse Simona nella stanza di Raguel. 

<<Uh... andato... chi...?>> mormorò l'addormentata sul letto. 

<<Oh, hey, già sveglia, Raguel?>>

<<Ci vuole... ben altro... per ferire un Angelo del mio calibro...>>

<<-pensavo saresti morta.>>

<<Aww.>> Mise la propria mano sopra la sua, forse per tentare a stringerla. <<Che cosa faresti senza di me (e i tuoi poteri semidivini)?>>

<<Non so.>> rispose, con la quantità di ironia indiscernible <<Morirei anch'io.>>

...quella fu forse la prima volta che l'Angelo Custode Raguel rimase senza parole. 

Che fosse per lo stupore...

...o il terrore. 

Vita Tua

<<Che ti prende, Arsalan?!>> chiese Simona rigettandolo a terra con un pugno <<Non è da te, questo... tutto questo.>>

Erano nel suo appartamento, ora, suo e di Jacob. L'Angelo era riuscito a liberarsi dalle loro braccia, e se non fosse stato per le due Giudici lì presenti, sarebbe già scomparso, alla caccia del suo umano. 

Il sangue che aveva lasciato svenendo sul pavimento pochi minuti prima era ancora lì. 

<<Questi esseri...>> rispose Risa <<Sono senza vera personalità. Non possono agire fuori dal personaggio quando non hanno un personaggio.>>

Il diretto interessato rimaneva in piedi, se con la bocca sanguinante, di fronte a loro. Si rifiutava di parlare. 

<<Questo non spiega comunque perché si stia comportando così. Il suo compito dovrebbe essere custodire.>>

<<No, gli Angeli sono...>> Risa si morse il labbro, come se stesse dicendo qualcosa di particolarmente doloroso <<Gli Angeli sono servi di Dio prima che protettori. Se Dio vuole che Jacob soffra, allora...>>

<<Il tuo Signore è anche il mio, Risa, e io non posso credere che sia malvagio.>> Fece dei passi avanti, lasciandosi l'altra alle spalle <<Arsalan. Ormai sei troppo debole per farci qualunque cosa. Ancora una volta, la tua lingua è la tua unica arma. Vuoi usarla?>>

I loro sguardi si incontrarono, egualmente imperscrutabili. 

Per lei era come fissare il cielo stesso, e cercare di comprenderne la dimensione. 

Per lui era come dormire, sognare, ricordare il passato. Ricordare una persona a cui aveva voluto bene. 

E Risa Dascira... in quel momento mostrava un'espressione nervosa del tutto differente dalla sua. Ma nonostante ciò...

...forse questa gliela doveva. 

<<Un personaggio è solo una raccolta di caratteristiche che roteano intorno ad un centro.>> cominciò a dire l'Angelo <<Ogni altra differenza nel mio essere non cambia ciò.>>

<<Allora, perché-?!>>

<<Perché il mio personaggio era dannoso. Pericoloso. È stata quella personalità sentimentale a rovinare Jacob Aiagon, sin dal primo giorno. Dunque, l'ho sostituita.>>

<<...ti sei liberato da ogni debolezza, hm?>> domandò Risa <<Però ora lui ti detesa ancora di più.>>

<<Ciò mi importerebbe se avessi ancora le mie emozioni al riguardo. Ma quella chiave è stata gettata via. Adesso capisco che non importa, poiché io rimango il suo Angelo e lui il mio Giudice.>>

Una menzogna ovvia a chi la diceva, così come a chi la sentiva. 

Era vero. Arsalan perseverava nella propria scelta di distanziarsi sentimentalmente da lui. 

Tuttavia, non perché trovasse fosse la scelta migliore. 

L'aveva appena trovato stanco, sporco di sangue e traumatizzato. La colpa era, chiaramente, la sua. 

No, in realtà, lui perseverava perché non poteva fare altro. 

La sua logica aveva già stabilito che quei sentimenti fossero dannosi. Ricordava questa conclusione perfettamente, e i recenti fallimenti non la rendevano errata. 

In un solo, fatale attimo, aveva poi fatto la decisione di liberarsene, e di diventare un essere di sola logica. 

Quindi, ora, cosa mai poteva spingerlo a tornare indietro? 

23 Novembre 2020

Qualche tempo dopo, lo stesso Angelo stava tremando sul pavimento accanto ad un letto, tremando con tanta forza da smuovere il letto stesso. 

L'unico presente per aiutarlo era Jacob Aiagon. <<Ma che->>

Il corpo era ancora dormiente, svenuto a causa dell'attacco quasi suicida che aveva effettuato. 

Confuso, ma incapace di solo star fermo, il ragazzo lo sollevò. 

Ora non stava più solo tremando. Erano vere e proprie convulsioni. 

Lo mise sul letto, tanto per assicurarsi che non si facesse male sbattendo contro i piedi, e gridò i nomi delle uniche persone che sapeva essere sveglie. 

Simona e Zedel apparvero senza domande. 

Sperava che l'Angelo avrebbe potuto sapere cosa stesse accadendo. Invece affermò proprio l'opposto: <<Questo è nuovo.>>

Se nemmeno lei ne aveva idea, a Jacob rimaneva una sola opzione. 

Corse giù per le scale. Si rivolse all'enorme libreria. 

Apocalisse... Apocalisse... di...

Apocalisse di Ezechiele. 

Sfogliò le pagine alla velocità più alta di cui si riteneva capace. 

Malattie di Angeli... infezioni, possessioni, qualunque cosa...

Niente. 

Il libro non aveva informazioni su cosa stesse accadendo ad Arsalan. 

Non restava che controllarne un altro. 

Ripeté la stessa operazione. 

Ancora niente. 

La ripeté ancora, e di nuovo, e un'altra volta, e di nuovo, di nuovo, di nuovo. 

E ancora e ancora, finché-

<<-è tornato normale.>> chiamò una voce da sopra le scale. 

Il ragazzo sbatté gli occhi, come se appena risvegliatosi. 

Seduto sul pavimento tra quei libri aperti e rovinati. 

<<Tornato normale e basta?>>

<<...e basta.>> confermò Zedel. 

Questo riuscì solo a confonderlo di più. Tornò nella stanza, e vide che, effettivamente, l'Angelo stava bene. 

Le altre due smisero di preoccuparsene e lo lasciarono. 

Jacob, però...

<<Dannazione, che ti succede...?>>

Si ritrovò a controllare il polso per assicurarsi fosse vivo. 

"...no, dannazione, che succede a me?"

Indietreggiò. 

Perché si stava preoccupando tanto per lui? 

Lui non avrebbe fatto lo stesso. 

...quelle convulsioni lo inquietavano, ma...

...che Arsalan morisse era proprio ciò che desiderava. 

...giusto...? 

"Sì. Lo voglio fuori dalla mia vita."

O lo voleva uccidere con le proprie mani?  

"Non sarà necessario. Quell'uomo è l'unico essere sovrannaturale rimasto in questa città. Dopo, non sarò più Giudice."

Così come lo era stato Berilix? 

"...e tu, chi saresti?"

...ma la voce nella sua testa era già scomparsa. 

C'era da pensare che fosse diventato pazzo. 

Per colpa sua. Di quell'Angelo, e di quel che gli aveva fatto fare. 

Sì. Decisamente, non aveva motivo di rimanere lì con lui. 

Stava proprio per lasciare la stanza, quando lo sentì mormorare nel sonno. 

<<...Da... niele.>>

Quel nome. 

Quel nome costrinse Jacob a tornare indietro, accanto al letto. 

Solo a quel punto si accorse di aver lasciato quel libro, l'Apocalisse di Ezechiele, sulla sedia. Quando l'avesse fatto, o quando l'avesse portato sopra, non ricordava bene. 

Fatto restava che gli occhi socchiusi di Arsalan riuscivano solo a leggere quella parola sulla copertina. 

<<Danie... le... non sei... in Paradiso...>>

Forse ora non stava più dicendo frasi sensate, o forse Jacob non poteva comprenderle. 

Fece la prima cosa che gli venne in mente. Non aveva scrupoli quando si trattava di lui. Disse: <<Sono qui.>>

Passarono alcuni secondi. 

<<...sei... sulla Terra... vero...?>>

<<...sì, Arsalan, sono qui.>>

L'Angelo sorrise nel sonno. <<Scusami... aha... mi sono incarnato ancora, ma... avevo un altro Giudice da custodire...>>

<<...lo capisco. È il tuo lavoro. Lo stai custodendo come hai fatto con me?>>

<<...no... sto facendo... del mio meglio... eppure... continuo a fallire...>>

<<...in che modo?>>

<<...è difficile... lui soffre... soffre con me... senza di me... che dovrei fare...?>>

<<E lo chiedi a me?>>

<<...e a chi, sennò...? Tu... mi hai insegnato a vivere veramente... ah, ma è ancora tutto... così... nuovo.>>

<<...puoi dirlo.>>

Arsalan in stato delirante. 

Nonostante ciò, era un buon conversatore. 

Per qualche motivo Jacob parlò con lui per diverso tempo, forse più di un'ora. 

Chiunque fosse questo Daniele Tobia Abel, finse di esse lui, e cercò di tirar fuori dettagli sulla sua identità da Arsalan stesso. Ma non voleva rompere l'illusione. 

Parlarono e parlarono. Come se davvero Daniele si stesse incontrando con lui per la prima volta in tanto tempo. 

O meglio, come se Jacob si stesse incontrando con lui per la prima volta. 

L'Angelo arrivò perfino a scherzare. A ridere, e a sospirare. 

E finalmente, si svegliò del tutto. 

<<Ja... cob...?>> fu la prima parola che pronunciò. 

<<Buongiorno.>> ribatté con freddezza. 

<<Che... ci fai qui...?>>

<<Non lo so.>>

Non sapeva cosa l'avesse davvero spinto a rimanere lì a parlare con lui. 

L'aveva solo fatto. 

<<...sto... sto bene, ora.>> L'Angelo, lentamente, si alzò. Era difficile capire cosa provasse, in quel momento. "Niente" sarebbe stata la risposta facile, ma chiaramente errata. L'unica alternativa era... "debole". <<Posso->>

<<Aspetta.>>

Jacob gli mise una mano sul petto per fermarlo. 

<<Voglio sapere tutto.>> disse <<Su te e Daniele Tobia Abel.>>

L'espressione di Arsalan si contorse in qualche modo. Come se stesse cercando di impedirle di cambiare. <<...non chiedermi questo.>>

<<Io ti chiederò proprio questo.>>

Era determinato a sapere la verità, ormai. L'Angelo doveva averlo capito. Non avrebbe ascoltato le sue richieste. 

Perciò, rassegnato, cominciò a spiegare. <<Daniele era... un Cavaliere della Chiesa Cattolica negli anni '50. Rimase vittima di un complotto clericale. L'intero Vaticano si diede alla sua caccia. Lui fuggì qui, in questa città, in questa casa. Rubate alcune Armi Sacre... forzò la trasformazione in Giudice. Il suo Angelo Custode, che non si sarebbe mai dovuto incarnare, assunse forma per la prima volta.>>

<<...tu.>>

Non ci fu segnale affermativo. La testa di Arsalan era completamente immobile. <<Lui mi insegnò tutto ciò che so. Ma alla fine, rimasi troppo inesperto per custodirlo propriamente, e... durante la sua ultima battaglia, D... Daniele fu ucciso per colpa mia.>>

<<...quindi, questa sarebbe solo la tua seconda incarnazione?>>

<<E-esatto, io... i... o...>> Il suo corpo... ancora... prese a tremare... e crollò su di sé. 

<<Ohhh, non di nuovo. Arsalan, puoi dirmi che cosa ti sta succedendo?!>>

Lo vide cadere a terra in ginocchio, nonostante i suoi sforzi. <<P-penso...>> Alzò lo sguardo, pieno di timore. <<Di stare... malfunzionando.>>

La sua testa si ribaltò. 

Violentemente, Arsalan vomitò sul pavimento. 

Il Giudice imprecò un paio di volte, mentre continuava. Come se stesse espellendo tutta la sua esistenza, tutta la sua anima. 

Poi rallentò. Tossì con forza. E riuscì a smettere. 

<<...va bene. Va bene, Arsalan, che->>

...no, un'altra domanda. Che stava facendo? 

L'Angelo non aveva rimosso la faccia dal vomito. Il suo corpo rimaneva accasciato su quel pavimento, come una bambola senza vita... ma si muoveva un po' a singhiozzo. 

E quel suono...

Un... pianto...? 

Jacob gli mise una mano sulla spalla, sedutosi accanto a lui. <<Hey. Arsalan, cosa...?>>

<<Era ovvio.>> lamentò lui. Stavolta, quando alzò il volto, lo mostrò davvero pieno di lacrime. <<Tutti gli esseri hanno un limite. Io sarò anche un prodotto divino, ma questo paradosso era insostenibile.>>

<<Di che stai parlando?>>

<<Di te, Jacob.>> Si asciugò un po' la guancia <<È vero, in realtà... non avrei mai dovuto farti diventare Giudice. Sono stato influenzato dai miei più stupidi sentimenti. Per questo... ho pensato che liberarmene fosse l'idea giusta. Ma...>>

L'Angelo chiuse le proprie mani intorno alle sue. Non come un pugno. Come una carezza. <<...non posso più farlo. Non posso più vederti lontano da me, vedere quanto mi odi, non voglio più stare così. Io voglio stare con te, voglio essere il tuo vero Angelo Custode.>>

Cosa... cosa...? 

Il ragazzo non si era mai sentito tanto sotto pressione. Quella situazione era scorretta. Non aveva idea di cosa dire. 

E per quanto lo fissasse negli occhi... portava solo alla mente incubi...

<<Quel che hai fatto... nella mia anima...>>

<<L'ho fatto, sì, ho violato la tua decisione, e ora vorrei solo tagliarmi la mano con cui ho commesso quel peccato. Pensavo... in quello stato, pensavo fosse la cosa giusta...>>

L'aveva già visto e sentito, sapeva a cosa si riferisse. 

Aveva... fino a quel secondo... bloccato ogni impulso emozionale...

No... una scelta del genere, doveva averlo fatto entrare in uno stato completamente diverso... per questo ci era voluto un malfunzionamento per farlo uscire...

E questo...

Questo gli riportava alla memoria un'idea...

"Quindi, le persone nel Paradiso non meritano di essere in Paradiso."

...quella fottuta Zedel. 

Quella storia...

No. 

No, al Diavolo. 

Jacob si fece indietro. 

<<Vuoi il mio perdono? L'hai detto anche tu. Mi hai trasformato in un Giudice e rovinato la vita.>> Si alzò per uscire. 

Questa affermazione fece solo soffrire Arsalan di più. <<Pensi che volessi un altro Daniele? Pensi che... che...>> Ma non riusciva più nemmeno a parlare, tra i singhiozzi. 

"...emozioni finte." si ripeté il ragazzo. 

Gli Angeli avevano solo emozioni finte. Sicuramente si stava obbligando a piangere per ottenere la sua simpatia. 

Sicuramente... doveva... essere... così...

<<...dammi solo del tempo.>> riuscì a dirgli alla fine. Una frase quasi ingoiata. 

E lasciò la stanza. 

23 Novembre 2020
17:32

Non ebbe il tempo che voleva. Nessuno poteva mai averlo. 

Una volta che Risa e Raguel si furono risvegliate, la prima richiese che avessero un immediato briefing di battaglia. 

Tutti scesero al piano di sotto e si radunarono intorno al tavolo, incluso, alla fine, Arsalan. 

Sembrava star meglio, ora. Ma non aprendo bocca, divenne di nuovo difficile capire cosa provasse. 

A parlare fu Risa stessa. <<Suppongo il Diavoli Accusatore sia stato eliminato.>>

<<Berilix e complice.>> confermò Simona <<Gli ultimi due Diavoli Accusatori.>>

<<Se erano due, le informazioni dateci da quell'uomo erano errate. O ci ha mentito.>>

<<Perché l'avrebbe fatto?>>

<<Non lo so. Se però è un nostro nemico, dobbiamo accertarci di rimanere uno, no, due passi più avanti di lui.>>

Si aggiunse Raguel alla conversazione. <<...e in che modo non lo siamo? Siamo in sei. Avete la Spada Sacra capace di tagliare la sua Ousia. Cosa può farci, esattamente?>>

<<Circostanze giuste possono rendere le differenze numeriche nulle.>> rispose Zedel <<Aveva chiesto di incontrarci dopo la sconfitta di Berilix, ma non si è fatto vedere. Quindi sa che non potevamo partecipare, e per saperlo, deve averci spiati.>>

<<...sembra sapere sempre tutto.>> disse Jacob <<Ma non penso sia questo l'unico motivo. Ricordate quando ha menzionato... di avere risorse limitate?>>

Sì, era stata un'affermazione di sfuggita. Non poteva usare i propri poteri di illusione per quel motivo. 

Perché solo quelli di illusione, però? 

Quando avevano combattuto, lui aveva fermato i loro attacchi in una frazione di secondo. Una dimostrazione delle sue abilità, certo... e un risparmio. 

<<Quell'uomo avrebbe potuto contattarci usando l'Ousia. Non l'ha fatto perché non è disposto a perderne grandi quantità.>>

A questa frase, Arsalan evocò la Spada Sacra, e parlò. <<Allora, quando combatteremo, sfruttare questa debolezza. La sola minaccia del finire la sua Luce accumulata ci permette di ricattarlo.>>

<<Va bene.>> concluse Risa <<Sappiamo ben poco su di lui. È fuso con un Diavolo Accusatore, può usare l'Ousia. Se vogliamo conoscere il resto della verità... gliela dovremo tirare fuori. Ecco il piano...>>

23 Novembre 2020
17:58

In quel campo dove si erano già incontrati. 

L'uomo era lì, come se non si fosse mai mosso. 

Non c'era alcun illusione, il suo volto era visibile. Ed impressionante quanto la prima volta. 

<<È stato fatto?>> domandò. 

Di fronte a lui c'era Arsalan, alle cui spalle stavano sparsi gli altri. 

<<Sì. I Demoni erano due, ma sì. Berilix è morto.>>

<<Due? Perdonatemi l'errore. L'importante è che ne siate usciti indenni.>>

Rimaneva impossibile capire se stesse mentendo o no. La sua sorpresa sembrava genuina, così come la sua scusa. 

<<Adesso? Procederai con il tuo rituale?>>

<<Il prima possibile. È un peccato, dunque, che devo chiedervi un altro favore per poterlo fare->>

-ci fu un tuono. 

Dal punto di vista di Jacob, fu difficile discernere chi avesse colpito per primo. 

Vide allo stesso tempo Arsalan lanciare la Shamshir-e-Zomorrodnegār in una linea retta, e l'uomo emettere un raggio di Ousia dalla propria mano. 

I due attacchi, però, non si incontrarono, e i due nemici furono costretti a schivarli. 

Quello dichiarò l'inizio dello scontro. 

Simona si precipitò addosso all'uomo. <<Secondo round?>>

Un pugno diretto alla testa...

...bloccato. 

In cambio la Giudice ricevette una ginocchiata, che le fece poco male, e alla quale rispose con un calcio nel fianco molto più potente. 

Nel frattempo, Arsalan stava facendo la stessa cosa dall'altro lato. Ma quello aveva due mani, e ripresosi dalla sorpresa, le utilizzò entrambe. Quando vide la Spada nella sua direzione, disarmò l'Angelo nello stesso momento in cui lo spingeva all'indietro, e lo stesso movimento circolare finì contro Simona. 

Poi due Chiodi Sacri nella sua direzione. Risa non li avrebbe lanciati se avesse immaginato che potesse vederli. Fu fortunata quando, al posto di disintegrarli nell'Ousia, si limitò a saltare più in alto della loro traiettoria. 

Le sue gambe colpirono in fronte sia Arsalan che Simona. Atterrò. Prese lei, e la gettò su di lui, sperando che ciò li tenesse giù. Non accadde. La Giudice gli saltò addosso, solo per essere ribaltata da tre calci potenziati con Ousia. 

L'uomo si girò. Ancora Chiodi. Mise le mani a croce per difendersi, e dopo averle riempite di Luce, riuscì persino a respingere quei proiettili. Per farlo però si lasciò scoperto a Zedel alle sue spalle. 

L'Angelo roteò su se stessa. Un calcio, e lo spedì nell'aria. 

Saltò sui Chiodi per raggiungerlo prima che cadesse, e con tutto il suo corpo, lo fece crollare sul terreno. 

Durò un attimo. L'uomo la lanciò via con un pugno. 

Rimossa Zedel, apparve Arsalan. La Spada quasi passò attraverso quel petto cadaverico. 

Quasi. 

L'uomo afferrò la lama, la colpì con una testata, e la guardò slogare la mano dell'Angelo che la teneva. 

Calcio nello stomaco, Arsalan fu respinto come gli altri. Rimase in piedi, però, per ripartire subito alla carica. 

...anche se quel polso slegato non era parte del piano, avrebbero proseguito ignorandolo. 

Mentre continuava ad essere bersagliato da Chiodi, Jacob e Arsalan attaccarono l'uomo insieme. 

La Shamshir-e-Zomorrodnegār vibrava nell'aria, dalla mano del ragazzo a quella dell'Angelo, fino a diventare invisibile. 

Si mossero a specchio. Lo stesso attacco, a destra e sinistra. Ma quale dei due avrebbe impugnato l'Arma nel momento in cui colpiva? 

Incapace di prevederlo, l'uomo piegò il proprio torso all'indietro per evitarli. La Spada gli passò sopra la faccia. Afferrò i polsi dei due e li usò per slanciarsi verso l'alto mentre gettava loro verso il basso. Uno dopo l'altro, li colpì con calci in aria. 

Arsalan gli prese la caviglia e lo fece roteare un paio di volte - quelle che bastavano perché il suo umano lo notasse, e allungasse la Spada. L'Angelo lanciò l'intero corpo del nemico sulla lama, solo per vederlo evitarla: si appoggiò al manico e saltò oltre i due. 

Si girò, e lanciò un piccolo raggio d'Ousia nello stomaco del Giudice. 

<<Jacob!>> gridò l'altro, correndogli accanto. 

Bruciava... tremendamente. <<È a posto, non mi è passato attraverso. È solo... una scottatura.>>

<<Grazie a->> Saltò indietro. L'uomo l'aveva assalito con una mano. La bloccò con un braccio perpendicolare. <<-Dio!>>

Ora l'uomo stava avanzando, e costringendo l'altro ad arretrare a forza di pugni da parare. Quando evocava la Spada, lui lo disarmava. 

Ma Jacob stava dietro di lui, e anch'egli aveva la stessa Shamshir. Con due mani, la diresse al suo collo. 

Fu bloccata anche quella. Un braccio attaccava Arsalan, l'altro fermava Jacob. 

E Zedel gli apparve di fronte, con una capriola nella sua direzione. 

Lui si liberò momentaneamente dai due con dei pugni orizzontali più forti, e fece la stessa capriola, verso l'alto, così che i piedi dell'Angelo colpirono i suoi, e ne fu respinta all'indietro. 

L'uomo atterrò con una mano sull'erba. Girò su se stesso, una gamba estesa fece cadere Jacob e Arsalan. Si alzò nell'altra direzione, con un ginocchio bloccò il pugno di Simona Paldim in arrivo, e la gamba la respinse di nuovo. 

Risa gli mise un coltello nella nuca. Si infranse. Le girò il braccio su sé stesso, ed usò il suo corpo per rimettere giù il ragazzo e il suo Angelo. 

<<Bastardo, bastardo, bastardo-!>> gridò Jacob, incoerente per la rabbia <<Un'ultima volta, bastardo!>>

Convergettero verso di lui. 

Tutti quanti. 

Era circondato da ogni direzione, cinque guerrieri. 

Si aspettavano che fuggisse con un salto, o che persino si arrendesse. 

Invece...

"Non vorrà... affrontarci tutti insieme...?"

Quando Zedel attaccò con un calcio volante, lui rispose con il calcio inverso. Allo stesso momento parò ogni mano di Arsalan con la propria destra. Il pugno di Simona raggiunse il suo capo, quindi potenziò il suo capo con Ousia per respingerla. La sua sinistra libera la dedicò a lanciare raggi d'Ousia sulle dita di Risa. 

Quanto a Jacob Aiagon, con la Shamshir-e-Zomorrodnegār...

...una volta che l'uomo ebbe concluso il resto, appoggiò il piede a terra, generando un tuono, roteò su sé stesso, e colpì la sua Spada Sacra con il palmo della mano. 

Passò attraverso il suo braccio, sì. Ma ignorò il danno, ed il Giudice fu lanciato all'indietro. 

Il suo Angelo, l'unico ancora capace di lottare, cercò di raggiungerlo e fu colpito nel farlo. 

Ora l'uomo restava come unico in piedi. 

In altre parole, li aveva appena battuti. 

Tutti quanti. 

<<...maledetti. Speravate che avessi paura di finire la mia Ousia? Per questo mi avete costretto alla difesa?>>

Dall'altra parte del campo, qualcuno rispose. Raguel, con due mani dietro la schiena. <<Era quello il piano, sì.>>

<<Anche tu vuoi affrontarmi? Possiedi forse un'arma segreta?>>

<<Come no. Più d'una. Questa... è la prima.>>

Uscì fuori una delle mani nascoste. 

Impugnava una pistola ad acqua. 

<<...santificata per ferirmi, immagino.>> L'uomo avanzò nella sua direzione. <<Te lo dirò adesso. Non funzionerà.>>

<<U-uh? Aspetta, aspetta, io->>

...se lo diceva lui, doveva essere vero. 

Questo pensò Jacob, cercando di rialzarsi. 

Ancora nessuno di loro era morto, o rimasto troppo gravemente ferito. Ma Raguel era incapace di difendersi. 

...e non era la sola. 

Per quanto provasse, le sue braccia lo fallivano. Il suo respiro era discontinuo, e la sua testa... faceva... così... male...

Poi una voce gridò. <<...tu! Bastardo!>>

Fece fermare, e girare, l'uomo. 

Questa voce...

...di fronte a tutti i loro occhi, Arsalan stava barcollando... in piedi. 

<<Cosa, te lo devo ripetere, deficiente?!>> Un debole ma arrogante sorriso riempiva il suo volto. <<Non raggiungerai mai l'immortalità! Abbiamo già scoperto i tuoi poteri e la tua faccia!>>

Quell'espressione... quello era un falso scherno. Almeno, era chiaramente falso ai Giudici. L'uomo sembrava prendere quel che diceva seriamente. Lo fissava con attenzione. 

Ma non sembrava bastare. 

Perciò...

<<...già.>> Conficcando la Shamshir-e-Zomorrodnegār nel terreno, Jacob si rialzò, accanto al proprio Angelo. <<L'hai detto anche tu, la Chiesa non si fermerà a nulla pur di ucciderti. E se lasceremo questo posto vivi, puoi star certo che sapranno di te!>>

<<Oh, lo sapranno, lo sapranno!>> continuò Arsalan <<Perché non può sconfiggerci. Nonostante le sue belle mosse, noi siamo in più, e più forti di lui. E soprattutto... io sono davvero immortale.>>

<<Ma tu non lo sarai mai, per quanto lo desideri. Tutti lo desideriamo, amico mio, ma noialtri non ci fondiamo con Diavoli Accusatori per diventarlo... noi cresciamo e basta!>>

L'uomo sospirò. <<...ah. Ho capito cosa stai cercando di fare, ora.>>

<<H-huh?>>

<<Questa è la... "tentazione", non è così? L'idea è di sfruttare l'orgoglio inerente ai Demoni per farli infuriare.>>

Quella reazione... così calma...

Che cosa... significava...? 

<<Purtroppo per voi...>>

Le sue gambe brillarono di Luce, e scattarono invisibili. 

Arsalan tese la Spada, aspettandosi che nella sua rabbia, il Demone corresse addosso alla lama...

...invece se lo ritrovò alle spalle. 

Si girò, solo per essere afferrato e sollevato dal collo. 

<<...in questo umano non c'è alcun Diavolo Accusatore.>>

Jacob cercò di colpirlo. Fu bloccato sotto il suo piede, mentre Arsalan, ancora tenuto dal collo, si vide la Spada rimossa a forza. 

<<Perché? Perché volete uccidermi così tanto?>> domandò l'uomo <<Dovrei fare lo stesso a questo Angelo?>>

Alle sue spalle, le altre tre erano tornate in piedi. Era ormai chiaro però che non potevano sconfiggerlo nemmeno ora.  

<<Tu... se sei totalmente umano... questo potere...?>> chiese il ragazzo. 

<<Te l'ho già detto, Jacob Aiagon.>> Rimosse il proprio piede, e al suo posto, lanciò su di lui il corpo di Arsalan. <<Quando persi tutto, tutta la mia vita, il mio Diavolo Accusatore cercò di sedurmi.>>

Risa e Simona attaccarono. Lui era stanco, e si allontanò dalla zona di tiro con un salto. 

<<Mi insegnò come assorbire l'Ousia di Angeli e Demoni, come renderla mia, come usarla e come eventualmente raggiungere l'immortalità. Così io sfruttai le sue lezioni per la prima volta... assorbendo lui.>>

Parò Zedel con le proprie mani. Spingendo il proprio palmo in avanti, la fece rotolare sull'erba un'altra volta. 

<<E cominciai solo dopo il mio viaggio, la mia ricerca di Luce. Durante esso, accumulai quantità immense di Ousia, quantità gigantesche se necessarie. Un atto che mai avrei potuto compiere nella mia vita precedente, come un mortale.>>

Si allontanò ancora, evitando ogni Chiodo in arrivo. 

<<Per questo... dimenticai chi ero, così da diventare qualcuno che non sarebbe mai stato dimenticato. E la mia unica esistenza, la mia schiera invincibile contenuta nell'anima e corpo di un singolo umano, adesso non riporta che il nome del mio Diavolo Accusatore, il primo membro dell'armata... Andromalius.>>

Il suo nome era questo, allora. 

Un bellissimo, armonioso nome, come veleno sulle labbra di Jacob. 

Andromalius. 

<<Non sono qui per farvi male, o Giudici. Nessuno di voi deve soffrire per il mio rituale.>>

<<...nessuno di noi, hai detto?>> chiese Risa. 

<<Ero venuto per parlare, e mi sono semplicemente difeso quando Arsalene ha attaccato.>>

<<Non ti ho domandato, questo, infame! Pensi di poterci prendere in giro?!>> Stava gridando come nessuno l'aveva mai sentita prima. <<Raguel!>>

L'Angelo reagì al proprio nome come avevano pianificato. 

Attraverso il campo, lanciò i due oggetti che teneva in mano. 

Prima la pistola ad acqua volò tra le dita di Simona. 

E in quelle di Risa... una pistola vera. 

<<Para questo!>>

Fu proprio quel che fece. Quando la Giudice sparò un proiettile verso la sua testa, Andromalius lo disintegrò con l'Ousia. 

Rimaneva da vedere se le previsioni che avevano fatto erano corrette. 

Simona si avvicinò il più possibile ed attivò la pistola ad Acqua Santa. 

Un getto si diresse verso quell'uomo. 

Perché sì, era un uomo, ma l'avevano già visto essere ferito da Acqua Santa. 

Risa e Simona dovevano essere state tanto sincronizzate da formulare e sperimentare una teoria allo stesso momento. Jacob capì poco dopo. 

...anche Andromalius non aveva compreso questo prima di incontrare Rhoda: la sua Ousia non era solo Luce. 

Era Luce derivata da Angeli, e Luce derivata da Demoni. Questo fatto non cambiava, per quanto la manipolasse. 

Dunque, quando lui potenziava il proprio corpo con l'Ousia di un Diavolo Accusatore, diventava vulnerabile all'Acqua Santa. 

E per fermare quel proiettile, era stato costretto a fare proprio quello. 

Perciò...

A contatto con il liquido emesso dalla pistola ad acqua, Andromalius urlò in modo che non aveva mai fatto, nemmeno morente. 

<<Ma... le... de... tti!>>

Partirono tutti ancora una volta all'attacco, ma lui aveva già concentrato Ousia nelle proprie gambe...

Ed era fuggito con un enorme salto all'indietro. Scomparendo all'orizzonte. 

L'avrebbero potuto inseguire, ovviamente. 

Se ne avessero avuto la forza. 

