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Rege et Guberna

L'uomo appena apparso nella stanza incuteva timore al solo guardarlo. I suoi occhi, circondati da un viso immacolato, sembravano scavare nell'anima di Jacob. Oltre alle sue labbra, non una singola parte del suo corpo si era mossa - la sua postura era perfettamente immobile. E teneva in mano quella spada affilatissima come se l'avesse usata per anni. 

Quell'uomo... doveva essere la perfezione incarnata. 

...no, aveva detto di non essere un uomo. 

Aveva detto di essere... il suo Angelo Custode. 

<<Ah, capisco.>> disse Jacob, non avendo capito niente. <<Il mio cosa?>>

<<Mi piacerebbe spiegare, ma non abbiamo tempo ora.>> rispose, in una voce solenne, girandosi. 

Devadatta non si era ancora rialzato per la paura. Ora fissava "l'Angelo" con uno sguardo pieno di terrore. <<No no no- stammi lontano! Ho il potere di un Deva con me! Non fare un singolo passo!>> Non era più il calmo assassino di sempre, né la bestia feroce di prima. Era spaventato. 

"L'Angelo" ignorò la sua richiesta. Con il braccio sinistro teso, si scagliò sul terrorista. 

Incapace di fuggire abbastanza in fretta, quello decise di fare lo stesso. Anche lui corse verso l'avversario, intenzionato a graffiarlo sulla faccia con quelle unghie stranamente affilate. 

Non ci arrivò mai. "L'Angelo" lasciò cadere la Spada e gli bloccò entrambi i polsi. 

Devadatta allora mirò a colpirlo in fronte con la propria testa, ma fu troppo lento. Un calcio nello stomaco lo spedì contro il muro. 

Il terrorista sembrò ricevere meno danni di quanti avrebbe dovuto. La differenza principale fu nel suo atteggiamento: si stava innervosendo. Più agile di prima, uso la parete per spingersi verso l'alto. 

"È davvero... inumano. Entrambi lo sono." pensò Jacob. 

Stavolta però Devadatta non attaccò "l'Angelo". No, si lanciò sul ragazzo alle sue spalle usando un lampadario. 

Jacob non sarebbe riuscito a schivare. Non ebbe nemmeno il tempo di gridare nulla. Registrò solo che quegli artigli l'avrebbero presto ucciso. 

Poi, registrò di essersi sbagliato. Qualcosa di molto veloce volò verso il terrorista, e ne interruppe la caduta, facendolo precipitare a terra. 

"L'Angelo" aveva lanciato la spada. L'aveva colpito con il manico, per cui Devadatta non rimase infilzato, ma sembrò fare decisamente male. 

La battaglia si interruppe con la sua gola intrappolata sotto una mano. 

Ma quella non era stata una battaglia. Non c'era tensione. Devadatta era stato schiacciato. "L'Angelo" che ora lo teneva bloccato per il collo non aveva mai rischiato di essere battuto. 

<<Devadatta. Ho visto i peccati tuoi, e del tuo Diavolo Accusatore. Pur non uccidendo, avete ferito e rovinato troppi uomini.>> Puntò la spada, ora di nuovo nelle sue mani, verso di lui. <<Non posso permettere che continuate così.>>

<<Aspetta! Per favore, non->>

Ignorandolo di nuovo, abbassò l'arma. 

...e la conficcò nel pavimento ad un centimetro dal suo orecchio. 

<<Non è mio diritto né capacità interrompere una vita.>> spiegò, con un sospiro. <<Quel compito spetta solo al Giudice, ma...>> si girò verso Jacob per un secondo <<...il Giudice non è pronto. Dunque, ti chiedo di arrenderti.>>

Devadatta lo fissò, con gli occhi pieni di disprezzo. <<Mai.>> rispose <<La mia missione sacra potrà dirsi finita solo quando tutti gli uomini avranno attraversato il regno di Mrtyu-Mara. Solo quando tutti avranno toccato la morte con un dito, io mi ritirerò nel Quarto Cielo con gli altri Bodhisattva. Chi è contro di me, è contro la salvezza dell'umanità!>>

Jacob, nel frattempo, si era ripreso dallo shock, più o meno. Anche se tutte quelle parole lo avevano confuso più di prima. Si era avvicinato al tizio che dichiarava di essere un Angelo, e ora guardava Devadatta mentre parlava. Era sicuro che ormai non sarebbe riuscito a fuggire. 

