logo

Amen I

"L'ultima volta che vidi mio nonno..."

"Sì, sedeva da solo."

"Inconsapevole e ingenuo, gli chiesi:"

<<Nonno, perché sei sempre così triste?>>

"La mia intenzione era quella di tirarlo su."

"Ma non ci riuscì."

Vicikitsā

In un corpo a corpo, le probabilità di Devadatta erano più scarse. 

Portava con sé un corto coltello, e se si concentrava troppo su Jacob, Arsalan lo colpiva alle spalle. 

Per questo tendeva ad allontanarsi da entrambi il più possibile. 

Il ragazzo invece si stringeva il braccio sinistro, dal quale usciva sangue. Era stato colpito poco dopo l'inizio della battaglia. Nulla di troppo grave, ma aveva perso la sensibilità. 

Anche la forza lo stava chiaramente abbandonando. Teneva la Spada bassa, quasi a contatto con il pavimento. Non sembrava più nemmeno interessato ad attaccare Devadatta. 

Quanto ad Arsalan, aveva smesso di provare ad avvicinarsi al Demone. Fuggiva sempre, e finiva per essere solo un rischio ed uno spreco di tempo. 

Ma se fosse stato lui ad avvicinarsi-

<<Deva... e maestro del Deva... non ho mai voluto uccidere nessuno. Mi avete costretto voi, servi di Mara.>>

<<Oh, stai zitto.>> lo interruppe Jacob. Anche la sua voce si stava facendo flebile. <<Vuoi proprio... uccidermi? Allora... fatti avanti. Ti darò... il benvenuto.>> E sollevò leggermente l'Arma Sacra. 

Devadatta sorrise, a prova della sua menzogna. Un vero Demone sadico senza morali. <<Tranquillo, la morte è solo un'altra fase della nostra esistenza.>> Coltello in mano, corse verso di lui. 

La lama si avvicinò. Il Giudice non si era ancora spostato. 

Un metro. 

Mezzo metro. 

-dieci centimetri alla sua gola. 

<<Beh... io qui... ho finito.>>

Un attimo prima di essere colpito, Jacob si gettò all'indietro con un salto. 

Devadatta l'avrebbe raggiunto in poco più di un secondo, ma proprio allora, smise di muoversi all'improvviso. 

<<...huh?>> Le sue gambe si erano paralizzate, e non riusciva ad allungare le braccia. Era come se ci fosse una barriera tutta intorno a lui. <<Che stregoneria è questa?>>

<<Ho usato... il mio sangue... hahaha.>> rise il Giudice davanti ai suoi occhi, ansimando <<Mi sono lasciato colpire... ed ho usato il mio sangue.>>

<<Che cosa mi hai fatto?! Parla, dannato!>>

Lui si limitò ad indicare sotto i suoi piedi. 

Il Demone si trovava dentro un cerchio riempito di vari disegni. Il Giudice l'aveva imparato a memoria. Poi si era fatto ferire. Aveva intinto la Spada del proprio sangue, e l'aveva usata per dipingere quel simbolo sul pavimento. 

Ora, Tevatort non poteva più uscire. 

Quello era il suo Sigillo di Salomone. 

<<Hai capito, ora, Devadatta? Hai capito, Tevatort? Sei stato ingannato. Non puoi fuggire. Il tuo destino ora è solo nelle mie mani.>> E così si avvicinò a lui, Spada in mano. Il taglio faceva ancora male, eppure adesso parlava con disinvoltura. 

Il terrorista puntò il coltello. <<Stammi lonta->>

Arsalan lo disarmò scattandogli davanti. Infranse la lama sul muro, facendola a pezzi. 

<<Magari ti reincarnerai in qualcosa di meno perdente la prossima volta.>> Jacob alzò la Spada. 

Ma Devadatta non sembrava avere intenzione di rassegnarsi. <<Tu... tu e il tuo Deva... spero sappiate di essere responsabili per miliardi di mancate ascese al Nirvana. Ci intrappolerete tutti nel ciclo di reincarnazione del Samsara, un'altra volta. Vi piace l'idea? Vi piace vederci soffrire?>>

Lo diceva con tanta convinzione che il ragazzo quasi lo ascoltò. Guardò Arsalan. Sperava di trovare qualcosa nel suo sguardo... un'emozione qualunque. Non c'era niente. 