23 Novembre 2020
18:30

A Raguel non dispiaceva essere l'unica in piedi. 

Gli altri erano coricati diversamente su sedie, pavimento, o tavolo. Lei girava intorno a loro per l'incontro post-battaglia. 

<<Allora... mi avevate chiesto di contare esattamente quanta Ousia avrebbe perso, giusto?>>

Qualcuno alzò un pollice. 

<<Bene!>> continuò lei <<È stato difficile non perdere traccia. Supponendo che ogni attacco o difesa di un secondo al massimo corrisponda all'Ousia di un Angelo/Demone... dovrebbe aver perso tra i quaranta e i sessanta.>>

<<Ne ha decine di migliaia.>> notò Jacob. 

<<Abbiamo già capito che è tirchio, quindi quaranta è già un bel po'.>>

<<Potrebbe smettere di essere tirchio.>>

Risa alzò il busto a fatica. <<...no. Ha bisogno di ogni singolo Angelo, ogni singolo Demone. Adesso, probabilmente, è tornato a caccia di Luce tra gli umani.>>

<<E dopo?>>

<<Dopo sarà di nuovo pronto per ottenere l'immortalità. Abbiamo un giorno al massimo.>>

Alzatasi del tutto, si tolse la veste da Cavaliere, forse per lavarla o cambiarla. 

Nessun altro, però, condivideva la sua fretta. Non solo perché erano esausti. <<Risa.>> chiamò Simona. 

<<Cosa?>>

<<...perché credi così tanto che sia nostro nemico?

La donna si fermò nei propri passi, come se fosse una domanda dalla risposta ovvia. 

Ma l'altra era in disaccordo.  <<Ora sappiamo che non è un Diavolo Accusatore. Non ha ucciso nessuno di noi, si è davvero solo difeso, e il suo obiettivo è semplicemente di diventare immortale!>>

<<E nulla di questo ti sembra strano?>>

<<Ogni uomo vuole diventare immortale. Andiamo.>>

<<Tutto il resto è strano!>> Risa prese un respiro, costringendosi a calmarsi, o avrebbe distrutto qualcosa. <<Per prima cosa. Sta usando un potere insegnatogli da un Diavolo Accusatore. Ha parlato, ha discusso con lui, per abbastanza tempo da acquisire poteri soprannaturali. Chiunque faccia questo ha un'etica dubbia, per me.>>

<<...hm. Tutto qui?>>

<<No! C'è anche il fatto che sia rimasto nascosto così a lungo, senza volto, senza dirci il suo nome o la sua vera essenza! Jacob, tu hai più esperienza con lui... puoi davvero dirci che sia affidabile?>>

Il ragazzo ci pensò. 

L'aveva incontrato per la prima volta... a quel punto, supponeva fosse in quel ristorante con Arsalan, quando stavano cacciando Devadatta. Andromalius aveva usato delle... illusioni, per convincerli ad uscire da lì, e prendere il treno, che sarebbe poi stato deragliato da Devadatta stesso. 

Se stesse cercando di indirizzarli nella giusta strada od ucciderli, era poco chiaro. Dopo questo... quell'uomo aveva mostrato a Jacob la vita di Risa, una violazione della privacy di cui si pentiva anche lui, e gli aveva dato il compito di "portare fuori la spazzatura". 

Poi quando incontrò Diana Abel, lui era lì. Aveva ucciso Salomone e l'aveva ricostruito. Ed aveva avuto... una divergenza di opinioni con Rhoda. 

...questo gli bastava. 

<<Mi ha usato per pulire il disastro che ha creato.>> rispose Jacob <<Userà qualsiasi mezzo per raggiungere il proprio scopo. Forse non uccidere... ma è stato apposto con il farmi a pezzi.>>

Hah. Quanto di ciò era una scusa? Molto, sicuramente. 

In realtà, odiava quell'uomo, Andromalius, per un motivo ben più banale. 

Era responsabile per il suo essere diventato Giudice, e per ogni singolo Diavolo Accusatore che avesse mai incontrato. L'aveva spinto ad alzarsi per lottare An, e Diana, e tutti, quando avrebbe dovuto rimanere giù. 

Tutto questo... perché lui potesse avere l'immortalità. 

<<È pericoloso.>> concluse. 

Riprese la parola la Giudice italiana: <<Esatto. E neppure questa è la fine. Io so che tipo di rituale sia quello a qui si riferisce, ha detto che avrebbe fatto convergere Ousia in sé stesso per creare un miracolo e diventare metafisicamente immortale, e c'è un solo modo per fare ciò.>>

<<Ovvero?>>

<<Ricreare il Big Bang, l'atto della creazione, all'interno della sua anima! Vuole trasformare la sua esistenza, la sua forma, in un assoluto equivalente all'universo stesso! E se fosse un Diavolo Accusatore, forse ne sarebbe anche capace, ma non lo è!>>

<<...un umano non può sopportare qualcosa del genere.>>

<<Intuizione corretta! Il suo rituale avrà successo, perché quando la sua anima esploderà, sarà già divenuta immortale, ma l'esplosione stessa avverrà comunque, e rilasciando quelle quantità titaniche di Luce...>>


<<Non dircelo.>> interruppe Arsalan <<Distruggerà la città? La nazione?>>

<<Se non il continente.>>

Si avvicinò a Simona. 

<<Ucciderà me, te, e qualche altro milione di persone. Si porterà questo peccato dietro per altrettanti anni, e per il doppio, e il quadrato, e nessuno potrà mai ottenere giustizia. Questo è l'unico momento temporale nel quale è vulnerabile, e deve essere fermato. O hai paura?>>

Non ci fu esitazione. <<No.>>

<<Allora lo dobbiamo affrontare. Per quanto possa sembrare terrificante, però... abbiamo un vantaggio. Ha detto di aver bisogno di un altro favore da chiederci. In altre parole, questa apocalisse non accadrà senza il nostro contributo. Dovrà affrontarci per forza, e sarà lì che lo sconfiggeremo.>>

Quella fu la fine della discussione. Risa tornò a prepararsi, e anche gli altri si dispersero. 

<<Un giorno.>>

Avevano, se non si sbagliava, un giorno per prepararsi ad Andromalius. 

...se avessero fallito, nessuno di loro sapeva cosa sarebbe successo. 

...sia perché Risa era stata vaga, ma anche...

Aveva la sensazione che ciò che diceva fosse, in alcuni modi, inesatto. 

...certo, per quanto potesse esserlo, rimaneva comunque distruzione su scala gigantesca, ma...

Stava per seguirla, quando qualcuno gli mise una mano sulla spalla. 

<<Aspetta, Jacob.>> disse Arsalan. 

-lui. 

Per un secondo, aveva pensato fosse di nuovo freddo come prima. Ma il suo volto mostrava chiare emozioni. La prima delle quali la preoccupazione. 

<<Cosa c'è?>>

<<Uh...>> L'Angelo stava esitando, e la sua preoccupazione sembrava essere solo aumentata. <<Non so esattamente come...>>

<<Se devi dire qualcosa, dilla.>>

<<Va bene!>> Prese un singolo respiro. <<Sei disposto ad allenarti con me?>>

Apocalypsis Veritatis

Cielo e Terra. 

Il cosmo abitato da stelle, e il cosmo ospite dell'umanità. 

Altrettanto infiniti, altrettanto brillanti. 

Dalla cima di un palazzo, i due popoli sono visibili, sopra e sotto. 

Arsalan una volta aveva menzionato quello come uno dei motivi per cui gli piaceva stare lì, sopra il loro condominio. 

Per questo, Jacob pensò, aveva scelto quel luogo per allenarsi. 

23 Novembre 2020
19:16

<<Vogliamo cominciare?>> domandò Simona <<Fate del vostro meglio per colpirmi.>>

I due si guardarono per un attimo. 

<<Jacob... non pensare che i numeri da soli ci daranno un vantaggio. Lo renderemo nullo se non saremo in sincronia perfetta.>>

<<-hm.>>

Naturalmente aveva ragione, ma non gli venivano in mente altre risposte. 

<<...seguimi, allora!>> concluse il ragazzo slanciandosi in avanti. 

Evocò la Shamshir-e-Zomorrodnegār a metà strada. Sapeva che lei sarebbe stata capace di bloccarla se l'avesse tenuta in una posizione fissa, perciò se la girava tra le dita. 

<<Oh be'...>> mormorò Arsalan. Prima che i due collidessero, apparve accanto a Simona e le rifilò una semplice gomitata. 

Jacob ebbe un millisecondo per processare ciò che sarebbe accaduto: presa di sorpresa dall'Angelo, si sarebbe rivolta a difendersi da lui, e non avrebbe avuto l'opportunità di fare altrettanto con la Spada. 

In teoria. 

In pratica, vide la Giudice affettare il braccio di Arsalan a mezz'aria, ribaltare il suo intero corpo sul pavimento, e poi rivolgere un calcio alla Spada che la spedì ad un isolato di distanza. 

Con il suo piano fallito, Jacob fu perso, ed ebbe come unica possibilità l'arretrare in fretta. 

<<Ho detto il vostro meglio.>>

...e lui che aveva fatto, sennò? 

Richiamò la Spada Sacra. <<Arsalan, ci sei?>>

<<Sì, ma->> Era in piedi. 

Che fosse in piedi gli bastava. Il Giudice ripartì, stavolta lanciando l'Arma come un proiettile. 

Simona la deviò verso l'alto con un ginocchio, ovviamente. Questo era previsto, e gli diede un paio di secondi... forse solo uno. 

Quel che bastava per raggiungerla e preparare un pugno. 

La prese in faccia, ma in cambio fu colpito nello stesso punto. Più forte. 

Si spostò, sia per il danno ricevuto che per proseguire come programmato. <<Arsalan->>

Non serviva lo chiamasse. Era già in azione: prese il suo posto di fronte a lei, proprio mentre la Spada che aveva scagliato in aria cominciava a ricadere verso il basso. 

Simona dovette difendersi da essa un'altra volta... e poi una terza, quando l'Angelo la evocò immediatamente nella sua mano. 

Ancora, la teoria era che non riuscisse a fare entrambe le cose a così poca distanza temporale, mentre la pratica fu che sì, ne era perfettamente capace. Jacob rimase a guardare mentre Arsalan veniva disarmato di nuovo. 

<<Questa era vicina. Ma ancora non il vostro meglio.>>

<<Non capisco...>> borbottò il ragazzo <<Come ha fatto a fallire...>>

<<Fallire cosa?>> chiese Arsalan, raggruppatosi accanto a lui. 

<<Il piano, ovviamente. Perfetto in tecnica e perfetta prestazione...>>

<<Allora dovrebbe esserti chiaro come.>> Gli mise una mano sulla spalla, per attirare la sua attenzione. <<Guarda questo.>>

Come un fulmine, scattò accanto alla Giudice. La Spada era dove l'avevano lasciata: voleva affrontarla con le sue sole mani. 

L'incontro dei loro palmi creò un forte vento, e quello fu solo il primo. 

Lui cercava un'apertura verso la sua testa, con quella specie di arte marziale, lei bloccava ogni tentativo con le braccia o le nocche. 

Sembravano essere in un pareggio, anche se tutti lì sapevano che Simona avrebbe potuto finirlo quando voleva. 

Del resto, se lui aveva fatto quella scelta, doveva avere un motivo. Un piano, forse, o qualcosa da far vedere al suo umano. 

Poi Arsalan colpì il pavimento con i piedi fino a creare delle crepe, e saltò nel cielo notturno.  

Impugnava la Shamshir-e-Zomorrodnegār, e visto sollevato nell'aria di fronte alla luna, era come...

Come un vero Angelo. 

Atterrò alle spalle di Simona con un rumore terribilmente forte. 

Gridò, e attaccò. 

Il suo corpo divenne poco più di un raggio di luce, la sua voce meno un suono e più una vibrazione. 

E quando colpì con la Spada Sacra di Re Salomone...

...lasciò un apertura nel proprio petto, dove Simona lo afferrò e gettò a terra. 

<<Rimane ancora peggio del tuo meglio, però ammetto che era impressionante.>>

<<Già, heh...>> sussurrò l'Angelo, appoggiando una mano per rialzarsi <<Impressionante è... tutto ciò che so fare.>>

...e questo che voleva dire? 

Ancora, si rimetteva in piedi, e diceva: <<Simona, tu sei molto più di un fantoccio per allenamento. Dammi un suggerimento.>>

<<S-suggerimento? Io?>> La ragazza arrossì, pur non smettendo di sorridere con confidenza. <<Haha, io sono solo umana. Penso che se non riesci a battermi, è solo una questione di forza fisica.>>

<<Che scemenza!>> Tentò un calcio volante - schivato verso il basso, afferrato, l'Angelo fu usato come una mazza. <<Ow. C'è... una differenza fondamentale nei nostri stili di combattimento.>>

<<Quando saprò distinguere due stili te lo farò sapere!>> Abbassò un piede sopra la sua faccia, o meglio, dove c'era la sua faccia prima che lui rotolasse via. 

Avrebbe potuto colpirlo, se non fosse stata distratta a parlare. 

Quindi, perché stava, anzi, perché stavano entrambi parlando? Jacob osservava e non capiva. Gli dava fastidio sentire le loro voci, distorte dai movimenti supersonici, e nervoso si chiedeva perché non stessero zitti. 

<<Qui non si tratta di conoscere stili!>> Doppia capriola, decisamente impressionante, e Spada in mano per tenerla lontana. <<Nulla è inerente, anch'io ho dovuto imparare a combattere... e la persona che me l'ha insegnato mi ha insegnato a lottare da Custode!>>

<<Un Custode non lotta, genio!>> urlò apparendo dietro di lui e gettandolo a terra con uno schiaffo. 

L'Angelo non rispose, come se avesse detto tutto ciò che c'era. Si limitò ad incontrare gli occhi di Jacob un attimo. 

"Dovrei saperlo io cosa significa?!"

Odiava gli Angeli così tanto per il loro essere costantemente criptici. Quando dicevano cose che avevano senso, le dicevano come se non l'avessero, e viceversa. Il loro modo di parlare, no, il loro modo di pensare era incomprensibile. 

Ma forse...

Poteva comprendere il modo di pensare di un umano. 

Un umano in fuga da un'organizzazione quasi onnipotente, senza alcun aiuto, che si ritrovava all'improvviso accompagnato da un'inesperta creatura divina. 

...certo. Daniele Tobia Abel aveva insegnato ad Arsalan a lottare come un Custode... il suo Angelo Custode. 

<<Ah...>> sospirò Jacob. 

Prima che Simona potesse colpire di nuovo, lui apparve al fianco di Arsalan. 

Presa la Spada Sacra, tagliò l'aria, e le impedì di avvicinarsi. 

<<...ti ha insegnato a lottare in coppia.>>

<<Certo, che scema.>> disse la Giudice <<È come ha detto Risa. C'è differenza tra combattere in due e combattere come un duo. Vediamo se basterà?>>

Arsalan tornò su. <<...Jacob, hai un piano?>>

<<Piano?>> chiese lui. Si spostò a destra per evitare la ragazza, scattante verso di loro come un proiettile. <<Dimmelo tu.>>

<<No, voglio sia tu a farlo.>> Assalito, riuscì a tenerla ferma per le mani, rendendosi incapace di combattere se non con i piedi. 

<<Perché questa cosa?!>>

<<Perché... non sono... il tuo...>> Una ginocchiata ruppe quella frase e lo spedì in volo all'indietro. 

...il suo cosa? Il suo capo? Il suo superiore? E che cosa, altrimenti? 

In che modo poteva considerarsi eguale o meno che inferiore, comparato ad un Angelo? 

Vedendo la sua testa circondata di stelle, come una corona forgiata dalla notte...

Vedendo le sue fattezze nel buio, come un'armonia predeterminata in un dipinto...

Vedendo Arsalan, lui...

...per l'ennesima volta, vide Arsalan essere colpito nella faccia da Simona Paldim. 

Sentì cartilagine rotta. Un suono rozzamente musicale. Un suono che riportava alla mente ricordi. 

Quando gli era apparso un Angelo ferito, troppo ferito per muoversi oltre, e avevano guardato il cielo stellato insieme. 

Quando gli aveva aperto la porta fuori da una cella buia, e mostratogli la luce della libertà. 

Memorie che nella sua mente erano corrotte, ormai. Ora le ricordava com'erano. 

Sì, quello era un guerriero. 

Non perché vinceva ogni battaglia facilmente, non perché era un dio da idolatrare. 

Perché combatteva, e combattendo si feriva, e combatteva ferendosi nonostante la possibilità di sconfitta. 

"...avevo provato ad ucciderlo una volta."

Un piedistallo crollò. 

<<Arsalan! Io a nord, tu a sud, e al mio via fammi da scala!>>

<<Aha! Ricevuto!>>

I due circondarono Simona, davanti e dietro. La Spada stava in mano al Giudice, ora. 

Poi diede il segnale. Entrambi partirono verso di lei. Stesso, identico, tempo, stessa, identica, velocità, stessa, identica, intenzione. 

Simona avrebbe potuto schivare orizzontalmente, ma conoscendola, era più probabile lo facesse verso l'alto - ed infatti fu così. 

Un salto esagerato, impossibile da eguagliare abbastanza velocemente, a meno che non fosse già programmato. Il che lo era. 

Arsalan fece da scala, un termine incomprensibile per lei. Tenne la Spada bassa ed obliqua, con un lato rivolto verso l'alto. 

Come per piano, Jacob si lanciò su di essa. Appoggiò i piedi sul piatto della Shamshir-e-Zomorrodnegār, e si proiettò in cielo. 

Ben oltre ciò che aveva fatto Simona. Ora evocò la Spada a sé, ed ottenne il secondo gradino, verso il basso. 

Lei ebbe una breve reazione negli occhi, osservando il brillio dell'Arma, e il corpo del Giudice contro la luna. 

Lo stesso corpo si scaraventò sul suo. La sola forza delle sue gambe contro quella Spada a mezz'aria lo trasformò in un proiettile vivente. 

E Simona Paldim tornò giù dolorosamente. 

<<...questo è il nostro meglio.>> disse Jacob, tenendo Shamshir-e-Zomorrodnegār sospesa sulla sua fronte. 

<<Impressionante davvero. Ma->> Roteando se lo scrollò di dosso, e si rialzò. 

Fu presa da Arsalan per il colletto. La tirò all'indietro, e quel secondo di confusione fu abbastanza per permettere a Jacob di riprendersi e metterle la Spada alla gola. 

<<Come stavo dicendo...>>

<<...il nostro meglio.>> finì l'Angelo. 

Simona non poté che fissarli con un sorriso compiaciuto. 

Poi alzò lo sguardo. <<Uh oh.>> Si allontanò di corsa. 

<<Cosa->> Piegando il busto all'improvviso, Jacob schivò un coltello in volo nella sua direzione. 

<<E lei quando c'è arrivata, qui?>>

<<Buonasera, ragazzi!>> salutò Risa dal tetto del palazzo accanto <<Sono sicura avrete spazio per altre due persone!>>

Anch'ella come un lampo, apparve Zedel. 

Il Giudice dovette fermare un suo calcio con la Spada. Saltò indietro, ma lei lo inseguì. 

Arsalan la deviò mettendosi in mezzo. 

<<Abbiamo tutto quello che vuoi, Risa!>> ribatté l'Angelo <<Vai tu a prenderla?>>

Jacob gli passò Shamshir-e-Zomorrodnegār. <<No. Tu blocca i Chiodi, io mi occupo di Zedel.>>

<<Di Zedel? Ma->>

Ma era un Angelo più forte di lui in ogni modo, questo lo sapeva. Non avrebbe ascoltato obiezioni, però. Si lanciò su di lei con solo i propri pugni. 

L'assenza delle mani non rendeva Zedel molto meno pericolosa. Tuttavia, la rendeva più prevedibile: se Risa stava usando i Chiodi, lei avrebbe solo usato i propri piedi. 

Era diventata abbastanza brava, a quanto pareva. Camminò letteralmente sulla faccia del ragazzo ed atterrò con una capriola, seguita da una piroetta che lo colpì nella spalla. 

<<Non... non pensare a me, Arsalan. Continua a bloccare i Chiodi!>>

Quando arrivò il calcio seguente, saltò per evitarlo. 

Ora, se c'era una cosa che l'usare la sua Arma come "scala" gli aveva insegnato bene, era usare anche tutto il resto allo stesso modo. 

Per metterla brevemente, si appoggiò sulla gamba di Zedel a metà calcio, e usò quell'appoggio per roteare oltre, dietro le sue spalle. 

Non si aspettava di prenderla di sorpresa, ma nemmeno che lei tentasse di gettarlo giù dal bordo del palazzo. <<Woah, cosa->>

<<Guarda dove vai.>> fu l'unica risposta che ottenne. 

...e va bene, se la voleva così. 

<<Arsalan, puoi venire qui, ora.>>

L'Angelo giunse accanto a lui, e capì quale fosse la sua intenzione. 

Ora Zedel si trovava tra loro e Risa. Per colpirli con i Chiodi, la Giudice avrebbe avuto bisogno di passare attraverso lei. 

Sull'altro palazzo, Simona si appoggiò sulla sua spalla. <<Interessante. Ora che farai, Cavaliere?>>

<<...non è ovvio?>>

Mentre i due cercavano di colpire la ben più abile Zedel, Risa correva per raggiungerli. 

Adesso si trovavano in un due contro due. 

<<Hai sentito quel che ha detto sulla sincronia.>> disse Risa <<E la vostra non potrà mai essere migliore della nostra.>>

<<Si vedrà.>> rispose Jacob, partendo all'attacco <<Hey Arsalan, Spada invisibile.>>

Quella era stata un'idea di Risa stessa, prima quel giorno. Sapeva anche lei cosa fosse, ma ciò non lo rendeva meno efficiente. 

Se entrambi evocavano la Shamshir-e-Zomorrodnegār costantemente, essa si muoveva da una mano all'altra fino a diventare quasi invisibile all'occhio, e se colpivano allo stesso momento, era impossibile prevedere chi l'avrebbe impugnata nell'ultimo secondo. 

Lo diressero a Zedel per prima. Lei si ritirò, e al suo posto apparve Risa, che bloccò entrambe le loro braccia. Jacob la rimosse di mezzo con un pugno. 

...ora il suo Angelo era scomparso. Dove...? 

Sentirono vento, e guardarono nel cielo. 

Zedel stava usando i Chiodi come scala, ed era giunta alla fase di proiettile, diretta verso Jacob. 

Lui stava per prepararsi a fermarla... quando invece fu spinto via, con un grido. 

Con la coda dell'occhio vide Arsalan prendere il "proiettile" al posto suo, e finire a terra. 

<<...Arsalan...>> sospirò porgendogli una mano per rialzarsi <<Non c'è bisogno...>>

La accettò immediatamente. <<Angelo Custode, ricordi?>>

<<Giudice di Dio, ricordi? Sono qui per combattere e ho anche esperienza nel farlo. E se siamo una coppia, devi difendere, parare, non... qualunque cosa fosse quello.>> Nelle sue parole forse ci fu più acidità di quanto intendesse. Quando se ne accorse, sperò che recepisse le sue emozioni. 

Poiché l'Angelo sorrideva, sembrava di sì. <<Va bene, va bene. Scusami. Ma farò "qualunque cosa fosse quello" se lo riterrò davvero necessario.>>

Ovvio, in casi come quelli di un terrorista con vesti esplosive, o un prete posseduto, era preferibile. 

...si chiese il perché aveva dovuto ricordarglielo. A volte, Arsalan stava da parte e lo osservava lottare da solo. Gli aveva permesso di scontrarsi con il Supermaestro, per esempio. Non aveva mai sentito il bisogno di... salvare Jacob. 

Almeno... non prima di tempi recenti. 

<<Avete finito? Posso tornare a massacrarvi?>> chiese Risa. 

<<Possiamo.>> la corresse Zedel. 

<<...possiamo.>>

Era... cosa, soddisfazione quella sul suo volto? Cos'era successo esattamente tra quelle due? 

"Haha. Mi sento quasi in colpa a dovergliela togliere dalla faccia."

<<Arsalan! Ho bisogno di un secondo!>>

<<Un secondo, ricevuto!>>

L'Angelo scattò tra le due italiane. 

Prima che potessero reagire, alzò entrambe le mani tra le loro orecchie. 

E le batté con abbastanza forza da stordirle. 

Una distrazione da un secondo. 

Si avvicinò a Risa, che aveva già dei coltelli in mano. 

In quasi qualunque situazione, una lama più corta contro una più lunga è la perdente in partenza. 

Perciò mentre Arsalan teneva lontana Zedel, lui disarmò la sua Giudice. 

Non di tutto, però. Mancavano ancora i Chiodi Sacri. Tutti e quattro apparvero di fronte a lei, e le loro traiettorie occupavano ogni direzione possibile. 

Tranne una, che doveva aver considerato inutile. 

Jacob salutò Arsalan, per fargli capire chiaramente che questo era pianificato, e saltò giù dal tetto. 

Silenziosamente, si aggrappò da un davanzale. Rimase lì per un po' di tempo. 

Ogni secondo, si aspettava di vedere il suo Angelo apparire per salvarlo, ma per fortuna ciò non accadde. Avrebbe rovinato la sua idea. 

Aveva bisogno che si fidasse di lui e non guardasse giù dal tetto. 

Tese l'altro braccio verso il basso. 

Poi un volto si sporse. 

Era Risa. <<Dove sei fi->>

Le lanciò la Spada Sacra direttamente in fronte, e con un'acrobazia, tornò su per rifilarle il colpo di grazia. 

La bloccò a terra con il peso del proprio corpo. 

Rimaneva Zedel, che alzò una gamba sopra il suo collo. 

Quell'angolatura estrema assicurava una forza altrettanto estrema, ma d'altra parte, significava anche apertura. 

Una lama apparve sotto la sua coscia. <<Abbassa quel piede, su.>> disse Arsalan <<Ma ti avviso che sarebbe un'amputazione un po' grezza.>>

Seguì congelamento. 

Nessuno di loro era capace di muoversi. 

La prima ad accettare la sconfitta finì per essere Risa. <<...lascialo stare, Zedel.>>

Una volta che l'ebbe fatto, Jacob si tolse e la aiutò a rimettersi in piedi. <<Mi dirai che vi stavate limitando, ora?>>

<<Non l'avrei detto ma sì, lo stavamo facendo.>>

<<Ah, quindi la scelta di farti colpire in fronte era programmata?>>

<<...questa... te la concedo.>>

La Giudice si allontanò, e con Zedel andò sull'altro soffitto, dove Simona la stava aspettando. 

Solo dopo esseri assicurato che avessero finito, Arsalan si sedette. <<È stato... un allenamento fruttuoso.>>

<<Per me soprattutto.>> disse il ragazzo <<Ero già arrugginito.>>

<<Dovrai tener duro ancora un po'. Mi dispiace che tu abbia questo compito.>>

<<E di che? Non è colpa tua.>>

L'Angelo lo guardò sbigottito. <<N... non lo è?>>

-ah. Forse questo avrebbe dovuto tenerselo per dopo. 

<<Uhh, è per colpa di Andromalius che sono dovuto diventare Giudice, no? Quindi è colpa sua, alla fine.>>

<<Sì, ma...>> Gli mise entrambe le mani sulle spalle. <<Forse... ci sono ancora delle cose che non sai, o non ti sono chiare.>>

<<...anche tu. Ho letto i libri di Daniele.>>

Lo vide arrossire. Sapeva che l'argomento non era il più comodo per lui, ma proseguì. 

<<Ho letto che... i Diavoli Accusatori dovrebbero essere rari. Due su cinque miliardi, tipo. Per questo hai insistito che diventassi Giudice, vero?>>

<<...avrei potuto riconoscere le stranezze presenti. Avrei potuto annullare tutto quando Demoni come An sono cominciati ad apparire.>>

<<Avresti, avresti. Ma non sarebbe stato necessario se non fosse stato per Andromalius. È colpa sua se questa zona è infestata.>>

<<Non è colpa sua per il mio trattamento!>> urlò l'altro, quasi disperato. 

<<...no. E non so se posso ancora perdonarti.>> Cominciò a rialzarsi. <<Ma se la vedo come una fase orribile, forse riesco a dimenticare.>>

<<Forse...>>

<<Forse, se->>

All'improvviso, un fischio nelle orecchie. Qualcosa... di molto veloce, volava nella sua direzione. Sapeva cosa. Non poteva evitarlo. 

Arsalan lo vide, e reagì al suo posto, rotolando e spingendolo via. 

Si sentì un breve rumore, qualcosa che veniva strappato. 

<<Arsalan! Arsalan, cosa->>

<<Tutto... bene.>>

Lo fece coricare sullo stomaco per guardare la sua schiena. 

C'era un taglio, attraverso la maglietta e attraverso la sua carne. Poco profondo, ma abbastanza da mostrare sangue. 

In lontananza, Zedel gridò: <<Errore... mio. Scusate.>>

<<Ah, non preoccuparti!>> rispose l'Angelo dai capelli rossi <<Jacob, dammi una mano ad alzarmi, per favore.>>

L'Angelo... dai... capelli...

Rossi...

Rossi... come...

<<Jacob...?>>

Guardò in alto. 

La luna era dipinta cremisi, le stelle brillavano come capillari. 

Il cielo si stava sciogliendo, dipinto in una pittura, rosso, sangue. 

Il sangue... gli stava... togliendo... il respiro...

Sentì una... voce. 

<<Oddio, Jacob-!>>

Le sue mani era l'unica cosa che vedeva. Rosse. Rosse, sporche di intestini. 

Le chiuse e sentì i battiti dei loro cuori intrappolati tra le sue dita. 

<<No... haaaaahhh... no, n-no... n... haaaaahhhh...>>

<<Jacob. Ascoltami. Ascolta la mia voce. Concentrati su di essa. Nient'altro. Non c'è nient'altro.>>

Nient'altro se non... rosso. 

Ora nelle sue mani c'era un coltello, e dal coltello colavano i resti di una piccola bambina. 

<<Io... haaaaaaahhhhhh...>>

<<Tu, sì, solo tu, e la mia voce. Ascoltami. Respira. Respira con i tuoi polmoni. Non c'è... nessun... sangue.>>

Si sbagliava. Sangue... era tutto ciò... che c'era...

Era perfino dentro di lui... andava... così... veloce...

Batteva così forte. Come se volesse uscire. 

<<Jacob! Guardami!>>

L'aria... l'aria rossa... infettiva, un virus...

...poi per un secondo... qualcosa lo riempì d'aria pulita. 

Il mondo smise di essere una sfocatura rossa. 

E vide. 

Blu. 

Thump, thump

<<Guardami. Non c'è niente. Ci siamo solo noi. Nulla può farti male.>>

Blu...

<<Sì, così. Senti il mio calore. Respira... non girarti! Va tutto bene... non c'è... niente... sangue...>>

Blu... così... bello...

<<Va tutto bene... lasciale scorrere... non è stata colpa tua... quel rosso non è sulle tue mani...>>

Così... così...

<<...non è... non è colpa tua, Jacob...>>

Caldo...

Lo accolse... nelle sue braccia... calde...

<<...non è colpa tua...>>

E non fu più capace di trattenere le lacrime. 

23 Novembre 2020
23:16

Il tempo di allenarsi ormai era finito. Per quanto alcuni di loro avrebbero insistito per proseguire tutta la notte... sapevano bene che altre attività erano necessarie. 

Probabilmente non l'uscire a passeggiare per la città dopo cena, ma lo fecero comunque. 

<<...quindi Arsalan vi aveva detto tutto, eh?>>

<<"Tutto" è un po' esagerato, perché saprai che gli Angeli sono incapaci di parlare chiaro.>> rispose Simona <<Ma sì, ci ha spiegato la situazione oggi.>>

<<E vedo l'avete presa bene.>>

<<Sei arrabbiato?>> chiese Risa spuntando fuori. 

<<No. Da quando di interessa come mi sento?>>

L'altra ragazza si rivolse a lei. <<Posso dirlo, o->>

<<Dire cosa? Mi interessa perché è utile conoscere i sentimenti dei propri compagni.>>

Poi arrivò Raguel da dietro. <<Ah, a proposito di cose da non dire... se dovesse capitare al Vaticano, uh... quel che è successo al rifugio...>>

<<Cos'è successo al rifugio?>> chiese Risa. 

