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Aliquid Novum

La temperatura di quella giornata sembrava più tipica di una di dicembre. 

Certo, almeno non pioveva, c'era poco vento, e il sole, ma restava il fatto che l'aria immobile era praticamente congelata. 

<<Strano, huh?>> chiese Arsalan, occupato a cercare di riparare una stufa <<Ed è successo un po' all'improvviso, pure.>>

<<Già.>> disse Jacob, armeggiando alle sue spalle <<Ma il freddo non mi impedirà di uscire.>>

<<Ovviamente. Ormai sei fuori quasi tutto il giorno.>> rise lui. 

Non ci fu una risata in risposta. Il ragazzo continuò a girare rumorosamente, preparandosi per lasciare la casa. 

<<...non è l'unica cosa strana.>> continuò l'Angelo <<Non so, non voglio sembrare pessimista, però... pensavo qualche Demone sarebbe apparso, o almeno un indizio verso la loro presenza. Invece, niente, nemmeno notizie su quel gigantesco Albero della Vita nel cielo, te lo ricordi quello, vero? E Risa e Simona non sono ancora in città? Tu le hai viste di recente, forse?>>

Attese qualche secondo di sentire la sua voce, ma l'unica cosa che sentì fu il rumore della porta che veniva chiusa. 

<<...hm.>>

12 novembre 2020

Nessuna canottiera, giubbotto o maglione salvò Jacob dal freddo. 

Sarà stato anche per quello che c'erano poche persone in giro, quella mattina. O forse erano tutti occupati con... qualunque cosa la gente facesse. 

Lui, naturalmente, non aveva né un lavoro a cui andare, né un desiderio di tornare già all'università. Non che per questo avesse solo da annoiarsi. 

Certo non aveva intenzione di stare seduto a girarsi i pollici mentre Risa e Simona cacciavano Demoni nelle ombre dei vicoli. Doveva impegnarsi, per eguagliare il loro sforzo. Anche quando il clima era avverso. 

E se loro facevano il suo lavoro, era ora di trovarsene un altr-

<<Hey!>> gridò una voce, facendolo sobbalzare. 

Accanto a lui, sul ciglio della marciapiede, si trovava una ragazza con una moto. In qualche modo non si era accorto del rumoroso veicolo, né aveva notato la sua presenza. 

<<Hey, stupido.>> disse Rhoda con un sorriso <<Non so dove stessi andando, ma era qui che dovevamo incontrarci.>>

Ah, vero. <<Buongiorno anche a te. Posso salire o...?>>

<<Posso continuare ad insultarti per strada. Andiamo.>>

Senza farselo ripetere, Jacob si piazzò dietro di lei sulla moto. Non era la prima volta che gli dava un passaggio, quindi conosceva già le regole: tieniti forte, non parlare troppo, e se cadi copriti la testa con le mani o dammi i soldi per un altro casco. 

Lui eseguì i primi due alla perfezione per il breve tragitto. L'avrebbe potuto percorrere a piedi, ma dopo averne parlato con lei qualche giorno prima, aveva scoperto che Rhoda sarebbe passata di lì, e si erano messi d'accordo. 

...con la promessa che avrebbe cominciato a studiare per la patente. 

Dopo, però. Fino a quel giorno era stato occupato con qualcos'altro. 

<<Sicuro di non volere che ti passi a prendere anche dopo?>> chiese Rhoda, rallentando. 

Lui saltò giù e rispose allo stesso tempo: <<Nah. Ho altre faccende da sbrigare. Ti raggiungerò io.>>

<<Ok... ma toglimi una curiosità.>>

Jacob lanciò un'occhiata alla fila di auto che si sarebbe presto formata dietro la sua moto. <<...sicuro.>>

<<Esattamente, come hai sopravvissuto senza un lavoro fin'ora?>>

<<Ah...>> sospirò, creando una nuvoletta quasi invisibile <<Prima di diventare Giudice, avevo qualcosa messo da parte, l'aiuto dei miei, e qualche part-time. Poi Risa ha cominciato a mandare soldi dal Vaticano.>>

<<Sei pagato dal Papa? E non l'hai mai menzionato?>>

<<Pagato male, ma sì. Non l'ho menzionato perché non l'hai mai chiesto.>>

<<È solo un po' strano, devi ammettere.>> disse, abbassando la visiera del casco ed ignorando i suoni dei clacson alle sue spalle <<Comunque, adesso non dovrai più dipendere da quel tipo. Buona fortuna!>>

Le due ruote sfrecciarono via, seguite da almeno un'altra dozzina. 

