Unum Vult Amor
14 ottobre 2020
<<Jacob? Jacob? Jacob...>>
La voce di Arsalan cercava inutilmente di portare il ragazzo via dal mondo dei sogni. O chiamarlo era completamente inutile, o era lui ad essere incapace di chiamarlo con la forza necessaria.
In ogni caso, risolse il problema quando schioccò le dita con la forza (fisica) di un Angelo accanto al suo orecchio destro.
Non ci fu alcun boom supersonico, stavolta. Solo un grido da parte del Giudice quando si svegliò.
<<Cominciavo a pensare fossi in coma.>> scherzò Arsalan, andando ad aprire la finestra. <<Abbiamo detto che oggi Risa e Simona non ci staranno tra i piedi, vero? Goditelo finché dura.>>
<<Hmm...>> mormorò lui, mezzo sveglio <<Sai, possiamo semplicemente chiedere loro di non starci tra i piedi altri giorni...>>
<<L'uomo si preoccupi del presente, a domani penserà Dio! Muoviti o applaudirò per tutto il vicinato!>>
<<Arrivo, arrivo...>>
Jacob finalmente scese dal letto. Poggiò un piede a terra... poi l'altro... si mise in piedi... e subito scivolò sul pavimento.
Se Arsalan non l'avesse afferrato al volo, sarebbe caduto a terra. <<Tutto bene?>>
<<S- sì, sì, credo di sì.>> Gli fece segno di lasciarlo andare. Non sembrò avere alcun problema a reggersi in piedi. <<Cose che capitano. Dimmi che hai preparato del caffè.>>
<<...huh.>> L'Angelo scomparve per un paio di secondi, prima di tornare nella stanza. <<È sul fuoco. Forse però se mi muovessi molto veloce mentre lo tengo in mano potrebbe bollire prima...>>
<<Sicuro. E poi dovresti spiegare la causa dell'improvviso terremoto.>> rispose, senza commentare sulla sua dimenticanza. Si diresse verso il bagno.
La prima cosa che fece fu lavarsi la faccia. Era ancora assonnato... no, assonnato era il termine sbagliato. Era esausto, come se avesse fatto ore di sport, anche se si era appena svegliato.
Rivoltosi allo specchio sopra il lavandino, notò che i suoi occhi decisamente tradivano la sua stanchezza, e qualcosa di più. Non riusciva a capire esattamente il perché... ma erano diversi dal solito.
...qualunque cosa fosse, decise di ignorarla. Tornò nella stanza da letto per vestirsi, mentre sentiva Arsalan finire di versare il caffè.
L'orologio sul muro indicava le dieci di mattina, minuto più, minuto meno. Aveva dormito pure più del solito.
Gli altri lo avevano convinto a prendersi una pausa dall'università - sempre ammesso che l'università si ricordasse ancora della sua esistenza - ma continuava a svegliarsi la mattina presto. Di solito dopo un incubo. Stavolta non c'era stato nulla del genere.
...o sì? Aveva la vaga impressione di aver visto qualcosa nei propri sogni... a parte Salomone, ricordava perfettamente la conversazione con lui. Finita quella, aveva dormito come un sasso. Forse una breve discussione con quel vecchio lo aveva sfiancato.
Pensando a questo, entrò nella cucina, dove Arsalan gli passò una tazza di caffè. <<Grazie~>> La bevette quasi immediatamente. Essere un Giudice significava che non doveva preoccuparsi del bruciarsi la lingua. Per lo più. <<Allora, Arsalan, che cosa abbiamo intenzione di fare, oggi? Allenamento, giusto? Vuoi salire sul tetto?>>
<<No, no, oggi ci alleneremo qui.>> rispose, dirigendosi verso un mobile.
<<...qui? Vuoi combattere in cucina?>>
<<E chi ha mai parlato di combattere?>> L'Angelo aprì un cassetto, e ne uscì... due grembiuli. <<Oggi ti insegnerò a cucinare.>>
Un minuto dopo, Jacob era stato convinto ad indossare quella roba e mettersi di fronte ai fornelli. <<Arsalan...>>
<<Shhh. Queste sono abilità che tutti dovrebbero imparare. Seriamente, come hai fatto a vivere prima del mio arrivo senza saper fare niente?>>
<<So fare moltissime cose, in realtà.>> negò lui <<Per esempio i toast ed il gelato.>>
<<Lo sai che in quanto Angelo Custode vedevo tutto ciò che facevi, vero? Mangiavi alla mensa, o cibo congelato, o niente.>> Cominciò a prendere piatti e coltelli. <<A volte ho dovuto pregare Santa Marta per farti avere un pasto decente.>>
<<Ah, grazie Marta. Che stiamo preparando?>>
<<Tortilla spagnola, anche se non l'ho imparata davvero in Spagna. Credo che la variante italiana sia simile.>> Sul piatto più grande posò tre patate intere. <<Prego.>>
<<Prego cosa?>>
<<Sbuccia.>>
<<Uh... non so se lo so fare.>>
<<Allora segui il mio esempio.>> Arsalan prese il tubero, lo passò sotto l'acqua corrente, e afferrato un pelapatate, cominciò a sbucciare lentamente.
<<Devo essere io a ricordarti della tua velocità sovrumana, o...>>
Lui scosse la testa. <<E come faresti a seguire l'esempio? Andiamo, se vuoi imparare devi prendere le cose con calma.>> Finita l'operazione, passò il pelapatate a Jacob. <<Ora puoi provare tu.>>
Il Giudice cominciò ancora più lento di lui. Quella... cosa aveva una forma che la rendeva troppo scomoda da tenere. E gli scivolò un paio di volte. Ma con il tempo, e con un mucchio di noia, riuscì a sbucciarla con successo.