<<Sai, quella cosa con la lib->> Si fermò un secondo. <<Ahhhh, ho capito. Esatto. Non è successo niente.>>

<<Saremmo condannate per eresia, del resto.>> disse Zedel <<Il Grande Angelo Raguel che siede lì piena->>

<<Abbiamo già detto che non è successo! Segui il programma.>>

Infine li raggiunse anche Arsalan. <<Perché, Giudici e Angeli devono davvero essere perfettamente sacri?>>

<<Sarebbe preferibile.>>

<<Allora ho fatto qualcosa di sbagliato...>>

<<Infatti ci hanno inviate qui.>>

Questa sembrò generare una risata da Risa. Tutti lo notarono, probabilmente, ma a giudicare dalla sua conseguente tosse, era meglio non dirlo ad alta voce. 

...quelli era i momenti che preferiva, ad essere onesto. 

Quando i guerrieri abbassano la guardia, e smettono di fingere per provocare, di essere tesi ed aggressivi. 

Quel volto era vero quanto quello in battaglia. Ed era contento di poterli vedere entrambi. 

Anche se, con gli Angeli, la cosa si complicava. 

Era un po' come... fossero sempre tesi. Creati per il solo scopo di combattere. 

Aveva senso, ma era strano da vedere. Vedere quanto chiaramente fossero la stessa persona, il Custode e la macchina da guerra. 

Persino in Arsalan, che conosceva da così tanto tempo, non gli riusciva di distinguere alla perfezione le due modalità. 

Pensava che, ancor più degli altri, quell'Angelo fosse... la confusione personificata. 

O forse sentiva questo solo perché tali erano i suoi pensieri e sentimenti su di lui. 

Qualunque il motivo, lui-

"...huh?"

Si girò istintivamente a sinistra. 

Nell'ombra di un largo vicolo, nell'oscurità dove la luna non raggiungeva. 

C'erano due stelle cadenti. 

C'era un uomo. 

<<No, no, no, no...>> mormorò. 

Lo vide fare un passo avanti. 

<<Non provarci nemmeno, bastardo!>>

Gli corse addosso con solo una Spada ed una rabbia. 

Mirò alla testa. 

Andromalius arretrò. 

<<Jacob Aiagon->>

No. Sentite le sue grida, tutti si erano fermati. 

Nel vicolo adesso erano entrati Arsalan, e Risa e Zedel, e Simona e Raguel. 

<<Non diamogli tempo di organizzarsi! Arsala->>

<<C'è una famiglia, al quinto piano del palazzo alla vostra destra.>> disse Andromalius con freddezza. 

Si immobilizzarono. 

Era questo che il Giudice temeva. In quel luogo, poteva prendere ostaggio chiunque volesse grazie ai suoi raggi di Ousia. 

<<Non voglio far loro del male, né a voi. Sono qui solo per... ahhhh... parlare.>>

E quello cos'era? Quel suono che aveva fatto? 

Un... gemito...? 

Ora si stava anche tenendo un braccio, e la sua schiena era ricurva, come se fosse...

Ferito. 

<<Che ti è successo?>> domandò Jacob. 

<<Successo? In un certo senso, questa è colpa vostra, ma in un altro, è del tutto normale. Io... sto... morendo.>>

Morendo. 

L'immortale stava morendo. 

...il dubbio che stesse dicendo menzogne era basso, in realtà. Persino i suoi occhi sembravano più fiochi di prima. 

<<Dopo il nostro scontro, sono... ah... andato a cercare di recuperare l'Ousia perduta. Ma nella mia fretta, devo essermi spinto oltre il limite.>>

<<Hai un limite?>>

<<Tutto nell'esistenza ha un limite inerente! Dio è limitato dall'essere Dio, gli Angeli sono limitati dall'essere Angeli, e io... dall'essere umano.>>

<<Certo. Il tuo corpo, la tua mente e la tua anima... non possono contenere tutta quella Luce.>> notò Arsalan. 

<<Correzione. Possono, ma ciò significa... che cominciano, lentamente, a decadere. L'unica cosa che può impedirlo è il rituale, ma... infiniti calcoli, infiniti esperimenti, mi rivelavano sempre che non avrei fatto in tempo! Che sarei morto prima di raggiungere la quantità d'Ousia necessaria!>>

Risa strinse un pugno. <<...allora muori.>>

Debolmente, Andromalius emise una specie di... risata. <<Sai già cosa sto per dire, Cavaliere. Tu mi odi... e tu, Simona Paldim?>>

<<...no, non direi.>> rispose lei. 

<<Ahhhh... mi... dispiace, allora... e tu, Jacob Aiagon? Tu sicuramente puoi comprendere.>>

Certo. Fece una domanda di cui sapeva già la risposta. <<Comprendere cosa?>>

<<La paura. La paura di morire, di non avere abbastanza tempo per trovare la strada giusta della vita, e di lasciare questo mondo tra i pentimenti. Se potessi rendere l'inevitabile evitabile... non lo faresti?>>

<<No.>> mentì. 

<<Capisco. Questo... renderà il tutto ancor peggiore.>>

Si preparò a contrattaccare qualunque cosa arrivasse. <<Continui a parlare di quel che vogliamo come se ti importasse.>>

<<Oh, ma mi importa. Ho già detto che... non voglio far male a nessuno di voi. Anzi... a nessuno.>>

<<E che mi dici del tuo rituale? Il tuo Big Bang che potrebbe distruggere la nazione?>>

<<...infatti, non si tratterà di un'esplosione.>>

<<E-eh?>>

Si girò verso Risa, la formulatrice di quella teoria. La vide poco sorpresa, così come tutti gli altri. 

<<Il mio Diavolo Accusatore... voleva ingannarmi, ma non ci riuscì. Dopo il suo assorbimento, vidi alcuni dei suoi ricordi, e scoprii che il rituale avrebbe potuto cancellare fino all'intero pianeta. Per questo... ho deciso di non sfruttare un'esplosione di Ousia, ma un'implosione. L'inversione del Big Bang... che può portare ugualmente all'eternità, senza arrecare alcun danno!>>

Che... che cazzata...! 

Doveva essere falso, era tutto falso...

...quindi, perché gli altri erano così calmi...? 

<<Questi atti mi distanziano dalla mia umanità...>> continuò Andromalius <<Ma non sono un assassinio, non sono un sadico o un pazzo. Ho sempre cercato di non fare male a nessuno, perché non voglio trascinarmi dietro peccati per secoli. Per questo ora vi sto chiedendo il permesso.>>

<<Permesso per cosa?!>>

L'uomo chiuse gli occhi, e si inchinò. <<Non posso ottenere l'Ousia necessaria da Angeli Custodi e Diavoli Accusatori. Tuttavia...>>

No. Ecco cosa stava per dire. 

Un attimo prima che lo disse, era diventato chiaro, ma le parole colpirono con altrettanta forza:

<<...un Angelo incarnato contiene quantità ben maggiori di Luce Divina.>>

No. 

<<Vi sto chiedendo di lasciare che Arsalene, Zedel e Raguel muoiano per me.>> concluse Andromalius. 

...lui... osava...

Jacob si sarebbe scagliato sull'uomo a terra se non ci fosse stato Arsalan a fermarlo. Si limitò a gridare. 

<<Tu, con che coraggio vieni qui-!>>

<<È solo una... richiesta.>> rispose quello. 

<<E se ci rifiutassimo?!>>

<<Allora... allora, davvero, morirò.>>

Lasciò che i loro occhi si incontrassero. 

Ma al Giudice non faceva nemmeno pena. Alzò la Spada. <<Per quanto mi->>

Di nuovo, dovette essere interrotto. 

<<Jacob.>> aveva chiamato Arsalan. <<Non ne vale la pena.>>

E a quel nome, in quel modo... come poteva rifiutare? Il Giudice si ritirò verso gli altri. <<È rischioso lasciarlo libero.>>

<<Potrei davvero distruggere questo palazzo, la mia Luce è ancora nelle stesse condizioni!>> ribatté Andromalius <<E così potrei uccidere i vostri Angeli in questo momento, prenderli come se non fosse nulla. Ma non lo farò. Perché io non sono quel tipo di persona.>>

Nessuno venne a supportarlo, e si rialzò da solo. <<...credo di poter sopravvivere per un altro giorno. Due, forse. È inutile che vada alla ricerca di altra Ousia, perché so già qual è l'unica cosa che può salvarmi. Per favore... Angeli Custodi di Dio... pensate... a me.>>

Per quanto il ragazzo si ripetesse che quello era un abile manipolatore, la sua triste voce rotta sembrava genuina. 

Lo fissò, mentre camminava via, senza alcun salto magico o nulla del genere. 

Lasciò dietro solo il pallido bagliore delle stelle. 

E nel silenzio, una preghiera. 

Interludio

Data sconosciuta
Il tempo ha smesso di significare

Uccisore. 

Sterminatore. 

Cacciatore. 

Qualunque termine si usi, si riferisce alla stessa cosa. 

Lui mette fine alle vite di animali. 

Non animali in punto di morte, sia chiaro. Animali vivi e vegeti. 

A volte lo fa per la carne. 

A volte lo fa per i materiali. 

A volte lo fa per divertimento. 

Ma la maggior parte delle volte lo fa senza sapere il perché. 

...si dice, lui a sé stesso, che ci sono solo due tipi di morte, al mondo. 

La tua. 

E la mia. 

E se dovessi mai voler dimenticare la tua, ti basta pensare sempre a quella degli altri. 

L'uomo è invidioso degli animali. 

Loro sono istintivi. Stupidi, magari. Pensando poco. 

Ah, se solo anche gli umani potessero pensare così poco. 

Invece, no. Devono aver paura. Preoccuparsi. Cercare di affrontare concetti infiniti ma incombenti. 

Soprattutto, gli animali non hanno una cosa. 

Pentimenti. 

Non sa nemmeno quanti abbiano ricordi, ma è certo che nessuno abbia pentimenti. 

Loro vivono e basta. 

Il leone non pensa all'opportunità mancata quel giorno, il gatto non si piange addosso per il fallimento più recente, il camaleonte non può nemmeno concepire la nostalgia dei tempi passati. 

Bello. 

A volte l'uomo considera spararsi in una parte specifica del cervello, giusto quel che basta per diventare un animale, o persino un vegetale. 

Del resto, se nessuno può pentirsene, forse la cosa non è tanto sbagliata, giusto...? 

Data sconosciuta
Il tempo è un agglomerato di ricordi

Quindi, è davvero tutto andato. 

È davvero arrivata una di quelle tempeste per le quali non si erano attrezzati. È davvero arrivata la carta della separazione. È davvero accaduto quell'incidente in macchina. È davvero apparso anche quel coso nel suo polmone. 

È davvero. 

Tutto. 

Andato. 

Tutto. 

Sbagliato. 

Una sola vita. 

Così facile da deviare. 

Da buttare via. 

Perché? 

Perché doveva essere una sola? 

Data sconosciuta
Se nessuno ricorda il tempo, il tempo è morto

Ha deciso di ascoltare la voce nella sua testa, ora. 

Data sconosciuta
Il tempo può essere ucciso

La voce lo ha convinto. Gli ha mostrato quella cosa, e dice di avere tanti altri trucchi simili. 

Data sconosciuta
Il tempo può essere mutilato

La voce ha spiegato tutto. 

Quindi, quel maledetto lassù esiste davvero. 

E non solo! 

Esistono anche i tizi alati, e quelli con le code appuntite...

Ma non sono molto interessanti. A lui interessa solo questa... "Luce". 

Data sconosciuta
Il tempo può piangere

Adesso, anche lui può assorbire la Luce. 

La voce sula spalla glielo ha insegnato perfettamente. 

Adesso. 

Non è più necessario. 

Che la voce rimanga lì. 

Data sconosciuta
Il tempo sta soffrendo

La sua pelle si sta trasformando in polvere, i suoi occhi stanno cadendo in pezzi di fronte allo specchio. 

Ma è vivo, ed è questo che importa. 

Sì. 

Questo è ciò che importa. 

Ed importerà per sempre. 

Data sconosciuta
Il tempo è schiavo

No. 

Deve esserci un errore. 

La voce è ormai scomparsa, ma ricorda le sue parole alla perfezione. 

E per quanto calcoli e calcoli, l'uomo non riesce a trovare altre risposte. 

Il suo sangue si è asciugato, ormai, le sue ossa non possono più mantenersi da sole. 

Eppure è vivo! È vivo, e deve continuare ad essere vivo! 

Quindi...

Perché deve comunque essere destinato a morire? 

Data sconosciuta
Per sempre

L'uomo incontra un monaco rifiutato. 

L'uomo attraversa un'intera azienda, fino all'arrogante direttore. 

L'uomo entra in una chiesa, ed incontra sacerdoti che tanto disprezza. 

L'uomo passa tra gente che divora spazzatura. 

L'uomo attraversa condomini abitati da gente normale. 

L'uomo si aggira tra i boschi, dove quasi nessuno può vederlo. 

L'uomo incontra coppie di cui odia l'unione. 

L'uomo incontra persone normali, persone di ogni tipo, ma nonostante tutto. 

Nonostante tutto, non sarà mai abbastanza. 

Questo è il peggio. 

La sua vita finirà, e gli ultimi tempi saranno passati in una futile caccia. 

L'uomo vorrebbe morire, ma...

Data sconosciuta
Il tempo è finito

Poi incontra qualcuno di strano. 

Una persona. 

Non percepisce le due luci sulle sue spalle. 

Però, sente... che il suo solo corpo, la sua vita, equivale a centinaia di esse. 

Quest'uomo potrebbe salvarlo. 

Così decide di ricordarlo. 

Ed osservarlo. 

E si scopre molto, molto interessato non solo in lui, ma anche nel suo amico. 

Quello con una sola luce, ed una spada, e gli occhi grigi. 

Si sente davvero vicino a quel ragazzo. 

Data sconosciuta
Nessuno ha tempo

Li sente sussurrare nella sua mente. 

Sono decine di migliaia, eppure uno solo. 

Quando guarda le stelle nel cielo. 

Quando guarda l'umanità in basso. 

Quando ascolta le schiere nel suo corpo. 

Questo è l'infinito. 

Questo è l'oblio. 

Questo è l'odio. 

Questa è il terrore. 

E lui. 

Lui sarà l'infinito. 

Sarà capace di affrontare l'infinito. 

Una vita degna di essere vissuta. 

Un umano degno di essere ricordato. 

Per lui, niente significherà più. 

Se non il suo nome. 

Perciò, sia lode ad esso. 

Sia fatta la sua volontà. 

Gloria ad Andromalius. 

Serviam Aut Non Serviam

23 Novembre 2020
23:50

Iudex et Angelus I

<<Sei sicuro di volerlo fare? Sembri esausto.>> chiese Arsalan. 

<<Sto bene.>> fu la risposta di Jacob. 

Era seduto sulla finestra della sua camera da letto, nel loro appartamento. Guardava il cielo, e la luna. 

No, quelle erano distrazioni. Doveva guardare gli umani in basso. 

Tra loro, c'era lui. 

<<Se lo dici tu... faremo turni, allora. Riesci a stare fino all'una?>>

<<Certo. Ma ho come la sensazione che tu non stia prendendo il tutto seriamente.>> Gli diede un'orribile occhiata. 

<<...non prendertela. È solo che credo Andromalius sia troppo debole per prenderci tutti di sorpresa.>>

L'Angelo si pose dietro di lui e gli mise le braccia intorno al corpo, come se fosse naturale. 

<<...Arsalan.>> chiamò il ragazzo. 

<<Sì?>>

<<...se davvero vuoi proteggermi. Non importa cosa succede.>> Gli strinse una mano. <<Non lasciare che ti uccida.>>

Ci fu esitazione, dall'altra parte. <<Fino a poche ore fa, eri tu a volermi uccidere.>>

<<Le cose sono cambiate, te l'ho detto.>>

<<Cambiate?! Jacob, guardami.>>

Lo fece piegare all'indietro fino a vedere il suo volto. <<Sono ancora io. Sono la stessa persona che odiavi! Ho fatto quelle cose, e voglio che mi perdoni, voglio ricominciare... però, non posso credere che dopo nemmeno un giorno...>>

Il suo volto. 

Già, era sempre lo stesso, lo stesso viso senza pietà a cui aveva rivolto la sua Spada. 

Ad eccezione di una cosa. 

<<...non sono ancora del tutto sicuro di quel che sto dicendo. Ma ora...>> rispose Jacob <<Ora vedo veramente i tuoi occhi, e questo mi basta.>>

Gli toccò la faccia, e anche per lui, quello fu abbastanza. Lasciò si rivolgesse di nuovo al cielo. 

Con la Spada Sacra, la Shamshir-e-Zomorrodnegār in mano, Jacob Aiagon continuava a guardare in giro. Ogni tanto gettava sguardi alla porta, ogni tanto al terrazzo sopra di loro. 

Otteneva sempre e solo il silenzio. 

Non gli piaceva. 

<<Arsalan, ti ricordi mio nonno?>>

Si accorse solo dopo aver fatto la domanda di star girando e rigirando l'anello di Salomone fra le dita. 

<<Certo.>> rispose <<Era pieno di difetti... oserei dire problemi. Ed un passato... lo sai. Ma l'ho conosciuto come un uomo... altruista, tutto sommato.>>

<<Haha, già. Ho pensato un po' a lui, di recente. Capisco meglio alcune delle cose di cui parlava.>>

<<Le ho sentite tutte e capite poche.>>

<<Be', una volta... ovviamente la sai, ma lasciamela ripetere... una volta mi ha detto che l'unica cosa più difficile di scegliere è capire perché fai una scelta.>>

L'Angelo, ancora a stretto contatto con lui, annuì. <<E che voleva dire?>>

<<Credo... che ci sono infiniti strati di motivazioni dietro ad ogni cosa. Sia psicologica che etica, no? E dobbiamo andare a fondo.>>

<<Perché dobbiamo? Preferirei rimanere in superficie.>>

<<Anch'io. Però... le motivazioni causano le cose. Dobbiamo capirle, così possiamo avere... controllo di noi, e delle... nostre scelte...>> Il ragazzo sbadigliò. <<...sai, quel vecchio diceva un sacco di cose orribili.>>

<<Più quelle che altre.>> confermò, girandogli una mano tra i capelli. 

<<E avevi ragione quando dicevi che era buono, ma... non so. A volte penso che non mi vedesse come... la persona piccola che ero. Solo come una bambola con cui sfogsrsi. E mi diceva tutte le cose che una persona piccola non dovrebbe mai sentire.>>

<<...è colpa sua?>>

<<Forse. Ripeto. Era una persona buona. Ma questo non cambia che forse sarei stato meglio senza di lui.>>

<<...a volte è così.>>

Uno stormo di uccelli lasciava la terra in lontananza. La distesa del mare rifletteva la distesa dell'alto. Le nuvole cominciavano ad accumularsi. 

La natura funzionava sempre alla perfezione. Le cose andavano solo come dovevano andare, che fosse stato progettato da Dio o meno. 

Per questo non bisognerebbe darsi la colpa per ciò che è fuori dal nostro controllo. 

Ma come può una parte stessa della natura fare questa distinzione? 

<<Hey... non è che...>> Jacob sbadigliò ancora <<Potresti preparare del caffè, vero?>>

<<...come no.>> disse freddamente l'Angelo. 

<<Ah... grazie, Angelo di Dio che sei mio custode...>> scherzò lui. 

Lo vide lasciare la stanza, ed aspettò. 

Quel che accadde dopo, Jacob Aiagon non seppe se accadde dopo o prima del ricevere il caffè. Non l'avrebbe mai potuto sapere. 

Fatto sta: accadde che il Giudice si addormentò, seduto sulla finestra aperta. 

<<Attento.>> sussurrò Arsalan afferrandolo prima che cadesse. 

Sapeva che i suoi occhi si fossero già chiusi, e che la sua mente fosse già scomparsa nel mondo dei sogni. 

Perciò decise di non disturbarlo. Lo prese tra le sue braccia, e lo coricò nel letto. 

Il solo distogliere gli occhi da lui gli fece male. 

Gli accarezzò il volto, sperando lo sentisse nel luogo in cui si trovava. 

E poi...

23 Novembre 2020
23:56

Iudex et Angelus II

<<Sei pronta, Zedel?>> chiese Risa Dascira, seduta sul proprio letto. 

<<Assolutamente. Ma tu lo sembri meno.>> rispose, in piedi di fronte a lei. 

<<Ti assicuro che sono pronta per tutto ciò che accadrà.>> Si alzò. Le fece segno di proseguire. Poi ricordò. <<-sei tu la personalità principale. A te l'onore.>>

L'Angelo uscì dalla stanza e si diresse attraverso il corridoio alla porta di uscita. <<Non c'è bisogno che mi accompagni. Devo solo incontrare Andromalius.>>

<<E poi chi darà al Vaticano la testimonianza dettagliata del tuo assorbimento? Per quanto odii l'idea... devo esserci.>>

<<...giusto.>> Zedel si fermò nel mezzo del corridoio. 

<<Cosa stai facendo?>>

<<La veste da Cavaliere. Aiutami a togliermela. La dovrai restituire.>>

Senza obiettare, lei scese la cerniera del suo abito. 

Non appena l'ebbe completamente sbloccata, e cominciato a rimuoverla dalle sue spalle, l'Angelo si girò di scatto e se la scrollò via. 

La veste cadde verso la porta. 

Quando lo fece, ci fu uno strano suono. L'abito fu all'improvviso catturato da una complessa serie di fili invisibili, tesi dal soffitto, al pavimento, ai muri. 

<<Andiamo, Risa, pensavi davvero di potermi ingannare con una trappola del genere?>>

<<...no...>>

La ragazza le diede una spinta verso sinistra, dove c'era un'altra porta, e si sentì lo stesso suono. 

<<...per questo ho preparato due trappole del genere.>>

In pochi secondi, lo spago aveva legato l'intero corpo di Zedel, immobilizzando le sue spalle così come le gambe. 

<<...perché, Risa?>> chiese, guardandola negli occhi. 

<<Non è ovvio?>> Si avvicinò a lei. <<Perché non voglio vederti morire.>>

<<Ne abbiamo già parlato, la mia anima non è composta da sola Ousoa, tornerò solo in Paradi->>

<<Non è quello il punto, dannazione! Il punto è che non voglio che tu mi lasci!>>

-mancò la risposta. L'avrebbe potuta cercare nella sua faccia, ma come sempre non c'era alcuna emozione. 

Quindi Risa continuò a parlare. 

<<Non voglio che tu mi lasci, Zedel, hai capito? Non c'è un motivo, lo so, sei solo un qualsiasi Angelo. Ma sei il mio Angelo. E sei diventata mia amica.>>

<<Pensi davvero ci sia una relazione più che puramente di lavoro tra Giudice e Custode?>>

La ragazza indietreggiò un secondo. 

Poi la colpì con un pugno in faccia. 

E gridò piangendo. 

<<Sì, lo penso, Gesù Cristo santissimo! Penso che non avrei sentito nessun'altra emozione di nuovo se non fosse stato per te! Penso che sono uscita dall'abisso tenendomi al mio ricordo di te! E penso che... penso che altrimenti, non oserei fare questo!>>

Senza pensarci di nuovo, Risa prese la sua testa fra le mani, e avvicinò il viso al suo. 

<<Risa... no.>>

<<Allora parlami! Non so nemmeno io cosa siano questi sentimenti, e non me ne frega! È da te che voglio risposte! Ti sto solo chiedendo... dimentica le nostre direttive come Cavalieri, dimentica tutti gli ordini, dimentica la Chiesa, la Sfera, dimentica il Paradiso, dimentica gli Angeli, dimentica i Demoni, dimentica Dio, e per un solo attimo, pensa soltanto a me... e dimmi cosa provi.>>

Respiro pesante, e lacrime che scorrevano.


Questo sentiva. 

Era il proprio corpo. 

Sembrava essere il proprio corpo. 

Lo sembrava, perché...

Perché in quel momento Zedel respirava allo stesso modo, e piangeva allo stesso modo. 

Quel viso sempre privo di ogni espressione personale, ora stava condividendo più di quanto un umano potesse mai fare. 

<<...nemmeno... nemmeno io voglio lasciarti, Risa... non riesco a pensare ad altro, come se stessi malfunzionando... voglio dimenticare il mio compito come Angelo di Dio, ed essere soltanto... tua Custode...>>

<<...Zedel...>>

Entrambe erano state addestrate al leggere chiunque altro. Loro stesse non erano eccezione. 

Nonostante ciò, scavò dentro il suo sguardo, in un inarrestabile desiderio di... sentirlo... tutto. 

<<Zedel... ho già interrotto comunicazioni con il Vaticano. Lasciamocelo... lasciamoci tutto alle spalle. Andiamocene. Andiamo da qualche parte dove... siamo solo noi.>>

<<Il mio cuore non desidera altro.>>

<<Ti prego...>>

<<...ma non è possibile.>>

All'improvviso...

I fili che la tenevano si ruppero. 

"No."

Le gambe dell'Angelo cominciarono a muoversi. 

"No, no, no, no, no."

E il suo corpo saltò attraverso la finestra più vicina. 

Risa gridò. <<Zedel, per favore...!>>

Si gettò per inseguirla. 

Il mondo sembrò congelarsi con loro a mezz'aria. 

<<...te l'ho detto, Risa... non è quello che voglio fare...>>

<<Allora non-!>>

Sotto il piede di Zedel apparve un Chiodo Sacro. 

<<Addio.>>

<<No!>>

Come uno sparo, il rumore dell'impatto fece volare via uno stormo di uccelli. 

Il Chiodo Sacro diede a Zedel una spinta per proiettarsi lontano, e allo stesso tempo, rispedì Risa Dascira indietro nel proprio appartamento. 

La sua forza scomparve. 

I suoi sensi diminuirono. 

E la realtà di sé stessa la colpì come un muro crollato. 

<<...Ze... del...>>

23 Novembre 2020
23:59

Iudex et Angelus III

Rumore di passi. 

Rumore di passi che lasciavano la stanza da letto. 

Silenziosi, per non essere notati. 

Una porta si aprì. 

Un Angelo sospirò tristemente. 

Un Angelo fu accecato dalla luce del lampadario. 

<<Cosa pensi di fare, Raguel?>> domandò Simona con la mano sopra l'interruttore. 

La vide lì. 

...piegata di fronte al frigorifero. <<Prendo un bicchier d'acqua. Ma ovviamente...>> sospirò di nuovo mentre la rimetteva dentro <<Hai comprato ancora questa roba frizzante.>>

<<È buona.>>

<<È uno schifo! E perché la metti in frigo, comunque? Siamo a Novembre!>>

<<Tu perché la stavi cercando nel frigo?>>

<<Touché.>> Spostò la mano in un altro ripiano, e tirò fuori una bottiglia normale. <<Su, torna a dormire. Avevi detto di voler andare a letto presto per essere in massima forma, no?>>

Ma lei fece l'esatto opposto. Si avvicinò di più all'Angelo. 

Notata la sua espressione, Raguel chiese, senza muoversi: <<Simona? Tutto bene...?>>

<<...sì, dopo che avrò fatto questo...>>

Velocemente, come se avessero i minuti contati, avvolse le proprie braccia intorno al suo corpo nell'abbraccio più stretto che potesse. 

<<...non gli permetterò di farti del male, Raguel. Alcun male. Questo potere che mi è stato donato... no, questa vita che mi è stata donata, la dedicherò a questo scopo.>>

La senti sorridere. Non ci fu alcun tentativo di rimuoversi da quella posizione, anzi, Raguel ricambiò. 

<<Cos'è, un giuramento?>>

<<Chiamalo come vuoi. Penso di aver reso cosa intendo dire... sarò qui per salvarti.>>

<<Ho capito, ho capito. Ma... io... non credo di poter dire lo stesso.>>

-questo la fece arretrare. <<Cosa?>>

L'Angelo sentì la Giudice tremare per quel che aveva detto. Una reazione esagerata, che tuttavia prese con assoluta serietà, mettendole due mani sulle spalle. <<Devi ascoltarmi, Simona.>> Non c'era alcun sorriso sul suo volto, ora, nessun bagliore nei suoi occhi castani. <<Devi imparare a sopravvivere da sola.>>

Sopravvivere? Lei? 

Come risposta, indicò i propri muscoli. 

Raguel non l'accettò. <<Sì, avrai anche la forza per aprire la mascella di un leone a mani nude... ma il tuo cuore è incapace di battere senza i tuoi amici, non è così?>>

<<Ed è una cosa negativa?!>>

<<È un dono tanto quanto una debolezza, e se fossi un Angelo lo capiresti!>> Abbassò lo sguardo <<Non sai quanti di voi ho visto... cadere completamente, perché vivevano sostenuti dagli affetti dei propri cari. Perché avevano bisogno di amare ed essere amati. Voi umani siete dipendenti da qualcosa che non potete controllare, la volontà altrui, perciò tutto quel che posso chiederti, è di imparare a vivere da sola!>>

Le ultime parole suonarono come un grido soffocato che nascose per un attimo il verso inanimato del minifrigo. 

<<Io non ho altro.>> rispose Simona duramente <<Lo sai che io non ho altro.>>

<<Non è vero! Non! È! Vero!>> Con ogni parola, colpiva il suo petto a pugni, sapendo di non poterle fare il minimo danno <<Anche quando tutti gli altri sono andati, anche quando sei rimasta da sola nel buio, hai sempre te stessa!>>

<<Io non valgo niente. Ho perso quel diritto anni fa.>>

<<Il tuo valore non si trova negli altri, Simona! Non hai bisogno di essere redenta! È tutto qui dentro!>> Indicò il suo cuore. 

Lei rimosse la sua mano. <<Pensavo capissi, Raguel. L'unica cosa che mi assicura che nel mio cuore c'è qualcosa degno del mio rispetto... sei tu. Il fatto che tu abbia visto tutti i miei peccati e abbia comunque deciso di rimanermi accanto. Se rimuovo te dall'equazione, non mi rimane più nulla.>>

<<Questo... un giorno ti ucciderà. Come ha ucciso tutti gli altri.>>

<<...lo so. E ci sto lavorando.>>

<<...davvero?>>

<<Risa mi sta aiutando ad aver più fiducia in me stessa.>>

L'Angelo sbuffò. <<Simona->>

<<Lo so! Lo so che così sto ancora dipendendo da qualcuno! Ma ora sei tu che devi ascoltarmi, quando ti dico che esistere senza l'aiuto degli altri, per noi umani, è impossibile!>>

<<Tu sei più che umana! Tu sei una Giudice!>>

<<E l'unico motivo per cui lo sono è perché sono anche l'altra!>>

Smisero di parlare ora, sentendo solo i rispettivi respiri. 

Raguel chiuse con il piede la porta del frigorifero, e il silenzio allo stesso tempo. 

<<...credi davvero che Risa possa fare ciò?>>

<<No. Credo che io possa fare ciò, con il suo aiuto.>>

Le sorrise. <<Ah, vedo stai già imparando. È un peccato che essendo una creatura pluridimensionale senza vero senso di sé, io non abbia niente da insegnarti.>>

Simona replicò allo stesso modo. <<Già. Però anche se lo sei, penso lasciarti uccidere da Andromalius sarebbe stato un po' tanto.>>

<<Hm? Oh no, io ero davvero venuta qui per l'acqua. Non mi sognerei mai di fare una scemenza del genere.>> Aprì la bottiglia appoggiata alla sua sinistra e prese un sorso. <<Si è riscaldata...>>

<<...hey, Raguel.>>

<<Sì?>>

<<...quando sarà tutto finito... prendiamoci una pausa dal lottare, va bene?>>

<<Pfft.>> rise, alzando la bevanda. <<E me lo chiedi? Per quanto mi riguarda, possiamo anche->>

Ma. 

Ci fu un suono. 

Il più orribile, terrificante, disgustoso suono. 

Di un'esplosione, di un urlo, di uno strumento scordato. 

Che paralizzò l'intero corpo di Simona e fece congelare il suo sangue. 

E quando sollevò lo sguardo. 

C'era un buco, nella la testa di Raguel. 

"...no..."

L'Angelo cadde a terra su un lato. 