Perciò si girò di nuovo verso Devadatta, e ignorò tutto quello che aveva sentito. <<...ma sei scemo? Reincarnazioni? Nirvana? Come posso fidarmi di te...>> Avvicinò la punta della Spada alla sua gola. <<...se non credo in queste cose?>>

<<Allora forse è ora che tu ci creda.>>

<<...huh?>>

Dal corpo di Devadatta uscì un ciclone d'aria. Non abbastanza grande da uscire dal Sigillo, ma abbastanza forte da fare crollare una porzione del soffitto sopra di loro e respingere il Giudice all'indietro. 

L'Angelo corse a ripararlo dalle macerie in caduta. Così facendo però, avevano perso di mira il Diavolo Accusatore. 

<<Deva del Suddhavasa, Tevatort!>> stava gridando. Il Sigillo di Salomone era stato cancellato dalla pietra, e adesso era libero. Con le mani alzate al cielo, Devadatta evocò il suo Demone, mentre un terribile odore di zolfo riempiva l'aria: <<Protettore del Buddhismo, asceso Anagami!>>

"Ma queste parole almeno esistono?!" pensò Jacob. 

Il tornado si girò in orizzontale, e cominciò a muoversi verso il ragazzo. 

<<Oh no.>> disse Arsalan non appena il Giudice fu al sicuro. Prese la Spada, e corse verso Devadatta. <<Tu non lo fara->>

Ma non riuscì a fermarlo in tempo. La tempesta lo superò, diretta verso un solo obiettivo. 

Il Diavolo Accusatore Tevatort entrò nell'anima di Jacob. 

17 maggio 2020

La prima notte da quando aveva conosciuto Arsalan, Jacob Aiagon rimase sveglio. 

Il suo Angelo Custode era coricato sul pavimento accanto al suo letto, occhi chiusi. Aveva detto di non aver mai bisogno di dormire, anche se preferiva farlo. 

...ma come poteva Jacob fidarsi di quello che gli diceva? 

Uno sconosciuto che affermava di essere un Angelo. 

Aveva visto lui stesso come la sua pelle fosse indistruttibile. 

Eppure, aveva anche visto quanto quella spada fosse potente. 

Jacob si alzò dal letto. Si era proposto di dormire per terra, in quanto padrone di casa, ma Arsalan aveva risposto di essere meno ospite di lui. 

Con un bagliore, il Giudice evocò l'arma nella mano destra. 

Si abbassò per esaminare il volto dell'uomo lì addormentato. 

Fattezze che non avrebbe esitato a definire oggettivamente belle. Corporatura perfetta. Respiro regolare. Un'espressione totalmente serena. Persino la sua posizione, mentre dormiva, sembrava fosse stata dipinta da un maestro del rinascimento. 

-quello era decisamente un Angelo. 

-quello era decisamente una Spada Sacra. 

-quello era decisamente un Dio, innegabile, reale. 

-quello era decisamente l'Inferno, ad aspettare Jacob Aiagon. 

"Arsalan." si disse Jacob. 

Alzò la spada. 

"Se qualcosa andrà storto... per non dover più soffrire..."

La ferita che Devadatta gli aveva inflitto sembrava pulsare ancora. 

Non lo voleva più. 

"...io... io..."

Voleva ucciderlo. 

Voleva uccidere un Angelo. 

Non aveva mai creduto in Dio. 

E ora aveva appena scoperto che era reale. 

E voleva uccidere un Angelo. 

Non poteva fare altro che crollare a terra, e piangere. 

"Questa vita..."

Una singola goccia d'acqua scese sulla finestra della stanza. 

Poi l'universo intero fu annegato nell'inchiostro. 

<<...ah!>>

Il ragazzo tirò la testa fuori dalla melma, ansimando. Intorno a sé, non c'era nulla se non oscurità. 

Il resto del suo corpo era totalmente paralizzato da quel liquido nero. Riusciva soltanto a muovere il braccio destro, che era però occupato dalla Spada. E per qualche motivo, temeva che se avesse smesso di tenerla, sarebbe affondato di nuovo. 

<<Aiuto!>> 

Cercò un appoggio, o qualunque cosa che lo tirasse fuori. Nulla. 

Nient'altro che buio, più scuro di quanto potesse immaginare. 

<<Arsalan! Dove sei?>>

Questo è strano. 

<<Huh? Chi va là?!>>

Quella non era la voce che aveva sentito nel suo sogno. Era più profonda, più debole, quasi come se non fosse proprio una voce, ma una serie di lettere impresse nella sua mente. E se era così, riconosceva il carattere di quelle lettere. 