<<Ottimo!>> L'Angelo la prese, tolse alcuni frammenti rimasti, e cominciò a fare la stessa cosa con l'ultima patata. <<Ora, se non ti dispiace, comincia a tagliarle a cubetti.>>
<<Cubetti...? Intendi, cubi letterali, o è un termine tecnico...?>>
<<Cubi letterali.>>
<<Quanto grandi...?>>
Glielo mostrò con le dita. <<Oh, ma non provare ad usare la Shamshir-e-Zomorrodnegār.>>
<<Devi ammettere però che taglierebbe alla perfezione.>>
<<Sì, il piatto, e anche il tavolo.>> Indicò un coltello. <<Andiamo.>>
Jacob sbuffò e cominciò a fare come gli era stato chiesto.
Hm... questo non era tanto difficile, con la forza di un Giudice... doveva solo fare attenzione a come usava le mani, o il coltello sarebbe finito su di lui, non ché potesse fargli male.
Si rese subito conto che... le sue dita erano più rigide di quanto pensasse. Era passato così tanto tempo da Inlus, eppure, senza fare qualcosa del genere, non ne aveva mai ripreso il controllo totale.
Se l'avesse fatto, ci avrebbe messo di meno, ma le cose stavano così. Finì di tagliare senza lamentarsi, e guardò Arsalan fare lo stesso.
L'Angelo poi prese una cipolla e la tagliuzzò in fretta.
<<Che cos'è successo al fare le cose lentamente?>>
<<Le cipolle meritano una morte indolore dopo tutto quel che hanno fatto per noi.>>
Il passo seguente fu versare patate e cipolle, a distanza di pochi minuti, in una padella piena d'olio, sul fuoco acceso.
<<Bene, queste devono stare qui per un quarto d'ora minimo.>> disse Arsalan, dando una pacca amichevole al manico. <<Nel frattempo possiamo... aspetta.>>
<<Qualche problema?>>
<<...ho usato tutte le uova ieri. Tu ne hai comprate?>>
<<Perché avrei dovuto comprare uova?>>
<<Bisogna sempre comprare uova, e supportare i creatori indipendenti (galline).>> Scattò a cercare dei soldi, e una volta trovati, li mise nelle mani di Jacob. <<Vai al negozio qui sotto e compramene una decina, okay?>>
<<Huh- okay, come vuoi tu.>> Questo, almeno, lo sapeva fare. Il Giudice prese le chiavi ed uscì dall'appartamento.
Non trovò alcuna fila né folla, e presto poté tornare indietro con le uova. Era stata una richiesta improvvisa, ma l'aveva soddisfatta facilmente.
...del resto, anche quella di cucinare con lui era stata improvvisa. Seriamente, da dove gli era venuto...?
Di sicuro, allenarsi a lottare per potersi rimettere nel pieno delle forze era più importante, eppure Arsalan non sembrava starci pensando. Tutto il contrario, sembrava fingere che i Demoni fossero tutti svaniti.
O forse pensava ad un futuro... quando tutti i Demoni sarebbero tutti svaniti...
Con la sua insistenza che non usasse né i poteri da Giudice né la Spada... era come se...
<<...nemmeno un giorno dopo, un omicidio identico è stato commesso nella città.>>
Huh?
Un omicidio...?
Quella voce veniva da un cellulare... Jacob riusciva, a volte, a sentire cosa stesse ascoltando gente per strada sul proprio cellulare. Sia grazie all'udito sovrumano, che alla loro abitudine di guardare video in pubblico ad alto volume. Indietreggiò per verificare ciò che aveva sentito.
Era in effetti il telegiornale, e stava in effetti parlando di un omicidio dallo stesso modus operandi di quello accaduto il giorno prima. Non aveva colto tutti i dettagli, ma ricordava la menzione della testa, rozzamente rimossa dal resto del corpo. La vittima, stavolta, era una donna dagli occhi verdi e i capelli rossi. Il nome era già conosciuto, però, perché era accaduto...
...di notte.
...hm.
...quindi non era lo stesso identico modus operandi.
Comunque, Risa e Simona avrebbero avuto molto da fare, concluse Jacob ritornando al proprio condominio.
<<Presto, le patate hanno quasi finito!>> esortò Arsalan.
Il ragazzo gli lanciò il sacchetto, sapendo che l'avrebbe preso al volo, e prenderlo al volo fu ciò che fece.
Solo che... un uovo scivolò, cadendo fuori, direttamente sulla faccia dell'Angelo.
<<Ah! Scusa, non volevo!>> disse Jacob, senza ironia, correndo a prendere diversi tovaglioli.
<<...non... preoccuparti.>> C'era solo il minimo biasimo nella sua voce <<Posso usare l'acqua.>>
Nonostante la sua obiezione, lui procedette.
Subito cominciò a pulirgli il capo, facendo attenzione di prendere tutto ciò che poteva tra i tovaglioli e non farlo finire a terra. Prima le guance, quasi accarezzandole per evitare di scaraventare frammenti sui muri. Poi il naso, dalla cima alla punta. Prese un altro tovagliolo. Gli alzò la testa e pulì il suo collo e il mento, girando poi da lì fino all'orecchio destro. Prese un altro tovagliolo. Scese giù dall'orecchio sinistro, e poi di nuovo salì fino alle fronte, e i capelli. Prese un altro tovagliolo. Lasciò cadere tutto ciò che stava sulle sue spalle, e infine si rivolse agli angoli della bocca.
E da lì, concluse con le labra stesse.
Fece il tutto con velocità sovrumane, ma abbastanza lentamente perché potesse processare con attenzione.
Sospirando, gettò via tutti i tovaglioli sporchi.
<<...è giusto che rimedi al tuo errore, suppongo.>> disse l'Angelo con un sorriso.
<<È un'accusa? Ce l'hai con me?>> chiese lui, un po' preoccupato.