<<Tevatort mi aveva avvisato del tuo arrivo.>> continuò il terrorista, lentamente tornando ai suoi atteggiamenti da bestia. <<Tu... sei un Deva malvagio, un figlio di Mara, venuto sulla Terra a fermare la nostra illuminazione. Tu sei un falso dio! E quelli come te devono essere eliminati!>>

Colpì "l'Angelo" nel mento con un calcio La sorpresa lo costrinse ad aprire la mano si per un momento, permettendogli di rotolare via ed alzarsi. 

Jacob fece dei passi indietro. Non ci teneva ad essere graffiato un'altra volta. Non ora che gli occhi di Devadatta erano tornati... in quel modo. 

<<Dunque il tuo Accusatore si chiama Tevatort.>> disse "l'Angelo". <<Bene, Tevatort. Fino ad ora mi hai sottovalutato. Fammi vedere cosa sai fare.>> 

Nelle mani di Devadatta riapparve il fucile, che sarebbe dovuto essere nella strada vicina, fuori. Con l'occhio ferito, come aveva intenzione di usarlo? 

Solo che non lo usò. Lo aprì in due a mani nude, e tirò fuori i proiettili. 

<<Questa idea è tua, maestro del Deva.>>

Così come Jacob gli aveva prima lanciato un proiettile contro usando le dita, così fece lui. Solo che lui lo fece ad altissima velocità. Probabilmente se avesse davvero usato l'arma, sarebbe stato più lento.  

"L'Angelo" aveva la spada in mano, e tenendola con due mani, la mosse. 

Bloccò il primo proiettile. 

Poi il secondo. 

E il terzo diretto alla sua testa, e il quarto, diretto alle sue gambe. 

E il quinto, che quasi sfiorò il suo petto, e il sesto, che lo obbligò a impegnarsi davvero. 

E poi il settimo, e tutti gli altri. 

Allo stesso tempo, un passo alla volta, si avvicinava a Devadatta, il quale cominciava a realizzare di star facendo qualcosa di inutile. 

<<Dannato... dannato, dannato, dannato!>> urlava. Con un salto arrivò al soffitto, e tirò gli ultimi tre proiettili rimasti... direttamente Jacob. <<Dannati! Non fermerete l'ascesa del Nirvana!>>

Per "l'Angelo", bloccarli non fu un problema. Corse all'indietro, e alzò la spada per proteggere la testa del ragazzo. Tuttavia nel farlo ci impiegò un secondo di troppo, e Devadatta ne approfittò. 

L'unica cosa che Jacob sentì fu il rumore di una finestra rotta, e non ci fu più nessuno, se non colui che si era chiamato il suo Angelo Custode. 

<<..ah.>> sospirò quello, quando se ne accorse. <<Poco importa. Non posso liberarmi del Demone senza allenarti prima, in ogni caso.>>

Porse la mano a Jacob. 

<<Mi pare tu non abbia compreso la situazione, quindi lascia che mi presenti di nuovo.>>

E in quella sinagoga - in quel giorno - tutto cambiò. 

Ora fuori dalla battaglia, l'atteggiamento di quella figura era cambiato. Se prima aveva l'aspetto di un soldato senza sentimenti, ora il suo sguardo era caldo e rassicurante. La sua posa difensiva adesso si era trasformata in una più casuale. Persino la spada che teneva in mano non sembrava una minaccia. 

Non c'era più alcun motivo di temerlo. Non ce n'era mai stato uno. Quello era un amico. 

<<Il mio nome è Arsalene, ma puoi chiamarmi Arsalan. Sono il tuo Angelo Custode.>> disse con un sorriso. 

Ci fu un attimo di silenzio. 

<<Il mio... uh... il mio... Angelo... Custode?>> balbettò il ragazzo, incapace di stringergli la mano. 

Arsalan annuì. 

<<...va bene. Che ne dici di parlarne in un posto più... calmo?>>

<<A casa andrà bene.>> Si diresse verso l'uscita. 

<<Perfetto. Dove vivi?>>

<<Con te.>>

Dunque Jacob tornò nel proprio appartamento con quell'uomo di due metri armato di spada. 

Almeno... sarebbe dovuto essere armato di spada. In realtà, la lasciò dove l'avevano trovata, assicurando che non avevano bisogno di portarla a mano. Conveniente per non attirare l'attenzione, ma comunque lo fecero quelle vesti estremamente bianche. 

Non appena giunti a casa, Nathan corse verso Arsalan. Non miagolò come faceva con tutti gli estranei, perciò fu inutile che il padrone gli dicesse di calmarsi. <<Bravo, bravo.>> disse l'Angelo. 