Erano le 10:13. Tra solo due minuti Jacob Aiagon era atteso in una stanza. Entrò nell'edificio della ditta senza la minima preoccupazione. 

Dopo ciò che aveva vissuto, non provava alcuna particolare ansia, o un qualunque interesse, per un colloquio di lavoro. 

Aveva analizzato la propria forza fisica a varie distanze da Arsalan per determinare esattamente cosa poteva fare e dove. Ottenuti i risultati, aveva cercato posti che richiedevano le caratteristiche da lui possedute. 

Avrebbe potuto fare il boxer o qualcosa del genere, forse, ma non sembrava ci fosse domanda. Quella ditta di trasferimenti, invece, aveva bisogno proprio di un tipo come lui. 

Dopo la discussione iniziale, fu costretto a dimostrare la propria abilità ad uno scettico direttore, e ad inventarsi qualche scusa su una condizione rara che faceva sembrare la massa muscolare più bassa del reale. 

L'altro problema era la mancanza di patente, ma con la ripetuta promessa che l'avrebbe ottenuta presto, e con l'evidente mancanza di impiegati, ebbe comunque il posto. 

Lasciò l'edificio sapendo di aver trovato un lavoro che consisteva, essenzialmente, nel sollevare mobili e vari. Qualche giorno dopo avrebbe potuto cominciare. 

...si sarebbe dovuto sentire soddisfatto. 

Invece la sua testa e il suo cuore erano rimasti alla temperatura dell'aria. 

Freddi. 

C'era così freddo...

Era come se fosse nudo...

Seduto sul metallo...

E il suo corpo era... immobile...

-all'improvviso, una folata di vento lo fece rinsavire. 

Si erano fatte le undici. Presto avrebbe dovuto incontrare Rhoda, ma aveva ancora una cosa da fare. 

Ad una decina di minuti da lì, c'era la sua seconda destinazione. 

Prima di entrare si tolse la giacca scura, mettendola nello zaino e lasciando sotto solo una larga maglietta bianca. 

Gli era stato detto che per entrare in un tempio buddhista erano preferiti vestiti comodi e dai colori chiari. Non aveva alcuna intenzione di infastidire i monaci. 

Bussò su una piccola porta, in un altrettanto piccolo edificio, nulla come i templi imponenti delle grandi città di cui aveva visto immagini. Di sicuro la popolazione non aveva molto interesse a fondarne uno, dopo la storia di Devadatta. 

In ogni caso, piccola o meno, qualcuno aprì. Un vecchio uomo, calvo e dal sorriso smagliante. Piuttosto che invitarlo dentro, il monaco uscì, per non disturbare il silenzio all'interno. 

<<Sono, uh, Aiagon, Jacob Aiagon, ho già parlato con uno di voi... riguardo al corso di meditazione. Posso...?>>

L'altro annuì. <<Puoi provare per tre giorni, e poi discuteremo cosa vuoi fare. Crediamo che questo sia un impegno da essere preso solo se convinti, sai.>>

<<Ovvio. Sono in ritardo per il primo giorno?>>

<<Assolutamente no. Entra pure.>>

Così Jacob mise piede nel tempio, dalle decorazioni sorprendentemente raffinate. Qualunque impressione negativa data dall'esterno sarebbe stata eliminata dall'aspetto interno. 

La filosofia del design era completamente diversa da quella di una chiesa. L'imponenza della "casa di Dio" non era presente in quel tempio - c'era tranquillità. Anche se condividevano un chiaro aspetto sacro, i colori e le luci lì dovevano essere stati predisposti con l'intenzione esplicita di far sentire accolti, o rilassati. 

Trovò anche alcune statue, che inizialmente considerò inquietanti, ma alle quali si abituò in pochi minuti. 

Attraversata la prima area, si ritrovarono in una stanza quasi vuota, ad eccezione delle quattordici o quindici persone presenti. 

<<Quindi, Jacob... cosa ti ha portato qui, esattamente?>>

<<Nulla di particolare.>> rispose <<Diciamo che ho dei desideri da domare.>>

Si era esercitato, nei giorni precedenti, a stare il più fermo possibile, senza che gli arti gli facessero male dopo pochi minuti, in preparazione solo per quello. 