<<Dio è infinito Perdono, ma anche infinita Giustizia. Paragonarmi a Lui sarebbe blasfemo ma credo capisci il concetto.>> spiegò Arsalan <<Purtroppo si è sporcata anche la maglietta, vado a cambiarmi.>> Toltosi il grembiule, corse nella stanza da letto.
Nel frattempo, il ragazzo si slanciò su una sedia.
Era... ancora una volta... esausto. Anzi... stava ancora sudando, e non ne capiva il perché.
Non c'era caldo. Eppure sudava.
Non aveva fatto nulla. Eppure era stanco.
Non era in movimento. Eppure... il suo cuore...
Thump
Thump
...batteva come se stesse correndo una maratona.
Febbre. Stava venendo ucciso dalla febbre.
I suoi pensieri si rivolsero a Risa e Simona.
Loro avrebbero avuto ciò che gli serviva per guarire.
Loro erano... ciò che...
...no, non loro, no. Loro non l'avevano mai aiutato.
Mai.
Solo una persona l'aveva aiutato.
Arsalan.
Arsalan, che lo aveva liberato da Inlus.
Arsalan, che gli aveva mostrato la luce.
Arsalan. Arsalan.
Doveva vedere Arsalan subito.
Vederlo... ed averlo.
Shamshir-e-Zomorrodnegār nella mano sinistra.
I suoi piedi cominciarono a muoversi verso la stanza da letto. Con ogni passo, il suo cuore batteva più forte.
Uno.
Thump, thump
Due.
Thump, thump, thump, thump
Tre...
Thump, thump, thump, thump, thump, thump, thump, thump
Quattro...!
Thump, thump, thump, thump, thump, thump, thump, thump, thump, thump, thump, thump, thump, thump, thump, thump
Cin... que...
Thump thump thump thump thump thump thump, thump thump thump thump thump thump thump thump thump thump thump thump thump thump thump thump thump, thump thump thump thump thump thump thump thump
Il suo corpo emanava un odore sconosciuto, i suoi arti erano caldi come acqua bollente.
Le sue mani fremevano per tenere un cuore di Ousia tra le dita, le sue labbra per ubriacarsi di sangue celeste.
Sei.
Sette.
All'ottavo passo-
<<Jacob?>> chiese Arsalan dall'altro lato dell'appartamento <<Questo è palesemente odore di bruciato.>>
Odore di...?
Il Giudice si sentì svegliarsi da un sogno.
La Spada gli cadde dalle mani.
Idiota. Si era dimenticato delle patate.
<<Uhhh, devo aggiungere le uova a quella roba?>> gridò in risposta.
Mentre pronunciava l'ultima sillaba, l'Angelo apparve accanto a lui, sbatté le uova molto velocemente, e le mise nella padella.
E prese un sospiro di sollievo. <<Ah! Adesso non basta che girarle finché non sarà tutto pronto!>>
<<Bene così!>> rise il ragazzo. Si asciugò le ultime gocce di sudore dalla fronte, sentendo il proprio corpo raffreddarsi.
Poco meno di mezz'ora dopo, la tortilla era finita, ma erano ancora le undici del mattino. C'era il tempo di cucinare qualcos'altro.
Poiché pareva che Arsalan conoscesse quasi solo ricette italiane, prepararono spaghetti. A mezzogiorno si sedettero a tavola.
L'Angelo aspettò per assaggiare la tortilla. Prima chiese: <<Allora, com'è?>>
Jacob mise un pezzo in bocca.
La frittata che aveva preparato insieme ad Arsalan.
Thump, thump
<<...perfetta.>> sussurrò. Il solo pensiero di aver contribuito a quella creazione... lo riempì di gioia prima per lui inimmaginabile.
<<Sono contento.>> disse l'Angelo, ancora senza mangiare.
<<Se voglio imparare a farla da solo, mi ci vorrà più allenamento, però. Non dovresti stupirti che è uscita così con il tuo aiuto.>>
<<No, no, quello non importa. Sono contento di vederti sorridere, dopo tutto questo tempo.>>
...ah...
Thump, thump
...da dove gli veniva di dire cose del genere...?
<<Essere un Angelo Custode non è solo lottare al tuo fianco.>> continuò <<Hai una mente, un'anima che io devo proteggere. E cosa c'è di più salutare per l'anima che cucinare in compagnia?>>
<<Arsalan...>>
La temperatura del suo corpo rimaneva uguale, la sua mente era lucida. L'unico sintomo di febbre che mostrava, ora, erano guance rosse.
L'Angelo si alzò, e camminato verso la porta, si fermò sul ciglio. <<La seconda cosa è combattere in compagnia, ovviamente. Scegli sul tetto di quale edificio vuoi salire.>>
...quel giorno.
...Jacob era come morto dopo Inlus. Poi era rinato. Aveva imparato i volti di tutti intorno a sé. Aveva imparato a camminare.
Ma fino a quel giorno, non aveva ancora imparato cosa significasse essere vivo.
E pensò che anche se quel ricordo sarebbe scomparso dalla sua anima, Arsalan l'avrebbe conservato per lui.
Angelo e Giudice, immortali uno nell'altro.
Thump, thump
Sei o sette ore dopo, Jacob Aiagon si gettò immediatamente sul letto, sfinito. Arsalan lo seguì, forse più per solidarietà, o per stargli accanto.
<<Se questo... non mi reabilita... non so cosa lo farà...>> ansimò il ragazzo.
<<Vuoi la mia onesta opinione?>>
<<Spara.>>
<<Il modo in cui afferri la Shamshir potrebbe essere migliore.>>
Questa risposta obbligò Jacob a rilasciare un lamento di suoni senza senso.