Stava parlando con Tevatort, il Diavolo Accusatore, in persona. 

Devi essere stato allenato da qualcuno, per essere ancora sveglio. 

<<Non so di cosa tu stia parlando!>> Per un attimo, la sua bocca fu riempita dal liquido. Stava lentamente scendendo. <<Dove siamo? Cosa mi stai facendo?>>

Questa è la tua anima, e questo sono io. Voglio conoscere il tuo passato, per sapere cosa ti ha reso quello che sei. Voglio avere la tua anima aperta a me. 

<<Fossero...>> Sputò altra di quella roba. Era disgustosa. Era il concetto stesso di disgusto. <<Fossero cazzi tuoi...>>

Fuggire è inutile. Arsalan non ti ha insegnato a sopravvivere ad un attacco diretto. Il tuo passato è mio. 

<<Ah davvero? Allora vieni a->>

Quella fu l'ultima cosa che riuscì a dire prima di ricadere di nuovo. 

Stavolta, gli passarono davanti più di dieci anni. 

Vicikitsā

<<Nonno, perché sei sempre così triste?>>

Un bambino chiese al vecchio vicino alla morte. 

In una stanza, da soli, seduti su un divano, due epoche si incontrarono. 

L'uomo sorrise. 

Un sorriso malinconico, che non si sarebbe mai potuto tramutare in risata. 

In quel vecchio appartamento, quell'uomo sapeva che sarebbe morto presto. Ma aveva un'eredità da lasciare. 

<<Se ti dicessi che ho vissuto senza rimpianti, starei mentendo, Jacob.>>

Il bambino non capiva sin dalla perfezione, ma rimase ad ascoltare. 

<<Ho passato dieci anni a bighellonare. Quindici a studiare. Quaranta a lavorare. Alla fine, me ne sono rimasti solo cinque per pensare.>>

<<Oh! E a cosa hai pensato?>>

<<...ho pensato solo ai sessantacinque anni precedenti. Alla ricerca della verità della vita che non ho trovato prima.>>

Guardò il giovane accanto a lui. 

<<Forse tu, Jacob, la conosci? Forse la chiave sta nella vostra mente innocente... se ti chiedessi qual'è il senso della vita, cosa risponderesti?>>

Il bambino non conosceva bene il concetto di "senso della vita", che non passa mai in mente ai minori di otto anni. Questo però non significa che gli fosse impossibile rispondere. 

<<Divertirsi?>>

<<Heh. Ma allora, quando studieremo? Quando lavoreremo? No, non è così. Purtroppo, temo sia impossibile trovare l'esatta risposta, e viverla. Ci sono così tante cose da fare, e così poco tempo...>> si asciugò una lacrima. <<...non è possibile vivere senza rimpianti, alla fine.>>

Rimasero in silenzio per qualche secondo. 

Fu il nonno a rupperlo. <<Ho qualcosa da darti.>> Indicò una mensola lì vicino. <<Portami quella scatola, per favore.>>

Jacob obbedì senza indugio. <<Che cos'è?!>> domando, curioso. 

Il piccolo contenitore rivelò, dopo l'apertura, una catena d'argento da indossare al collo. Intorno ad essa, un anello scintillante. Forse oro, ma il bambino non l'avrebbe capito. 

<<Questo è un portafortuna.>> gli spiegò il nonno <<Ma uno che funziona davvero. Mettilo al dito, e ogni malignità si allontanerà da te, Jacob. Te lo prometto.>>

Glielo mise tra le mani, anche se lui non l'avrebbe indossato per anni. Non gli piacevano gli anelli. 

<<C'è solo una cosa, però. Solo persone con una grande forza mentale lo possono usare. Qualcuno di confuso... qualcuno che cambia idea continuamente... solo sfortuna per lui. Devi essere deciso. È tutto ciò che ti chiedo.>>

<<Papà?!>> Un'altra persona entrò nella stanza: la madre di Jacob. <<Che discorsi stai facendo a mio figlio?!>>

La donna portò via il bambino, ma non prima che il vecchio potesse dire un'ultima frase, e che Jacob la sentisse:

<<...tutta la vita, uno spreco di tempo.>>

Con questa affermazione, procedette a trasformarsi in melma nera. 

No, non è questo che ti ha reso il Giudice Bianco, non è così? 