<<Raguel! Raguel- mi senti?!>>

La vide fare quello che faceva sempre. 

Sorridere. 

Sorridere come se tutto andasse sempre bene. 

<<Simona... qualunque cosa accada... non... non prendertela per questo...>>

In qualche modo, continuava a parlare nonostante la ferita. Lei avrebbe preferito non lo facesse. <<Non sono pronta, Raguel! Non sono pronta per lasciarti andare, io->>

<<Per questo... ti dico... di non prendertela...>>

<<No! Non posso!>>

Cercò di afferrare il suo corpo. 

Scoprì che si stava dissolvendo in Luce, diretta verso la finestra. 

<<Ah... quel tipo... anche lui... è davvero... umano...>>

<<Raguel!>>

<<...ciao ciao... Simona...>>

Chiuse gli occhi prima di scomparire. Non si ribellò al suo destino, non tentò di far altro che accettare lo scorrimento. 

L'Angelo Raguel si dissolse nel nulla, e lasciò Simona da sola. 

Nel buio. 

Con nessuno se non sé stessa. 

...sé stessa. 

Ora sì che riconosceva sé stessa. 

Perché il suo cuore, e tutto dentro di esso, batteva con potenza. 

Mentre il suo corpo veniva svuotato dalla forza fisica, il suo sangue girava sempre più veloce. 

Rabbia. 

Rabbia per il fine della rabbia. 

Rabbia per il fine di Simona Paldim. 

Si alzò. 

Nella finestra, un buco perfettamente circolare. 

Creato da un raggio capace di disintegrare ogni cosa nel suo cammino. 

<<...An... dro... ma...>>

Aveva detto di non prendersela. 

Aveva detto di lasciarla andare. 

...proprio per questo non poteva farlo. 

Simona Paldim adesso era da sola. 

Per la prima volta. 

Stava sopravvivendo senza nessun altro. 

E desiderava una sola cosa. 

<<...Andromalius!>>

Gridò a squarciagola, per compensare ciò che aveva perduto, così come per assicurarsi che lui sentisse. 

Voleva sapesse. 

Che uccidere Raguel, significava uccidere anche lei. 

23 Novembre 2020

Iudex I

In un bagno di sudore freddo, Jacob Aiagon si svegliò da un incubo. 

I suoi polmoni respiravano a fatica, i suoi occhi vedevano sfocato, come se avessero perso capacità. 

Tutto il suo corpo era più debole. Quando lo mosse per sedersi sul letto. Quando poggiò una mano sul lenzuolo. 

Come... se...

<<Arsalan?>>

...ciò che gli dava forza...

"No."

...fosse scomparso. 

<<Arsalan!>> gridò. 

Si alzò. Il suo peso era squilibrato, e cadde non appena mise il piede a terra. 

La sua faccia a contatto con il pavimento emise un rumore. 

Alzata la testa, toccatosi il naso...

Lo scoprì rotto, sanguinante. 

<<No... no, no, non sta accadendo...>>

Una folata di vento congelò la sua pelle. 

L'aria notturna stava fluendo dalla finestra aperta. 

L'accompagnava la luce della luna. 

E con esse, qualcos altro investì Jacob. 

Ciò che non poteva essere eliminato. 

23 Novembre 2020

<<No!>>

22 Novembre 2020

Ciò che ora spettava a lui di diritto stava investendo la sua mente. 

21 Novembre 2020
20 Novembre 2020
19 Novembre 2020

Attraversando ogni centimetro del suo corpo, paralizzandolo dal dolore, impedendogli di fare altro se non gridare. 

<<Dio... ti prego...>>

18 Novembre 2020
13 Novembre 2020
12 Novembre 2020

Stava venendo forzatamente riempito da ricordi. 

26 Ottobre 24 Ottobre 16 Ottobre
15 Ottobre 14 Ottobre 13 Ottobre 7 Ottobre 6 Ottobre 6 Ottobre 5 Ottobre 4 Ottobre 3 Ottobre 2 Ottobre 1 Ottobre 30 Settembre 29 Settembre 28 Settembre 27 Settembre 26 Settembre 25 Settembre 22 Settembre 21 Settembre 2 Settembre 20 Giugno 19 Giugno 18 Giugno 17 Giugno 16 Giugno 15 Giugno 14 Giugno 8 Giugno 7 Giugno 31 Maggio 17 Maggio

<<Basta!>>

17 Maggio

E come aveva chiesto. 

17 Maggio 2020

In una galleria oscurata dalla luce del sole, un Angelo, ferito e battuto, era crollato sulla propria schiena. 

Di fronte a lui, due serpenti, avvolti uno nell'altro, formando un cerchio chiuso. Vibravano, e si sostenevano nell'aria con il loro solo movimento. 

E dalle loro bocche uscirono decine di altri serpenti, che allo stesso modo, formarono una figura umanoide in costante tremore. 

<<Tutto. Morirà. Arsalan.>> sibilò il Diavolo Accusatore, Tevatort. <<Lo. Senti?>>

Sì, lo sentiva, lo sentiva nel suo corpo e nelle sue orecchie. 

<<Il. Tuo. Giudice. Ha. Gettato. L'Arma. Per. Lasciarti. Morire.>>

Non molto lontano, Jacob aveva fatto proprio ciò. Doveva essere uscito, in qualche modo, dalla propria anima dove il Demone l'aveva intrappolato, e ora stava confrontando Devadatta...

...e scegliendo di non ucciderlo. 

<<Il. Tuo. Umano. Non. Ti. Accetterà. Anche. Se. Dovessi. Sopravvivere. Continuerà. A. Mentirti. Ed. Attendere. Il. Momento. Per. Colpirti. Alle. Spalle.>>

<<...lo... so...>>

<<Tu. Fallirai. In. Ogni. Missione. Quella. Di. Eliminare. Demoni. Quella. Di. Proteggere. Lui. Senza. La. Sua. Collaborazione.>>

<<Lo... so...>>

<<Non. C'è. Futuro. Per. Te. O. Per. Voi.>>

<<...forse. Ma...>>

Tevatort abbassò i pugni. Con la poca forza rimasta, Arsalan lo respinse con uno schiaffo, ed estese il braccio. 

<<...io mi fido del mio Giudice.>>

<<Anche. Quando. Sta. Cercando. Di. Ucciderti?!>>

<<Non mi fido solo delle sue azioni. Mi fido di ogni fibra del suo essere. So che se davvero lo vorrà, se davvero sarà giusto, se davvero il suo cuore se lo sarà dato come scopo, nulla potrà impedirgli di liberarsi di me. Ma finché esita, finché rimane qualcosa di cui potrebbe pentirsi, io sarò qui. Ed oltretutto...>>

Il Demone attaccò di nuovo. Quando si fu avvicinato abbastanza alla sua mano, Arsalan evocò la Spada Sacra. 

Apparve direttamente nel petto di Tevatort. 

<<...il tuo maestro, ora, sta per farsi saltare in aria, perché vuole ucciderlo. Come cercheranno di fare molti altri in futuro. Per questo... non importa cosa lui pensi di me...>>

Si rimise in piedi togliendo l'Arma dal suo corpo, e la usò velocemente per decapitarlo. 

<<...io... sono e sarò sempre... il suo Angelo Custode.>>

Arsalan si mosse come se il tempo fosse fermo. 

Si lasciò il Demone alle spalle, si lasciò la Spada alle spalle, e corse verso Jacob. 

Per salvarlo, entrò in quell'esplosione di luce. 

24 Novembre 2020

I ricordi smisero di fluire. 

Jacob Aiagon adesso era steso sul pavimento. 

Debole, tremante, senza alcun potere da Giudice. 

E nei suoi occhi, nulla. 

La sua anima non mostrava nulla. 

<<Arsa... lan...>>

Quid Est Veritas

24 Novembre 2020
Notte

C'erano tre umani. 

Tre umani che un tempo erano stati Giudici, ma ora avevano perso quel titolo. 

Nonostante ciò, si incontrarono lì. Nonostante non avessero più nulla in comune. 

Se non la sconfitta. 

<<...sono tutti andati.>> riuscì a dire Jacob, seduto sul proprio letto. <<Andromalius li ha presi.>>

Di fronte a lui, Risa Dascira. <<Zedel se n'è andata di propria spontanea volontà. Ma comunque...>> Strinse il pugno con una moneta italiana dentro. 

<<...diceva di non essere un assassino.>> aggiunse Simona Paldim <<Invece... l'ha uccisa. Di fronte ai miei occhi.>>

Quanto al ragazzo...

...lui non sapeva cosa fosse successo ad Arsalan. 

Non sapeva se si fosse fatto assorbire, o se fosse stato assorbito con la forza. 

E a questo punto, non l'avrebbe saputo mai. 

Temeva... che non avrebbe saputo mai più nulla. 

Si mise in piedi. <<E ora? Che cosa->>

Le sue gambe caddero sotto il peso del corpo. 

Fu preso al volo da Simona, e rimesso a sedere. <<Oy, che cosa ti è successo?>>

<<Penso...>> Sudore. Battito veloce. Caldo. Freddo. Quando parlava, la sua gola si faceva secca. <<...di avere... febbre...>>

<<La tua fisionomia sta reggendo al cambiamento peggio di quanto immaginassi...>> disse Risa <<Vuoi che chiami Rhoda per aiuto...?>>

<<Non coinvolgerla in questo!>> gridò lui <<Rispondi alla mia domanda! Che cosa faremo... ora...?!>>

Ottenne qualche secondo di silenzio, silenzio quasi perfetto, rotto, inizialmente, solo da un'acuta, piccolissima vocina negli angoli della sua testa. 

Infine, Simona lo concluse del tutto. <<Andrò a salvare Raguel, ovvio.>>

<<...morirai. Ha già dimostrato intento omicida. Morirai.>>

<<Probabilmente.>> La sua espressione determinata non cambiò, la tensione nelle sue braccia rimase costante. <<Per lei? Sono disposta a farlo.>>

<<Anche quando ti ha chiesto di non farlo?>>

<<Proprio per quello.>>

Fu tutta la risposta che diede, come se fosse completamente esplicativa. 

<<E tu, Risa?!>> Alzando la voce, a Jacob venne un fitto di tosse. <<Non dirmi che... anche tu...>>

La ragazza italiana lo guardò in silenzio. Alzò la moneta da cinquanta centesimi che teneva in mano. 

Dopo averla fatta roteare nell'aria fino a quasi il soffitto, e aver controllato il risultato...

La gettò violentemente sotto un mobile. 

<<...ho fatto la mia decisione. Ucciderò Andromalius. O anch'io morirò nel tentare.>>

<<Come?! Come avete intenzione di fare?!>> sbraitò. 

<<Abbiamo ancora questi.>> Aperto un palmo, evocò i Chiodi Sacri, in un breve bagliore. <<Sono ancora legati a me. E hanno già ucciso quell'uomo una volta. Ma non basteranno.>>

Certo che no. Anche con quel mal di testa assordante, Jacob aveva abbastanza potere cerebrale da capire che le decine di migliaia di vite possedute da Andromalius non potevano essere prese da qualche umano con dei proiettili. E del resto...

<<Anche se doveste riuscirci...>> disse il ragazzo. 

<<È vero. Gli Angeli sono sotto forma di Ousia, ora, quindi trasformati in carburante per le sue vite. E non sapremmo comunque come ristorare la loro forma normale, dopo. Per questo abbiamo anche un'arma segreta... non dobbiamo preoccuparcene, dobbiamo solo ucciderlo.>>

Un'arma segreta...? Qualcosa capace di annullare l'assorbimento, e ridare all'Ousia la sua forma originale...? 

Sperava avessero ragione. Sperava davvero avessero un'opportunità di vincere. 

Ma comunque...

<<...non basterà.>>

<<Lo sappiamo.>> rispose Simona <<Per questo ci serve la tua Spada.>>

<<Spada...?>>

Al solo dire quella parola, la Shamshir-e-Zomorrodnegār apparve accanto a lui. 

<<Taglia attraverso l'Ousia, sì, ma sappiamo tutti che nel mondo fisico nulla, mai, si distrugge davvero. Nemmeno quest'Arma può eliminare del tutto la Luce Divina.>>

<<Abbiamo un piano. Abbiamo i mezzi.>> disse Risa <<Abbiamo la volontà. Abbiamo... una possibilità.>>

Una possibilità...

Lui non sarebbe potuto essere lì. Era a malapena capace di muoversi. Quella battaglia era praticamente estranea a lui. 

E tuttavia, aveva ancora il diritto... il dovere di fare una scelta. 

<<...hai visto dei ricordi anche tu, vero?>> gli chiese lei dal nulla. 

<<...quando ho combattuto il mio primo Demone, volevo lasciarlo a morire. Ho lasciato Arsalan a morire ma è sopravvissuto. E ora scopro... che l'aveva sempre saputo.>>

<<Ha sempre saputo che stavi cercando di ucciderlo.>> disse Risa. 

<<Ha sempre saputo che non volevi essere Giudice.>> disse Simona. 

Annuì debolmente ad entrambe. 

Quelle parole facevano solo girare di più la sua testa. Anche da seduto, aveva la sensazione di state per precipitare giù. 

<<...sono così stanco.>> mormorò. 

Le due non parlarono. 

<<Non so... non so cosa fare... non so cosa pensare... non so cosa voglio, non so cosa sono, non so cosa succederà, non so cosa... cosa...>>

Che schifo. 

Si sentiva solo di... di ammazzarsi, brutalmente, ma non per morire. Solo perché... voleva...

<<...voi invece... sapete tutto.>>

Risa si fece avanti. <<No. Ma sappiamo che dobbiamo fare questo. Per loro, e per noi.>>

<<...anche se significa morire e non lasciar nulla dietro.>>

Simona gli si sedette accanto. <<Non pensare che l'idea di abbandonarti sia facile.>>

...no, non ce l'aveva con loro. Non molto, almeno. Soffriva al pensiero che si stessero suicidando. Ma la sua mente... la sua stupida, infiammata mente... era altrove. 

<<Prendete la Spada.>> concluse <<E per favore... se non potete fare nient'altro... se siamo davvero senza potere... almeno, assicuratevi che non si dimentichi di voi per tutta la sua vita immortale.>>

La ragazza al suo fianco gli diede un abbraccio, e gli rivolse un sorriso non corrisposto. <<Anche la vittoria più piccola, la terremo stretta.>>

Quanto a Risa, gli diede un bacio sulla guancia. <<...a dopo, Jacob.>>

Presa la sua Spada Sacra, si diressero verso la porta. 

XX:XX

Jacob non aveva idea di che ora fosse quando si alzò. 

Si rivolse alla finestra, ma la flebile luce delle stelle gli fece male agli occhi. Così chiuse velocemente le tende. 

Il suo corpo esigeva riposo. Sentiva che se non fosse tornato a letto, avrebbe avuto un attacco di cuore. Ma non poteva. 

Quella voce... quella lievissima voce nella sua testa... era ancora lì... e non capiva da dove provenisse. 

Cercò di respirare. 

<<Hahhhhh... perché... haahhhhhh...>>

Anche se incapace di pronunciarla, quella domanda rimaneva. 

Perché a lui? 

Perché non poteva solo vivere come una persona normale, senza temere la propria esistenza? 

Perché doveva aver incontrato Arsalan, perché doveva esserci avvicinato tanto a lui, perché doveva perderlo proprio ora? 

Perché stava male? Perché stava sempre male? 

Perché, anche dopo tutto ciò, non poteva solo morire? 

...no, non era morire che voleva. 

Voleva... l'esatto opposto. 

Voleva essere immortale, non aver paura di nulla, non avere paura che una sua decisione potesse rovinare tutto. Voleva che niente finisse mai. Voleva fosse tutto fermo per lui. 

Ma per lui non lo sarebbe mai stato. 

Si appoggiò ad un mobile. 

Il contatto attraverso i polpastrelli era completamente diverso, ora. Non stava toccando nulla. Era lontano dal mondo, a contatto con qualcosa di falso, una recita, una copia a metà strada tra lui e la realtà. Questa era la sensazione. Non era più dentro il mondo. 

In uno scatto di rabbia, lo rovesciò addosso a sé stesso. 

Dolore. 

Quello, lo sentiva ancora. 

E la voce nella sua testa...

<<È perché tu sei come me, negli occhi del tuo Dio!>>

Chi...? 

Adesso la sentiva chiaramente, e riusciva ad identificare la provenienza. 

Nell'angolo della stanza, prima coperto da quel mobile. 

C'era... c'era...

<<Non hai un vero scopo autonomo, per Lui!>> disse la mosca, intrappolata in una tela nel pavimento <<Servi solo a ripulire l'ambiente, magari, o ad essere mangiato da gente più importante! Ma quando sarai troppo vicino, ti schiaccerà senza pensarci due volte!>>

Stava... Jacob stava per vomitare. La realizzazione che stesse andando di matto lo faceva vomitare. 

<<Non l'ascoltare!>> gridò un'altra voce. 

Dal muro scese un minuscolo ragno. 

<<Sicuro, potrai anche essere insignificante e facile da uccidere, ma nel tuo breve tempo puoi costruire grandi cose...! Grandi per te, almeno. E questo dovrebbe bastarti!>>

<<F... fate silenzio!>> Il ragazzo indietreggiò. <<Sto... allucinando di nuovo! Non devo ascoltarvi!>>

<<Ah, io ci ho provato.>> sospirò la mosca. 

<<Zitta, tu!>> ribatté il ragno. Con quelle otto gambe, si diresse verso di lei. 

Jacob aveva chiuso gli occhi, nel tentativo di non sentire più. Ma le loro voci non si interruppero, nemmeno quando la mosca gridava, straziata dal veleno del quale il ragno la stava riempiendo. 

<<Hahhhhh... devo... tornare... a...>>

<<Tranquillo, è solo un effetto del mio anello.>>

...questa la riconosceva. 

E sarebbe dovuto essere impossibile che fosse lì. 

Aperti gli occhi, il ragazzo vide, di fronte a sé e seduto sul suo letto, Re Salomone. 

<<Ai miei tempi lo ritenevo un potere banale, ma ora so che anche se gli animali potessero parlare, non avrebbero comunque l'intelletto per esprimersi. Quindi, mi chiedo esattamente come funzioni...>>

<<-se tu sei qui... questa non può essere la realtà.>>

<<Realtà? Interessante che ancora parli in questi termini.>> Il Re si alzò, e approcciato Jacob gli mise una mano sotto il mento. <<Se posso toccarti, devo essere reale. Ti basta come risposta?>>

Questa... doveva essere finzione, Salomone era poco più di un fantasma nascosto dentro la sua anima, non poteva essere lì con lui...

Ma le sue dita accarezzavano ancora il suo volto, e il suo corpo aveva la stessa sensazione di tutto il resto. 

E se lui era lì...

Lentamente, Jacob spostò di nuovo lo sguardo sul letto. 

Ora c'era qualcun altro. 

<<Siete faccia a faccia, finalmente.>> disse Mara <<Ma non posso certo lasciarvi soli.>>

Il Deva saltò, lanciò via Salomone verso un muro, e cadde addosso al ragazzo. 

<<Jacob. Jacob. Jacob.>> Con una lingua proporzionata alla sua enorme bocca, gli leccò la faccia. Non come un cane. Come un uomo. <<Ascoltami. Qualsiasi cosa stai pensando di fare, non farla.>>

<<I-io... non posso fare nulla...>>

Stavolta fu Salomone a levare Mara di torno, e rivolgersi a lui. <<Jacob, la tua condizione non è fisiologica. È mentale. Sei perfettamente capace di uccidere Andromalius e riprenderti Arsalan.>>

<<Mentale?! Tu...>>

Il Re Demone si aggrappò al suo corpo, e sussurrò nell'orecchio di Jacob: <<Ma perché dovresti farlo? Smettere di essere Giudice è ciò che desideravi, no?>>

<<No, non lo era!>> gridò Salomone <<Jacob, tu desideri Arsalan, non è così?>>

<<Io... io...>>

Cercò di alzarsi prima di rispondere. A metà strada il suo cuore cominciò a battere troppo forte. <<Hahhh...>>

<<Quel bastardo voleva solo trasformarti in un'arma divina! Non gli importava di te, o ti avrebbe lasciato andare la prima volta che ha scoperto che non volevi essere Giudice!>> sibilò Mara. 

<<Il ragazzo soffre senza di lui!>>

<<Il ragazzo soffriva peggio con lui!>>

<<Le cose sono cambiate!>>

<<Lo sono?! Quell'Angelo è rimasto sempre lo stesso! Non è stato solo il suo atteggiamento a ferire Jacob, è stato l'obbligarlo a combattere Demoni!>>

<<Non dovrà più farlo, ricordi? Sono tutti scomparsi.>>

<<Ma ne avrà creati altri solo nell'ultimo giorno, per non parlare del prossimo Anticristo. Finché rimane un Giudice, dovrà soffrire.>>

<<Per lui, potrà sopportare ogni cosa! Non è così, Jacob?>>

Il ragazzo... non riusciva... a respirare... <<Lasciatemi...>>

Mara attaccò Salomone. <<Andiamo, allora, perché non riveli la tua idea all'umano?>>

Il Re gli lanciò un'occhiata furiosa. 

Poi andò ad aiutare Jacob a sollevarsi e a far partire i suoi polmoni. <<...quando hai perso il tuo Angelo Custode, la posizione è rimasta vacante. L'ho occupata io.>>

Occupato...? Quindi, Salomone stava dicendo... che adesso era lui, il suo Angelo Custode? 

<<Per tua fortuna, so anche come forzare una trasformazione in Giudice.>> continuò <<Ci serve solo la Shamshir-e-Zomorrodnegār.>>

<<Mi hanno... detto... di non...>>

<<Già. Ti hanno detto di non rievocarla. Perché se lo facessi, tornerebbe in un solo pezzo, e loro rischierebbero di morire. Ma è un rischio che dobbiamo correre.>>

<<Cosa...?!>>

<<Hah.>> rise Mara <<Non capisci? È questa la sua motivazione. Nemmeno Salomone qui vuole che tu sia un Giudice. Ma vuole ancora meno che tu sia vicino con quelle due donne. Solo per questo ti sta chiedendo di salvare Arsalan.>>

<<Jacob, avrai di nuovo il potere di un Giudice, e io quello di un Angelo. Risa e Simona saranno indifese per il misero secondo che ci impiegheremo a raggiungerle. Fidati della mia saggezza->>

<<Sei disposto a rischiare di lasciar morire le tue amiche per un Angelo?>> domandò il Re Demone avvicinandosi impunito <<Sicuro, stai solo alzando le probabilità di qualcosa di già probabile. Ma vuoi davvero salvare Arsalan? Ti ricordo che lo odiavi circa un giorno fa.>>

Arsalan...

Sì, lui... lo odiava... lo odiava così tanto, e voleva ucciderlo, strangolarlo con le sue stesse mani... ma ora... ma ora...

<<Ti stai evolvendo come al solito, Jacob! Questo tuo affetto per lui è solo qualcosa di temporaneo, che cambierà, e tu lo vedrai come uno spreco di tempo e ti pentirai di averlo lasciato vivere!>>

Questo...

Poteva forse negare di averci pensato anche lui? Poteva forse negare che quel che diceva fosse già accaduto decine di volte? 

Dove poteva trovare la sicurezza che non sarebbe stato così, stavolta? 

Non poteva, e non l'aveva. 

Tutto ciò che vedeva nel suo futuro era un ciclo di morte e rinascita creato dal suo stesso terrore, una ricerca infinita, odio e amore per le stesse persone, pentimento, ricordi delle vie errate per un'ultima ora, un ultimo pianto prima di chiudere gli occhi per sempre. 

Non aveva motivo di pensare che sarebbe stato diverso, non poteva permettersi di credere che di Arsalan non si sarebbe pentito. 

Ma quel che desiderava... era...

<<Lasciatemi stare!>> gridò. 

In qualche modo, riuscì a scrollarseli di dosso, e corse. 

Corse fino alla porta, scappò nel corridoio, e se la chiuse alle spalle. 

Non li sentì più. 

Adesso c'era solo lui. 

Solo lui nel buio. 

Solo lui in quel...

Corridoio...

Quel... lunghissimo... corridoio...

...no, Dio santissimo, no. 

<<E dimmi, Jacob...>> chiese la Dottoressa Quiner <<Cosa ti fa pensare che sarebbe giusto, per te, uccidere Andromalius?>>

24 Novembre 2020
Mattino

Andromalius guardava il sole nel cielo. 

Quella stella, per lui, era come il volto di Dio. Il Dio che tanto detestava da quando aveva scoperto che esistesse. 

Adesso avrebbe avuto quel che era giusto. 

Tutto il grano nei campi intorno a lui fu mosso dal forte vento. 

Durò un attimo, poi si interruppe. 

L'uomo schioccò le dita. 

Dal suo corpo uscì un raggio di Ousia che distrusse ogni singola spiga, ogni recinzione, ogni fiore nei paraggi. 

Rimase una distesa vuota. Si fermava a metà di altri campi da un lato, e ai confini del bosco dall'altro. Le dimensioni adeguate per ciò che voleva fare. 

Alzò un braccio. 

Metri, chilometri sopra di lui, cominciò a nascere il simbolo. 

Un cerchio. 

Poi un altro. 

E le connessioni. 

In pochi secondi, la Luce Divina aveva formato il suo Albero della Vita. 

Splendente, immobile nel cielo. 

Contenente l'Ousia di un singolo Angelo in ciclo eterno. 

Quello era il primo passo. 

<<...come sopra, così sotto.>>

Dal corpo di Andromalius esplose una cascata di Luce. 

Una caduta inversa, nel quale ciò che stava dentro di lui convergeva verso l'Albero. 

Stava rimuovendo l'Ousia da dentro di sé, pur rimanendo connesso ad essa, e la stava posizionando per il rituale. Una volta che trasferita tutta, l'Albero della Vita sarebbe potuto implodere, e avrebbe creato l'eternità. 

In altre parole, quello era il momento giusto per colpire. 

Un grilletto fu premuto, e prima che potesse accorgersene, un Chiodo attraversò il petto di Andromalius. 

L'uomo gridò, ma il dolore durò un solo attimo. 

<<Risa Dascira.>> chiamò <<Quindi, anche se il tuo Angelo si è offerta a me spontaneamente, hai deciso di sfidarmi.>>

La risposta fu un altro Chiodo, stavolta nella nuca. Ancora, fece male per poco. 

<<...molto bene. Non posso muovermi da qui senza rovinare il rituale, e le mie vite diminuiscono ogni secondo. Tuttavia, non pensare ciò mi lasci indifeso!>>

Un altro Chiodo. 

Questo... gli permise di capire da dove proveniva. 

Era dietro di lui, nascosta nel bosco ad almeno due chilometri di distanza. 

Si girò, quel tanto poteva farlo, e mentre la cascata procedeva in autonomia, ripose la propria attenzione a lei. 

Non la vedeva. Non sapeva esattamente quando o da dove sarebbe arrivato. 

Ma nel momento in cui sentì il suono dello sparo, alzò una mano, e creò un raggio d'Ousia in quella direzione. 

Anche se Risa Dascira poteva evocare quei Chiodi quante volte voleva... i Chiodi stessi erano solo quattro. E se uno veniva disintegrato, quel numero diminuiva fino a diventare zero. 

Vide il proiettile volare verso di lui, in rotta di collisione con la sua Luce Divina. 

La cosa che vide dopo...

Fu quello stesso proiettile tagliare quella stessa Luce in due come burro. 

<<Cosa-?!>>

E conficcarsi nella sua mano. 

<<Quella maledet->>

Non gli diede il tempo di guarirlo. Uno dopo l'altro, i Chiodi lo uccisero attraverso la fronte, il cuore, lo stomaco, e la gola. 

<<...ta... maledetta... maledetta...>> ansimò Andromalius, ripresosi subito <<Deve... deve aver fuso quella Spada in metallo... e ricoperto i suoi Chiodi con esso... per una misera... speranza...>>

La Luce ancora fluiva nell'Albero con lui sotto. Questo non era cambiato. Un'altra persona si sarebbe potuta scoraggiare. 

<<...ma io non ho più il privilegio di scoraggiarmi.>> mormorò Risa tra gli alberi. 

Se lui non si muoveva, nemmeno lei l'avrebbe fatto. Rimase dietro quella roccia con il proprio fucile in mano. 

Si sentiva, in realtà, un po' disgustosa ad usare un'arma datale dal Vaticano. Si disse che anche quello del disgusto era un privilegio che non aveva. 

Velocemente, ricaricò con i quattro Chiodi, e prese di nuovo la mira. Stavolta alzò il tiro, direttamente sulla cascata. 

<<Vediamo... cosa succede... se...>>

-fu interrotta da un bagliore nella coda dell'occhio. Aveva una mezza idea di cosa fosse, e reagì come se ne fosse certa. <<Simona!>>

L'altra ragazza dietro di lei si stava già muovendo. 

Prima che quel raggio di Ousia le colpisse, lo distrusse con un dito. 

<<...per poco.>> disse <<Pensi se ne sia accorto?>>

<<Sì, ma mi farò bastare la confusione.>> Sparò di nuovo. 

Come previsto, Andromalius aveva percepito che il suo attacco era stato nullo, ed era rimasto sorpreso per un momento. Un lungo momento nel quale fu colpito al cuore quattro volte. 

<<Tra il morire ed il guarirmi... devo aver sprecato già... una ventina di Angeli.>> ragionò l'uomo, innervosito <<Ma posso permettermi di perderne... ancora... sette volte tanto. Andiamo, maledetta, non puoi vincere!>>

Stavolta rivorse verso la fonte degli attacchi tre raggi di Luce, in arrivo da tre direzioni diverse. 

Ancora una volta, li sentì venir distrutti. 

<<...non sei sola, dunque. C'è anche Simona Paldim? Forse persino Jacob? Non importa. Questo vi sistemerà.>>

Come prima, le due umane videro Luce in arrivo. Ma quel raggio non si avvicinò a loro abbastanza perché Simona potesse distruggerlo con le proprie mani. Risa se ne occupò con un Chiodo, solo per scoprire che ce n'era un altro. 

Non fece in tempo a fermarlo. Distrusse uno degli alberi. E poi un altro. Ed un altro. 

<<...dobbiamo andarcene.>>

Corsero nel bosco che crollava intorno a loro. Alcuni di quei tronchi erano abbastanza alti che le avrebbero totalmente schiacciate. 

Da una parte, Andromalius poteva attaccare solo in raggi di breve durata che eliminavano multipli alberi. 

D'altra parte, loro non erano abituate ad essere così lente, ed avevano un'arma di metallo con sé. Era quasi come correre una maratona. 

<<Risa, attenta!>>

Simona si mise di fronte a lei e bloccò un altro raggio in arrivo. 

Era l'unica cosa che potesse fare per salvarla, naturalmente. Ma significava anche che adesso Andromalius sapeva dove fossero. 

E rivolse tutta la sua attenzione su di loro, un lampo di Luce Divina alla volta. 

Simona fece del suo meglio per cancellarli tutti. <<Non... diceva... di... odiare... l'omicidio?!>>

Accanto a lei, Risa tentava di fare lo stesso con spari lenti. <<Mai quanto l'idea di fallire, suppongo.>>

Oh, ma qualcosa che odiasse più del fallimento c'era, ed era il vederle sopravvivere tanto a lungo. 

Che fosse davvero a rischio o meno, Andromalius cominciava a temere per le proprie riserve di Ousia. Perciò fece quel che riteneva necessario. 

Risa notò come stava muovendo le braccia, e capì cosa stesse facendo. <<Simona-!>>

Lo videro arrivare. Un ultimo attacco, come una falce, in un raggio da sinistra verso destra, poi da destra verso sinistra. Fatto per distruggere immediatamente l'intero angolo di bosco in cui si trovavano. 

Se non l'avessero saputo in tempo, sarebbero rimaste incenerite. Ma Simona, piazzatasi dietro dell'amica, riuscì a difendere entrambe da entrambi i raggi. 

Le punte per i suoi guanti, fatte con il metallo della Shamshir-e-Zomorrodnegār, erano soltanto nei suoi indici e diti medi. Perciò l'effettiva area di scudo era piccola. 

Loro non furono colpite, perché l'attacco era sottile. 

Tuttavia, gli alberi che aveva tagliato in due stavano cominciando a cadere da ogni direzione, lasciando loro zero vie di scampo. 