<<Dai, il più è fatto.>> disse l'Angelo alzandosi <<Piuttosto, io penso che andrò fuori, adesso.>>
<<Hm? Per fare cosa?>>
Lui indicò la TV spenta. <<Ricordi quell'omicidio che Risa e Simona hanno indagato tutto il giorno? Ce n'è stato un secondo. Quelle due mi hanno contattato per il mio aiuto, e la nostra giornata da soli è praticamente finita, quindi...>>
<<Vengo con te!>> Il ragazzo si mise in piedi, ma lui lo rigettò sul materasso.
<<Non preoccuparti. Posso cavarmela. Devi riposare il più possibile, al momento.>>
<<Che pensi che sia, un bambino?>>
<<Hah! In confronto ai miei diversi millenni, sì.>> Arsalan gli mise una mano tra i capelli e li scompigliò, come un cane. Thump, thump. <<Ripeto - non preoccuparti, e dormi. Ti lascio pure la Shamshir~>> Si diresse verso la finestra per saltare con un'uscita ad effetto. Jacob lo fermò dalla mano.
Prima che se ne andasse, lo abbracciò come se fosse l'ultima volta che lo potesse vedere.
Senza dire nulla, i due si scambiarono sorrisi, e poi Arsalan uscì.
Thump, thump
<<...Arsalan...>>
Ora che se non era più lì, sentì la testa rischiarirsi all'improvviso.
Il suo cuore aveva continuato a battere all'impazzata tutto il giorno, non era così...?
Non aveva avuto impulsi omicidi o nulla del genere, almeno. Ne era sollevato, ma...
...perché solo quel giorno?
Perché voleva solo distruggere Risa e Simona, o perché Arsalan era l'unico che non volesse distruggere?
Si grattò dietro l'orecchio e sentì il freddo dell'anello sulla pelle. Lo aveva ancora al dito. Se si fosse addormentato, e non sarebbe stato difficile, avrebbe potuto parlarne con Salomone.
...e che gli avrebbe detto, Salomone? Non aveva alcuna saggezza per lui. Inutile vecchio.
Il solo pensiero lo fece innervosire così tanto, che quando si grattò di nuovo, e sentì il metallo al tatto, lanciò l'anello sul pavimento, frustrato.
Perché?
Perché?
Perché Arsalan? Perché Risa e Simona? Perché lui?
Thump thump thump thump
Ah! Con quel pulsare in sincronia con il cuore, non riusciva nemmeno a ragionare! E dietro il suo orecchio continuava a sentire prurito! Cosa aveva che poteva farlo sentire meglio...?
Non c'era nessuno in quell'appartamento. Nessuno che potesse aiutarlo. Ma...
In cucina, andò. Lì era pieno di medicine.
Sì, nel cestino della spazzatura, c'erano tutti quei tovaglioli che avevano pulito Arsalan, e che avevano toccato la sua faccia.
Uno ad uno, li divorò. Ma il prurito non se ne andò.
Continuò a grattarsi fino a vedere sangue sulle proprie unghie, eppure non bastava.
Barcollando, andò nel bagno.
Thump thump thump thump
Nel cestino della biancheria, si trovava una maglietta. La maglietta sporca di Arsalan.
La strinse per far cadere tutto il sudore, ma non ce n'era.
Si arrabbiò tanto da gettarla sul pavimento e farla a pezzi con la Shamshir. Un frammento per ogni arto. Quello che avrebbe fatto a loro.
Con la Spada in mano, decise di grattarsi dietro l'orecchio, ma ancora una volta non fu soddisfatto. Anzi, sentì un bruciore tremendo e lanciò un grido.
Un grido tanto forte da schiarire la sua mente.
<<Va bene, bastardo!>> disse, tornando nella stanza da letto.
Aperta lentamente la finestra, saltò giù, verso la città notturna.
Persone.
Rumore.
Li ignorava tutti.
Il suo mondo era vuoto.
Niente anima, niente Dio, un reame di ignoranza.
E poi fu rischiarato.
Una piccola luce si muoveva davanti a lui, allontanandosi sempre più in fretta.
Ma non l'avrebbe permesso.
Senza che qualcuno se ne accorgesse.
Spinse la luce in un vicolo cieco appartato.
<<Ehi, cosa->>
Lo interruppe.
Lo prese dai polsi e lo spinse verso il muro.
Aaahhhhhh.
Quella luce rossa.
Quello era senza ombra di dubbio lui.
Si sarebbe potuto sciogliere lì dov'era.
<<...Arsalan... finalmente... sei qui...>> mormorò.
Posò la sua fronte e le sue labbra sulle sue.
Ma.
<<...tu... tu non sei Arsalan.>>
Tradimento.
Inganno.
<<Tu non sei Arsalan...!>>
Un Demone. Era l'unica spiegazione.
<<Aspetta, io non->>
Silenzio, Bestia di Satana.
Shamshir-e-Zomorrodnegār.
Il Demone sarebbe stato ucciso.
Muori, muori, muori muori muori muori muori muori muori muori muori muori muo-
Un pugno sulla testa lo interruppe.
Jacob si girò.
<<Lascialo andare.>> disse una ragazza.
No. Un Demone. Uno ben peggiore del primo.
Jacob lasciò andare il Demone minore. Il Demone minore scappò come un codardo.
<<Non mi impedirete di trovare Arsalan.>>
<<Jacob... Arsalan è a casa, è stato lì con te tutto il tempo...>>
<<Bugiarda!>> ruggì lui <<La mia Spada Sacra ti distruggerà!>>
<<...Jacob, non mi riconosci? Sono io. Sono Rhoda.>>
Rhoda? Che nome stupido.
Lui non conosceva nessuno con questo nome.
<<Basta trucchi.>>
Gettò la Spada.
Mise le sue mani intorno al collo del Demone.
<<Muori.>> le disse. <<Muori. Muori. Muori. Muori. Muori.>>
Il Demone gemette, ma non morì.
Prese qualcosa da una tasca.
Cos'era quello?
Jacob pensava di averlo già visto.
Un oggetto metallico... una lattina...