<<Ah!>> gridò Jacob, provando ad uscire da quello schifo. <<Lascia i miei ricordi in pace, bastardo!>>

Se lo facessi, non avrei più motivo per tenerti in vita. Quel che mi serve è la chiave alla tua anima, una spiegazione, ma nulla di tutto ciò che ho trovato sembra spiegare... te. La tua ossessione. 

Il ragazzo si rese conto che ora riusciva a muovere solo il braccio sinistro, ovvero quello in cui teneva la Spada. 

Era grazie ad essa che poteva muoversi. Grazie alla Spada. 

Girando la mano, riuscì ad immergere l'Arma di nuovo nel liquido, e toccare il proprio braccio destro. 

Finché rimanevano a contatto, poteva muoverli entrambi. 

Hm? E questa cos'è? 

La Spada volò via. 

<<No--!>>

Quest'aura... oh, interessante... quindi "lui" deve essere qui...

"Qui... dentro... la mia anima...?"

Nel frattempo, Jacob affondò di nuovo, e tornò nei propri ricordi. 

Vicikitsā

A mezzanotte, un getto d'aria fredda svegliò il bambino. 

C'era rumore nell'altra stanza. Una luce accesa, e gente che gridava. 

A lenti passi, Jacob si avvicinò alla porta. 

<<Tienilo fermo!>> ordinava suo padre dietro il muro. 

<<Papà, no!>> supplicava sua madre. 

Finalmente, incuriosito, il bambino si sporse per guardare. 

Il balcone era aperto nella camera di suo nonno, e il vecchio si stava dimenando lì fuori, mentre i suoi genitori provava a tenerlo fermo. 

<<Lasciatemi stare!>> urlava quello <Non ho più motivi per continuare!>>

La figlia, madre di Jacob, lo stava tirando fra le lacrime insieme al marito. <<Per favore, papà!>>

Questa battaglia si interruppe quando il nonno vide Jacob, nascosto dietro la porta. Subito smise di dimenarsi e gli corse incontro. 

<<Jacob, Jacob, Jacob!>> chiamò tre volte, chiaramente fuori di sé <<Tu... sì, tu sei ancora giovane... per favore, in nome di Dio, tu devi vivere meglio di me! Devi trovare la verità al posto mio! Devi capire come morire senza rimpianti prima che sia troppo tardi!>>

Il bambino lo guardò, incapace di essere spaventato da quella faccia familiare, più attento che mai. Non si sarebbe scordato quelle parole, pronunciate con tanta veemenza. 

<<Non sprecare mai il tuo tempo negli errori! Trova il senso della vita, o l'ultima cosa che sentirai sarà tristezza!>>

E poi, con un suono orribile, come se avesse un buco nella gola, il vecchio cadde a terra senza più respirare. 

<<...nonno?>>

L'ultima testimonianza della sua esistenza era quell'anello, ora e per sempre al collo di Jacob. 

Vicikitsā
Il Dubbio

<<Ora capisco. Chissà se Jacob Aiagon si ricorda di questo avvenimento, o se l'avvertimento di suo nonno è solo un comando di cui non sa l'origine. Un'esperienza così traumatica...>>

La stanza, la casa, e tutta la famiglia scomparvero nella melma nera. Solo il bambino rimase. 

<<...lo ha reso ossessionato con un'ideale. Temo che quel vecchio possa avergli rovinato la vita.>> affermò l'uomo con vesti regali. <<Nessuno dovrebbe vivere nella paura del futuro, nella paura del rimpianto, costantemente alla ricerca della pace. Tuttavia...>>

Si inginocchiò, e abbracciò il piccolo davanti a sé. 

<<...tu l'hai presa molto bene, non è così, Jacob?>>

Poi si rialzò, e lo lasciò sparire nel nulla. Era solo un ricordo. Quello vero aveva bisogno di ben altro aiuto. 

<<La mia protezione non sarà abbastanza per sconfiggere Tevatort. Dovrò occuparmene di persona.>>

L'uomo con le vesti regali volò sopra il mare di melma. Fluttuava come se l'anima di Jacob fosse lo spazio, senza gravità. Il che non era del tutto errato. 

Jacob stesso era ancora sommerso nel mare di melma, e non si accorse di nulla. Il Diavolo Accusatore che lo aveva invaso invece sì. 

Huh? Questa presenza...?

<<Salve, Demone.>> salutò l'uomo <<Non indulgiamo. Ho imparato a passare subito al punto.>> Tese il braccio sinistro. 

La Spada Sacra volò nella sua mano. Senza nemmeno muovere il resto del corpo, la lanciò con potenza verso il basso. 

No-!

