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VII

"Questo è ciò che tutti noi dobbiamo fare."

Nulla è inerente, nemmeno il destino. 

"Nathan-?"

Gli uomini cadono, ma non devono cadere. 

"Io sono il tuo Angelo Custode."

Le loro vite deragliano durante il cammino. 

"Nonno, perché sei sempre così triste?"

--quella di Jacob Aiagon era deragliata il giorno in cui era nato. 

26 ottobre 2020

Dal tetto del condominio, vedeva gran parte della città. 

Quante volte era salito in cima ad un palazzo come quello, ormai? Quante volte aveva ammirato lo stesso acciaio e lo stesso vetro? 

Eppure la sensazione non era mai cambiata. 

Soggezione. 

Perché in quella città, un milione e mezzo di persone andava avanti con le proprie vite. Non avrebbero mai smesso. Non potevano smettere. 

Nessuno poteva smettere. 

E poi, un giorno. 

Plick

La goccia d'acqua avrebbe toccato il suolo. 

E sarebbe finita lì. 

E avrebbe piovuto per sempre. 

Un diluvio universale che non si era mai davvero concluso. 

Ogni giorno. 

Ogni giorno, era come se l'acqua si tingesse più di rosso. 

Presto sarebbe diventata una pioggia di sangue. 

Ma non il Suo. 

Adesso e sempre sarebbe stato sangue umano. 

"Scelto da Dio in persona per guidare i suoi eserciti."

Hah. 

Che diritto aveva lui di lamentarsi? 

Lui, il Giudice, con il compito di far uscire quel sangue? 

Giustamente o ingiustamente, incaricato di tagliare le gocce d'acqua? 

Se evocava la Spada, riusciva a vedere ciò che era rimasto. 

E riusciva a ricordare i loro nomi...

Devadatta.

Tevatort.

Supermaestro.

Xaphan.

Padre Thomas. 

Markion. 

An. 

Diana Abel,

l'Anticristo. 

Elizabeth.

Inlus.

Sei vite distrutte da lui. 

Giustamente o ingiustamente. 

Perché sono Demoni. 

Perché sono assassini. 

Come Diana Abel? 

Come Lucia? 

Come gli innocenti trovati in mezzo a questo scontro? 

Ogni volta che vinceva, sentiva fosse finita. 

Sentiva che una parte di lui sarebbe morta, finalmente. 

Ma non accadeva mai. 

Non aveva il coraggio di lasciarla andare. 

E quindi si evolveva. 

Cambiando o non cambiando. 

Come un animale in un ambiente ostile. 

L'attuale Jacob era incapace di sopravvivere. 

Né era capace di morire. 

...perché non ne era capace...? 

Perché aveva paura? No. 

Perché aveva paura di cosa si trovasse oltre? No. 

...perché non aveva ancora finito. 

Perché aveva ancora così tante cose da fare in quel mondo...

...e se fosse morto allora, i suoi ultimi pensieri sarebbero stati pentimenti e peccati. 

Non voleva. 

Non voleva andarsene come suo nonno. 

Riconoscendo di essere stato messo sulla Terra con il solo scopo di vivere, con una sola opportunità, e di aver fallito. 

Quindi si evolveva. 

Per capire come vivere. 

E continuava ad evolversi. 

Senza mai capire come vivere. 

E qualunque risposta trovasse...

...la scopriva poi essere sbagliata. 

La goccia stava per raggiungere il terreno. 

E lui non sapeva ancora niente. 

...quindi, perché non finirla lì? 

Niente sorpresa. 

Se ne sarebbe andato secondo le proprie regole. 

Aveva una Spada Sacra in mano. 

Chi l'avrebbe fermato? 

"Non puoi sfuggirmi."

<<Ah-!>>

Un attimo di terrore. 

...ma non c'era nessuno. 

Non c'era...

...Arsalan non era lì. 

C'era solo quell'immagine nella sua testa. 

Ciò che l'aveva visto fare e sentito dire dentro la sua anima. 

La sua promessa di fare solo il suo bene. 

...e la sua promessa di non lasciarlo scappare mai dal compito di Giudice. 

Il suo occhio. 

Il suo occhio azzurro, identico all'Occhio di Dio. 

...si era sbagliato ancora una volta. 

No, più di una. 

Evolvendosi, cercava di capire chi fosse Arsalan. 

Un suo nemico da uccidere. 

Un difensore che poteva usare. 

Un amico genuino. 

Un guerriero a lui subordinato. 

Un compagno di cella. 

Un amante. 

...ma era tutto, tutto, tutto sbagliato. 