...era la risposta ovvia, in realtà. La risposta ovvia all'avere il Signore dei Sensi Mara nel proprio cuore. 

Certo, la sua relazione con lui era un po' diversa, ma in fondo tutti erano lì per combattere contro lo stesso Re Demone. 

Anche se un'ora dopo non aveva sentito molti cambiamenti, quella era la seconda volta che lasciava un edificio sapendo di avere una soluzione ad un problema. 

Quindi si sarebbe dovuto sentire felice. 

Eppure...

<<Impossibile.>> sentì qualcuno mormorare alla sua sinistra. 

Jacob era uscito dal tempio e aveva visto tutti i suoi compagni di corso andarsene. Era certo non ci fosse più nessuno là fuori. 

Si girò, e vide un uomo calvo, giovane ma più vecchio di lui. Questo era decisamente asiatico... e forse, familiare. 

Ancora più stranamente, lo stava fissando sbalordito. <<Uh, buongiorno?>> salutò Jacob. 

<<Sei proprio tu...>> continuò a dire l'uomo. 

<<Ci, uh, conosciamo?>>

<<Oh, io so benissimo chi sei. Il tuo sguardo era molto più fiero allora...>> Il tipo sorrise come se avesse incontrato un vecchio amico <<Ma sei davvero tu, il ragazzo con la spada.>>

<<Il ragazzo con-?!>>

No, non poteva essere. 

Quella faccia... la riconosceva, l'aveva vista in TV o nei giornali per pochi secondi...

...quando mesi prima, aveva sconfitto un Demone, il suo culto aveva cominciato a sciogliersi... e lui aveva osservato il processo con molta attenzione. 

Ma non un Demone qualunque...

<<Tu sei... un Discepolo di Devadatta.>>

<<Ex-discepolo. Quando il... gruppo è crollato ho ricevuto l'aiuto per dimenticare tutto ciò che mi avevano convinto a credere.>> Gli porse la mano <<Ora sono parte di un tempio serio. Piacere, Gwyana.>>

Il Giudice era un po' a disagio con quello che era stato pochi mesi prima un terrorista, ma gli strinse comunque la mano. <<Jacob. Quindi... tutti i membri del culto mi conoscono, huh?>>

<<A questo punto, credono probabilmente tu sia una leggenda. Devadatta ci ha parlato di te come il nostro nemico numero uno, sai, mostrandoci alcune foto e dicendoci che se ti avessimo incontrato in qualunque luogo, sarebbe stato nostro dovere farti fuori.>>

Foto...? Chissà da dove le aveva prese. Forse da quel forum, o forse non si era mai accorto di essere stato spiato. 

<<Capisco. Ora che nessuno crede più a Devadatta, quella storia dovrà sembrare inventata.>>

<<Già. Ma ora so che non lo è.>>

...ah, giusto, merda. 

Jacob era stato così sorpreso dall'incontro con un Discepolo e dall'essere riconosciuto, che non gli era nemmeno venuto in mente di negare l'evidenza. Aveva praticamente ammesso di essere proprio lui, il ragazzo con la spada. 

<<...mi devi un favore per aver ucciso Devadatta. Quindi, non dirlo a nessuno, ok?>>

Gwyana annuì con un'espressione soddisfatta. <<Non sono affari miei, del resto. Ma, posso farti un'altra domanda?>>

<<Sicuro.>> rispose, guardando l'orologio. Doveva incontrarsi con Rhoda tra non molto. 

<<Sei ancora nel culto del Deva?>>

<<...huh? Culto?>>

<<Ah, mi sbaglio?>> chiese, imbarazzato <<Io e molti altri avevamo supposto che fossi membro di un altro culto, sai, di quel Deva con i capelli rossi?>>

Jacob ricordò che Arsalan era stato chiamato un Deva da diversi membri del culto. Non sapeva ancora cosa fosse, né gli importava tanto. <<Non è un Deva o niente del genere.>>

<<Questo lo so, ma... lanciarsi sui camion con una spada in mano non è qualcosa che persone razionali fanno. La tua devozione alla causa ci ha fatto pensare che facessi parte di un culto anche tu.>>

Non poté evitare di mettersi una mano in testa. Forse rise un po'. <<Non preoccuparti. Non faccio più quel tipo di cose. E non era un culto.>>