La forza fu impressionante. In quel nulla buio, ci fu un'esplosione, mentre il mare di catrame veniva tagliato in due. 

Tevatort gridò, ma non poteva fermarlo. Onde nere si allontanarono da quel punto che era stato colpito, lasciando solo un pavimento. 

E proprio al centro. Un ragazzo si svegliò. 

Jacob tossì un paio di volte. Tecnicamente, nulla di tutto ciò era reale, ma ci assomigliava molto. 

La prima cosa che vide fu una lama accanto a sé. 

Si guardò intorno. Non c'era nessuno. Nessun uomo con vesti regali. 

Solo molta melma. Una sostanza disgustosa che si stava muovendo sempre più distante e sempre più veloce. Eventualmente, cambiò dall'essere un mare, a formare una colonna nera e oliosa nell'oscurità. E ora Jacob riusciva a distinguere la fonte di quella voce. Sì... quel pilastro di catrame.  <<Quell'arma... non voglio crederci, avrei distrutto la tua anima se non fosse stato per lui.>>

Quella colonna... quello era Tevatort. Il Demone, la sua essenza stessa. 

<<Non so di chi tu stia parlando, e non voglio saperlo. Tutto ciò che so...>>

L'Arma cominciò a scintillare anche in mancanza di fonti di luce. 

<<...è che ora ho un bersaglio da colpire, e un'arma con cui colpirlo.>>

Jacob corse verso la colonna di melma. 

"Nonno... con questo, sarà finito tutto."

<<Oh? Fallo, se riesci. Questo non è il mondo reale. Non puoi ferire la mia proiezione dentro un'ani->>

<<Dentro la mia anima, bastardo!>>

La Spada toccò la colonna, Tevatort. 

Poi la infilzò completamente. 

Ci fu un grido, non molto diverso da quelli che si sentirebbero all'Inferno. 

<<Ahhh... ahhhh...>> il Demone era ferito, nonostante il suo essere incorporeo. <<...capisco. Quella Spada... ah... preferisco allontanarmi il più possibile da voi due.>>

Jacob aveva appena tirato fuori la lama per colpire di nuovo, ma fu lento. 

<<Sarà molto più facile occuparsi dell'Angelo. Addio, Giudice.>>

Tevatort si contorse su sé stesso, e scomparve nel cielo. Il pilastro infinito uscì da quel luogo inesistente. 

<<...bastardo...>> ripeté il ragazzo <<Ora come faccio a seguirlo? Non ditemi che mi ha intrappolato nella mia stessa anima.>>

<<Sa già che io posso liberarti.>> disse la voce alle sue spalle <<Vuole solo guadagnare tempo.>>

Un rumore di gioielli d'oro si rese sempre più forte, mentre quell'uomo dalle vesti regali si avvicinava a Jacob. 

<<Sei stato tu a permettermi di uscire da quello schifo, vero? Ti ringrazio.>> gli disse il Giudice. 

<<Non è nulla. Posso anche riportarti di nuovo nel mondo fisico.>>

<<Per favore, fallo. Quel dannato demone è fuggito... potrebbe dare dei problemi ad Arsalan.>>

<<A lui. Non a te.>>

Jacob si girò di scatto. <<...huh?>>

C'era un sorriso su quel vecchio volto. <<Ti sto dando una scelta, Jacob Aiagon. Il tuo destino non è quello di vivere una vita felice. Tu... soffrirai. Devadatta ormai è finito, ma non sarà l'ultimo Diavolo Accusatore che incontrerai. E i prossimi saranno più potenti di lui.>>

<<Un attimo... ce ne saranno altri? Quanti?>>

<<Non ne sono sicuro. Una decina, forse?>>

<<...merda.>>

Il Giudice si sedette a terra, o qualunque cosa fosse quella roba sotto di lui. 

<<Ma naturalmente, ciò accadrà solo se tu continuerai sulla tua strada di Giudice. Se tu dovessi abbandonarla, sarai libero.>>

<<Libero? Heh. Forse non sai che Arsalan non può allontanarsi troppo da colui a cui è legato. Dovrei vivere per sempre insieme a lui?>>

<<Arsalan può morire.>>

<<Arsalan può... cosa?>>

<<In questo esatto momento, Arsalan sta combattendo contro Tevatort, e sta avendo difficoltà. Spera che, una volta uscito da qui, tu uccida Devadatta, che è rimasto inerme. Ciò eliminerebbe anche il Demone, e significherebbe vittoria per l'Angelo. Ma se tu aspettassi un secondo in più per farlo? Se prima di uccidere Devadatta, lasciassi che Arsalan torni in cielo?>>

Stava suggerendo un omicidio, in pratica. Solo che Arsalan era un Angelo, quindi non sarebbe morto - semplicemente, sarebbe "tornato al cielo". 