...ad eccezione di una. 

Senza pensarci nemmeno, camminarono in avanti, nella direzione di Andromalius. 

Uscirono dal bosco, che ormai avrebbe perso quella denominazione, e si ritrovarono in quel campo desertico. Erano a meno di mezzo chilometro da lui, ora, allo scoperto. 

<<Eccovi, finalmente.>> disse l'uomo. La sua luce ascendente era quasi accecante per loro, la sua voce tuonante. <<Vi ho detto più volte che non amo uccidere. Se sarete disposte ad arrendervi e smettere di sprecare il mio tempo, non vi tratterrò.>>

<<...non ami uccidere, dici.>> ripeté Simona. 

Lanciò un'occhiata a Risa, la quale annuì. 

Con il suo permesso, Simona corse verso Andromalius. <<Non... ami... uccidere?>>

Lui cercò di respingerla con un raggio. Lo tagliò in due. Fece lo stesso ai seguenti. 

E quando fu esattamente di fronte a lui, gridò: <<Allora... perché... hai preso Raguel?!>>

<<...io ti ho permesso di arrivare fino a qui.>>

Andromalius la afferrò e sollevò per il collo. 

<<Lo ammetto. È stata una mossa da codardo.>> disse l'uomo <<Dopo Arsalene e Zedel... ero così vicino. E non ho resistito.>>

Non l'avrebbe soffocata, a giudicare dalla stretta. Ma non poteva liberarsi. E quella cascata di fronte a lei...

<<Tuttavia, ho avuto il piacere di vedere alcuni dei ricordi della tua Raguel. L'ultima cosa che ti ha detto, la sua ultima richiesta, fu esattamente di non fare ciò che stai facendo ora. Sai cosa desidererebbe lei, Simona? Che tu riuscissi a proseguire la tua vita. Invece la stai gettando via, come aveva previsto. In questo senso... io non ho nulla di cui pentirmi.>>

<<...hah.>>

Simona sorrise e gli sputò in faccia. <<Questo te lo dirai per dormire ogni notte dei prossimi tremila anni?>>

Andromalius non rispose. Avvicinò la faccia della ragazza alla cascata di Luce per disintegrarla. 

Ma lei aveva ancora le proprie dita, avvolte in metallo salomonico. E senza nemmeno sapere cosa avrebbe ottenuto, le immerse in quell'Ousia. 

Il flusso si interruppe in un secondo. Andromalius lanciò un urlo e la lasciò andare. 

La ragazza cadde a qualche metro di distanza. Rotolò, si rialzò, e vide che il nemico era ancora piegato su sé stesso dal dolore. 

Quella era un'occasione. Scattò, mettendogli le mani sulle spalle. 

Se solo poteva spostarlo da quella posizione, il rituale sarebbe stato rovinato... avrebbe dovuto ricominciare da capo, e...

<<Volevo fosse veloce, sai.>> disse Andromalius. 

Un calcio. 

Simona sentì i propri organi farsi in pezzi. 

Amen IX

A terra, Jacob Aiagon mormorava la stessa cosa da chissà quanto. 

<<Questo non è reale... non è reale... non è reale... non è reale...>>

<<Ti ho fatto una domanda, Jacob.>> si ripeté la Dottoressa Quiner <<Cosa ti fa pensare di avere il diritto di uccidere Andromalius?>>

<<Tu non sei qui... tu sei morta... sei morra... sei morta... sei morta...>>

Ma in quel vuoto, in quell'oscurità dove non vedeva nulla, sarebbe benissimo potutaci essere anche da morta. 

<<Già, lo sono. Perché tu mi hai uccisa! Quello, con quale giustificazione l'avresti fatto?>>

<<Lui è un Giudice.>> disse un'altra voce femminile <<Quindi può fare quello che vuole.>>

No. Non lei. 

Giratosi, Jacob vide Diana Abel, con una ferita nel petto dalla quale fluiva costantemente sangue. 

<<Vero, Jacob? Sei un Giudice, quindi devi portare fuori la spazzatura.>>

<<Diana, io... non avevo scelta...>>

Alla sua sinistra apparve Salomone. <<Tu hai sempre avuto una scelta.>>

Alla sua destra, Mara. <<Sei sempre stato troppo un codardo per farla.>>

<<Troppo un codardo per vivere davvero come persona.>>

<<Ma non preoccuparti. Avrai tutto il tempo di fare una decisione, o morire.>>

Iudex
N° 0

Jacob Aiagon. 

Questo è...

<<Il mio nome.>>

Il suo nome. 

Lo sente perdersi in una spirale, riflesso su sé stesso fino a scomparire in particelle. 

Ma è ancora il suo nome. 

La sua esistenza. 

<<Ti conosciamo tutti, qui, Jacob.>> dice Mara. 

<<E vogliamo tutti solo il meglio per te.>> dice Salomone. 

<<...ma qual è il meglio per me?>>

<<Senti di volerti riunire con Arsalan, non è vero?>> dice Salomone. 

<<Ma ciò non significa sia una buona idea.>>

<<Non lo è. Questa vita ti sta uccidendo.>> dice Mara. 

<<Ma ho una responsabilità.>>

<<Arsalan è tuo nemico.>> dice Mara. 

<<Ma non sento di poterlo odiare.>>

<<Allora riprenditelo.>> dice Salomone. 

<<...potrei morire.>>

<<Tale è la vita.>> dice Salomone. 

<<Morire per qualcosa di cui non sono certo?>>

<<Allora trova la certezza.>> dice Diana. 

<<E dove?>>

<<Dentro te.>> dice Diana. 

<<Ma la mia certezza può essere errata.>>

<<E tu vuoi sia totalmente corretta.>> dice Salomone. 

<<Voglio ricordarla e sapere che fosse giusta.>>

<<Allora cercala fuori.>> dice la Quiner. 

<<Ma una certezza esterna a me non può riguardare quel che è interno a me.>>

<<Allora cercala negli altri, e nelle infinite ombre che stanno tra te e gli altri.>> dice Mara. 

<<Negli altri.>>

<<Con qualcuno dovrai trovare un punto in comune.>> dice Mara. 

<<Nessuno di voi può comprendermi.>>

<<La lotta per la retta via è conosciuta a tutti.>> dice Devadatta. 

<<Siete Demoni.>>

<<Io ho sempre solo voluto aiutare gli altri.>> dice Devadatta. 

<<Uccidere masse non è aiuto.>>

<<Quindi stai dicendo che non dovresti uccidere Andromalius?>> dice Devadatta. 

<<Lui l'ha meritato.>>

<<Cos'ha fatto per meritarlo?>> dice la Quiner. 

<<Creato Diavoli Accusatori.>>

<<Accidente. Sono certa tu sia familiare con l'uccisione accidentale.>> dice Diana. 

<<Mi ha usato.>>

<<Come hai già perdonato ad Arsalan per aver fatto?>> dice Mara. 

<<Ha preso Raguel.>>

<<E se ti interessa di lei, farai quel che dici e non lotterai.>> dice Mara. 

<<E se dovesse uccidere Risa e Simona?>>

<<Autodifesa, ormai.>> dice Devadatta. 

<<Perché devo ascoltare a queste scuse?>>

<<Non devi.>> dice il Supermaestro. 

<<Ma solo attraverso questo posso trovare quella certezza.>>

<<No. Se uccidi Andromalius, diventi tu la certezza.>> dice il Supermaestro. 

<<Ma è anche mio destino morire. E allora non mi rimarrà che piangere. Questo voglio evitare.>>

<<Se vuoi la salvezza sul letto di morte, devi rivolgerti a Dio.>> dice Padre Thomas. 

<<Lui non ha niente da darmi.>>

<<Sai che esiste ma rifiuti la Sua chiamata.>> dice Padre Thomas. 

<<Sono già Suo servo.>>

<<E per continuare a vivere nella Sua grazia, non puoi uccidere quell'innocente.>> dice Padre Thomas. 

<<E ciò mi darà davvero felicità sul letto di morte, o solo dopo?>>

<<La ricerca di Dio è inutile. Tu stesso sei il tuo Dio.>> dice An. 

<<Non ho nemmeno il comando della mia anima.>>

<<Ciò che è interno a te non può essere affare di ciò che è esterno, l'hai detto tu. Chi può essere Dio se non te stesso?>> dice An. 

<<Ma Dio deve fare ciò che è giusto nel proprio mondo.>>

<<Nella tua anima sai che uccidere quell'uomo è giusto.>> dice An. 

<<No. Non lo so ancora.>>

<<Tu ami Arsalan. Non hai bisogno di motivo per farlo.>> dice Diana. 

<<Ma i sentimenti non sono sempre ciò che va seguito.>>

<<Di che hai paura?>> dice Diana. 

<<Che il mio giudizio sia annebbiato dai miei sentimenti, e lo scoprirò errato.>>

<<Lo ami o no?>> dice Diana. 

<<Non lo so.>>

<<Senti di volerlo con te o no?>> dice Diana. 

<<Sì.>>

<<Allora riprenditelo.>> dice Diana. 

<<Ma è una scelta affrettata. Stupida.>>

<<È quello che vuoi.>> dice Diana. 

<<Poche ore fa, lo odiavo. Volevo ucciderlo. Come faccio a sapere che non sarà così di nuovo?>>

<<Non puoi saperlo. Per questo non puoi farlo.>> dice Elizabeth. 

<<Ma non posso sapere nemmeno il contrario.>>

<<Non hai bisogno di fare la scelta. Presto tornerai da me. Perché è me che ami.>> dice Elizabeth. 

<<Tu sei morta.>>

<<E presto lo sarai anche tu.>> dice Elizabeth. 

<<Ma prima vivrò. E voglio vivere dignitosamente.>>

<<Ovvero con o senza di lui?>> dice Elizabeth. 

<<Senza dovermi pentire di quel che ho scelto.>>

<<E come lo farai?>> dice Elizabeth. 

<<Cercando.>>

<<Andromalius starà quasi per diventare immortale, ora. Devi agire.>> dice Salomone.

<<Ma quando agirò, si potrà dire che io sto per ucciderlo, e ancora non saprò se sia la scelta corretta.>>

<<Questa è la tua occasione di avere una vita normale.>> dice Mara. 

<<Sono un Giudice. Ho una responsabilità.>>

<<Se vuoi discutere di etica, dovrai discutere anche quella dell'uccidere un innocente.>> dice la Quiner. 

<<Andromalius è solo una vita in confronto a tante.>>

<<Anche io lo sono. Ma non mi sembri felice di quel che hai fatto.>> dice Diana. 

<<Tu non saresti dovuta morire.>>

<<Combattere significa rischiare di combattere le persone sbagliate.>> dice Diana. 

<<Quindi dovrei combattere Andromalius?>>

<<Quindi non dovresti più combattere.>> dice Diana. 

<<Perché potrei sbagliare?>>

<<È in questo che credevi prima, no?>> dice Devadatta. 

<<No.>>

<<Credevi che solo perché non riuscivi a trovare un senso alla vita, dovessi vivere senza.>> dice Devadatta. 

<<Ma ora ho da fare questa decisione.>>

<<Hai poco tempo.>> dice Salomone. 

<<Non posso permettermi di fare una scelta errata. Non più. Non lo farò.>>

<<Hai paura.>> dice Elizabeth. 

<<Non dovrei?>>

<<Tutte le persone vivono con le proprie decisioni.>> dice Padre Thomas. 

<<Come mio nonno.>>

<<È questo il problema. Un uomo morto più di dieci anni fa.>> dice An. 

<<Aveva ragione.>>

<<Ti ha traumatizzato.>> dice Salomone. 

<<Mi ha insegnato a vivere.>>

<<Ha fatto il contrario.>> dice Mara. 

<<Nessuno di voi mi sembra contento con le proprie scelte.>>

<<Né siamo occupati a piangerci addosso.>> dice Salomone. 

<<Sto solo facendo la cosa più saggia.>>

<<La saggezza è solo tale se causata da sé stessa.>> dice Salomone.

<<E questo cosa vorrebbe dire?>>

<<Tu non agisci per un desiderio di conoscenza. Tu lo fai per paura.>> dice Salomone.

<<Ed è una paura del tutto razionale.>>

<<E il tuo pensiero, ora, è razionale?>> chiede Mara.

<<Certo.>>

<<...detestabile.>>

La testa di Jacob si spacca in due. 

Il suo cranio viene tagliato rozzamente da aria compressa. La sua pelle si apre su sé stessa. 

Automaticamente i suoi polmoni tentano di gridare. 

Non è come i suoi incontri con la morte. È diverso. È peggiore. È come una lunga tortura inflitta in un singolo attimo. 

Caduto, il ragazzo si copre il capo. 

Le sue mani si bagnano. 

E il suo corpo congela. 

<<No... non... ancora...>>

Il Signore dei Sensi gesticola maniacalmente. <<Sì! Ancora e ancora e ancora! Questo ti accadrà nella tua breve vita, lo capisci, Jacob?!>>

Trema. Non riesce nemmeno a spostare i propri arti, resi immobili da sé stessi. 

Ma non importa, perché il sangue comincia a fluire. 

Esce dal suo cervello. Caldo, rosso, liquido come vino. 

Sui suoi occhi, sul suo corpo, come vino nella sua bocca. 

E non riesce a far nulla. 

Se non osservare la cascata macabra. 

<<Questo è quello che l'Angelo che tanto ami ti ha fatto!>> continua il Deva <<Reso debole e spaventato! È colpa sua, è colpa di quel bastardo! Non si merita il tuo aiuto, perché non puoi accettarlo?>>

E continua a scorrere e a scorrere e a scorrere. 

E riempie le sue narici e il suo stomaco e i suoi polmoni e le sue gambe crollano sotto di lui. 

Tutti lo osservano. Tutte le visioni, e lo spirito del re. 

<<Mara ti sta torturando, Jacob.>> dice Salomone <<Vuoi davvero ascoltare i suoi suggerimenti? Accetta la mia proposta, e ti libererò.>>

Jacob vorrebbe prenderlo ed annegarlo nella pozzanghera che si sta formando sotto di lui. No, vorrebbe annegarli tutti, uno ad uno. 

Vuole solo far male a qualcuno. Vuole rilasciare quel dolore che prova. Vuole smettere di soffrire internamente e liberarsi. Vuole vomitare tutto quel sangue e dimenticare che fosse mai stato lì. 

Mara sbraita ancora. <<Silenzio, dannazione! Questo odiavo persino di quel Gautama! Non la perseveranza, non il coraggio! Odiavo quanto fosse ossessionato dal ragionare sulle cose più semplici! È semplice, Jacob! Guarda cosa ti ha fatto!>>

Rosso. 

...è vero. 

Se Arsalan non fosse stato lì, Jacob non avrebbe sofferto alcuna di quelle cose. 

Se Arsalan non avesse proiettato i propri problemi su di lui, Jacob avrebbe avuto una vita normale. 

Se Arsalan non avesse fatto una singola stupida decisione, Jacob sarebbe ancora felice. 

Se Arsalan non si fosse fatto uccidere, Jacob...

<<No! Jacob, io, il Re Demone, sono venuto qui personalmente per aiutare te! Devi ascoltarmi!>>

<<...e...>> riesce a mormorare, lentamente <<E cosa... accadrà... dopo... che l'avrò... fatto...?>>

<<Ti sto dicendo cosa fare per essere felice! È quello che vuoi!>>

<<...se io non so... cosa voglio... tu... nemmeno...>>

Re Salomone finalmente decide di mettersi in mezzo. <<Lascialo stare, Mara. Credo->>

Ma Jacob guarda lui con occhio ancora peggiore. <<Nemmeno tu, vecchio... di merda. Nemmeno... tu... puoi... capire... nulla...>>

<<E allora chi, Jacob? Chi può capire?>>

Nell'oscurità, si guarda intorno. 

Vede uomini e vede donne. Vede Demoni e Angeli. Vede creature dal nome sconosciuto, innocenti o colpevoli, 

Vede pioggia e vede terra. 

Ma non vede sé stesso. Non un riflesso, non un'ombra, non un occhio. 

<<Nessuno... può...>>

<<Esatto.>> risponde la Quiner, scrivendo. <<Alla fine, nessuno può comprendere, controllare, o essere te. Purtroppo...>>

<<...nemmeno tu sei te.>> dice An <<Hai smesso di esserlo da anni.>>

<<Che state dicendo?! Io sono me stesso! Io sono Jacob Aiagon->>

Si avvicina un animale. 

Un gatto grigio. 

Nathan lecca la pozzanghera cremisi, poi miagola con voce umana. <<No, la verità è che hai smesso di essere tale quando sei diventato il testamento, l'eredità di un uomo morto.>>

Si avvicina Devadatta. <<Una persona troppo occupata a costruire per abitare, troppo occupato a pianificare per andarsene.>>

<<Bastardi!>> grida il ragazzo. Si alza. La sua testa gira, ma è in piedi. Cerca di liberarsi di loro. Una donna lo sorprende alle spalle. 

Braccia intorno al collo, gli sussurra nell'orecchio: <<Per questo devi tornare a me, amore mio. Non sei nessuno, non sei mai stato nessuno.>>

<<No!>>

Corre via. 

Tutto... tutto trema. 

Ogni passo avviene su una lama, con ogni battito di ciglia un chiodo cade nei suoi occhi. 

Corre via dal buio, fino ad altro buio. 

Perché non c'è altro. 

Per lui. 

<<No! Qualcuno- qualcuno... mi...>>

Thump, thump

Cade. 

Caldo. 

Il suo corpo sta bruciando. 

Dall'interno e dall'esterno, la sua pelle sembra stare per sciogliersi. 

<<Hahhhhh... hahhhhhhh...>>

<<È il momento di scegliere, Jacob! Vuoi salvare Arsalan o no?>> chiede Salomone. 

<<I-io... io... voglio...>>

La sua mente processa ancora tutto alla perfezione. Nonostante il resto, riesce a pensare chiaramente come sempre. 

Non è il dolore ad impedirgli di concludere quella frase. 

È Jacob. 

Arsalan. 

Arsalan. 

Quel nome. 

Quel nome era sempre nella sua testa. 

Forse lo era sempre stato, forse aveva dimenticato i tempi in cui non lo era. 

Ma ora, senza altro dentro di sé, Jacob pensava solo a lui. 

Il suo sorriso, e i suoi occhi più terrificanti. 

Il suo calore, e la sua freddezza totale. 

Voleva essere lì. 

Non voleva essere lì. 

Uccidere Andromalius per lui. 

Innocente. 

Immortale. 

Nemico. 

Uomo. 

Angelo. 

Amore. 

Errore. 

Pentimento. 

Morte. 

Lui doveva essere. 

L'Angelo della Morte. 

Poteva solo essere così. 

Per questo. 

In quel momento. 

Tutti i suoi pensieri erano rivolti a lui. 

<<-ah.>>

Il suo corpo conteneva il suo passato. 

Ed ora. 

Sta cadendo. 

<<-Jacob?!>>

Non vede il maledetto colore. 

Non vede alcuna preoccupazione. 

Vede soltanto il suo riflesso nella luce bianca. 

E si tocca la faccia un'ultima volta. 

Perché non riesce a credere i suoi occhi. 

Quando vede che sta sorridendo. 

<<-haha.>>

Il calore smette di aumentare. 

Adesso è accogliente, un tiepido abbraccio. 

Si dice che... almeno... è confortante. 

Almeno. 

Non deve piangere. 

...e detto questo. 

Jacob Aiagon morì. 

24 Novembre 2020

Andromalius non si era ancora spostato dalla propria posizione, nonostante il calcio. 

Un calcio forse potenziato con Ousia, forse no, fatto sta che quel calcio lanciò Simona un'altra volta e la fece rotolare lontano da lui. 

E senza la resistenza da Giudice, quella caduta fece male. 

<<A-ah...>>

Non riusciva a rialzarsi. La nausea l'aveva invasa. 

Una sensazione orribile, che aveva dimenticato. 

A destra, vide Andromalius. La sua Luce ora stava decisamente mirando per ucciderla. 

A sinistra, c'era Risa. Era uscita dal raggio chilometrico di deserto che lui aveva creato, nascondendosi di nuovo tra l'erba. 

Era più vicina a lei che a lui. Poteva raggiungerla. Ma era anche sotto costante attacco di quei raggi dai quali riusciva a malapena a difendersi con le proprie dita. 

Dall'altro lato, la ragazza italiana si era appostata, e continuava a sparare per aiutarla. <<Andiamo... andiamo, cavolo, alzati...>>

...non lo faceva. 

Simona rimaneva incapace di rimettersi in piedi. 

Incapace di lottare. 

Condannata a...

<<...no. Non ti lascerò morire!>>

Risa alzò il fucile, puntando alla cascata. 

Il suo dito era sul grilletto, ma...

Guardando quella figura, esitò. 

Dietro di essa vide il Sole. 

...una lontana voce dagli angoli del Cosmo le parlò. 

"Risa, Risa. Che cosa stai facendo?"

Quello...

Che cosa... che cosa stava facendo...? 

<<...io... io...>>

Avanti, Risa, che cosa stavi facendo? 

<<...io sto salvando coloro che amo.>>

Con gli occhi rossi di rabbia, premette quel grilletto. 

<<Muori, figlio di puttana! Muori, cazzo, muori! Muori!>>

Quattro Chiodi colpirono la cascata. 

Andromalius urlò ancora e ancora, e fermò gli attacchi. 

Così Risa lanciò via la sua arma, per correre più veloce. 

<<Simona! Non permetterò anche a te di morire, lo capisci?! Non te lo permetterò!>>

<<Hahh... Risa, per te...>> rispose lei, finalmente quasi in piedi <<Sopravvivrò anche alla fine del mondo.>>

Scattarono una verso l'altra, mentre un raggio di Luce discendeva su di loro. 

Erano indifese, ed incapaci di vincere quella battaglia. 

"...idiota."

Ma ormai non importava più. 

"Hey, a questo punto... possiamo... praticamente sposarci... vero...?"

Non c'era più niente di nuovo per loro. 

24 Novembre 2020?

Acqua. 

Acqua che si batteva sulla terra. 

Acqua che trasportava il suo corpo. 

Immerso nella luce, toccò la riva. 

<<Unhhh...>>

Un occhio dopo l'altro...

Jacob si svegliò. 

<<Che... cosa...?>>

Riacquisita coscienza totale, si alzò, piedi ancora nel mare. 

...sì, c'era decisamente un mare lì. 

Azzurro, perfettamente limpido, un mare che s'estendeva fino ad oltre l'orizzonte, se possibile, vuoto di ogni traccia d'impurità. 

Sotto di sé, sabbia. Vera sabbia, a giudicare dal tocco. Una spiaggia enorme, ma limitata dall'altissima montagna che si stanziava a... qualche distanza. 

Le dimensioni, lì, sembravano non essere fatte per umani. 

Il cielo era anch'esso perfettamente blu. Non vedeva il Sole, ma vedeva alcune stelle. 

Erano esse a generare quel tiepido calore? E a proposito...

...strano. 

I suoi vestiti non si erano bagnati. 

Dove... dov'era finito...? 

Una domanda perfettamente lecita, soprattutto per una persona ignorante come lui. 

Prese alcuni esitanti passi nella sabbia. Quel singolo atto aumentò il suo senso di stranezza, anche se non riuscì a capire il perché. 

Si fermò presto. Era confuso. Era spaventato. E aveva appena sentito una voce. 

La voce di un uomo lontano, intento a completare la propria passeggiata giornaliera, canticchiando una vecchia canzone tra sé e sé, di solito mai udito. 

Ma lui lo sentì. 

E corse nella sua direzione. <<Hey! Aspetta!>>

L'uomo, naturalmente, si fermò. 

Fu così che Jacob Aiagon lo vide in faccia, un anziano con un lungo abito grigio, capelli e barba bianca, le fattezze generali che riconobbe per prime. Solo dopo notò la benda sull'occhio sinistro, il braccio destro chiaramente rotto, la scheggia metallica nella fronte sanguinante. 

In altre parole, fu così che quel ragazzo incontrò me. 

<<Benvenuto, Jacob. Piacere di conoscerti.>> salutai. 

Nonostante la mia gentilezza, lo vidi ancora più sorpreso. <<Tu... sai già chi sono...?>>

<<Come potrei non saperlo? Sono un grande appassionato.>>

<<Eh-?>>

Dicevo sul serio. Era soltanto un onore incontrarlo faccia a faccia. Quel che questo giovane aveva fatto... le mie imprese impallidivano di fronte alle sue. E soprattutto...

<<Grazie per esserti occupato di Arsalan dopo di me.>> dissi, mettendogli una mano sulla spalla. 

...hah. Lo vedevo nei suoi occhi. 

Mi riconosceva, e pronunciò il mio nome. 

<<Daniele... Tobia... Abel.>>

Io non potei che annuire. <<Hai fatto un ottimo lavoro.>>

<<Questo posto...?!>> Si guardò intorno, in basso come in alto, con estrema fretta. <<No, la domanda è come sono finito qui?!>>

<<Ti ci ho portato io. Altrimenti avresti usato i mezzi convenzionali. Ma il tuo posto non era qui.>>

<<E dove, allora?>>

<<Hmmmm.>> Finsi di ragionarci. <<Sopra, mi pare. Oppure di sotto. Chi si ricorda più!>>

<<Lascia perdere.>> sospirò lui, chiaramente meno innervosito della maggior parte di tutti gli altri a cui avevo detto la stessa battuta. <<Perché mi hai portato qui?>>

<<Cammina con me.>>

Gli porsi il braccio. 

Senza discutere, lui lo accettò, e mi seguì attraverso la spiaggia. 

Questa costa beata da Dio, dove avvengono tante ultime discussioni tra amici che non si vedranno per millenni, e dove quelli che si sono lasciati anni fa possono baciarsi di nuovo. 

Questo mondo ordinato dal Signore, dove un'opportunità è data a coloro che non hanno mai raggiunto la perfezione. 

Deve essere il mio preferito, e penso che anche a Jacob sia piaciuto. 

Continuava a guardare il mare, come ipnotizzato dal rumore delle onde. 

Poi parlò. <<Tu non hai ombra.>>

<<No.>> confermai, sorridendo. 

<<Il tuo corpo, intendo. Non proietta alcuna ombra.>>

<<No.>>

<<E nemmeno il mio.>>

<<No.>>

<<...Daniele, cosa ci faccio qui?>>

Tutti i nostri passi si fermarono. 

<<Sei morto, Jacob.>> risposi <<La tua vita è finita.>>

Non ci fu sorpresa, ovviamente. Gli era già chiaro. Ci fu solo... non so cosa fosse. Indignazione, forse. 

<<Non posso essere morto.>>

<<Sei morto.>>

<<Solo... così?!>>

<<Il tuo stato fisico e mentale è degradato fino ad ucciderti.>>

Lo vidi indietreggiare. Non aveva paura di me o di questo posto. Temeva... qualcos altro. 

Per quanto fosse un libro aperto in Terra, ora che era qui diventava impossibilmente criptico. 

<<...ma... ma...>>

<<Cosa, Jacob? Ti aspettavi andasse diversamente?>>

<<Io...>>

<<Pensavi davvero che tutti morissero di vecchiaia, seduti nel proprio salotto?>>

<<...stai arrivando a qualcosa.>>

Certo. Non parlo mai a vanvera. Ma in quell'occasione, scrollai le spalle. <<Io sono qui per i fatti. Fatto sta che sei morto alla giovane età di->>

In qualche modo, mi afferrò per il colletto del vestito, interrompendo quel che stavo dicendo. <<Non ho nemmeno avuto l'opportunità di... finire...>>

<<Finire la tua missione? La tua ricerca per la strada corretta, intendi?>>

<<...no.>>

<<Cosa volevi finire, Jacob?>>

Eccolo lì. Il dubbio, come un veleno attraversava la sua esistenza. 

Il suo nuovo mondo aveva difficoltà a nascere. Tuttavia, se dovessi dire che aveva bisogno di me, starei mentendo...

<<...penso tu abbia già capito. In questo luogo, in questo tempo, puoi davvero provare l'unica verità che esiste.>>

<<...in questo luogo...>> ripeté il ragazzo <<Rimosso da ogni fenomeno esterno... e in questo tempo...>>

Quel corpo era freddo, probabilmente perché non era un vero corpo. Un costrutto creato da Dio, una forma impura di vita. 

<<Sono stato... così... stupido...>>

<<Cosa volevi finire, Jacob?>>

Per questo tutto ciò che avrei dovuto sentire era la sua anima. 

E perciò, quel potente calore non poteva provenire che dal suo stesso cuore. 

Così come le sue parole. 

<<...volevo solo... proseguire... ed arrivare.>>

Jacob Aiagon... l'avevo pensato come una specie di figlio, una volta. Un successore spirituale. 

Ma ora capisco che non potremmo essere più diversi. Il suo destino sarebbe stato diverso dal mio. Non più grande, non più piccolo. 

Lo guardai negli occhi, i suoi veri occhi, e vidi quello che avevano visto tutti gli altri. Non c'era nulla che volesse più di vivere. 

...io avrei garantito quel desiderio. 

<<Allora sei pronto per tornare.>>

In una delle tasche interne del mio abito, tengo ancora quell'arma maledetta. 

Una vecchia pistola che si è sporcata del sangue di innumerevoli vite. 

Il Giudice esitò, vedendomi tirarla fuori. Ma quando la puntai verso l'orizzonte sopra il mare, lui si distrasse guardando in quella direzione. 

L'ultima cosa che gli dissi fu un sussurro: <<Saluta Arsalan da parte mia... digli che ci vedremo presto.>>

E quando sparai nel nulla, nel nulla Jacob scomparve. 

Trascinato da un proiettile di luce, trasportato in un istante nel suo mondo mentre la sua mente gridava. 

Non gridava di terrore. I suoi pensieri erano chiari e distinti. 

"Sì... ora ho davvero capito, Daniele."

"La mia missione... era una paura."

"La mia paura... un errore."

"Io ho sempre sbagliato."

"Forse sempre sbaglierò."

"...ma non posso temere ciò."

"Non posso cercare la via corretta."

"Al bivio, devo solo proseguire. Mai fermarmi. Mai dubitare. O la strada non si percorrerà mai."

"Un giorno, mi spegnerò per sempre. Ma non sarà tra lacrime e dolore."

"No. Quando il momento verrà, io..."

"Io..."

...io non esiterò più. 

Il mio nome è Jacob Aiagon. 

Ero morto circondato da fantasmi, ma ora...

Prima le gambe. Poi le braccia. 

Lentamente mi rimetto in piedi. 

E rimarrò tale per sempre. 

Di fronte a me, Re Salomone indietreggia, così come Mara. <<Tu... che cosa è successo?!>>

I Demoni rimangono paralizzati, incapaci di parlarmi oltre. 

Anche loro... tutti loro volevano solo ciò che era bene per me. Ma adesso, è finita la ricerca. 

Questa è la mia anima. 

Con un gesto della mano destra, li faccio scomparire. Il Supermaestro, An, Elizabeth, ridotti in polvere. 

Alla mia sinistra, li elimino ugualmente. Padre Thomas, la Quiner, Devadatta. 

Le sue pupille rosse e il suo sorriso sarcastico sono gli ultimi a scomparire. <<Hah... che ti avevo detto?>>

Mi giro, verso l'ultimo Demone. 

<<...tu sei morta.>> dico a Diana Abel. <<Ormai... sei morta.>>

La bambina annuisce. <<Ciao ciao.>> Quando svanisce, mi lascia solo un gatto, che prendo tra le mie braccia. 

<<...avrei dovuto ascoltare la tua saggezza sin dall'inizio, Nathan.>>

Risponde con un miagolio, che interpreto come un'affermazione della propria superiorità. L'eco del suo verso rimane anche dopo di lui. 

Mara entra nel panico, e mi assale. <<Che stai facendo?! Che cosa pensi di->>

<<La mia anima, Re Demone.>>

Non può farmi nulla. Desidero che sia disintegrato, e lo vedo accadere di fronte ai miei occhi. 

Quanto a Salomone, che ora mi sta guardando soddisfatto... <<Ah, Jacob, sono contento che tu abbia deciso di accet->>

...anche di lui mi libero con uno sguardo. 

<<La mia scelta.>>

Il buio senza tempo, con un lampo di luce, si trasforma in una stanza. 