Ma lui non sembrava convinto. Anzi... sembrava ancora più preoccupato di prima. <<Ascolta. Lo so che può essere difficile ammetterlo, anche dopo averlo lasciato, ma se non puoi riconoscere il male che ti hanno fatto, non l'hai mai davvero lasciato.>>

<<Uh- cosa? No, seriamente, non c'era nessuno culto->>

Gwyana lo prese per le spalle. <<Anch'io mi son detto così per i primi mesi. È terribile quel che fanno al tuo cervello. Ma non irreversibile.>>

<<Sono- ahhh.>> sbuffò. Come era finito in quella situazione? <<Non era un culto sotto alcuna definizione. Davvero.>>

<<Era un gruppo relativamente piccolo, con pratiche e atteggiamenti originali, e sottomissione più o meno totale ad un ideale o una persona?>>

<<No! No, non lo->>

...era? 

Almeno... non gli sembrava... che lo fosse...

...prima. 

Ma ora che gli veniva menzionato...

<<...devo andare.>> disse Jacob, passando oltre Gwyana. 

<<Aspetta!>> gridò lui. L'ex-discepolo lo seguì... e lo fermò mostrandogli un pezzo di carta. 

<<...cos'è questo?>>

Non si trattava di un normale pezzo di carta... era un biglietto da visita. 

<<Dr. Clara Quiner... terapia di gruppo...?>> lesse il ragazzo. 

<<È la dottoressa che mi ha aiutato a superare il culto di Devadatta!>> 

<<Superare...?>>

<<Non penserai davvero di poter solo lasciare un gruppo come quello senza ripercussioni negative. Per i più, certi traumi non si dimenticano senza un po' di supporto.>>

Traumi? Hah. Lui non aveva nulla del genere. 

Ma non aveva nemmeno il tempo di discutere. Quindi prese il biglietto e se lo mise in tasca. <<Grazie, Gwyana, considererò l'offerta. Ora devo proprio scappare, se domani torno al tempio possiamo reincontrarci qui?>>

<<Come no! Sarò qui per te!>>

<<A domani allora!>>

Il Giudice lo salutò con un gesto distratto e corse via. 

Accartocciò subito il biglietto nella sua tasca. Tuttavia, non lo buttò. Non ebbe mai l'occasione, o il pensiero, forse. 

Arrivò al suo incontro o appuntamento o qualsivoglia lo si volesse chiamare con Rhoda, dieci minuti in ritardo. 

La trovò seduta davanti ad un bar. <<Ce l'hai fatta, finalmente.>>

<<Scusa, non volevo, io->>

La ragazza gli passò un cornetto mentre risaliva in moto. <<Non preoccuparti. Guadagneremo tempo ignorando i limiti di velocità.>>

Jacob quasi si era aspettato di trovarla arrabbiata. Fu sorpreso, ma non lasciò che la sorpresa lo rallentasse di nuovo. 

Come annunciato, Rhoda fece finta di non vedere i grandi numeri sul bordo della strada. 

Eventualmente, arrivarono alla terza destinazione della giornata. 

Il rifugio per senzatetto. 

...il Giudice non ricordava l'ultima volta che ci era stato. 

Si sentiva un po' in colpa. Ma ogni volta che Arsalan l'aveva invitato in quei giorni, lui non era mai riuscito ad accettare. 

Non riusciva a sopportare l'idea di lavorare con lui. 

Per questo non era mai a casa, e per questo aveva aspettato che l'Angelo fosse distratto con quella stufa rotta. 

...okay, l'aveva rotta lui, apposta per distrarlo. E lo aveva convinto a fare la spesa più tardi. Probabilmente in quel momento era al supermercato. 

Erano metodi di cui non era fiero, ma funzionavano. 

E del resto, non aveva progettato tutto da solo. 

<<Sei sicuro che Arsalan non verrà qui?>> gli chiese Rhoda. 

<<Sopravvivrò se dovesse, ma non lo farà.>> rispose lui. 

La ragazza sospirò. <<Sai, anche se ancora non so esattamente cosa sia successo tra voi due, sono disposta ad aiutarti. Ma mi dispiace che sia così.>>

<<...anche a me.>>

Non parlarono più dell'argomento. 

L'orologio indicava che era ben passato mezzogiorno. Quello era l'orario in cui c'era più bisogno di aiuto. 

E quindi, si misero subito al lavoro. 