<<Si può fare, ma... mi sentirei... in colpa, sai? Per tutte le persone che morirebbero. Tutte le vittime dei Diavoli Accusatori.>>

<<Oh, ma non devi preoccuparti di ciò. Ci sono altri Giudici in giro ad occuparsene.>>

<<...ce ne sono altri? Anche di loro?!>>

<<Eccome. Potresti persino incontrarne un paio.>> Gli mise una mano sulla spalla. <<Jacob, quel che voglio dire è che... non voglio vederti prendere tutte queste responsabilità da solo.>>

<<...perché ti interessa di me così tanto? Non so nemmeno chi tu sia. Se non avessi già incontrato un Demone, crederei che tu fossi un frammento della mia immaginazione.>>

Agli occhi dell'uomo, Jacob non era altro che un bambino. 

Un bambino spaventato e confuso, incapace di darsi risposte, e costantemente in procinto di piangere. 

Ma non era solo quello. 

<<...in un certo senso, mi ricordi me da giovane. Quando mi è stato dato il ruolo di giudice, senza che lo chiedessi. Alla fine, non ho potuto far altro che soccombere ai demoni.>>

Gli porse la mano per rialzarsi. 

<<Dunque, Jacob? Cosa hai intenzione di fare? Vuoi abbandonare questa strada, e vivere come se non fosse successo nulla...>>

Alle spalle del ragazzo apparve la sua spada, illuminata da una specie di luce divina, nonostante ciò fosse impossibile in quel luogo. 

<<...oppure preferisci proseguire, come un santo martire, torturato in vita ma ricompensato da Dio nella vita dopo la vita?>>

<<...io...>>

Il Giudice chiuse gli occhi, e ripensò a tutto ciò che gli era successo. 

<<Nonno, perché sei sempre così triste?>>

Qual'era la strada della verità? 

<<Arsalan... questa vita...>>

Qual'era il senso della sua vita? 

<<Come gocce d'acqua. Noi siamo->>

Cos'era lui? 

Cosa voleva Jacob Aiagon? 

Giudice del Signore, o uomo? 

La ferita di Devadatta. 

Le vittime dei terroristi. 

Arsalan. 

La melma di Tevatort. 

L'Inferno. 

Arsalan. 

Quell'uomo. 

Arsalan. 

Arsalan. 

Arsalan. 

Si trattava solo di lui. 

Riaprì gli occhi. 

<<-come gocce d'acqua che cadono dal cielo.>>

Amen

Jacob riapparve nel mondo fisico. 

Accanto a lui, il corpo di Devadatta, ancora cosciente ma apparentemente troppo ferito per muoversi. Era circondato da detriti. Il soffitto era crollato più di quanto si aspettava. 

Lontano riusciva a sentire i rumori della battaglia tra Arsalan e Tevatort. 

<<Giudice del Signore.>> esclamò il terrorista <<Bentornato.>>

Il ragazzo prese la Spada e la puntò sulla sua fronte. 

<<Avanti. Uccidimi.>> disse Devadatta. 

Jacob continuò a fissarlo. Non c'era un briciolo di paura nel suo sguardo. 

<<Cosa stai facendo? Uccidimi!>> ripeté <<È l'unico modo per assicurare al tuo Angelo la vittoria!>>

Il Giudice lanciò l'Arma a terra. 

<<È per questo che non lo farò.>>

In lontananza, sentì Tevatort ridere, come se stesse vincendo. 

<<Ah...>> sospirò Devadatta <<Dovevo aspettarmelo. Avevi detto di non essere religioso, ma sei comunque stato scelto come Giudice. Non hai motivo di continuare su questa strada. Sei... un po' un bastardo, lo sai?>>

<<-non parli più di Deva.>>

<<No, no, ora riconosco la vera natura di Tevatort. Ho capito tutto quando l'ho visto. È un Demone, di quelli del Cristianesimo. Questo significa che... il Cristo, aveva ragione, giusto?>>