Un odore che si fece sempre più intossicante, e...
...e qualcosa attaccò gli occhi di Jacob.
Le sue mani si aprirono e il suo corpo si contorse.
<<Aaarghh... lurida... sporca... figlia di una...>>
<<Scusami, Jacob.>>
Thump
Thump
Thump
Slash
Il suo stomaco si aprì in due.
15 ottobre 2020
<<...non sembra essere possessione.>> diceva una voce.
La testa di Jacob girava e girava e girava, e quando smise di girare, finalmente riuscì a capire di essersi svegliato...
...nella vasca da bagno, asciutta.
Aveva una benda sporca di rosso intorno allo stomaco. Non sentiva dolore.
Alla sua destra, sopra il lavandino, c'era un computer. Si alzò per vedere meglio lo schermo. Uscito dalla vasca, la ferita fece un po' male.
Era in... chiamata vocale con Risa e Simona?
<<Oh, ti sei svegliato!>> disse la seconda Giudice.
<<Che giorno è oggi?>> chiese la prima.
<<Cos->> esitò lui <<Quindici ottobre, c'è scritto qui, perché lo chiedi?>>
<<Solo un test. Ricordi cos'è successo questa notte?>>
<<...no?>> Si toccò la benda. <<Ho... combattuto contro un Demone?>>
Una terza figura si fece spazio nello schermo. <<Già, solo che il Demone ero io.>>
Rhoda?
Di che stava parlando?
<<Jacob. Lascia che ti spieghi cosa è successo.>> li interruppe Risa. <<Questa notte sei sgattaiolato fuori di casa dalla finestra e hai attaccato un passante innocente. Rhoda ti ha interrotto e tu hai cercato di soffocarla. Lei si è difesa con lo spray al peperoncino e con la tua stessa Spada.>>
Lui aveva...?
Luce arancione muori vicolo buio vuoto muori calore muori labbra fronte muori muori muori Arsalan muori
Gli... sembrò di ricordare...
...ricordare...
...niente. Non era mai successo niente del genere.
<<Ridicolo. Perché avrei dovuto farlo?>>
<<Potrà sembrarti strano. Ma...>> Rhoda alzò il capo, scoprendo il collo.
La pelle era rossa. Era quasi possibile vedere la forma delle dita.
Qualcuno aveva cercato di ucciderla.
<<Sono...>> No. Non era. <<Sono stato io...?>>
No. Non era.
Non l'avrebbe mai fatto.
Pensò di togliersi la benda per assicurarsi che ci fosse davvero una ferita.
<<Perché... perché l'ho fatto? Perché non ricordo nulla? Che... che cosa mi sta succedendo?>>
Le tre non risposero.
Lui sospettò che non volessero affermare l'ovvio.
<<...Inlus... ha...>> Disse l'ultima parte sottovoce: <<Ce l'ha fatta?>>
<<No!>> gridò Simona, all'improvviso. <<Non dire così, Jacob. In un mondo di Demoni e creature soprannaturali, quella donna è l'ultima cosa a cui puoi dare la colpa!>>
...Risa e Rhoda non la supportarono.
Il ragazzo sospirò e si sedette sul bordo della vasca.
<<Qualunque sia il motivo... sarà meglio tenermi sotto sorveglianza. Forse è un Demone o roba del genere che prende il controllo quando dormo, forse...>>
<<C'è dell'altro.>> disse Risa.
Altro? Cos'altro poteva esserci?
<<La vittima era un uomo dai capelli rossi.>>
Huh.
Strano, non c'erano molte persone dai capelli rossi in giro.
Ma... <<...cosa vuoi dire?>>
<<Ricordi l'omicidio che abbiamo investigato? La sua seconda vittima era una donna dai capelli rossi.>>
Questo quasi fece il Giudice scivolare giù.
Lo stava... davvero accusando di essere un assassino seriale... solo perché due persone avevano lo stesso colore di capelli?
<<Ridicolo. Qua ti sei proprio sforzata per trovare un collegamento.>>
<<Certo. Questa è l'ultima parte del test.>> rispose Risa.
<<Test?! Pensavo fosse finito!>>
<<La prima vittima era un uomo bianco, dagli occhi azzurri.>>
<<E allora? Arriva al punto, dannazione!>>
<<C'è qualcosa in comune, lì.>>
<<Se non ti sbrighi, io->>
<<Arsalan.>>
Thump
Thump
...Arsalan.
...A...
<<...dov'è...?>>
Si slanciò in avanti e prese lo schermo tra le mani, sbraitando. <<Dov'è Arsalan?!>>
Simona cercò di rispondere, ma Risa lo fece prima. <<Non qui. L'abbiamo nascosto, per il tuo bene.>>
<<No. No! Io... devo vederlo! Devo sentirlo! Devo sentire il suo calore!>>
<<Calore?>>
<<Si! Il calore del suo corpo e del suo cuore e del suo sorriso-! Dove sono? Dove sono?!>>
La Giudice prese un respiro profondo. Guardò le altre due, poi disse, a voce bassa: <<...non li vedrai mai più.>>
Il suo sguardo...
Il suo sguardo sembrò non essere più lo stesso.
Per un attimo le pupille risplendettero d'oro.
E poi...
Jacob crollò nel pianto. <<No no no no... no no no no no... no no no no... no no no no no no... no no no no no... no no no no... no no no...>>
Rimase a commiserarsi sul pavimento, singhiozzando più di quanto la sua gola poteva, finché le tre non spensero la chiamata.
Rhoda si girò verso l'angolo della stanza in cui erano, la cucina. <<Allora? Che ne dici?>>
<<...io...>>
Nessun altro osava parlare. Zedel e Raguel, Angeli immortali, non sembravano aver mai visto qualcosa di simile.