Arsalene non era altro che un Angelo. 

Un servo di Dio. 

Un essere superiore. 

Non gli importava di lui, così come non importava a Dio. 

I due erano uno solo, e avevano un solo desiderio. 

Che Jacob Aiagon fosse Giudice. 

Come era stato scelto. 

E non importava quanto soffrisse, quanto volesse il contrario, quanto sapessero entrambi che lo stesse uccidendo. 

Ad Arsalan non importava. 

A qualunque costo, lui sarebbe rimasto il Suo umile servo. 

Se l'Angelo Custode era lì, era solo come carceriere. 

...non riusciva nemmeno ad odiarlo. 

Non aveva più la forza per provare nulla del genere. 

Aveva represso ogni cosa che avrebbe potuto far emergere Mara. 

Il Re Demone, che Arsalan aveva rifiutato, che desiderava solo salvare il Giudice. 

Ma l'unico modo che aveva trovato era stato uccidere innocenti. 

Perché nemmeno il Re Demone poteva sovvertire ciò che quel Dio aveva scelto. 

Ci sarebbe stata un'altra opzione, se lui non fosse stato un codardo. 

...ora non più. 

Toccava a lui mettere fine a tutto. 

Nella lama della Shamshir-e-Zomorrodnegār vide i propri occhi brillare d'oro. 

Ma Mara non avrebbe più avuto l'opportunità di controllarlo. 

Perché una volta che avesse soddisfatto quel desiderio, non sarebbe rimasto più nulla. 

Così pose la punta della Spada sul suo cuore. 

Quello sarebbe stato l'ultimo sangue su quella lama. 

<<...non mi pento di nulla.>>

Con più forza di quanto avesse mai usato durante quella vita, si trapassò con la Spada. 

Thump.

I suoi respiri pesanti. 

I suoi occhi lacrimanti. 

Il suo corpo freddo. 

Fatta eccezione per le mani. 

Riscaldate da un singolo palmo, che con una carezza, aveva fermato il suo suicidio. 

<<Simona... per favore... non posso...>> implorò. 

Ma la Giudice non aveva intenzione di lasciarlo andare. <<No.>>

Jacob cercò di muovere il torso per lanciarsi sulla Spada...

...fu fermato da due braccia intorno al suo petto. 

<<Non te lo lasceremo fare.>> sussurrò Risa. 

Anche quando le sue dita si bagnarono delle lacrime di Jacob, non lo lasciò andare. 

Si dimenò un paio di volte, incapace di parlare. E poi tra i singhiozzi riuscì a dire: <<Non... riesco...>>

<<Lo sappiamo.>>

<<Va tutto bene.>>

<<Vi prego... almeno questa volta...>> implorò. 

<<No.>> in unisono. 

Jacob le spinse via, alle sue spalle, ma lasciò cadere la Spada giù nella strada. 

<<Voi... siete solo come lui! Volete rendermi schiavo del vostro dio!>> gridò <<Ma io non voglio diventare un attrezzo di quel bastardo! Io Lo odio! Odio Lui e Arsalan e voi e odio gli Angeli e quella stupida Spada e Zedel e Raguel e Salomone e Mara e tutti questi fottuti Demoni! Voglio solo essere lasciato stare!>>

Colpì il pavimento sotto di sé con la Shamshir. 

Un'esplosione di luce e un suono udito per chilometri. 

Ma soprattutto, fu sentito il suo urlo. 

Il suo urlo che lentamente si trasformò in un leggero pianto. 

E crollò a terra. 

<<Voglio solo morire.>>

Le due Giudici si avvicinarono. 

<<...eravamo venute qui per dirti una cosa, Jacob.>>

Risa gettò ai suoi piedi un coltello insanguinato. 

<<Abbiamo trovato un Diavolo Accusatore e ce ne siamo liberate.>>

<<Ah...>> mormorò lui <<Vi ho lasciate fare... tutto da sole...>>

Fece per mettersi in piedi, solo per essere fermato da una mano sulla spalla. 

<<È questo il punto. Siamo qui per dirti che, d'ora in poi, ce la caveremo da sole.>>

Un nervo sconosciuto scattò nella mente del ragazzo. Non un singolo muscolo reagì, ma la sua mente di sicuro se ne accorse. 

<<...come?>> 

<<Non c'è bisogno che tu continui a lavorare come Giudice.>> continuò Simona <<La nostra presenza qui prima sarebbe dovuta essere temporanea, ma ormai sembra essere diventata permanente. Quindi...>>

<<Ci assicureremo di trovare ed eliminare i Demoni in città prima che Arsalan li scopra.>> concluse ancora Risa. <<Magari diffonderemo tra loro una voce che tu sia morto, così nessuno ti verrà a cercare. Prima o poi, li avremo sterminati, o Arsalan si convincerà che non c'è più bisogno di te.>>

Lo stavano davvero facendo... per lui...? 