<<Così pare.>>

<<E quindi... il Buddha... aveva torto.>>

<<Temo di sì.>>

<<E noi due andremo all'Inferno, entrambi.>>

<<Esatto.>>

<<...lo stai accettando con serenità.>>

<<Probabilmente non dormirò più la notte, ma ora sono troppo occupato ad assicurarmi che sia tu che Arsalan moriate.>>

<<Ha senso.>> Il terrorista si tolse la maschera da Buddha e la gettò via, accanto alla Spada Sacra. Rivelò il volto di un uomo, con fattezze reminiscenti dell'Asia dell'Est, sulla trentina di anni. I capelli neri creavano un contrasto con gli occhi di un rosso ridicolosamente acceso. <<Io invece non sono capace di accettarlo. Tutte le mie convinzioni errate... heh... una vita sprecata seguendo una strada di peccato...>>

Quelle parole scossero Jacob, che sentiva esattamente la stessa cosa. Solo che lui non era un assassino. 

Almeno, non ancora. 

<<...è impossibile che io abbia gettato via la mia vita in questo modo...>> continuò Devadatta, mettendosi in piedi. Il Giudice non lo fermò. Non poteva fargli niente. 

<<...c'è solo un modo per saperlo.>> concluse il terrorista. 

Devadatta strappò in due la toga che indossava. 

Il suo intero corpo era rivestito da esplosivi. 

<<Buona fortuna nella tua prossima reincarnazione.>> disse Devadatta. 

E poi, abbracciando Jacob all'improvviso, esplose. 

"Questa- vita-"

Vicikitsā

Un uomo risiedeva dentro l'anima di Jacob Aiagon. 

Un uomo con indosso vesti regali. Collane, anelli, un lungo abito. 

E quest'uomo aveva appena finito di insegnare a Jacob come uscire quando un Demone provava a intrappolarlo nella sua anima. 

Ora che il ragazzo se ne era andato, rimaneva solo il vuoto. 

O almeno. 

Così sarebbe dovuto essere. 

<<So che puoi sentirmi.>> disse l'uomo. <<C'è una luce qui. Non illumina niente. Non rischiara la via. Ma è qui.>>

Cominciò a camminare in giro per quel vuoto. 

<<E devo dire che è un formato molto strano di luce. Pure l'uso, è bizzarro... hai creato una connessione tra la tua anima e quella di Jacob Aiagon.>>

L'uomo si fermò. 

<<Dimmi. Chi sei, straniero? Cosa vuoi dal Giudice del Signore.>>

Non sentì alcuna risposta. 

Poi, lo spazio cominciò a vibrare. 

La luce era davanti a lui. Una fessura nelle tre dimensioni. E dalla fessura uscì una voce. 

<<Voglio diventi più forte. Voglio trasformarlo in un dio. Voglio si sporchi le mani del sangue dei Diavoli Accusatori. Quanto a te, vecchio... non mi piaci. Temo che dovrai andartene.>>

La fessura di luce vibrò più velocemente. 

No... tutto il vuoto stava vibrando. 

<<Ah. Capisco.>> L'uomo dalle vesti regali sorrise. <<Un potere temibile. Questa è la forza di, cosa, un centinaio Diavoli Accusatori? Novanta Angeli? In ogni caso, non ho davvero alcun modo per proteggermi da un attacco del genere. Ma non importa. Tu non hai alcun modo per impedirmi di tornare. Dunque, distruggimi pure! Ma finché Jacob Aiagon manterrà la mia eredità... non potrai mai fermarmi davvero.>>

Dal cielo cadde un raggio di luce. L'unica presenza in quello spazio fu disintegrata. 

Il Dubbio

Ancora una volta, il Giudice Bianco si vegliò confuso. 

Era chiaramente ferito. Sentiva che non si sarebbe potuto alzare nemmeno se un santo glielo avesse chiesto. I suoi vestiti erano a pezzi, bruciati dall'esplosione. Il muovere le mani gli faceva male. 

...ma era anche chiaramente vivo. 

<<Scusa.>> disse una voce accanto a lui <<Temo di averti ferito più io, con il modo in cui ti ho sbattuto per terra.>>

Un Angelo il cui corpo stava ancora peggio del suo era coricato accanto a lui. Aveva visibili tagli in volto, uno così profondo che Jacob si sarebbe aspettato di vederci il teschio. Era rimasto senza maglietta e il suo petto sembrava essere stato colpito da un centinaio di pugni. I suoi piedi erano sporchi di cenere... aveva bruciato le sue scarpe correndo? 