Ma per Arsalan, quel che era successo era abbastanza: <<...io, penso che... andrò... a controllare i libri.>>
Forse sarebbe stato opportuno fermarlo.
Forse sarebbe stato opportuno parlare con Jacob subito.
Forse.
Forse non c'era una cosa corretta da fare in quella situazione.
"...forse nemmeno Dio lo saprebbe."
Arsalene pensava questo, seduto in una casa fuori città.
Aveva aperto l'Apocalisse di Salomone.
Ma non c'era scritto nulla riguardo la condizione di Jacob. Non c'era nulla di importante.
Tranne il nome dell'autore.
"Daniele Tobia Abel"
Quello Arsalan stava fissando da minuti.
<<...Daniele...>> chiamò l'Angelo <<Tu... hai sempre capito le relazioni tra umani e Angeli più di chiunque altro. E io... io non ho mai capito nulla.>>
"...per questo sei morto, infine."
<<...perciò ti prego, dimmi cosa devo fare. Non... io pensavo di conoscere Jacob. Sono stato con lui tutta la sua vita. Ma mi sbagliavo. Ho fatto quello che pensavo fosse meglio per lui, e ho sbagliato. E ho sbagliato di nuovo, e di nuovo, e di nuovo.>> Cadde in ginocchio. <<Che cosa devo fare, Daniele...? Che cosa devo fare?>>
Rimase a pregare quell'anima scomparsa per diverso tempo, prima di essere interrotto.
All'improvviso, cominciò a piovere.
Era stato nuvoloso...? Non se n'era accorto.
Istintivamente, i suoi occhi furono attirati dalla finestra più vicina.
Gocce d'acqua.
Gocce d'acqua che cadevano.
Gocce d'acqua che morivano.
Gocce d'acqua che rimanevano vicine, pur di fronte alla fine.
E ad un certo punto, diventava impossible distinguere una dall'altra.
Due gocce. Una goccia. Tre gocce. Una goccia. Una pioggia.
Due corpi. Un corpo.
Una realtà malleabile.
Un mondo di pioggia.
Figlie del cielo.
Figlie di Dio.
Thump
...ora Arsalan sapeva cosa doveva fare.
Corse verso la città sotto la pioggia.
La stessa pioggia che Jacob Aiagon fissava da dietro una finestra chiusa.
<<Aaa... Aaaaa...>> gemeva. Le sue mani erano sporche della sua stessa saliva, che cercava costantemente di lavar via, ma che non riusciva a non emettere.
Oltre la porta del bagno erano Simona e Risa, in ascolto. Si chiedevano come mai il Giudice non avesse ancora tentato di sfondarla.
Per parlare, decisero di allontanarsi, più vicino ai loro rispettivi Angeli.
<<Secondo le testimonianze di Rhoda...>> disse Zedel <<Ipotizzo che in questo stato Jacob non abbia coscienza degli oggetti intorno a sé, o almeno che non li riconosca. Non sa che c'è una porta facile da distruggere, sa solo di non vedere Arsalan da nessuna parte.>>
Raguel aveva smesso di sorridere, per una volta. <<Ma come, come si è ridotto così? E non ditemi che è stata colpa di Inlus perché non vi crederò.>>
L'altro Angelo non esitò. <<Invece credo proprio di sì.>>
<<Zedel...>>
<<Lasciami parlare. Non è solo una questione di trauma psicologico. Inlus ha usato un... possiamo chiamarlo rituale, anche se non c'era magia in gioco, molto specifico.>>
<<Lui sostiene di essere solo stato bloccato in una stanza per due settimane.>> disse Risa <<Pensi sia successo qualcos'altro che lui ha dimenticato?>>
<<No, penso che abbia ragione. Ma quell'ambiente... una stanza del tutto buia, con ogni senso incapace di sentire qualcosa che non fosse il pavimento o il Demone... deprivato di cibo e acqua, terrorizzato... Inlus ha fatto tutto questo con lo scopo di fare a pezzi la sua mente e ricrearla come dipendente da lei. Voleva farlo letteralmente rinascere.>>
<<...ha replicato una gravidanza.>>
Zedel annuì. <<E lei era l'unica persona che vedesse per tutto quel tempo, così avrebbe creato una dipendenza, un legame con lei sola, simile a quello di un infante con la madre, se più basato su sentimenti amorosi. Ma per questo ci sarebbe voluto più tempo. Jacob era ancora terrorizzato da lei. E poi, in quella fase, è apparso qualcun altro.>>
<<Arsalan.>> concluse Simona.
<<La prima cosa che il pulcino vide fu Arsalan. Arsalan, l'unico appiglio che aveva avuto per rimanere speranzoso, l'ultima persona con cui aveva avuto contatto fisico, l'Angelo con cui era stato tutta la propria vita. Non è strano che adesso sia ossessionato con lui. Non ha pensato ad altro mentre gli veniva fatto il lavaggio del cervello.>>
Ma nemmeno questa teoria piaceva a Raguel. <<Vuoi dirmi che è regredito allo stato mentale di un infante? Che quando non ha Arsalan, si mette a piangere?>>
<<Be', quello lo fanno i bambini. Lui è un uomo adulto con poteri sovrumani. Quando non piange va a cercarlo in giro, lo confonde con qualcuno che gli assomiglia, rimane spaventato... e inconscio di quel che sta facendo, lo uccide.>>
Risa avrebbe voluto obiettare.
<<Ora gli è stato impedito di trovare quel che voleva, perché Rhoda lo ha fermato. E rimarrà così finché... finché non avrà ucciso qualcuno con tratti simili ad Arsalan, suppongo.>>
Simona avrebbe voluto obiettare.
Eppure l'ipotesi era... logica e sensata.
Ma nonostante tutto, era chiaro che nessuna di loro fosse interamente convinta.
Quando si trattava di Demoni, non si poteva mai sapere cosa sarebbe accaduto. Forse Inlus aveva usato un po' di magia. In ogni caso, quella situazione non era normale. E doveva esserci un modo per risolverla.