È vecchia, disordinata, piena di cose inutili. In un angolo, su una poltrona, siede un uomo vecchio, e accanto a lui, c'è un bambino dai capelli scuri. 

"...la mia, e di nessun altro."

<<È ora di andare.>> dico al piccolo. Gli tendo una mano. Lui la accetta con un po' di timore, e mi segue attraverso la porta. 

Ma sono io a fermarmi quando l'uomo parla alle mie spalle. 

<<Pensi davvero che sarai felice, così?>>

Non c'è acidità, non c'è rabbia. Così rispondo in modo altrettanto genuino, con un sorriso. 

<<Mi fai l'unica domanda a cui ho una vera risposta. Sarò felice, nonostante tutto.>>

<<Anche se stai camminando un'incertezza?>>

<<Camminerò un milione di bugie prima di fermarmi per cercare una verità.>>

Lo guardo in faccia un'ultima volta, e saluto. 

<<Buonanotte, nonno.>>

Quando chiudo la porta... penso di vederlo felice. Un'ultima volta. 

...e questo luogo. 

Questa è la sinagoga in cui sono stato... in cui non sono mai tornato. 

In fondo all'edificio, eccola lì. 

Una Spada infissa nel pavimento. 

Ma tra me ed essa, c'è un'ultima visione. 

Senza muovermi, lascio che la donna si avvicini a me. 

<<Sei davvero cresciuto.>> dice Lucia Celesti. <<Dovresti esserne fiero.>>

<<Non ho ancora finito.>>

<<No.>> conferma <<Ora devi fare un'ultima scelta. Cosa farai con la tua nuova vita?>>

La guardo compiaciuto, ma in realtà, non c'è più niente da scegliere. 

I miei pensieri viaggiano in sincrono con il mondo. Dietro di me c'è un'uscita che potrei prendere. So che potrei prenderla. Ho la possibilità di farlo. 

So anche che non lo farò. 

L'unica cosa a cui sono attratti i miei occhi è la luce riflessa su quella Spada. 

Proprio come ho detto... non avrò alcun dubbio. Che la mia mente si ribelli. Che il mondo mi suggerisca questo sia sbagliato. Non mi resta che avanzare. 

<<Allora hai la mia benedizione.>>

Lucia prende il mio volto fra le mani e bacia la mia fronte. 

Poi strizza un occhio. <<...con qualcosa in più.>>

Senza che sia io a ordinarlo, si trasforma in polvere di stelle, e vola via. 

Lasciando solo me di fronte ad un cammino. 

Proseguo senza mai fermarmi.

Sembra un'eternità. Sembra anche durare un solo attimo. Entrambe sono menzogne, entrambe per me sono reali. Tendo la mia mano disperatamente e pieno di speranza. 

Quando afferro la Shamshir-e-Zomorrodnegār, tutto si ferma per un attimo. 

Non ci sono esplosioni di luce, non sento la voce di Dio nella mia testa. Perciò sono io a recitare la formula, l'unica parte che mi interessa. 

<<Angelo... di Dio.>>

E come vetro infranto, tutto il resto crolla in un secondo. 

Questo è il mio vero corpo. Questo è il vero mondo. 

Ancora una volta, rimango nel mio appartamento, solo e...

<<...cosa...?>>

...pieno di forza. 

No, questa non è forza, questa è...

I miei arti sembrano fluorescenti. Nelle mie vene circola adrenalina pura. Il mio cervello percepisce gli atomi tra gli oggetti. 

Questa è Luce Divina. 

Dalla mia fronte, sento due voci. Le grida spaventate di due re, un re demone ed un re santo. 

<<...questo lo chiami qualcosa in più?>> mi dico, non riuscendo ad evitare di sorridere. 

La Spada Sacra si è riunita nelle mie mani. 

L'antico anello è al mio dito. 

Il mio cuore batte per una sola persona. 

Sono pronto, ora, per andare ad uccidere Andromalius. 

Salvare Arsalan. 

O morire nel provarci. 

Iudex Hominis

Risa

In un certo senso, io...

Ho sempre voluto essere qualcun altro. 

Quando vedo il mio riflesso nello specchio, vedo solo...

Carne. Pelle. Occhi. Peli. 

E mi chiedo... dov'è l'armonia? Dov'è l'unione? Dov'è l'uomo in questa materia? 

Mi fa rabbia. 

Dov'è? 

Dov'è il fattore che rende gli altri ciò che io non sono?! 

Perché non ho quella vita che loro hanno?! 

Perché non posso... solo...

Perché non potevo essere loro... perché non potevo vivere le loro vite...

Al posto della mia...? 

...forse questo è tutto ciò che provo per Zedel. 

Forse, io... ho sempre solo voluto... essere un Angelo...

Simona

Non penso che voi apprezziate davvero quanto sia disposto a perdonare, il nostro Signore. 

Altrimenti, avrebbe fatto me una Giudice? 

Me, che avrebbe dovuto uccidere anni fa? 

...haha. 

In realtà, non è perdono che voglio. 

In realtà, quel che ho fatto non importa più. 

Voglio soltanto... ripulirmi. 

Ripulirmi di quel che ero una volta. 

Redimermi completamente. 

...e non ho mai avuto il coraggio di farlo negli occhi di coloro che ho ferito. 

...è questo che sono tutti i miei amici, non è così...? 

Un modo per evitare di affrontare quel che dovrei. 

...eppure, il mio cuore sostiene di amarli veramente. 

Soprattutto...

Ah... Raguel...

Per quanto tu parlassi del bisogno di distanziarsi, io so...

Io so quanto ti sei impegnata per stare vicina a me...

...per questo, nonostante ciò che hai detto, devo salvarti. 

Da un'ipocrita... all'altra. 

Andromalius

Un Vero Nome, dicono, è qualcosa di più di quel che ti viene dato alla nascita. 

Può anche essere un nome che nessuno usa. Un nome che nemmeno tu conosci. Un nome sussurrato solo tra le fiamme di zolfo più fitte, tra dannati che non hanno più nulla da perdere. 

A mio parere, nemmeno Dio può sceglierlo. Vorrebbe. Ma non può. 

Il Vero Nome rappresenta il tuo destino, e Dio non può controllare ciò. 

Io ne sono la prova. 

Io sono colui per cui Dio aveva scelto sofferenza, e da cui Dio, per la prima volta, si è sentito gridare... "no". 

Il mio destino è scritto in un dono, e di quel dono io presi il nome. 

Io sono Andromalius. 

...e ogni volta che ho detto di non voler far del male a nessuno, era la verità. 

Questo atto, questo mio furto di Luce, temo implichi perdere, almeno un po', la propria umanità. 

Tuttavia, finché i miei obiettivi rimangono gli stessi, io so di essere ancora umano. Anzi. 

Io sono l'ultimo umano. Prenderò il frutto mai raggiunto. Completerò la ricerca del primo eroe. Troverò la risposta alla domanda che tutti noi abbiamo cercato. 

Lo farò per me stesso. Lo farò anche a costo di uccidere queste due donne. 

Risa Dascira e Simona Paldim. 

Mi hanno sfidato, perché vogliono ritrovare i loro Angeli perduti, o forse vendicarsi. Qualsiasi fosse il loro piano, è fallito. 

L'Ousia sta per disintegrarle. Niente può fermare il mio volere. Niente-

"-tranne un altro volere."

Chi...?! 

"Ciao, Andromalius."

La Luce... è scomparsa...?! 

No, la mia cascata e il mio albero sono intatti... ma quel raggio che l avrebbe ucciso le due Giudici... che cos'hai fatto?! 

"Niente di personale. Ah, no... sì, è proprio personale. Vedi, qualche tempo fa, hai deciso che sarebbe stata una buona idea liberarsi del mio Angelo Custode."

I-io... cos'è questa, una vendetta?! 

"Circa. Non è stato proprio divertente, ciò che ho passato. Ma sono sopravvissuta, e avevo un favore da ripagare. Perciò... eccomi qui."

Maledetta... pensi di poter prendere il controllo della mia Luce?! Andiamo, provami! 

"Nah, non ne ho la minima intenzione. Sono solo l'arma segreta. Ad occuparsi di te sarà lui."

...lui? 

No... no, non può essere lui...

"Permettimi di ritirarmi. Fai del tuo meglio!"

...è arrivato, dunque. 

...che si faccia avanti. 

Io, oggi, non morirò. 

Jacob

Mi trovo ai confini dell'area deserta che ha creato, ora. 

La Shamshir-e-Zomorrodnegār si è del tutto riunita quando l'ho evocata. Dunque, Risa e Simona dietro di me sono indifese. Vorrei fuggissero. Dubito lo faranno. 

Per il momento, sembrano solo felici di essere riuscite a sopravvivere. Ma stanno anche guardando me. 

Sanno cosa sto per fare. Sanno che sto per rischiare tutto, combattendo quest'uomo. 

Sorrido nella loro direzione. Siete fiere di me? 

Prima di ricevere una risposta, le saluto con un gesto. 

E avanzo. 

<<Andromalius!>>

Quella sua cascata sta creando sempre più vento. Penso... di riuscire a vedere tutta l'Ousia dentro il suo corpo. Deve essere un effetto dell'averne dentro me stesso...

Posso perfino distinguere gli Angeli dai Demoni. Sono pochissimi, ora. Giusto un paio di centinaia. Quando saranno zero, quando saranno tutti parte di quel gigantesco Albero nel cielo... la sua implosione sarà attivata, e gli sarà offerta l'immortalità. 

Quanto a me, io ho solo due flebili Luci. Prego che il mio nuovo custode faccia la cosa intelligente, e mi aiuti. 

Tuttavia, se non dovesse farlo... ah, suppongo morirò. 

<<Sono qui per mettere fine a tutto questo!>>

Mi chiedo se possa sentirmi, a questa distanza... ma ho la sensazione che potrebbe comprendermi anche se sussurrassi. 

<<Jacob, non dobbiamo lottare.>> lo sento rispondere dall'altra parte del campo <<Capisci? Una volta che avrò ottenuto l'immortalità... potrò raffinare il metodo, ed insegnarlo a te! Insegnarlo a tutti quanti! Se mi dai solo un altro paio di minuti... potrò ricreare il Paradiso Terrestre!>>

L'immortalità...

Ad essere del tutto onesto, non vedo niente di falso in ciò che dice. 

Né vedo perché dovrebbe rifiutarsi di fare qualcosa del genere. Non correrebbe alcun rischio. Ci sarebbe solo da guadagnare. 

Anch'io... potrei guadagnare. 

...se fosse qualcosa che desidero. 

<<No.>> è la mia unica replica. 

<<Dannazione, ascoltami! Non dovrai temere i tuoi rimpianti, perché non avrai un'ultima ora nel quale ricordarli! Non dovrai dare uno scopo al tuo breve tempo, perché sarà più lungo! Non ha senso per te rifiutare!>>

No, non ce l'ha. Non ha assolutamente alcun senso. 

Tuttavia. 

<<...non m'importa.>>

Questo sembra averlo colpito. 

<<Allora fallo per tutti gli altri! Vuoi togliere a tutta l'umanità questa possibilità?!>>

<<Non m'importa.>> ripeto. 

<<Ahh... questo, questo è sbagliato! Ho visto i ricordi di Arsalan, ho visto le tue esperienze! Te ne pentirai! Lui ti ucciderà, e soffrirai solo per colpa tua!>>

<<Non mi importa!>>

È un grido. 

Faccio roteare la Spada nella mia mano. Che sia chiaro quel che sto per fare. 

<<...non m'importa. Dio stesso potrà fissarmi, non m'importa! Ho fatto una scelta... la scelta di ucciderti, e di riprendermi Arsalan.>>

L'Ousia comincia a scorrere ad alta velocità nelle mie vene. 

In alto, il cielo sta per essere oscurato dalle nuvole. 

Potrebbe piovere. 

<<Io non sono più il Giudice del Signore, io sono Jacob Aiagon, e anche dovessi morire, non mi farò mai più indietro!>>

È tutto pronto. 

<<Andiamo, Andromalius. Vediamo quale uomo è più forte.>>

Come un fulmine, corro verso di lui. 

Sento il suo urlo. <<E va bene! Fatti avanti!>>

Raggi di Ousia lasciano le sue mani. Cinque, uno per ogni dito. Ma sono tutti nella stessa linea, stessa direzione. Li taglio facilmente. 

...dall'alto, ora. 

Senza emettere ombra, c'è altra Luce che mi sta per colpire dall'alto. 

Faccio un salto indietro e la guardo gettarsi sulla mia lama. 

Scompare, o almeno sembra farlo. Nulla si distrugge. L'Ousia si disperde nell'aria...

Ed una volontà di terza parte la trasferisce direttamente nel mio corpo, rifornendomi. 

Così parto di nuovo all'attacco. 

Distruggo un raggio, ed un altro. Poi cominciano a spuntare dal terreno. 

Mi muovo lateralmente per evitare queste esplosioni. Una mi costringe ad arretrare, proprio mentre sto per essere attaccato alle spalle. 

Salto, faccio una capriola all'indietro, e lo taglio immediatamente. 

Non interrompo la mia carica un altro attimo. 

Mentre Andromalius continua a cercare di colpire, lo sento gridare. <<Come... cosa...?>> E poi si gira verso un angolo del campo, realizzando. <<Maledetta... Nephil->>

Ma non gli permetto di distrarsi. <<Guarda avanti!>>

Con un pugno, lancio la Spada come un proiettile. 

Istintivamente, cerca di fermarla con Ousia. Perde tre raggi prima di capire che non può farlo. 

Così, la afferra al volo. 

Ancora, mi rifiuto di fermarmi. 

In quel momento, vengo circondato da Luce da ogni lato. Una spirale senza via di uscita, nemmeno dall'alto. E sono disarmato. 

Lascio andare i miei piedi e metto tutto ciò che ho nelle braccia. Intorno ad esse, sembra che il tempo sia fermo. 

La mia destra evoca la Shamshir-e-Zomorrodnegār e crea un angolo distruttivo. 

La mia sinistra la prende subito dopo e fa la stessa cosa. 

Ribalto l'Arma nel mio pugno, e taglio il raggio sopra la mia testa. 

...senza che io abbia un graffio, i miei piedi toccano terra. Perdo solo un secondo di velocità. 

<<No... no!>> Lo sento nella sua voce... sta cominciando a spaventarsi. 

Tutto ciò per cui ha lavorato... così a lungo...

Il suo piano per vivere una vita dignitosa, il suo rituale capace di soddisfare il desiderio di ogni uomo, il frutto dei sacrifici del suo corpo, per non parlare di tutte le indirette vittime. 

Tutto ciò... sta per essere distrutto... da me. 

Non può più permettersi di limitarsi.

...no, a ripensarci...

Forse non è la paura. 

Forse il cacciatore si sta eccitando. 

...in ogni caso. 

L'Ousia comincia ad arrivare da ogni direzione. 

Ma questo, per me, è come tagliare gruppi di Demoni. 

Li uccido per il petto. Taglio la loro testa. Li divido in due. Trapasso la loro fronte. 

Quando vedo una cascata che mi obbliga a rotolare di lato, mi assicuro di distruggerla, così che possa assorbirne tutta l'energia. 

Rinvigorito, urlo il suo nome un'altra volta. 

Metto tutta l'Ousia nelle gambe. 

Vorrei scattare verso di lui, ma non posso. È troppo presto. Il terreno si sta illuminando. Salto all'indietro un attimo prima che esploda. Facendo roteare la lama salomonica di fronte a me, mi salvo dai pochi raggi diretti verso di me. 

Quanto al tornare giù... non credo di poter atterrare sui miei piedi. 

Alterno l'utilizzare la Spada per distruggere Luce in arrivo, e l'usarla come scala per scendere. 

Quando sono di nuovo a terra, mi ritrovo di nuovo circondato. Metto una sola mano sul terreno, e la forza data dalla caduta è abbastanza da farmi roteare su me stesso con il mio braccio come perno. L'altra mano taglia tutto ciò che sta intorno con la Shamshir. 

E ancora una volta, dopo questa acrobazia che non potrei mai ripetere, sono riempito di energia da quel che ho appena eliminato. 

Questa forza... è come quella che avevo da Giudice...

...non posso fare a meno di ricordare. 

Ricordare quel per cui sto lottando. 

Sto lottando per lui e per me stesso. Sto andando contro quel che avrebbe voluto, per quello che voglio io. 

Sto rischiando tutto per avere una sola cosa. 

Perché è quel che ho scelto di fare, e non potrei mai fare altrimenti. 

Guardo la distanza tra me ed Andromalius. 

Guardo il suo corpo, come un cadavere. 

Se questa battaglia dura troppo a lungo... potrei davvero capitare come lui, huh. 

Un incentivo... per finirlo subito! 

<<Preparati!>>

<<Non puoi uccidermi! Ho centoquarantaquattromila vite!>>

<<Allora... non dovrò fare altro che ucciderti centoquarantaquattromila volte!>>

Per l'ultima volta, corro verso di lui. 

E mi ritrovo davanti una pioggia di Luce. 

Un'accecante spettacolo di distruzione. Cascate di Luce Divina che attraversano il mondo, e nel farlo, sembrano riflettere qualcosa oltre esso. 

Come supernove in punto di esplosione. Come ogni anima nel mondo discesa a cantare, ad osannare il mondo dei vivi in un tentativo di uccidermi. 

Le schiere angeliche sono di fronte ai miei occhi, piene di odio, e non potranno fermarmi. 

Muovo la Spada con qualunque mano capiti. Taglio tutto ciò che vedo intorno a me. 

Tutto questo. 

È bellissimo. 

Ti ringrazio, Andromalius, per avermi permesso di osservare queste preghiere universali, e queste maledizioni, gridate al mondo umano da rancori di fiamma. 

Per questo, non potrei fare altro che amarti, come amo ciò che è nella mia vista. 

Ma è ora che tu muoia. 

Pongo la Spada di fronte a me, e avanzo. 

C'è davvero un solo sentiero. 

Quello che mi sto creando, eliminando ogni ostacolo che metterai tra me e te...! 

<<Maledetto... io... io...>> Lo sento dire. 

Sta abbassando le braccia, interrompendo ogni attacco. Ma la cascata in ascesa sopra di lui... si sta ora muovendo al contrario. <<Ho bisogno... ho bisogno di più Luce, ho bisogno di altri raggi...>>

Tuttavia, nemmeno questo riuscirà. 

Da una distanza ormai enorme alle mie spalle, un Chiodo Sacro viene sparato, colpendo proprio il suo flusso di Ousia. 

Andromalius grida. Di dolore. Di rabbia. Di sorpresa, perché lei è ancora qui. 

<<Risa... Dascira...!>>

Esatto. 

Sapevo che non si sarebbe arresa. 

Non ora. 

Non più. 

<<Questa storia è già scritta. La tua, la mia, quella di noi tutti. Noi tutti siamo destinati ad essere trascinati dal vento, e finalmente, a cadere. Siamo... come gocce d'acqua che cadono dal cielo.>>

Un'esplosione sotto i miei piedi mi costringe a schivare di lato. 

Ma questo non mi rallenta. 

La Luce della cascata di Andromalius è quasi accecante. Il vento potrebbe far volare via la mia Arma. Questo è quanto sono vicino. 

Troppo, a giudicare dalla paura sul suo volto. 

<<Basta... così!>> annuncia, una volta rimessosi su dopo il colpo subito. <<Devo spostarmi da qui! Anche se annullerà il rituale, devo->>

Il suo corpo cerca di muoversi. 

Non riesce. 

Qualcuno lo sta bloccando per le spalle. 

<<Tu?!>>

<<Non... sfuggirai...!>> dice Simona. 

Se solo per un attimo prima di fuggire...

Anche lei...

Anche lei, era impossibile decidesse di andarsene senza vederlo sconfitto. 

Non senza aver aiutato a sconfiggerlo. 

<<Noi... noi tutti... siamo come gocce d'acqua che cadono dal cielo... da soli, irrilevanti goccioline. Ma insieme... insieme, la pioggia può creare e distruggere un mondo.>>

È vero... è sempre stato vero, sì. 

<<La nostra vita è breve, e poi tutti spariamo nel nulla, senza lasciare alcuna traccia del nostro passaggio che non sia cancellata. Noi tutti siamo gocce d'acqua che cadono dal cielo.>>

Era sempre stato vero! 

Questa è la vita! 

Questi siamo noi! 

Come gocce d'acqua che cadono dal cielo! 

Non importa quanto gridiamo! Non importa quanto abbiamo paura! 

Anche se porta alla caduta...

<<Bastardo...!>>

...la mia direzione è una sola! 

In un attimo finale, trafiggo Andromalius con la Shamshir-e-Zomorrodnegār. 

E da qui... riesco finalmente a vedere... oltre l'oscurità delle sue orbite. 

Ah... i suoi occhi...

Sono degli stupendi occhi grigi. 

24 Novembre 2020

<<Hahhh... hahhh...>>

Sta ansimando. 

Come io sto ansimando. 

Piegato sulla Spada nel suo torace... sono... totalmente... incapace... di muovermi. 

<<...complimenti... Jacob.>> riesce a dire l'uomo. 

Sopra di noi, la sua cascata è scomparsa nel nulla... e tuttavia, l'enorme Albero della Vita rimane splendente nel cielo, incompleto. 

Immobile, come tutto il resto. 

<<I miei... più sinceri... complimenti. Purtroppo...>>

Il suo braccio sinistro comincia ad illuminarsi. 

<<...non è stato abbastanza.>>

Rimango incapace di sfuggirgli. Perciò, l'unica cosa che faccio è assicurarmi che la mia lama sprofondi sempre più nel suo corpo. Credo... che stia perdendo vite ogni secondo. Ma non ne sono sicuro. Ormai... nulla è più in mano mia. 

<<Addio, Giudice. Sei stato... ammirevole.>>

Un raggio di Ousia lascia le sue dita, diretto verso la mia testa. 

Lo vedo con la coda dell'occhio. 

Lo vedo...

...deviare, e schivare il mio intero corpo. 

Andromalius è sbalordito. <<Co... sa...?>>

Io...

Prendo il respiro per finalmente parlare. <<...avevo ragione. Ho fatto... una scommessa. Ed ho vinto.>>

Il mio sguardo incontra il suo, mentre continua a tentare di colpirmi. Ogni raggio fa la stessa cosa, cambia direzione prima di giungere alla mia testa. 

<<L'Ousia dei Demoni...>> continuo <<Mantiene le debolezze dei Demoni... per esempio, l'Acqua Santa. Così, ho pensato... che si applicasse anche agli Angeli.>>

Ha deciso di attaccare per i metodi normali, ora, ovvero un pugno. Finché mantengo quest'Arma dentro di lui, però, sembra troppo indebolito, e riesco facilmente a parare il suo braccio. 

<<Tu questo lo sapevi, Andromalius, non è vero? Infatti hai attaccato usando solo... Ousia di Demoni. Riuscivo a vederla, sai. Ho tenuto il conto. Ho aspettato che tu usassi tutta la tua Luce ottenuta da Diavoli Accusatori... e ora ti è rimasta solo quella ottenuta dagli Angeli Custodi. Ma hai dimenticato qualcosa... che io non potrei mai, perché è la ragione della mia esistenza.>>

Rimuovo la Shamshir-e-Zomorrodnegār dal suo cuore. 

<<Gli Angeli non possono uccidere umani!>> La Spada rotea nelle mie mani, pronta per tornare dentro di lui. <<Quante vite ti sono rimaste, Andromalius?!>>

Nel panico, l'uomo fa un gesto per riattivare la cascata, e assorbire Luce che ha già inserito nell'Albero della Vita. 

Ma io agisco prima. 

Quando lo trapasso questa volta, lo rimuovo dalla sua posizione. Rovino il suo incantesimo, ed il suo intero rituale. 

E tanto per buona misura, faccio entrare la Spada fino all'elsa con un pugno. <<È ora di cadere, finalmente!>>

All'inizio...

Non ottengo alcun risultato, se non quello di immobilizare il suo intero corpo. 

Poi sussurra. 

<<...ze... ro...>>

Quando riprendo di nuovo la mia Spada, Andromalius crolla all'indietro. 

<<Ah...>> sospira <<Dio... mi sono davvero... meritato... questo...?>>

<<No, Andromalius.>> Mi inginocchio sul suo corpo. <<Non hai fatto nulla di male.>>

Sorride, in modo piuttosto ironico. <<Ma a te... questo, non importa... eh?>>

Non c'è sangue. Non c'è odore. Il suo aspetto è identico al solito. Eppure, solo ora sembra... davvero un cadavere. 

<<...ho scelto di riportare qui Arsalan. Anche se ciò... significava fare questo.>>

<<Capisco... e hai rifiutato l'immortalità... senza pensarci due volte...>>

<<Non ho più da temere le mie ultime ore, né se le passerò a piangere.>>

<<Quindi... cosa... farai, ora...?>>

<<Proseguirò. Qualunque sia la strada.>>

<<...e se con Arsalan... non andasse... bene...?>>

L'unica risposta che posso offrire è una che ha già sentito. <<Per il momento? Non m'importa.>> Con uno scrollo di spalle.

Questo... rende il suo sorriso genuino. 

<<Quindi... è così... che funziona...>>

Quando la sua testa cade, non permetto che colpisca il terreno duramente. La accompagno con una mano, appoggiandola sul campo dove abbiamo entrambi scommesso tutto. 

E guardo questo corpo finché non è diventato un guscio vuoto. 

Addio all'Alpha e l'Omega. Addio ad un vero uomo, che ha combattuto per vivere. 

Ma con lui, anche ciò che ha creato deve andarsene. 

C'è un rumore assordante. 

Guardando sopra di me, vedo un gigantesco Albero della Vita con un'enorme crepa in mezzo. 

Con la poca forza rimastami, alzo la Shamshir-e-Zomorrodnegār per proteggermi. Chiudo gli occhi, pregando che Risa e Simona siano al sicuro. 

...quando si rompe, l'Albero fa un suono come l'implosione di un pianeta. 

...eppure, non c'è alcun impatto. 

Rialzato lo sguardo... vedo Ousia che si disperde... dirigendosi in ogni dove, ma principalmente verso la città. 

E al centro di tutto c'è lei. 

<<Adesso sei tu a dovermi un favore, Jacob!>> dice Lucia Celesti, gesticolando. Non sembra avere difficoltà, anzi, sembra starsi divertendo. <<Tornerò a riscattarlo, eh! Vai a vedere come stanno le tue amiche!>>

...agli ordini. 

Trovate Risa e Simona, corro verso di loro. 

La Giudice italiana ha abbandonato sia il fucile che la veste da Cavaliere. Non sorride, ma c'è qualcosa di diverso nella sua espressione. L'altra, invece, è chiaramente più soddisfatta di quanto l'abbia mai vista. 

Proprio quando sto per raggiungerle, inciampo, costringendo Risa a prendermi al volo. 

<<Hey! Hey!>> Mi aiuta a sostenermi più o meno da solo. <<Non muovere nemmeno le dita! Miseria, quanto sforzo...?>>

Non appena mi vede in faccia... il suo sguardo... così come quello di Simona...

...l'avevo immaginato. 

L'uso tanto intensivo dell'Ousia ha avuto un altro effetto... a giudicare dal tocco, ho una lunga cicatrice bianca sul viso, una linea diagonale da destra verso sinistra. 

E quando scoprono le mie braccia...

Sono quasi totalmente pallide... proprio come un cadavere. 

<<Oh no...>> mormora Simona. 

Cerco di ricoprirmi, ma ciò richiederebbe autonomia che al momento non ho. <<Non è... niente...>>

<<Anche le gambe devono essere così... e potresti aver perso un po' la vista, l'udito...>>

<<Oh be'... era ora che mi facessi qualcosa del genere.>> In qualche modo, mi metto in piedi da solo. <<Dimenticavo... grazie per i salvataggi.>>

<<Tu... e Lucia, suppongo... avete salvato prima noi, quindi siamo pari.>>

<<Ma voi avete salvato me da Inlus, quindi ancora no.>>

<<Ma tu hai salvato noi da Mara... credo...?>>

<<Solo dopo che voi eravate entrate nella mia anima per salvare me, però!>>

<<Quando l'avrete messo in chiaro...>> si lamenta Risa accanto a noi <<Lucia... che comunque dovresti ancora ringraziare me per aver portato qui come arma segreta... sta risistemando tutti gli Angeli Custodi eliminati da Andromalius, come da programma.>>

<<E i Demoni?>> è la domanda che mi viene spontanea. 

<<Ovviamente no. Chiedi cose più intelligenti. A meno che non decida che alcuni di loro sono abbastanza gentili, il che, date le sue esperienze passate, dubito. In ogni caso, credo dovremmo lasciarla fare... potrebbe impiegarci ore. Ma i nostri Angeli, se ho previsto bene, appariranno nel luogo in cui sono stati incarnati, quindi questa sera dovrò tornare a Roma.>>

<<E nel frattempo?>> chiede Simona. 

La ragazza italiana si getta sul terreno, coricata. <<Hai di meglio da fare?>>

<<Ah, dormire in lande desolate, il mio hobby preferito.>> scherza lei mentre segue il suo esempio. 

<<La città è a due passi da qui.>>

<<Quella è la parte desolata, sì.>>

La mia attenzione è distolta...

Dal cielo. 

Si stanno ancora raccogliendo nuvole. A questo punto, sarei sorpreso se non piovesse. 

...il che significa...

...che quest'erba distrutta potrebbe riprendere a crescere. 

Hah. 

Mi piace l'idea. 

Con essa nel cuore, mi riposo finalmente accanto a loro, ascoltandole parlare. 

<<...ah, Risa... una cosa sola...>>

<<Cosa?>>

<<...quando dicevo che per te sopravviverei alla fine del mondo...>>

<<Io farei lo stesso, Simona. Io farei lo stesso.>>

Finis

Per lei, sarebbe stato facile. 

Simona trovò finalmente Raguel seduta su una panchina in un parco, in un remoto villaggio. 

L'Angelo, tenendo lo sguardo basso, non lasciò nemmeno che si avvicinasse prima di parlare. 

<<Che cosa hai fatto?>>

La sorpresa la fece fermare, ma nemmeno per tanto. 

<<Ho combattuto Andromalius.>> rispose <<Per te.>>

<<Ti avevo detto di non farlo.>>

<<E pensavi ti avrei ascoltata?>>

La Giudice si inginocchiò di fronte a lei, e le tese una mano. 

<<Raguel... devi capire questo. Anche quando tu te n'eri andata, uccisa di fronte ai miei stessi occhi... io non ho avuto paura. Nel buio, per la prima volta, ho scoperto di non avere paura. Ero sola con me stessa. Ed ero fiera di esserlo.>>

<<Allora...>> singhiozzò lei <<Perché...?!>>

<<Perché, anche se potrei vivere da sola per il resto della mia vita, non ho alcuna intenzione di farlo. Nella mia totale indipendenza, ho scelto di essere con te. E tu non oseresti mai deludermi, vero?>>

C'era poco che potesse fare, se non rispondere con un "sì", o un "no", e per quello non aveva il coraggio. 

Significava rischiare. Significava accettare quel giuramento potenzialmente mortale. La parola, in realtà, non usciva proprio dalla sua bocca, qualunque fosse. 

Perciò... seppur lentamente, prese la terza opzione. 

<<...h-hah. Ricordi... in questo parco...? Sei venuta a giocarci migliaia di volte...>>

<<Come no. Milioni.>>

<<E ricordi... la tua prima compagna di giochi...?>>

<<Hmmm... Abby, giusto? Avevo, tipo... nove anni... lanciai la palla dall'altra parte del campo e presi quella bambina giusto in faccia. Invece di arrabbiarsi, quella pazza si mise a ridere e cercò di colpirmi in risposta. Non smettemmo di tirare finché non avevamo entrambe i nasi rotti.>>

<<Haha...>>

<<E poi... in quell'ingenuità infantile, ci demmo la mano, e lei chiese...>>

Non la lasciò finire. 

Raguel intrecciò le propria dita con le sue, ed alzò il viso. 

<<"Amiche"?>>

Esatto. 

Quella era sempre stata la domanda fondamentale. 

<<Amiche.>>

...per l'altra, invece, sarebbe stato meno facile. 