<<Arsalan?>> chiese il ragazzo, preoccupato <<Che cos'è successo?!>>

<<La maggior parte di questi danni vengono da Tevatort, ovviamente.>> rispose sorridendo <<Ma salvarti da quell'esplosione è stato altrettanto difficile. La prossima volta...>> Tossì. <<...la prossima volta non lasciarti abbracciare da cultisti fanatici.>>

Jacob non poté fare a meno di ridere. <<Heh. Me lo ricorderò.>>

I due rimasero coricati sul terreno per qualche minuto, esausti, ignorando il mondo intorno a sé. 

Il Giudice alzò la mano destra. 

L'anello era ancora lì. Ancora scintillante. Nemmeno una macchia. 

Gli aveva davvero portato buona fortuna. 

...ma un attimo, quando l'aveva messo...? 

<<Ce la fai a camminare?>> domandò infine Arsalan, messosi in piedi e avendogli offerto il braccio come supporto. 

<<Credo di s->> si alzò, e lanciò un grido <<-no!>>

<<E va bene, faremo così.>> 

L'Angelo lo prese, e se lo mise sulle spalle. 

<<Aspetta, cosa?>> chiese il Giudice, arrossendo. 

<<Hai una soluzione migliore?>>

<<Una che non mi obblighi a sopportare la situazione più imbarazzante della mia vita, magari.>>

<<Non ce ne sono. Andiamo.>> L'Angelo uscì fuori dalla galleria della metropolitana con un salto. <<Se vuoi, puoi gridare "Yip yip".>>

<<Uccidimi.>>

I due risero di nuovo, sotto un cielo che aveva appena visto il tramonto. 

La città sembrava tranquilla, nonostante fosse appena accaduto un attacco terroristico. Le persone in giro erano decisamente poche, ma era quasi deprimente come potesse accadere una battaglia tra Angeli e Demoni in un luogo, e nessuno se ne accorgesse. 

<<...Devadatta... è morto.>> sospirò Jacob. 

<<Sì. Hai eliminato un Diavolo Accusatore con successo.>> rispose Arsalan <<Un vero Giudice del Signore.>>

<<...sai, non riesco proprio a credere che quel bastardo sia andato. Ha fatto così tanti danni, in così poco tempo...>>

<<È morto. E ho rispedito personalmente il suo Demone all'Inferno.>>

<<Non ne sto dubitando. È solo che->>

La conversazione fu interrotta, perché il caos eruppe per le strade. 

Entrambi si accorsero delle grida e della gente che correva, ma non capivano il motivo. <<Che succede?!>>

Poi Arsalan notò che avevano tutti lo sguardo rivolto verso l'alto - persino le persone in casa si stavano sporgendo dai balconi per guardare. 

E Jacob comprese perché. 

Esattamente sopra il centro della città era apparso un segno. Un disegno, posizionato trenta metri in alto, a mezz'aria. Un disegno interamente di luce, e non artificiale, come se l'avesse fatto Dio stesso. 

<<Ma che-?!>>

<<Questo non va bene.>> affermò Arsalan. 

L'immagine creata dai raggi di luce era un simbolo - dieci cerchi, non più piccoli di un eliporto, posizionati a creare un albero, tutti connessi da linee. 

Arsalan sapeva cosa fosse quello. L'Albero della Vita risplendeva nel cielo, così che tutti potessero vedere quel simbolo divino. 

Poi il disegno si ricchiuse in un singolo raggio, che toccò terra per un secondo, e infine scomparve in alto, oltre la stratosfera, nel reame degli Angeli. 

L'unica prova della sua presenza era un gigantesco marchio, grande quanto uno di quei dieci cerchi, lasciato da quella specie di luce divina sulla strada.

Un Sigillo. 

<<...c'è almeno un altro Diavolo Accusatore in giro, Jacob.>> disse Arsalan <<Quella è una sfida per noi... o una minaccia. Ci sta dicendo di arrenderci.>>

Il ragazzo sapeva che in realtà i Diavoli presenti erano molti di più, ma preferì non menzionare quel fatto. <<E noi lo faremo?>>

<<Mai. Il tuo lavoro come Giudice del Signore comincia qui, Jacob.>>

"Arsalan..."

Per un attimo, ci ripensò. 

Solo uno, prima di crollare. 

Non poteva farcela. 

Non poteva sopportare tutto ciò ancora una volta. 

Non poteva combattere, non poteva affrontare l'Inferno, non poteva cadere nella morte. 

Non poteva... sprecare la sua vita in quel modo. 

"...Arsalan, io ti ucciderò."