Mentre Rhoda scomparve chissà dove, facendosi vedere solo un paio di volte, Jacob scoprì che molte persone non lo riconoscevano nemmeno, per via della sua rara presenza e soprattutto l'assenza nelle ultime settimane. 

Alcuni, invece, avevano da chiedergli riguardo ad un certo culto. In particolare un pastore protestante, che Jacob aveva incontrato qualche volta e che era stato invitato a rimpiazzare Padre Thomas dopo la sua scomparsa. 

<<Alexander non te l'ha detto? È venuto qui a chiedere se qualcuno conosceva un certo culto di Inlus.>> spiegò il ministro. 

<<A-ah. Inlus.>> ripeté lui. 

Inlus. 

Come avrebbe potuto dimenticare Inlus...? 

Quei tentacoli multicolore...

Quei movimenti viscidi...

E quell'occhio. 

Era come...

Se lo vedesse...

Ancora davanti a sé...

<<Ti senti bene?>> chiese il pastore, avvicinandosi. 

<<...s-sì. Dicevo... ho lasciato quel culto tempo fa.>>

<<Ottimo! Avrai trovato religione, di sicuro...>>

<<Non... proprio. Sono... ateo, ora. Credo.>>

<<Ah, capisco.>> La sua espressione sembrò sforzarsi per non contorcersi. <<Alexander non ti ha invitato a visitare la nostra chiesa? Dovresti provare.>>

Hah... provare...

Quell'... idiota... non poteva immaginare...

Lui... aveva ucciso... per quella Chiesa...

Lui... aveva distrutto vite... per il loro Dio...

Per quel Dio che aveva inviato il suo Angelo ad incatenarlo ed obbligarlo...

E ad... osservarlo...

<<Sei proprio sicuro di stare bene? Stai tremando?>>

<<...se ne vada, per favore.>>

<<Come?>>

<<Se... ne... vada.>>

Non sapeva che aspetto avessero i suoi occhi, in quel momento, ma sembrarono convincerlo a lasciarlo. 

...si afferrò la mano. 

Stava davvero tremando. 

E... non riusciva... a smettere. 

Il suo corpo... fremeva...

...per lottare. 

Per colpire. 

Per sentire carne su quelle nocche e vederne uscire sangue. 

Quello... non era Mara. 

...quello era lui. 

...un uomo di azione. 

...e quel minimo sforzo fisico...

...era come se qualcuno l'avesse stimolato e poi non avesse finito il lavoro. 

Stringendo un pugno fino a scavare nella mano, riuscì a riprendere un po' il controllo. 

Riprese a muoversi. Tornò a lavorare. 

Sperava che lo sforzo sarebbe diminuito in qualche minuto. 

Ma non accadde mai. 

E passò mezz'ora prima che si fermasse. 

Mentre ripuliva i tavoli del pranzo, il suo cellulare squillò. 

Lasciò la stanza per controllare chi fosse. 

...Arsalan. 

"Vorrà sapere dove sono finito." si disse. Anche se si sbagliasse, non gli importava. 

Rimise il telefono nella tasca da cui l'aveva preso, aspettando che smettesse di suonare. 

<<Quanto ancora hai intenzione di provarci...?>> mormorò. 

<<Fin quando non avrai risposto, credo.>>

Jacob si girò di scatto. Ancora una volta, vide una faccia conosciuta. Una che normalmente l'avrebbe sollevato. 

Non quel giorno. <<Elliot. Come stai?>>

Il vecchio senzatetto, come sempre sorridente, gli mise una mano intorno alle spalle. <<Sto mai male? Tu, invece...>>

<<Nah. Anch'io sto bene.>>

<<Ne sembri proprio convinto, huh.>>

<<Non so cosa ti faccia pensare il contrario.>>

<<Il rosso intorno ai tuoi occhi, probabilmente.>>

Il Giudice non disse niente, ma si toccò istintivamente la faccia. 

<<Guarda, se chiedi a me...>> continuò a parlare Elliot <<Dovresti fare qualcosa riguardo a quello. Ma io non sono certo saggio. Non so cosa. Tutto ciò che ho da darti... è la mia compagnia.>>

<<...heh. Me la farò bastare.>> replicò, volgendo il proprio braccio intorno a lui allo stesso modo. <<Hai mangiato?>>

<<Uh, non molto, ma non ti devi scomodare->>

Ma Jacob lo stava già portando via. <<Offro io, nessun problema!>>

<<...va bene. Basta che non mi lasci a mangiare da solo.>>

<<Da solo? Non oserei mai...>>

"...chi vuole mai stare da solo?"