Non solo avevano compreso la sua situazione... avevano anche trovato rimedio dove il suo Angelo non era riuscito...

<<...ma non posso lasciarvelo fare. Sarebbe solo... egoista.>>

La Giudice italiana lo colpì nella testa. Leggermente. <<Un martirio inutile è uno degli insulti peggiori che puoi commettere.>>

L'altra fece lo stesso. Meno leggermente. <<Sta cercando di dire che possiamo benissimo occuparci di qualche Demone da strapazzo. Non pensare di essere inutile... ma non pensare nemmeno di avere il mondo sulle spalle.>>

Il ragazzo si accarezzò la testa, e sorrise, ma solo per un attimo. Ogni sollievo portato da quell'annuncio doveva contendere con la paura, il rimorso, il disonore che provava. 

Tuttavia, sembrò vincere. 

Sentì il desiderio attraversare il suo intero corpo, e subito essere sciolto da quel calore interno che sentiva. Forse i suoi occhi brillarono d'oro per un attimo. 

Ancora non riusciva però a sentirsi davvero felice. Malinconico era il termine giusto. Malinconico per un'esistenza pacifica che non sperava di poter mai riprendere. 

Per una volta, il passato gli era stato ridato indietro. 

Quello non poteva essere che un miracolo. 

<<Voi siete...>> Alzò lo sguardo per incontrare il loro. <<Così tanto più forti di me.>>

<<Sì, è vero.>> disse Risa. 

<<Come lo fate...?>> chiese lui. 

<<È semplice.>>

<<Noi siamo già morte una volta, Jacob.>> disse Simona. 

<<Non abbiamo nulla da temere.>>

<<Perciò, sii grato di quel che sei.>>

<<Tu soffri, ma soffri perché sei vivo.>>

Simona lo sollevò tra le sue braccia, e Risa gli porse una mano per mettersi in piedi. 

<<Forse, un giorno, lo capirai.>>

<<Ma per ora, devi vivere.>>

<<...per favore.>>

Ancora lacrime. 

Quella sola richiesta lo portava alle lacrime. 

Gli stava venendo dato il permesso, il diritto, il dovere e la possibilità di vivere. 

Per cosa poteva piangere, se non per quello? 

<<...vi devo un favore. No, vi devo... tutto.>>

<<Non esagerare.>> rise Simona <<Piuttosto, torna giù, prima che Arsalan si chieda dove sei finito.>>

Risa invece saltò verso il bordo dell'edificio. <<E ricorda. Lui non deve sapere nulla.>>

Già... sarebbe dovuto rimanere un segreto. 

E quanto a lungo poteva mantenerlo...? 

Questo si domandò sul ciglio delle scale, prima di fare il primo passo, e rivolgere un'ultima parola alle due Giudici:

<<Anch'io morirò prima di morire, non è così?>>

Le ragazze ci ragionarono un po'. 

<<...forse. Quando non avrai più paura di morire...>> disse Simona. 

<<E allo stesso tempo, avrai un enorme desiderio di vivere ancora.>> aggiunse Risa. 

<<Voi... ci siete riuscite? A vivere ancora, intendo.>>

<<È difficile, di certo.>>

<<Ma la luce in fondo al tunnel è chiaramente visibile.>>

"...prima o poi, credo che tutti noi riusciremo a raggiungerla."

Amen

Stesso giorno, stessa ora. 

Un Angelo sedeva nella propria stanza. 

Aveva appena completato una Simulazione, e si guardò la mano, muovendo le dita. 

Jacob stava scendendo le scale, tornando giù dopo la sua conversazione con Simona e Risa. 

Cosa si fossero detti, non lo sapeva, ma ogni volta che eseguiva quel processo, riduceva il numero di probabilità, ormai giunte a nove possibili discorsi. 

Non che importasse, perché sapeva benissimo quale fosse il vero nucleo dell'argomento. 

Lui stesso. Ciò che aveva fatto. 

Una serie di emozioni lo inondò. 

Paura, rabbia, depressione. 

Non voleva che ciò accadesse. 

Non voleva lasciarlo andare. 

Non voleva allontanarsi da lui. 

Non voleva che lo odiasse. 

...ma comunque. 

Le eliminò tutte. 

<<...non importa cosa fai, tu rimarrai sempre il Suo umile servo.>>