<<...se vogliamo occuparcene, dobbiamo farlo calmare, prima di tutto.>> disse Simona <<Andrò a parlargli. Raguel, sei con me?>>
<<L'ho già visto in quello stato una volta. Non preoccuparti.>>
Risa intanto si diresse verso la porta. <<Io e Zedel andremo al manicomio, forse nella cella dove è stato tenuto prigioniero c'è qualche traccia di magia.>>
<<Buona fortuna.>>
Mentre due uscivano, due andarono in cucina, dove si trovava ancora il computer nel mezzo della chiamata vocale. Era un miracolo che non l'avesse fatto a pezzi dall'altro lato.
Ora Jacob era attaccato ad un muro, e si teneva la fronte con una mano. <<Ggghhh... gghhhhh...>>
<<Tutto bene, Jacob?>> chiese Simona, sorridendo il più caldamente possibile.
<<La mia testa... il mio cuore è salito lì e sta battendo... aghhh...>>
<<Ci sono medicine in quel bagno, sai. Possono fartelo passare, e starai subito meglio!>>
<<No... no, non lascerò che niente del genere entri il mio corpo... devo essere...>> ansimò. <<Puro. Per... Arsalan.>>
Non aveva una maglietta addoso, ed era ottobre, ma sembrava stare sudando esageratamente. La sua faccia era rossa e i suoi occhi... lucidi, forse. Simona non ne aveva mai visti, occhi come quelli... quasi dorati.
Erano sintomi di febbre che aveva?
<<...Jacob, non penso questo modo di pensare sia costruttivo.>>
<<Ho ragione io. Ho ragione io. Voi non capite niente.>>
<<Allora cerca di farmi capire.>>
Voleva creare... un contatto con lui. Un legame. Non era una psicologa, ma questo le sembrava ovvio.
In verità, Simona era apparsa in quella città per fare amicizia. La cosa più importante al mondo. Sentiva di essersi avvicinata a Risa e Zedel e Arsalan, ma...
Jacob era troppo occupato con la propria disperazione. Era sempre troppo lontano.
Qualcuno che non aveva il tempo per l'amicizia doveva essere davvero miserabile.
<<...come potreste mai capire?>> chiese il ragazzo <<Quel che io provo... oltre il bene e il male non c'è che un mondo vuoto... rimosso il vuoto stesso, non rimane che una percezione... e io non voglio percepire altro che Arsalan.>>
...logico.
Simona si sforzò di non ridere a quel discorso. Non fu difficile. Le bastò concentrarsi su quanto fosse inquietante. <<Quindi è lui l'unica cosa che importa per te?>>
<<Lui è l'unica cosa che esiste. Per questo ho bisogno del suo corpo. Del suo animo. Di ciò che è dentro di lui e ciò che è fuori di lui. E io scomparirò in lui e lui scomparirà in me e non rimarrà nulla se non il nostro amore.>>
<<Giusto.>> Era decisamente troppo inquietante per lei. Per non dire deumanizzante verso l'Angelo.
Gli Angeli erano suoi amici. Sentire quelle cose su uno di loro... sapeva fin troppo bene cosa si provasse ad essere visti in quel modo.
Questi sentimenti erano leciti. Purtroppo Simona non era troppo brava a dosare le parole, e fece un errore.
Chiese: <<E se Arsalan non volesse?>>
<<...se, Arsalan...>>
Jacob si paralizzò completamente.
I suoi occhi non smisero di fissare il cielo... no, il suo intero corpo non si mosse più, ad eccezione delle labbra.
<<S-se... A-arsal... an...>>
Cominciò a piangere.
<<A... Arsalan... n-non vuole...?>>
<<Jacob->>
<<L... lui...>> Si coprì gli occhi con le mani e cominciò a ululare. <<Lui... mi lascerebbe qui... nell'occhio del vuoto a morire... a consumarmi da solo... andrebbe da qualcun altro... io... io...>>
All'improvviso scattò all'indietro ed evocò la Spada Sacra.
Gridò di dolore mentre se la puntava verso il cuore.
<<No no no non ci provare->> disse Raguel correndo verso il bagno.
Simona l'avrebbe fatto prima, ma non era concentrata. Stava cercando di non pensare a quel che vedeva, perché era troppo pietoso.
Così Raguel girò la chiave ed aprì la porta per impedire a Jacob di suicidarsi.
E...
E Jacob la trapassò nello stomaco con la Shamshir-e-Zomorrodnegār.
<<Muori.>>
Simona arrivò in quel momento. <<Raguel?!>>
Prendendo l'Angelo tra le braccia per evitare perdita di sangue, non poté impedire al Giudice di scavalcarle e fuggire via.
Né le importava, al momento. <<Raguel?! Dimmi che mi senti, Raguel...>>
<<A-ah...>> Cercò di respirare lei. Nonostante tutto, sorrise. <<Perché non potevo... averceli io... i poteri...>
<<Tu ce li hai i poteri. Hai me.>> Simona le coprì le orecchie con le proprie mani, e gridò più forte possibile il nome di Zedel. <<Andrà tutto bene.>>
L'Angelo dai capelli verdi arrivò poco dopo, irrompendo attraverso una finestra, e seguita da Risa. <<Che cosa->>
Trovarono Simona che girava una benda intorno al torace di Raguel. <<Aiuto.>> fu tutto ciò che la Giudice disse.
Loro non esitarono. La ragazza italiana prese Raguel tra le braccia e la portò il prima possibile in ospedale. Per assicurarsi che mantenesse sempre la velocità massima, Zedel andò con lei.
E Simona...
Simona aveva un Giudice da inseguire.
Senza nemmeno prendere la giacca con le Stelle, si lanciò dalla finestra.