A centinaia di chilometri di distanza, Risa stava tornando a casa. 

Entrò in una stanza buia sotterranea sfondando la porta. 

C'erano due suore, ed un Angelo incatenato al muro. 

<<Zedel!>>

Le donne cercarono di fermarla, ma lei le interruppe. Mostrò loro qualcosa che teneva in mano. 

Un pulsante... no... un detonatore. 

...aperta la veste che indossava, rivelò tanti esplosivi che era un miracolo riuscisse a muoversi. 

<<Questa è la quantità necessaria per distruggere i Chiodi Sacri, qui nella mia tasca. Sapete, una delle poche Reliquie di Cristo che possediamo? Sarebbe un peccato se dovessero essere incenerite. Insieme a tutte noi, intendo.>>

<<Non oseresti->>

<<Madre, se anche solo sfiora me o quell'Angelo, le cose che oserò fare andranno oltre ogni sua immaginazione.>>

Un po' le sue parole... un po' il modo di pronunciarle... e un po' il suo sguardo... convinsero le due suore a correre via dalla stanza. Si unirono ad una folla che era stata spaventata dallo stesso metodo, e ora era impotente di fronte a Risa Dascira. 

Il Cavaliere disertore, concentrata su una sola cosa. 

<<...idiota.>>

<<Risa... non avresti dovuto farlo.>> disse Zedel, fredda e inflessibile. 

<<E cosa farai, allora?! Ti suiciderai di nuovo?! Oh, quanto nobile! Quanto, fottutamente, nobile!>>

Non riusciva a trattenersi dall'urlare, anche senza dire nulla. Voleva soltanto... che la ascoltasse, per una benedetta volta. Che facesse le cose come le aveva organizzate lei. 

<<Ma no. Voi Angeli... voi siete la volontà di Dio! Non potete essere sottomessi a nessuno tranne a Lui! Se non è una cazzo di voce dal cazzo di Cielo a dirvelo, voi non fate un cazzo->>

<<Ma ti sei rimbecillita o cosa?!>> gridò lei. 

Risa arretrò, spaventata. 

<<È tra me e te questo! Se mi sono fatta uccidere, era solo per te!>>

<<Per me? Per me?! Ti ho detto che->>

<<Come fai a non capire?! Come fai a non capire che finché sarò qui, non sarai capace di superare tutto questo?!>>

<<Superare?! E per andare dove?! Cristo Santo Zedel, dove pensi possa andare se non verso di te?!>>

...funzionò nel farla stare zitta, almeno. 

<<Tu... pensi...>> continuò il Cavaliere <<Cosa, che non potrei smettere di ricordare questo posto, questo Dio, questa vita, se avessi te al mio fianco? Che porteresti solo cattivi ricordi? Ti sbagli, Zedel! Quando guardo te, gli unici ricordi che vedo sono quelli di noi due! E sono tutti bellissimi! Tu sei l'unica cosa di questa vita che non voglio dimenticare!>>

<<Risa... per favore, non...>>

<<No, ora tu mi ascolti! So riconoscere la differenza, ormai! Smetti di forzare questo sentimento su di te, e come hai già fatto, dimmi di nuovo che cosa provi per davvero!>>

<<No! Io->>

Quella parola fu l'ultima goccia. 

Risa mise tutta la propria forza in un pugno. 

...ma non ferì Zedel. 

In un istante di autocontrollo, deviò il colpo verso il muro. 

Faceva male. 

Faceva male la roccia, e faceva male l'idea... di aver cercato di attaccare lei... come al solito. 

Pensò... che forse... avrebbe solo dovuto andarsene...

Ormai, aveva perso alcun diritto di insistere. 

Perciò attese che scegliesse lei di parlare.

<<...Risa.>>

<<Per favore, non...>>

<<...i miei sentimenti sono gli stessi. Voglio solo essere con te.>>

La ragazza si voltò, forse ancora più arrabbiata. <<E allora perché...?!>>

<<Infatti... non c'è alcun motivo.>>

Con la propria forza... e con l'uso dei Chiodi... l'Angelo ruppe le catene che la legavano. 

Una dopo l'altra caddero, lasciando solo lei... e la sua Giudice. 

<<Lasciamo questo posto... insieme... Risa.>>

Ah-

Quelle emozioni che aveva provato...

Le sue prime vere emozioni in anni...

Invasero di nuovo il suo cuore tutte allo stesso momento. 

<<...sì. Lasciamolo per sempre, Zedel.>>

Alle sue spalle, l'intero esercito del Vaticano avrebbe tentato di fermarle. 

Ma ancora, non era su di loro che si concentrava Risa, la quale presto si sarebbe comunque fatta strada tra loro. 

...senza ombra di dubbio, quel sorriso sulle sue labbra era per lei. 

24 Novembre 2020
Jacob

Sotto una luna nascosta nella notte. 

Sotto una leggera pioggia, in acqua luminescente come le stelle. 

Sopra il piatto soffitto di un edificio sacro abbandonato. 

<<Arsalan.>>

Questo è il mio saluto a lui. 

L'Angelo rivolto nella direzione opposta, verso la città. 

Il contenuto del suo sguardo mi è sconosciuto, ma non ho bisogno di vederlo. So che tutto andrà come dovrà andare. 

Per questo non esito a prendere il primo passo verso questo bivio. 

Dove i fiumi dal fianco del destino si dividono. 

<<Ho ucciso Andromalius... per riportarti qui. Ho combattuto, ho rischiato tutto. E ti ho riportato qui.>>

Non ottengo risposta. 

<<...adesso quel che farai, sta a te sceglierlo, suppongo. Ma in quanto Angelo... ti chiedo di accettare la mia preghiera.>>

E tornare da me. 

Torna da me, e rimanici per sempre. 

<<...Jacob.>>

Nel vento, la sua voce è quasi un sussurro. 

<<Era davvero questo che volevi?>>

<<Sì. Senza ombra di dubbio, sì.>>

<<Ed è quello che vuoi ancora?>>

<<Con ancora più fervore di prima.>>

So cosa chiederà dopo. Il suo istante di esitazione nel dirlo quasi mi uccide. 

<<E lo vorrai sempre?>>

<<...non lo so. Ma non importa.>>

<<Le mie azioni possono ancora ferirti, Jacob. Lo capisci questo?>>

<<Lo capisco. Non importa.>>

<<Ho visto e vedo ancora il nostro futuro. Te ne pentirai. Ti pentirai di questa decisione.>>

<<Forse. Ma non importa. Non ho più paura. Non ho più intenzione di fermarmi di fronte ad un bivio... anche se dovesse significare sofferenza. Ho tutta l'intenzione di proseguire secondo il mio cuore.>> Gli tendo una mano. <<E tu, Arsalan?>>

Ancora... silenzio. 

L'Angelo sta chiudendo e aprendo le dita, come a verificare il funzionamento del suo corpo. 

<<...hai ucciso Andromalius. Non perché lo meritasse...>>

<<L'ho fatto per te.>>

La pioggia si fa più pesante. L'odore di terra bagnata riempie le mie narici. 

<<...lo hai fatto davvero per me? O per il tuo proprio senso di orgoglio, per vendetta, per liberarti di una spina nel fianco?>>

"Che cosa...?"

Finalmente Arsalan si gira. Il singolo occhio azzurro ora visibile mi scava dentro il petto con lo sguardo. 

<<No, tu l'hai fatto per te, Jacob. Per te e nessun altro. E te l'ho detto... un egoista non vince mai nessuna battaglia.>>

Con un fulmine che illumina la notte, la sua mano chiama a sé la Shamshir-e-Zomorrodnegār. 

Non posso far altro che arretrare per la sorpresa. 

<<Arsalan->>

<<Eppure tu credi di aver vinto. Di avercela fatta. Di aver trovato tutte le risposte. Ma non puoi saperlo. La tua nuova promessa non è che solo un'altra strada... e la abbandonerai non appena troverai il dolore.>>

Ah...

Come posso negare quel che dice? 

Non sono io quello capace di prevedere il futuro. 

Il passato, ogni evento nella mia vita fino ad ora, dimostrerebbe che ha ragione. 

...no...

...no, non è questa la risposta. 

<<Finché il mio cuore mi dice di procedere... questo è l'unico futuro che esiste. Non importa cosa accadrà, hai capito?! Ho scelto questa strada, e la percorrerò fino alla fine!>>

<<Ripeti frasi insensate.>>

<<Sono tutto il senso per me!>>

<<...bene, allora.>>

Rilassando la propria postura, l'Angelo...

Si disarma, gettando la Spada giù dall'edificio. 

E rivolge tutto il suo corpo a me. 

<<...lo senti? La connessione tra noi due si sta ancora ricostruendo. Questo significa che, proprio come te, al momento sono forte solo quanto un semplice umano... e perciò, posso davvero fare ciò per cui sono stato inviato.>>

I suoi piedi saldi per terra. 

I suoi pugni alzati. 

E i suoi occhi rivolti dentro i miei. 

In sincrono con la tempesta intorno a noi, l'Angelo ruggisce il mio nome. 

<<Jacob Aiagon! In quanto Angelo di Dio... no, in quanto tuo Angelo Custode...! Metterò alla prova la tua convinzione! Sconfiggimi per dimostrare la tua saldezza d'animo!>>

Sconfiggerlo...? Io... <<...non voglio lottare con te.>>

<<Davvero? Allora perché le tue mani fremono in quel modo?>>

<<Le mie-?!>>

...è vero. 

Non riesco a smettere di tremare. 

Le mie mani... il mio corpo...

...è questo... è questo... che voglio. 

Il mio corpo... ha bisogno di incontrare il suo. 

Di assalirlo. Di colpirlo. 

Di rabbia e amore sento il mio cuore battere, e queste labbra asciutte si piegano verso l'alto. 

Sì... tutto ciò che voglio è... colpire... Arsalan... e continuare a colpirlo... finché la morte di uno di noi... non ci separi. 

<<...hahaha. E va bene, Arsalan!>>

Non prendo la Spada, no. Voglio che sia la mia stessa pelle a toccarlo. Lo rendo chiaro, mostrando i pugni. 

<<Facciamolo, bastardo!>>

I miei deboli piedi lasciano terra, dirigendosi verso di lui in uno scatto. 

Sul suo volto non c'è alcun sorriso. Ma l'energia che sento è del tutto pari alla mia. 

<<Il tuo Giudizio è iniziato!>>

Il primo è mio. Un pugno nella faccia. Ne ricevo uno nel fianco in cambio. 

Lo sento. Sento il suo intero peso su di me. Ma non mi fermo. 

Mi ha afferrato il braccio e potrebbe romperlo facilmente. Per questo lo respingo con un calcio. 

Ah... per un istante, c'è furia nel suo sguardo. 

Incrociarlo mi da i brividi. 

Mi eccita, mi incita a continuare. 

Entrambi torniamo all'attacco subito dopo. 

Non penso più a quel che sto facendo. La mia mente si è disciolta, lasciando solo un istinto animalesco. 

Il vuoto che si concentra su una cosa. 

Il suo corpo. 

La sua liscia pelle bianca. Il suo petto pulsante. Le sue gambe tremanti. 

La mia mano li sfiora tutti nel suo viaggio verso i suoi polsi. 

Sento le mie vene a contatto con le sue. 

Lo sto tenendo fermo, ora. 

...ho sete. 

Ho sete, e la sazierò con lui. 

Thump

Il mio ginocchio si scaraventa sul suo stomaco. 

Thump

Ancora. 

Thump

E ancora. 

Thump

La mia testa gira. È un'ubriachezza. Indebolita, i ricordi cominciando a roteare tra la mia e la sua mente. 

Thump

<<Io... sono e sarò sempre... il suo Angelo Custode.>>

Thump

<<Se ti dispiace allora ucciditi! Risparmiaci tutti e due e ucciditi, bastardo!>>

Thump

<<Dimenticherò tutto ciò che provo per lui, e lo guarderò come uno sconosciuto.>>

Thump

<<Anche se sia un Demone o se la tua mente sia frantumata. Tu, che cosa provi, Jacob Aiagon?>>

Thump

-che cosa provo? 

Tu... Arsalan...

Mi hai mentito... manipolato... reso questa marionetta di Dio

Provo... dolore. 

Thump

E voglio che tu provi lo stesso dolore! 

Thump

-ha respinto il mio colpo. 

E ora sono caduto sulla schiena. 

La figura dell'Angelo copre la luna, il suo sguardo sembra risplendere della stessa luce. 

Ma tra una corona di stelle, vedo pura emozione. 

La mia rabbia nei suoi occhi. 

La mia stessa passione nel suo pugno. 

Thump

Ah...! 

Thump

Sì... proprio così...! 

Thump

Non fermarti... per favore, non fermarti...! 

Thump

Non... osare... fermarti...

Thump

Quell'onore... spetta... a me! 

Thump

A costo della mia, riesco a fermare la sua mano. 

La afferro. La sbatto sul soffitto sotto di noi. 

Mentre mi rimetto in piedi, uso tutta la mia forza rimasta per colpire la sua faccia con un calcio. 

Rimane giù. 

Mi dà l'opportunità di bloccarlo mettendo il mio corpo sul suo. 

E le mie dita intorno alla sua gola. 

Soffocando, la sua espressione di rabbia diventa una di sofferenza, e poi, di determinazione. 

È lui a prendere i miei polsi, ora. 

Cerca di separarli con tutta la propria forza. 

...alla fine, ci riesce. 

E incapace di contrattaccare in altri modi, alza il busto ed usa i propri denti. 

Attraverso ogni vestito, affonda con un morso nella parte inferiore del mio collo. 

Non sono più capace di trattenermi. 

Rilascio un verso come una bestia in agonia. 

Proprio mentre grido, proprio mentre lui si alza, vedo un fulmine cadere lontano. 

Per un secondo, fa sembrare meno fitta l'oscurità. 

Il mondo oltre le ombre sembra tornare in primo piano. 

Come se esistesse qualcosa oltre ad esse. 

...tuttavia, in quell'attimo di luce...

Il suo volto diventa visibile ancora una volta. 

A me come a lui. 

Siamo entrambi cosparsi di sangue. 

Io del suo. Lui del mio. 

Rialzatosi, pronto per attaccare di nuovo, Arsalan si tocca il viso. 

Il suo animo esita. 

In quell'istante, sta dicendo di non volere più combattere. 

Ma io...

Non importa quanto il mio respiro sia debole, quanto il mio cuore stia per esplodere, quanto la mia mente stia cercando di sfuggire la vista di quel rosso. 

Io non ho finito di parlare. 

Per questo mi getto su di lui con un passo pesante. 

La nostra connessione si stava rafforzando, ed ora è abbastanza forte. 

Il tetto su cui ci troviamo crolla. 

L'Angelo cade con esso. Ma non glielo permetterò. 

Afferratolo per le spalle, non smetto di correre un attimo, finché non ho raggiunto il fondo di questa sinagoga. 

Il suo corpo si trova tra me e la dura roccia di questo muro, ora. 

Sta tremando. 

È incapace di muoversi. 

Non c'è più il rumore della pioggia. 

Solo i nostri respiri. 

<<...avanti. Finiscimi.>> sussurra lui. 

Potrei farlo. 

Potrei farlo con le mie mani. Potrei farlo con la Spada Sacra. Potrei persino chiedere a qualcun altro di farlo. 

Già... potrei farlo, perché è debole di fronte a me, come è sempre stato. 

Come questo maledetto, questo bugiardo, zelota, pezzo di merda senza cuore... è sempre stato...! 

...potrei farlo, ma non ho alcun'intenzione di farlo. 

<<Avanti!>> ripete <<Fammi fuori, e vivi la tua vita!>>

<<Quindi sarebbe per questo? Per la mia vita?>> chiedo, ancora non lasciandolo andare. 

<<Tutto ciò che ho fatto ti ha ferito! Non mi sarei mai dovuto incarnare in questa contraddizione! Rimuovi il tuo cancro, è per il tuo bene!>>

<<Per il mio bene?>>

Si ritira di nuovo nel silenzio. 

<<Lo hai fatto davvero per il mio bene? O per il tuo proprio senso di vergogna? Per redenzione? Per liberarti di un pentimento?>>

<<Che cosa... stai...?>>

<<...Daniele mi ha detto di salutarti... e che vi vedrete presto.>>

Eccolo. 

I suoi occhi non riescono più a fermare le lacrime. 

Finalmente ha avuto una chiusura. 

Permettendo a me di entrare. 

<<...avevi ragione, sai. Non potevo semplicemente... smettere di odiarti in un giorno. La mia rabbia era ed è ancora qui.>>

<<Allora uccidimi!>> piange lui, disperato. 

<<No. Perché questo odio accompagna qualcos'altro. Non so cosa significhi, e non m'importa.>>

<<Come può?!>>

<<Perché sento un desiderio. E non esiterò a seguirlo facendomi domande.>>

Ora metto la mia mano sulla sua guancia.

<<Arsalene. Io non ho più paura del futuro. 

Capisco i tuoi timori. Capisco che vuoi proteggermi al meglio delle tue abilità, e non hai idea di come farlo, e vuoi soltanto il mio bene. Ma a me... non importa.

Io voglio fare le mie decisioni. Anche se dovessero essere sbagliate. Anche se dovessero portarmi fino all'Inferno. Voglio proseguire per la mia strada, non fermarmi nell'incostanza. 

Perciò... ancora una volta, ti prego... io non voglio che tu sia il mio Angelo Custode! Non lo voglio! E non so... che cosa provo. Non so se vederti come un avversario, un amico, o qualcosa di più.... non so cosa dovrei provare per te, o che cosa provo al momento. Ma so che...

Io voglio che tu sia Arsalan... che tu sia con me... e so che... voglio... questo.>>

Incapace di fare altro, cado sulle sue labbra. 

Sento la pioggia salata, il sangue dolce, e le lacrime amare. Sento l'Angelo dal corpo caldo, e ogni cosa mai sognata. 

Sento i nostri ricordi, i nostri scontri, i nostri momenti migliori e peggiori, quando mi ha salvato e quando mi ha ferito, quando l'ho respinto e quando l'ho abbracciato. Mi rifiuto di dimenticare un solo secondo di noi. 

Non lo lascio andare finché la mia sete non si è saziata. Ogni fibra del mio essere sente di essere soddisfatta, per la prima volta. 

Perciò, posso solo rimanere fermo nella quiete. 

<<...ah...>> sento una voce sospirare. 

Sul volto di Arsalan vedo...

Un sorriso. 

Un vero, amante sorriso. 

<<...se questa è la tua preghiera... ti giuro che, finché vivremo, io sarò tutto ciò che vuoi...>>

...è ovvio, ormai. 

Stavolta entrambi sentiamo i nostri desideri. 

Anche finito questo bacio, non smette di guardarmi negli occhi. 

<<...mio Giudice.>>

25 Novembre 2020

Sotto la notte, la pioggia continua a scendere. 

Sento le gocce d'acqua, piene di paura. 

Stanno cantando. 

Stanno cantando, e ballando un'ultima danza prima di dirsi addio. 

In questo spettacolo, che scelta può mai avere un uomo se non di unirsi? 

<<Andiamo, Arsalan.>>

Il mio sorriso è ricambiato dall'Angelo di fronte a me. 

Due gocce si alzano nel cielo. 

Mano nella mano. 

Amen

<<Andiamo a casa.>>

The Ars Iudicum Holiday Special

Epilogo

<<Ti dico che non sono offeso... ho capito, ho capito. Voi state da zio, e io festeggerò qua. Non è nulla di che. Davvero. Non preoccuparti. Va bene, va bene, ciao, ci sentiamo dopo. Salutami mamma!>>

Jacob chiuse la chiamata per primo, e subito si rivolse ad Arsalan. <<Scusami. Cosa stavi dicendo?>>

<<Che devi sbrigarti.>> rispose l'Angelo <<Questo dolce non si preparerà da solo.>>

24 Dicembre 2020

Quella sera, i due si presentarono di fronte ad una porta nuova. Suonato il campanello, dovettero aspettare un po' per essere accolti. 

Ma quando furono accolti, fu con estremo calore. <<Ce l'avete fatta! Buon Natale!>> salutò Elliot, lasciandoli attraversare la soglia della porta. 

<<Buon Natale anche a te.>> rispose il ragazzo al senzatetto. O meglio... il precedentemente senzatetto. <<Mi piace come hai arredato il posto.>>

Questo era vero. Il suo nuovo appartamento era venuto con pochi mobili, che però lui aveva riorganizzato in modo da eliminare ogni senso di vuoto. Qualche quadro l'aveva decisamente comprato, e il lampadario, Jacob non lo ricordava. 

<<Come hai fatto tutti questi spostamenti...?>> domandò invece Arsalan <<Ti avremmo potuto aiutare noi!>>

Elliot fece un gesto di negazione. <<No, avete già fatto abbastanza... aiutandomi a trovare ed acquistare questa casa. E quei soldi...>>

<<Il Vaticano continua a pagarci, per qualche motivo.>> L'Angelo alzò le spalle, con un sorriso maligno. <<Finché non trovi lavoro, servono più a te che a noi.>>

Pronunciò questa frase mentre entravano in cucina, dove una voce femminile si aggiunse alla conversazione. <<Vorrei vivere anch'io di rendita papale.>>

Rhoda era seduta su una poltrona nella stanza. Salutò, con un leggero ma carino sorriso. <<Buon Natale. Cos'è quella, una torta?>>

Arsalan posò la scatola sul piano cottura, per poi aprirla. <<Certo. Cosa, non eri coinvolta nei piani preparativi del cibo?>>

<<Non sa cucinare.>> sussurrò Elliot. 

La ragazza protestò, battendo un piede a terra. <<Non ascoltarlo! Ho un microonde e tutto il resto!>>

<<Hai intenzione di aiutare, allora?>>

<<Pfft. No.>>

<<Arsalan, sei l'unico di cui io possa fidarmi, da queste parti.>>

<<Come sempre.>> ribatté lui <<Allora, cosa abbiamo qui... ah, ho menzionato che so preparare solo cibo italiano...?>>

Mentre i due tecnicamente più anziani si occupavano dei fornelli, Jacob aveva finalmente trovato l'appendiabiti, la cui locazione si era rifiutato categoricamente di chiedere, ed era arrivato nella stessa stanza. <<Oh hey. Auguri.>> salutò a Rhoda. 

<<Anche a te. Da quant'è che non ci vediamo?>>

<<Uhhh, una settimana?>>

<<E vedo che in quella settimana hai smesso di nuovo di ascoltarmi. Niente più trucco?>>

Il Giudice sospirò, e si toccò il segno bianco sul volto. <<Troppo scomodo applicarlo ogni giorno. Del resto, non è nemmeno tanto brutta.>>

<<In quanto a cicatrici, ho visto di peggio.>> si intromise Arsalan, agitando un mestolo <<E comunque tutti gli eroi epici dovrebbero averne una.>>

<<Eroi tragici.>> Rhoda si alzò, e sollevò la poltrona per spostarla nel salone vicino, più spazioso. <<Quindi, uh...>>

<<Aspetta.>> Jacob la aiutò, prendendola per i piedi dal lato opposto. 

<<Ah, grazie. Dicevo...>> Solo una volta che l'ebbero portata nella suddetta stanza grande riprese a parlare. <<Quindi, ora è tutto a posto?>>

Lui si diede un'occhiata intorno. Tre piccoli tavoli erano stati messi adiacenti, e circondati da sedie tutte diverse. Almeno le posate appartenevano allo stesso set. <<Be', mi sembra ben apparecchiato.>>

<<Non intendo dire quello. Perché dovrei intendere dire quello? Intendo dire tra te e lui.>>

<<Ahh! Certo!>> rispose, slanciandosi sulla poltrona che avevano appena posizionato. Quell'argomento sarebbe potuto essere imbarazzante, se non fosse stato che Rhoda era decisamente più in imbarazzo di lui. <<Ti ho già detto che è tutto risolto.>>

<<Niente più, eh, desideri di omicidio?>>

<<Niente.>>

<<Solo... andati così?>>

<<Potresti dire che sono stati lavati via dalla pioggia.>> Il ragazzo rise alla sua stessa battuta, incomprensibile per chiunque altro. <<Ma sì. È uno dei tanti benefici di uno scontro mortale in cima ad un edificio abbandonato.>>

<<Insieme a un raffreddore.>>

<<Insieme a un raffreddore.>>

<<Quindi, ora che avete avuto uno scontro mortale eccetera, questo cosa vi rende esattamente?>>

Jacob ci ragionò sopra per un po'. 

<<...Giudice e Angelo.>> concluse. 

<<Che risposta del cazzo.>>

<<Che domande del cazzo.>> ribatté, scherzosamente. <<Non pensi siano affari privati?>>

<<Ah, non fraintendermi. Voglio solo essere sicura che stai bene.>>

<<E io voglio solo capire perché tutte le ragazze che conosco hanno deciso di adottarmi. No, davvero.>>

<<Le tue scelte stilistiche ed atteggiamento in generale rendono difficile considerarti più grande di tredici anni.>>

<<Wow.>>

In quel momento, il campanello squillò di nuovo. Jacob si alzò istintivamente e camminò fuori dalla stanza. <<Non pensare che sia finita qui, eh?! Questa me la segno!>>

<<Ecco, appunto.>>

Senza parlare per non scavare la propria fossa ulteriormente, Jacob raggiunse l'ingresso, ed aprì la porta. 

"Ah, parli degli Angeli e ti spuntano le ali."

<<Buon Natale.>> gli augurò Risa. <<Siamo in ritardo?>>

<<Ti ho già detto che non siamo in ritardo.>> rispose Zedel. <<Auguri, comunque.>>

Il ragazzo prese le scatole che la prima portava e le lasciò entrare. <<Un attimo. Questi cosa...?>>

<<Quelli vanno sotto l'albero, ovvio.>>

<<...ovvio.>>

Furono poi accolte da Elliot, con le mani ancora sporche di ingredienti assortiti. <<Ah, auguri anche a voi. Dovrete scusarmi, sono certo il Cristo, in qualche giorno degli ultimi duemila anni, si sarà lamentato di gente come me, ma questa festa per me è sempre significata solo cena e regali.>>

<<Tranquillo. Anche a Lui piacciono cene e regali.>> disse l'Angelo dai capelli verdi, con espressione indecifrabile come al solito <<Ci siamo tutti?>>

<<Ora sì. Se le signore italiane mi faranno il piacere di unirsi a me in cucina...>>

Dall'altra stanza, Arsalan gridò: <<Stiamo andando benissimo, qui!>>

Fu questo che, casualmente, fece ricordare a Rhoda del suo udito sovrumano. 

Fu questo, e l'ovvio odore di bruciato, che fece arrabbiare Risa a tal punto da gettare via il contenuto della pentola tenuta da Arsalan senza nemmeno controllarlo. 

Furono queste cose che fecero rassicurare Jacob mentre, posate le nuove scatole sotto l'albero, si lasciava cadere sul divano senza pensare. 

Le piccole cose. I momenti di vita tra amici. 

Se c'erano ricordi che voleva conservare, erano quelli. 

Ricordi... non rimpianti. 

No, sul letto di morte, quando avrebbe vissuto tanti anni da perdere il conto e dimenticare il tempo, non immaginava che avrebbe potuto ripensare alle sue imprese...

...ma solo alle piccole cose che lo avevano convinto a procedere ogni giorno. 

Coloro che amava. 

"...hah, sto davvero cominciando a parlare come Simona..."

Simona... vero, gli dispiaceva il non poterla nemmeno vedere. 

La ragazza, in realtà, aveva ammesso di odiare il Natale. Una delle poche cose che odiava! Dovevano supportarla. E la capivano, almeno un po', in realtà. Se lui avesse dovuto sopportare le folle per le strade, le luci accecanti e i rumori per un mese, senza poi nemmeno festeggiare nulla? Si sarebbe ritirato dalla società, pensava. 

Anzi, guardando fuori dalla finestra, gli veniva solo da chiedersi dove fosse in quel momento...

24 Dicembre 2020
Simona

Naturalmente, sul divano. 

Insieme a lei c'era Raguel, la quale, telecomando in mano, scorrendo per un servizio streaming, continuava a dire nomi che lei non conosceva. 

<<Che vuol dire "Mai sentito"?!>> sbraitava l'Angelo <<Come non hai mai sentito di Essi Vivono?!>>

<<Eh, non guardo molte serie TV.>>

<<È un film! È da mezz'ora che ti elenco film famosi! Icone, classici, veri->>

<<Gli unici film che guardo sono quelli con attori wrestler protagonisti.>>

<<Lo so, purtroppo! Ti ho vista cercare di replicare la muscolatura di tutti quei tizi!>>

<<E ho decisamente superato John... uh, quello lì.>> Simona sbadigliò. 

<<Okay. Conosci Schwarzenegger? Forse lui sarà più adatto ai tuoi gusti!>>

<<I miei gusti... tendono ad essere... pronuncia->>

Per quanto sarebbe certamente stata una battuta esilarante, si addormentò sul colpo prima di poter illuminare il mondo con essa. 

Raguel sentì disappunto che non pensava avrebbe mai potuto rimpiazzare con altre emozioni, tanto era forte, e riprese a girare tra i film. <<Forse dovrebbero fare un remake di Citizen Kane con wrestler.>>

Scherzava, senza immaginare cosa fosse appena accaduto. 

Il sonno di Simona non era uno naturale, no... per quanto questa storia avrebbe aver potuto far pensare il contrario, il suo ritrovarsi in un vuoto nero non era naturale. 

<<...huh? Questo tipo di sogno è nuovo. Aspetta, ho appena detto "sogno"?! Sto avendo un sogno lucido?!>> Batté le mani oniriche, eccitata. <<Posso fare quello che voglio! Allora, uh... una spada più bella di quella di Jacob, grazie!>>

<<...questo è impossibile, anche per me.>>

La ragazza si girò. Quella voce... l'aveva già sentita. 

E la faccia che si ritrovò davanti... era in qualche modo familiare. 

Forse perché era quella di Arsalan... ma... distorto. I suoi capelli erano piegati verso il basso, i suoi vestiti strappati. E la sua bocca... si estendeva... come quella di un cane. 

<<Purtroppo, nemmeno il Signore dei Sensi può creare un'arma del genere.>> concluse la figura. 

...il Signore dei Sensi...? Quello era il titolo di...

<<...Mara.>>

<<Già.>> confermò il Deva <<Ho assunto questa forma perché l'avresti riconosciuta... dimenticando che no, non l'avresti riconosciuta.>>

<<Genio. Non eri morto o qualcosa?>>

<<Pensavi davvero che quella donna potesse cancellare l'esistenza di una creatura che ha vissuto miliardi di anni? Non sarei sorpreso se anche Salomone fosse sopravvissuto. Ma spero tanto sia stato consumato da Jacob Aiagon.>>

<<Ah, giusto. E perch- anzi, no, non mi interessa. Ho io qualche cosa da dirti.>>

La Giudice si avvicinò lentamente. 

<<...q-qualche cosa del tipo?>>

<<Qualche cosa del tipo...>>

Subito, gli strinse la mano. <<...grazie! Ora che sei qui, posso ringraziarti per quell'allucinazione nella sua anima!>>

Mara la fissò sbigottito per qualche secondo. 

Poi, più o meno, sorrise. <<Vero?! Finalmente qualcuno riconosce il valore del mio lavoro! Se non fosse stato per me, tu e Risa Dascira sareste ancora patetiche! Haha!>>

<<...per essere il Signore dei Sensi ti manca un po' il tatto, ma sì. Devo a te questo superamento dei miei problemi, almeno in parte. Mi sembrava giusto dirtelo, visto che tutti ti chiamano il Malvagio e cose del genere.>> Con questo, arretrò. <<Bene. Ora puoi anche andare.>>

<<Uh? In realtà, ero venuto per metterti alla prova con diversi incubi e verificare che i miei sforzi, almeno quelli di proteggere te, avessero avuto successo. Ma mi accontenterò dei complimenti. Credo andrò a visitare Risa Dascira, o->>

Senza sapere esattamente quanto fosse reale, Simona lo afferrò per la gola. <<Intendevo dire andare via dal nostro mondo, e non tornare mai più ad infastidirci.>>

<<A-a-aspe->>

<<Se sei vivo, e sei di nuovo un Deva libero, nulla ti impedisce di tornare da Jacob, vero? Forse però... potrei essere io... a cancellare l'esistenza di una creatura che ha vissuto per miliardi di anni.>>

<<V-v- va bene... v-vadano gli incubi!>>

Il Re Demone schioccò due dita. 