Si fecero presto le due, e passarono altrettanto presto. Rhoda se n'era già andata poco prima, e Jacob aveva appena lasciato l'edificio. 

Ora era diretto verso casa, camminando per le strade dove la temperatura si era alzata, quando il suo cellulare, ancora una volta, squillò. 

"Arsalan". 

Il ragazzo sbuffò. "Oh, al diavolo." 

E rifiutò la chiamata. 

Invece, trovatosi il telefono fra le mani, ne fece un'altra. 

Tirò fuori un biglietto dalla tasca, e compose il numero scritto su di esso. 

Dopo pochi secondi, una voce rispose. 

<<Pronto?>>

<<Parlo con... la Dottoressa Quiner?>>

Così, quando l'Angelo tentò di chiamare una seconda volta, non ottenne che un monotono suono. 

Incapace di contattare il suo Giudice, si sedette a fissare una parete vuota del loro appartamento. 

I suoi occhi non vedevano niente, ma la sua mente immaginava una tela. 

Una tela di indizi e connessioni, di storie e personaggi, un tentativo di comprendere come tutto sarebbe finito. 

La riorganizzava di continuo, eppure sembrava che al centro ci fosse sempre la stessa figura. 

Un uomo dalla pelle cadaverica, senza volto. 

E forse, presto, avrebbe risolto il mistero della sua esistenza. 

Ma con il rumore di quei lenti passi alle sue spalle, non riusciva proprio a concentrarsi. 

<<Se devi colpire, ora non è proprio il momento più adatto.>> disse ad alta voce. 

<<Dammi un motivo per non farlo.>> rispose Risa dietro di lui. 

Il suo dito era in posizione per scagliare un Chiodo. In meno di un secondo avrebbe attraversato la testa dell'Angelo, distruggendo ogni cosa nel suo cammino dalla nuca alla fronte. 

Se c'era un modo per impedirlo, era solo la parola. 

<<Beh, a Jacob dispiacerebbe.>>

<<Oh, penso proprio che Jacob ne sarebbe felicissimo.>>

<<I tuoi istinti materni sono adorabili. Purtroppo stanno limitando la tua ragione. Io sono stato incarnato per ripulire questa città dai Diavoli Accusatori.>>

<<Li abbiamo eliminati tutti, e senza nemmeno obbligare un innocente.>>

<<Quanti ne avete eliminati, esattamente? Visto il tempo impiegato, suppongo almeno dieci? Non vi sembra strano che ce ne fossero dieci in primo luogo?>>

<<...che stai cercando di dire?>>

<<Andiamo. Così tanti Demoni, in una sola città, allo stesso tempo? La probabilità che An, Inlus e Lucia Celesti apparissero nella stessa città allo stesso tempo dovrebbe essere zero. Ma quando il numero di Diavoli Accusatori si è fatto sproporzionato, così la possibilità.>>

Impaziente e irritata, la Giudice lo prese dai capelli rossi, e sbatté la sua testa sullo schienale. <<Arriva al punto.>>

Lui non ebbe alcuna reazione. <<Qualcuno ha creato numerosi Diavoli Accusatori, e l'unico modo per fare ciò è uccidere i loro Angeli Custodi. Mi manca un'ultima prova per capire esattamente di chi stiamo parlando, ma il punto è che finché quest'uomo è ancora lì fuori, non possiamo mai stare tranquilli.>>

<<...uccidere Angeli Custodi, hm.>>

Lo lasciò andare. 

<<Per quanto odii farlo...>> sospirò Risa <<Simona, Zedel... uscite fuori. Dobbiamo ascoltarlo.>>

La Giudice e l'Angelo uscirono dalla stanza adiacente, entrambe chiaramente nervose per quell'ordine. 

<<Va bene, Arsalene.>> disse Zedel <<Risolveremo questo caso. Dicci qual'è quest'ultima prova di cui parli.>>

L'Angelo rispose alzandosi. <<È alla porta.>>

Un secondo dopo, il campanello dell'appartamento suonò, ma Arsalan era già pronto ad aprire. 

Di fronte si trovò una ragazza, che desiderava essere lì meno di tutte le altre. <<Ciao.>> salutò Rhoda freddamente.