La sua caduta incrinò il marciapiede, ma non vide segni che Jacob avesse fatto altrettanto. Del resto, non ne aveva la forza. Tuttavia... mentre scendeva, aveva notato un'impronta in un vaso sul davanzale del secondo piano.
L'aveva usato per rallentare la caduta, ed era presente una flebile scia di terra di fronte a lei. La seguì fino ad un incrocio.
L'allarme di una macchina era attivo e le stava strappando i timpani. Qualcuno l'aveva colpita camminando. Magari qualcuno incapace di notare gli oggetti intorno a sé. Lo spense con un pugno ed andò in quella direzione.
Stavolta non perse tempo. Jacob era troppo lontano da Arsalan per poter essere abbastanza veloce da seminarla. Doveva essere vicino.
Così lei batté le mani.
L'orribile tuono che causò infranse diversi vetri e fece urlare molte persone, ma non era quello che stava cercando.
Il suo udito aspettava di sentire un rumore metallico molto preciso, quello di una Spada forgiata tremila anni prima che cadeva a terra.
Lo sentì da destra. A destra andò.
La Shamshir era per terra in un vicolo cieco. Jacob non era presente.
A meno che... non fosse in alto.
Simona alzò lo sguardo verso la scala antincendio, ed eccolo lì.
Un ragazzo che correva per quei gradini in modi che nessun umano avrebbe mai potuto fare.
Purtroppo per lui, lei poteva saltare in modi che nessun umano avrebbe mai potuto immaginare.
Si staccò da terra.
Jacob vide solo un'ombra oscurare il sole.
Un attimo dopo, un pugno sulla sua faccia aveva distrutto l'intera scala, e lui si trovava sulla strada.
Simona lo stava tenendo stretto per il collo. <<Tu... tu... hai ferito Raguel...!>>
Il Giudice rispose con un colpo di Spada. Lei bloccò il suo braccio. Forse lo ruppe.
<<Se a lei succederà qualcosa... non avrò alcun motivo per non fare lo stesso a te... hai capito...?>>
<<Sarò... hahhh... sarò io a fare qualcosa a voi... a tutti voi... bastardi...>>
Ma era stanca di sentirlo parlare. <<C'è solo un modo di farti tornare in senno, vero?>>
Gli rifilò una testata.
Con quella, tutto divenne buio.
15 ottobre 2020
Jacob
Stavolta, al risveglio di Jacob fu dato il benvenuto dal tramonto.
La finestra era spalancata, lasciando entrare una dolce brezza, strana per la stagione. Il brutto tempo doveva essersi scaricato con quella pioggia.
Jacob si toccò la testa, coricato nel proprio letto. Aveva un panno caldo sulla fronte. Non osò toglierlo.
La porta chiusa, niente computer.
All'inizio, pensava non ci fosse nessuno. Solo dopo si accorse che non era così.
Arsalan fissava il tramonto dal lato della stanza opposto a lui. I loro sguardi non sembravano aver intenzione di incontrarsi.
Soprattutto, il ragazzo non si sentiva capace di guardare qualcun altro negli occhi.
Ricordava tutto.
Non solo Raguel. Ricordava tutte e tre le vittime. Ricordava perché l'aveva fatto, e come, e come si era sentito.
Quei ricordi erano i suoi. Quella memoria era la sua. Quello responsabile era lui.
<<Jacob Aiagon.>>
Il suo nome fu tutto ciò che Arsalan disse, per forse un minuto.
<<Ho deciso di diventare tuo Angelo Custode dopo aver sentito il nome che avresti avuto. Come in un sogno, sentivo fosse... il nome giusto. Il nome giusto per te. Il nome giusto per me.>>
Il cuore del Giudice non batteva più forte del normale. La sua temperatura era regolare. La sua mente, calma. La voce di Arsalan lo aiutava a mantenerla tale.
<<Jacob Aiagon...>> ripeté l'Angelo <<Un nome come la migliore composizione della melodia universale. Ma non sapevo il perché.>>
Il tramonto stava entrando nell'ultima fase. Presto la notte sarebbe calata.
<<Non so mai il perché. Tanti millenni, e non ho imparato niente. Non so come svolgere questo compito.>>
Si alzò.
<<Protettore della tua anima. Giudice del Signore. Angelo di Dio che è tuo custode. Come posso essere tutto questo?>>
Si avvicinò al letto.
<<Dunque... forse, non dovrei esserlo. Forse non dovrei cercare di proteggerti dai tuoi desideri. Forse non dovrei giudicare la creatura dentro di te. Forse non devo essere il tuo Angelo Custode. Forse devo... forse posso essere qualcos'altro.>>
Si inchinò davanti al letto.
<<Tu cosa vuoi che io sia?>>
Thump thump
<<Anche se sia un Demone o se la tua mente sia frantumata. Tu, che cosa provi, Jacob Aiagon?>>
Ma la risposta era difficile.
Forse impossibile da esprimere in termini umani.
Eppure, d'istinto, sussurrò qualcosa, in una lingua incomprensibile a sé stesso, come se fosse l'unica risposta possibile.
Thump thump
<<Allora, mio Giudice... lascia che, per stanotte, io sia tutto ciò che vuoi.>>
Ora, i loro sguardi si incontravano.
Come un solo raggio di luce, teso da due poli opposti.
Perciò non c'era bisogno che parlassero a se stessi. Non si può sapere cosa si volessero dire.
Non si può sapere se Jacob Aiagon o Arsalene abbia posato per primo le proprie labbra su quelle dell'altro.
Ma fu in quel momento che il tempo smise di significare qualsiasi cosa. E il sole non scese mai oltre l'orizzonte.
Ciò che accadde dopo, fu scandito solo dai loro battiti sincronizzati.
Thump.
Thump.
Thump.
Thump.
E poi...
...in unisono...
...si fermarono.
XX:XX
Vicikitsā