Quando lo fece, il suo collo si spezzò. 

Simona fu presa dalla sorpresa del vederlo, ma si calmò presto. 

Almeno... finché non vide sangue uscire dalle proprie mani. 

<<Che... cos'è... questo...?>>

La testa di Mara prese a rotolare, finché non la stava guardando negli occhi. <<Cosa c'è che non capisci? Mi hai appena ucciso!>>

<<È... è un test, vero? Mi stai... mettendo alla prova...>>

<<Forse. E come sta andando?>>

...continuava solo a scorrere. 

Ed era colpa sua. 

Sangue di coloro che aveva ferito. 

Perché aveva perso il controllo. 

Perché era da sola, e da sola diventava incapace. 

Perché... perché...

<<-no, smettila, idiota!>>

Si schiaffeggiò da sola, e riprese, parzialmente, coscienza. 

<<Questo... è tutto falso! Non. È. Reale!>>

<<Ma i tuoi errori lo sono! Hahaha!>> rise la testa <<Così come il tuo animo corrotto!>>

<<No! Io non sono più quella persona... io...>>

<<Tu? Tu, come sempre, non vali niente senza gli altri... senza l'amicizia!>>

<<...amicizia...>>

L'amicizia... era vero... esisteva solo grazie a quella...

Perché i suoi amici... l'avevano aiutata a vivere...

...i suoi amici l'avevano aiutata a vivere da sola

<<...Mara... com'era quella frase riguardo l'amicizia...?>>

<<Hn? Frase?>>

<<Sì, quella che dico sempre... ah! "L'amicizia è la cura per tutto ciò a cui non lo sono i pugni"! Ricordi?>>

<<Ovvio! Quella è la tua più grande debolezza, il tuo fallimento, il tuo->>

Così, Simona lo schiacciò con una mano. 

<<...i pugni sono la cura a molte cose.>>

Non c'era più niente da testare, niente di cui metterla alla prova. 

Un poco alla volta, l'incubo svanì. Anche il vuoto nero in cui apparvero stava cominciando a scomparire, il che significava che si stava svegliando.  

Quanto a Mara... come faceva sempre, si rimaterializzò. 

<<Non prenderla sul personale, ho solo poca pazienza per stupidi test come questo.>> si scusò la Giudice <<E stavo per vedere un film.>>

<<...tch. Noiosi e insolenti. Dovreste ascoltare i vostri anziani, qualche volta.>>

La ragazza ignorò le sue lamentele, occupata ad osservare la lenta dissoluzione del mondo intorno a sé. <<...un'ultima cosa, Mara.>>

<<Sì?>>

<<...dimmi, tu volevi davvero il nostro bene?>>

<<...assolutamente. Avevo reso la mia missione quella di aiutare Jacob Aiagon, e ho deciso di fare qualcosa anche per voi. In un certo senso... ho vinto, alla fine.>>

<<Davvero? Anche se ha fatto l'opposto di quel di cui volevi convincerlo?>>

<<Portare le persone a vivere illusioni più belle della realtà è quel che faccio. Ma non pensavo quel ragazzo ne avesse la forza. Si è liberato sia di me che di Salomone, ma in realtà... entrambi siamo stati soddisfatti della sua decisione.>>

<<...capisco.>>

Persino il suo corpo, ora, stava diventando trasparente. Era il momento di salutarsi. 

<<Be', grazie ancora! Ma prova a fare qualcosa del genere un'altra volta, e salirò nel Sesto Cielo personalmente per prenderti a calci in->>

-si svegliò in quel momento, completando la frase. 

<<Huh?>> chiese Raguel, in piedi di fronte ad una finestra <<Ma che stavi sognando? Vieni qua un secondo.>>

Simona si alzò. Non sapeva quanto fosse passato da quando si era addormentata, ma l'Angelo non aveva nemmeno scelto un film, e la notte chiaramente aveva ancora da inoltrarsi. 

<<Cosa c'è?>>

Raguel indicò un punto in alto nel cielo. 

<<...e quello... che cosa...?>>

24 Dicembre 2020
Risa

La mezzanotte sarebbe suonata tra poco. La Giudice sperava di finire prima di ciò. Era importante. 

Il cenone era finito. La tavola era sparecchiata. Il salone era, finalmente, vuoto. 

Assicurandosi di non fare alcun rumore, Risa prese tutti i pacchi che aveva messo sotto l'albero...

...poi aprì la porta che dava sul terrazzo...

...e velocemente, saltò fino al tetto dell'edificio, un paio di piani più sopra. 

Perfetto. Era deserto. 

Lanciò un orologio da parte, per poterlo sempre vedere. Ed aprì i pacchi. 

Eccoli lì. Diversi pezzi di metallo che aspettavano solo lei per essere montati. 

Senza perdere d'occhio l'orario, li mise insieme in fretta. 

Un'arma mai restituita al Vaticano, uno strumento grigio con sette corde, appeso al suo collo sotto il braccio destro. 

Con la stessa mano, prese l'asticella, e come un violino tirò una delle corde. 

Emise una vibrazione disgustisa. Leggera, ma orribile alle orecchie. 

<<...quest'anno... non mi sfuggirai.>>

Fissò il cielo notturno. 

La sua preda era capace di rendersi invisibile, ma non tanto potente da mantenere sempre quello stato. C'era un modo per farlo apparire. 

Puntò l'arma in cielo, ed una dopo l'altra, mosse la combinazione di corde che aveva programmato per quello specifico scopo. 

Le vibrazioni si propagarono per la città, quasi impercettibili. 

Non ci fu alcun risultato. 

<<Oh, davvero?! Se è questo che vuoi...!>>

Ripeté l'operazione, e la ripeté ancora, e ancora, finché...

...finché non lo vide. 

Sì... era proprio lui. 

Sulla sua slitta trainata da nove renne, il mostro stava sfrecciando in alto. 

Risa girò l'arma su sé stessa, attivando la sua seconda funzione. 

<<Muori!>> gridò la Giudice, lanciando un raggio di energia verso Babbo Natale. 

Il solo sparo la accecò temporaneamente, perciò non riuscì a vedere se avesse colpito il bersaglio... ma doveva averlo colpito, no? Il mostro non sapeva che fosse lì, e lei aveva mirato alla perfezione... non avrebbe mai potuto salvarsi...

...e invece, quando la sua vista tornò...

...Babbo Natale era ancora lì. 

"...quanto sono stata ingenua."

Ovvio. Non sarebbe mai caduto così facilmente. 

Babbo Natale, l'Avatar terrestre di una delle creature più spaventose dell'universo... una quasi-divinità capace di causare la fine del mondo in un futuro prossimo. 

L'Avatar appariva soltanto alle undici della notte del ventiquattro Dicembre, per due misere ore. Onnipresente in ogni parte del mondo, ma impossibile da percepire. Ci erano voluti millenni perché l'umanità sviluppasse quelle vibrazioni capaci di renderlo visibile e sensibile al tocco... nemmeno la metà dei loro cinque sensi. E in tutta la storia, un singolo uomo, avendo dedicato la propria vita intera a fermare quel mostro, era riuscito a farsi notare da esso... per poi scomparire senza mai essere più trovato. 

Per il resto... l'abominio aveva sempre schivato ogni tentativo di attaccarlo, ignorato ogni minaccia, evitato ogni confronto. Nessuno lo aveva mai solo sfiorato. 

Risa aveva pensato che solo pianificando attentamente, sarebbe riuscita nel farlo. Davvero stupida. 

<<...per fortuna, non è finita qui!>>

Non sarebbe stata una battaglia degna di lei se non avesse cosparso l'area di trappole. 

Come avesse fatto a tendere fili tra tutti quegli edifici, e come avesse nascosto tutti i coltelli connessi agli abitanti, quello era uno dei suoi tanti misteri. 

La Giudice impugnò di nuovo la propria arma, e suonò una nuova melodia. Un altro raggio uscì da essa. 

Anche se non poteva mirare una seconda volta... poteva sparare i Chiodi Sacri alla cieca, e fu proprio questo che fece. Li lanciò in aria per poi proiettarli verso di lui con i propri pugni. 

Riprese a vedere... il proprio fallimento. Babbo Natale aveva evitato ogni attacco. 

<<...ha... ha... ha. Seriamente? Devo...?>>

Chiuse gli occhi, e sperò per il meglio. 

Toccò le corde dell'arma una dozzina di volte, in direzioni diverse. 

Ovviamente perse la vista con la prima, ma continuò comunque. Stava rilasciando raggi potenzialmente mortali in una zona abitata senza vedere nulla. 

<<Muori, ho detto! Muori! Muo->>

All'improvviso... il rumore di una trappola che scattava! L'aveva preso! L'aveva...

...no... un momento...

<<-merda!>> Risa, ancora cieca, si slanciò di lato basandosi solo sul proprio udito. 

Aveva giudicato bene. I coltelli che aveva sistemato in modo da lanciarsi su chiunque toccasse il filo... erano partiti diretti verso di lei. Ne sentì uno sfiorarle i capelli. 

...e quello come era successo? 

"Possibile... che sia stato lui? Che mi abbia notata, e abbia risposto al mio attacco?"

Se era così, aveva ottenuto più di quasi ogni altro cacciatore negli ultimi millenni. D'altra parte... era possibile che lei avesse solo attivato la trappola con i propri raggi. 

Non importava. Doveva continuare ad attaccare. Anche se...

...si stava facendo tardi. Gettata un'occhiata all'orologio, notò che mancavano dieci minuti a mezzanotte. 

Doveva... sbrigarsi...! 

E se non poteva obbligarlo a toccare le trappole, avrebbe dovuto farlo lei! 

Lanciò uno dei Chiodi, non verso Babbo Natale, e comunque a velocità troppo basse per prenderlo. Poi ne lanciò uno più veloce, tanto che raggiunse il primo, e da esso fu deviato in un'altra direzione, opposta a quella di Babbo Natale, ma proprio verso uno dei tanti fili tesi. 

In altre parole, quando il Chiodo attivò la trappola, i coltelli furono tutti lanciati verso la slitta nel cielo. 

Babbo Natale si mosse per evitarli, e fu allora che Risa ripeté l'operazione, da un altro lato, non lasciandogli alcuna via di fuga. 

...pensava. 

La slitta girò su se stessa... rovesciandosi. Continuava a muoversi come se fosse ancora in posizione normale... ma si era rovesciata. E più veloce di prima, discese in picchiata, girò intorno ai coltelli volanti, e li schivò tutti. 

Poi si fermò di nuovo in alto, inerme. 

<<No! No, andiamo!>>

Mancavano meno di cinque minuti a mezzanotte. 

Babbo Natale sarebbe rimasto per ancora un'ora, ma lei aveva fretta. 

Era la sua ultima opportunità. 

Saltò nell'aria, sparò un raggio, e con i piedi lanciò due Chiodi. 

Sentì una trappola attivarsi. Nessun coltello diretto verso di lei. Nessun ulteriore rumore. 

Tre minuti. 

La sua vista tornò. 

Babbo Natale... Babbo Natale aveva...

...aveva subito un danno. Una delle renne, seppur poco visibili, aveva chiaramente un arto ferito. E senza di esso, l'equilibrio della slitta stava esitando. 

<<Sì! Haha! E adesso, non puoi più sfuggi->>

Impugnata di nuovo l'asta dell'arma, si accorse di che ora fosse. 

<<...maledizione! Se non approfitto ora...>>

L'Avatar del mostro si stava già riprendendo, il suo volo stava diventando più regolare. Quella creatura capace di distruggere l'universo... no, quella creatura che nessuno aveva mai catturato... quella sarebbe stata la sua unica occasione...

...due minuti. 

<<Va bene! Hai vinto!>> Risa si tolse l'arma, la smontò, la rimise a posto, chiuse le scatole, il tutto in fretta. Poi sfondò la porta di accesso e scese per le scale. 

Due piani, fatti. Suonò il campanello finché Rhoda non le aprì. <<Risa? Si può sapere dove->>

<<Un minuto!>> ribatté lei, gettando tutti i pacchi sul pavimento e scattando verso il salone. 

L'altra la seguì a pari passi, non volendo perdersi la mezzanotte. 

Entrarono nella grande stanza giusto un attimo prima. 

<<Natale!>> annunciò Elliot aprendo una bottiglia di spumante <<Auguri a tutti eccetera eccetera!>>

Applausi e brindisi. Il solito. 

Jacob si distrasse dai fuochi d'artificio all'esterno per passare un bicchiere a Risa, per vedere se davvero non beveva. Ma scoprì che non era più presente. <<...huh? Dov'è finita, di nuovo?>>

<<Ha portato via Zedel da qualche parte.>> rispose Arsalan alle sue spalle <<Tradizione italiana, suppongo.>>

...intanto, la Giudice e l'Angelo erano appartate in un corridoio. 

Lontano dagli sguardi indiscreti altrui. 

<<Allora? Cos'era tutta questa fretta?>> chiese Zedel. 

<<Chiudi gli occhi.>>

<<Come?>>

<<Chiudili.>>

Un po' esitante, l'Angelo fece come le aveva chiesto. 

Risa le girò intorno. Aprì l'ultimo pacco che non aveva usato, ed armeggiò il più silenziosamente possibile su di esso. Ad un certo punto disse: <<Okay, ora puoi aprirli.>>

Obbedì. Una strana sensazione attraversò la sua schiena. <<Ma che->>

Quando guardò in basso, Zedel non riuscì a credere a quel che vide. 

Due braccia. 

Due protesi metalliche attaccate alle proprie spalle. 

<<Ci ho lavorato a lungo.>> disse Risa, attivandole. <<Dal giorno in cui An ha preso le tue... ho imparato come costruire qualcosa del genere, come fare in modo che si addica alla fisionomia di un Angelo... non ho mai smesso.>>

Subito... Zedel riuscì a muoverle. Per la prima volta in così tanto tempo, riusciva a muovere i propri arti superiori, e le mani, e le dita...

<<Era questo che mi spingeva ad andare avanti. Quando non sapevo più perché vivere... ricordavo... che avevo un regalo in sospeso per te.>> Tornò di fronte a lei, soddisfatta ma imbarazzata. 

La Giudice le tese una mano. <<Allora? Che ne dici?>>

Lentamente, Zedel estese quelle nuove braccia verso di lei... e la afferrò. <<Sento... il calore del tuo corpo... la tua mano... ti posso... tenere per mano...>>

Completamente rossa in volto, Risa le offrì anche l'altra. Accettò subito. 

Nessuna delle due volenterosa né capace di muoversi, rimasero così in silenzio. 

<<Risa... non ho modo di ringraziarti, io...>>

<<Non devi. È un piacer mio.>>

<<...no... invece... penso di sapere come...>>

L'Angelo sorridendo avvicinò il proprio viso al suo. 

<<Zedel-?!>>

Ma non protestò oltre la sorpresa iniziale. 

Sotto il vischio di Natale, conobbero una nuova carezza. 

25 Dicembre 2020
Jacob

Nonostante l'estremo freddo, il ragazzo rimaneva seduto sul terrazzo. E poiché Arsalan aveva insistito per lavare i piatti, a parlare con lui c'erano solo Elliot e Rhoda. 

<<...e vi ripeto, questo tizio non se ne andava.>> stava raccontando la ragazza <<Continuava ad offrirmi questo libretto, che io comunque avevo già preso da un altro il giorno prima... e non si stava zitto mentre cercavo di studiare.>>

<<Molto fastidiosi quei tipi.>> disse l'uomo. 

<<Già. Alla fine non ho potuto cacciarlo con la forza, quindi ho dovuto solo aspettare che si stancasse di non ricevere risposta. Se lo rivedo... ah, ma le notizie dicono che il rinascimento religioso è finito.>>

<<Sono rinate, le religioni?>>

<<No, sono crollate tutte. Ora rimangono solo quelle più grandi che c'erano prima... e anche quelle, purtroppo hanno subito enormi danni di reputazione.>> Si sporse in avanti. <<Contento, Jacob? Non dovrai più incontrare un singolo predicatore in vita tua.>>

<<Credimi, ogni gruppo sul pianeta arriverà a me, prima o poi.>> scherzò lui <<Ma almeno non cercheranno di uccidermi.>>

I due risero, annuendo. Il non essere uccisi era decisamente un plus. 

<<...però.>> disse Elliot all'improvviso <<Correggimi se sbaglio da qualche parte...>>

<<Su cosa?>>

<<Quell'uomo cadaverico... hai detto che quando lo avete ferito, è fuggito per trovare altra energia, giusto? Questo non significa... che avrebbe potuto creare altri Demoni?>>

<<...ci hai pensato anche tu, eh?>> Jacob sospirò, fissando il cielo. <<In realtà... siamo quasi certi che ci siano ancora Diavoli Accusatori e creature assortite, nascosti in questa città. E dobbiamo ancora liberarci di loro... chiunque siano.>>

Notò gli sguardi timorosi dei due amici. Era naturale. <<...ma non parliamo di lavoro, qui. Se io non mi preoccupo, non dovreste farlo neanche voi. La loro paura dei tre Giudici di cui hanno sentito li terrà nascosti nelle ombre.>>

<<E per te non ti preoccupi?>> chiese Rhoda. 

<<Dovrei? Ho preso quella Spada sette mesi fa, ormai. Sono ancora qui, ancora vivo, non incolume, certo... ancora non posso vedere sangue, questi segni non spariranno mai, devo studiare tutto ciò che ho saltato... eppure, non ho intenzione di andarmene.>>

...ne aveva passate tante. Loro nemmeno conoscevano ogni dettaglio, eppure sapevano esattamente quanto fosse pericoloso quell'affare. 

Anche lui, per chiarezza, lo sapeva. Ma non si sarebbe lasciato spaventare da una conoscenza del genere. 

C'era una sola strada, ed era-

<<Hey, e quello cos'è?!>>

Il grido di Elliot fu preceduto da un rumore assordante... come un incidente stradale... uno schianto. 

A chiunque altro, sarebbe sembrato un fuoco d'artificio. Per loro, però, era chiaro... qualcosa era precipitato sul tetto di quello stesso edificio. 

<<Dentro, presto!>>

Tornarono nell'appartamento e chiusero la porta. 

<<Rimanete qui, va bene?>> chiese Jacob ai due. Elliot e Rhoda accettarono senza farselo ripetere. 

Poi il Giudice chiamò: <<Arsalan!>>

L'Angelo, prima attaccato ad una finestra, accorse da lui. <<Che cos'era quello?!>>

<<Non ne ho idea. È sopra, sbrighiamoci!>>

Risa e Zedel non erano visibili in nessuna parte della casa. Salirono senza di loro. 

Una volta sul tetto, videro finalmente cosa aveva causato quel rumore...

Una slitta. Una slitta dipinta di rosso ed oro, e danneggiata a tal punto da essere inamovibile. 

All'inizio, sembrava perfino vuota... ma questo si rivelò falso quando una gamba grigia, con un piede di cavallo alla fine, spuntò fuori. 

Fu seguita da un'altra. Poi altre due. Poi altre tre. 

E dopo che ebbe rivelato l'ultima, quell'enorme cavallo grigio dagli occhi bianchi, il naso fluorescente ed otto gambe uscì dalla slitta con respiro forte e furioso. 

<<Che... che Diavolo è questo?!>> gridò Jacob. 

<<Nessun Diavolo. Peggio.>> spiegò Arsalan <<Questa è una delle forme del comandante della Caccia Salvaggia, l'Avatar dell'abominio di cui non può esser pronunciato il nome.>>

<<Babbo Natale?>>

<<Esatto. Non so chi sia riuscito a portarlo qui giù, ma all'una di notte, questa creatura scomparirà. Che ne dici se tentiamo di ucciderla, in questi dieci minuti?>>

<<...eh.>>

Jacob evocò la Spada Sacra, la Shamshir-e-Zomorrodnegār. 

<<Sai che non rifiuterei mai una battaglia in cima ad un condominio.>>

<<Ovviamente.>> disse una voce dietro di loro. 

Risa e Zedel, finalmente arrivate. <<...e nemmeno noi.>>

<<Hai detto che queste sono armate, vero?>> chiese il suo Angelo alzando le proprie nuove braccia. 

<<Solo il meglio per te.>>

Ed una quinta voce: <<Hey! Hey!>>

La slitta si rovesciò, e Simona e Raguel ne cadde fuori. Quando il cavallo cercò di schiacciarle, schivarono per poi unirsi agli altri. <<Ho visto un anziano nel cielo e ho deciso di affondarlo. Ho fatto bene?>>

<<Benissimo...>> ansimò il suo Angelo <<Ma... io... non vengo più... ai tuoi... attacchi...>>

<<Sei nel mezzo di uno. Penso che il vedermi lo abbia fatto arrabbiare davvero. Stai indietro, ti difenderò io.>>

<<Sarei io il Custode, ma... penso farò da custode del morale... dietro le quinte, sì.>>

Allora Arsalan fece un passo avanti. <<...ci siamo tutti, adesso?>>

Di fronte a loro, il cavallo stava cominciando a sbattere i propri otto zoccoli sul pavimento, e a nitrire violentemente. 

<<Affermativo.>> rispose Zedel. 

<<Già.>> rispose Raguel. 

<<Siamo qui.>> rispose Simona. 

<<Tutti presenti.>> rispose Risa. 

Ed infine, Arsalan chiamò di nuovo, come era abituato a fare e avrebbe fatto ancora, milioni di volte...

<<Jacob?>>

Il ragazzo smise di fissare il cielo oscurato, girandosi verso il suo compagno. 

<<Andiamo.>>

Once Upon A Time

Un giorno dimenticato
del 1959

Nulla è inerente, eppure tutto è inerente. 

Un'affermazione di malvagità inerente ci obbliga ad una negazione della malvagità inerente, poiché essa porta in sé la propria giustificazione; ed un'affermazione della bontà inerente in tutti serve solo ad evidenziarle la mancanza di bontà inerente in tutti, poiché essa non può esistere in tale stato. 

C'è una cosa che posso dire essere assolutamente inerente, tuttavia. 

La qualità di questo cibo è inerentemente terribile. Nulla potrebbe salvarlo. Se non fossi a digiuno da giorni, lo avrei buttato via ore fa. 

...purtroppo ho bisogno di energie. I miei colleghi devono essere quasi arrivati. 

Non ho idea di chi mi abbia incastrato, ma ha svolto un lavoro perfetto. L'intero Vaticano non si fermerà finché non sarò morto. 

Sono stato costretto a fuggire in questo paese, e mi sono rifugiato in questa casa vicino una grande città... è stata una scelta strategica. 

In un centro abitato, avrebbero usato tattiche subdole per catturarmi. Qui fuori, praticamente in campagna... si potranno rivelare subito. Questo significa anche che useranno la massima potenza di fuoco...

Ma io possiedo un'arma segreta. 

E a giudicare dai rumori che cominciano a circondare la zona, è ora di utilizzarla. 

Aggiornerò questo diario se sopravviverò. 

A domani,

~ Daniele

L'anziano uomo si alzò. Tolse gli occhiali da lettura per quelli regolari, poi ripose il diario nella libreria di quell'edificio, accanto ai suoi due trattati, Apocalisse di Salomone ed Apocalisse di Ezechiele. Li aveva trascritti nella lingua locale negli ultimi giorni, perciò gli agenti della Chiesa, fluenti in solo Italiano e Latino, non sarebbero stati capaci di leggerli. 

...in caso lo avessero ucciso, chiaro. 

Non che avesse intenzione di lasciarglielo fare. 

Mentre era ancora rivolto verso le mensole, la porta di ingresso alle sue spalle crollò. 

<<Daniele Tobia Abel!>> chiamò il comandante della squadra di Cavalieri. Dietro di lui, nel giardino, c'erano quelli che dovevano essere venti o trenta agenti... con armi da fuoco a lunga distanza, senza dubbio. <<Ti sarà data una possibilità per arrenderti! Dopodiché, abbiamo il compito di->>

<<Lo so, lo so.>> sospirò lui <<Ditemi, credete davvero che sia stato io ad assassinare il Papa?>>

<<Girati lentamente e metti tutto a terra!>>

<<Ah, intendi dire questo? Va bene!>>

Daniele si mosse di scatto, prendendo quello che sembrava un libro e lanciandolo nella loro direzione. 

Che in realtà fosse una bomba contenente gas stordenti ai cinque sensi, quello lo sapeva solo lui. 

E loro lo scoprirono al momento di impatto. 

Proiettili confusi attraversarono i muri. 

<<Abel!>> gridò il comandante, praticamente cieco. Fece roteare la propria lancia, la cui punta era attaccata ad una catena di cinque metri. Avrebbe potuto colpirlo senza nemmeno spostarsi dalla propria posizione. 

L'effetto sorpresa, però, aveva già vinto quello scontro. Daniele, ora nascosto dietro il tavolo ribaltato, era riuscito a prendere la propria pistola. 

Ferì le mani del comandante per poi fuggire al piano di sopra. 

<<Fin'ora... sta andando ben->>

Aveva parlato troppo presto. Dalle due finestre ai lati del corridoio si calarono due agenti armati. Dovette prendere la seconda pistola, e sparare ad entrambi allo stesso tempo. 

Li vide difendersi con quelle loro braccia di metallo. Ciò significava che non potevano passare in offensiva senza essere colpiti. 

Un tempo, sarebbe stato chiaro che Daniele Tobia Abel non avrebbe mai ucciso nessuno. Ma ora aveva la fama di assassino del Papa. I due agenti avevano buoni motivi per credere che se avessero abbassato le difese, sarebbero morti sul posto, e non potendo fare ciò, si ritirarono di corsa. 

In quello, almeno, Daniele era bravo. 

D'altra parte, ci aveva impiegato troppo tempo. I Cavalieri di sotto si erano ripresi e alcuni stavano cominciando a salire le scale. Erano difesi da scudi... non poteva colpirli. 

Oh, e come tutti gli altri, erano anche ottimi tiratori di coltelli. 

<<Andiamo, ragazzi-!>> si lamentò Daniele facendo capriole per evitarli, uno dopo l'altro <<Sono- troppo- vecchio- per- queste cose!>>

...già. Il suo udito aveva sofferto peggio del resto. 

Non si accorse del Cavaliere entrato dalla finestra dietro di lui, e fu colpito dalla sua frusta. 

Daniele gridò di dolore. 

...una frusta. 

Ogni agente aveva il diritto ad un'arma personale... ma una frusta era inefficace. 

Sarebbe potuto essere già morto, se fosse stata qualcos'altro. Volevano vederlo soffrire. 

Con la forza data da quella che avrebbe definito "Incazzatura", afferrò quell'uomo per il collo, e se lo mise davanti come scudo. 

I coltelli si fermarono, ma non aveva idea di per quanto. 

In un attimo, si liberò di lui gettandolo giù dalla finestra. Sarebbe sopravvissuto, si disse. 

Ora indifeso, per sua fortuna, le lame seguenti non fecero più che sfiorarlo. 

Fortuna...? Quella singola frustata lo stava uccidendo! Non scherzava quando diceva di essere troppo vecchio! 

<<Hahhh... allora, vi fate avanti o...?>>

Una sfida. Una tentazione, la chiamava. Funzionava sui Demoni, forse avrebbe funzionato su loro. 

Fu così. 

La schiera di tiratori avanzò, probabilmente, pensando che non potesse più fuggire. 

Era vero. Ma non era la sua intenzione fuggire. 

Il secondo motivo per cui aveva fatto tutti quei salti ed acrobazie, oltre allo schivare i coltelli, era evitare di attivare una certa "trappola". 

Non appena il primo degli agenti mise piede di fronte ad una specifica porta, tutti sentirono uno strano suono. 

Una mina esplose sotto di loro. 

Questa l'aveva fatta a mano, e anche regolata molto bene, vedendo come la casa era ancora in piedi e quei Cavalieri vivi, ma decisamente non in piedi. 

Senza perdere un secondo, Daniele imboccò l'ultima porta. 

Stanza da letto. Lì era tutto pronto. 

Sempre guardando l'entrata, lanciò le pistole al centro della bacinella piena. 

Gettò il sale, e pronunciò la formula a raffica. <<Signore Dio onnipotente fa che questo liquido sia benedetto nel tuo nome e che libero da ogni peccato diventi mezzo di purificazione e diffonda la tua parola il Vangelo del tuo Cristo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo Amen, sbrigati a santificarti!>>

Sentiva altri passi per le scale. Non aveva più tempo. E la sua schiena ferita... sentiva che sarebbe svenuto. 

<<Non ancora! Non-!>> Aveva già preparato una boccetta, ma gli serviva altra adrenalina. Quindi si accoltellò nella mano e verso sangue fresco nell'acqua. <<-ancora! 

Aveva Acqua Santa, un'arma, e il suo DNA, parte del suo corpo. Per forzare quel rituale, mancava solo un ingrediente... parte della seconda metà, la sua anima. 

Quello era il trucco che rendeva ciò che stava facendo quasi impossibile. Aveva bisogno di pronunciare il suo Vero Nome, una specifica parola che sta al centro della propria esistenza, il termine più grande nel proprio codice metafisico. 

Normalmente, esso sarebbe sconosciuto, scopribile solo attraverso un mezzo che non possedeva. Ma lui era un'eccezione. 

Sua madre gli aveva detto che la famiglia Abel era maledetta, tanto che lui non sarebbe dovuto nascere. Destinata ad essere una sola cosa... e tutti i Veri Nomi dei loro membri erano altrettanto corrotti. 

Non gli era chiaro di cosa parlasse, né gli importava. Doveva solo dire quella parola, e...

-e si era distratto. 

La porta della stanza cadde, ed una punta metallica volò con una catena nel fianco dell'uomo. 

Daniele crollò. <<No... non... hahhhh... ora...>>

<<...mi dispiace che sia arrivato a questo, Abel.>> disse il comandante dei Cavalieri <<Purtroppo, hai commesso uno dei reati più gravi immaginabili.>>

Era finita. Se voleva sopravvivere, non poteva completare quel rituale... doveva... riprendere... le sue armi...

Le sue braccia... erano incapaci di...

<<Abel. Vuoi davvero soffrire ulteriormente? E va bene.>>

Il comandante tirò fuori la lancia dal suo corpo. 

Ancora, Daniele urlò. 

E tra le sue urla...

Sentì una voce. 

"Devi solo recitare la preghiera, Daniele."

...la preghiera. 

...se voleva farlo... aveva... bisogno... di...

<<Basta così! Perisci, nel nome del Padre, e del figlio, e dello Spirito Santo!>> gridò il comandante. 

La lancia scese verso di lui... verso la sua fronte. Non aveva alcun modo di fermarla. 

Tutto ciò che poteva fare... era...

Lasciare che lo colpisse. 

Sopravvivere solo un altro secondo. 

E rovesciare quella bacinella. 

<<-hahh.>>

Le pistole toccarono i suoi polsi. 

Fu abbastanza. 

La stanza esplose in una fontana di Luce. 

La preghiera rimbombò per i cieli. 

Angele Dei, qui custos es mei

Me, tibi commíssum pietáte supérna.

Illúmina. Custódi.

Rege... et gubérna.

<<Amen!>>

Quando la sua vista tornò...

Daniele scoprì di essere completamente guarito. 

La ferita sulla sua schiena si era rimarginata, così come quelle appena inflittagli. 

Anzi... si sentiva ringiovanito... anche se il suo corpo rimaneva lo stesso, lo percepiva agile come non mai. 

Davanti a lui, il comandante aveva arretrato, con un aspetto paralizzato da qualunque cosa stesse vedendo. 

E in mezzo...

Un uomo alto due metri, con lunghi capelli rossi e una veste bianca. 

Una figura che quasi risplendeva. 

Egli si girò... c'era un enorme sorriso sul suo volto, e due occhi azzurri... come il cielo. 

Lo approcciò con esitazione. <<Io... ti ho già visto.>>

<<Daniele Tobia Abel.>> annunciò l'uomo <<Complimenti per la tua evocazione. Con queste Armi Sacre, sei ufficialmente diventato un Giudice del Signore nostro Dio. 

Il mio nome è Arsalene, e sono il tuo Angelo Custode.>>