Jacob girò il lucchetto della porta, chiuse le tende e accese la luce. <<Ti dispiace se mi siedo? Ho corso tutto il giorno.>>

Lui annuì con un gesto simile a "Fai pure". Il ragazzo dunque si lasciò cadere sul letto per poi prendere un bel respiro. <<Ora... dimmi di nuovo chi sei, per favore.>>

Arsalan stava ancora accarezzando il gatto. <<Te l'ho spiegato, io sono il tuo Ange->>

<<Cosa significa "il mio Angelo Custode", huh?!>> gridò l'altro <<Non solo io non credo agli Angeli, ma oltretutto non ti ho mai visto, e vuoi farmi credere di essere stato seduto sulla mia spalla per tutta la mia vita?! Un colosso appoggiato alla mia testa?!>>

<<Innanzitutto... la spalla è metaforica.>> rispose l'altro, senza scomporsi. Si sedette accanto a lui, lasciando che Nathan gli salisse sulle gambe. <<Jacob, lo so che è difficile da comprendere, ma io sono il tuo Angelo Custode. Ho presieduto su di te da quando sei nato. Sono stato la tua voce della coscienza da quando hai cominciato a formulare pensieri completi. In pratica, sono una parte della tua anima, così come il tuo Diavolo Accusatore.>>

<<Il mio...>> Jacob lanciò un'occhiata accanto al proprio orecchio sinistro. 

<<È la mia controparte, che ti ispira al peccato. Non apparirà qui in carne ed ossa come me, tranquillo. Onestamente, ignorare la sua esistenza ti farà bene.>>

Il ragazzo gli diede un pizzicotto, o almeno ci provò, perché aveva una pelle dura come la roccia. <<Ecco, potresti spiegarmi perché tu sei apparso qui in carne ed ossa?>>

<<È a questo punto che la storia si complica.>>

L'Angelo evocò la spada che avevano abbandonato nella sinagoga. Apparve tra le sue dita come se fosse sempre stata lì. Il ragazzo si spaventò, ma non aveva il coraggio di dirgli di abbassarla. Nathan invece si nascose sotto il tavolo. 

<<Questa... è una Reliquia.>> spiegava Arsalan <<Ogni oggetto che sia appartenuto a un grand'uomo o possa essere definito "Sacro" in qualche modo conta come Reliquia. Per esempio, la Sacra Sindone, il bastone di Mosè, la fionda di Davide. In questo caso, stiamo parlando di una Spada Sacra. Non chiedermi a chi sia appartenuta, perché non lo so.>>

Aveva ragione, si stava complicando. Quell'arma che aveva toccato era probabilmente stata di un Santo nel passato... il che avrebbe spiegato quella sua miracolosa guarigione in punto di morte. 

<<...va bene... ma non dovrebbe essere in un museo, o qualcosa del genere?>>

<<La maggior parte delle Reliquie sono possedute dal Vaticano, o andate perdute. Normalmente, vengono ritrovate in scavi archeologici o simili, ma questo sembra essere un caso speciale.>>

<<Qualcuno l'ha lasciata in una sinagoga, in mezzo al pavimento, e se n'è andato?>>

<<È più probabile che si sia manifestata. Un qualche tipo di magia ha fatto in modo che apparisse spontaneamente lì. Se fosse la Spada di un Angelo, potrebbe essere caduta sulla Terra dal Paradiso, o magari l'anima di un Santo morto ha desiderato evocarla. Finché non capisco che spada sia, temo fare congetture sia inutile.>>

La mise da parte, permettendo a Nathan di uscire dal nascondiglio. 

<<Comunque, quando una Reliquia viene alla luce, alcuni Angeli Custodi e Diavoli Accusatori la percepiranno. Pensala così: questa Spada emana santità che io e Devadatta abbiamo sentito a distanza. Ma i Demoni non possono usare le Armi Sacre, quindi al massimo proveranno a distruggerle, mentre gli Angeli non desiderano ottenerle.>>

Jacob rise a quest'ultima affermazione. <<Mi hai riempito la testa con parole in non so che lingua per convincermi ad andare a prendere questa spada! Mi sembra che tu la desiderassi davvero tanto!>>

<<...è perché tutti gli Angeli hanno ricevuto un annuncio dal Signore, Jacob. C'era bisogno di un Giudice, qualcuno che fermasse Devadatta.>>

Calò il silenzio. Persino il suono del respiro del ragazzo si fermò. 

<<Un annuncio... dal Signore, huh?>> ripeté. 

<<Non posso convincerti di questo a parole, ovviamente, quindi te lo dimostrerò. Vieni.>>

Seguito da Jacob, Arsalan uscì dall'appartamento. C'era una serie di scale che portava sul tetto, e come se conoscesse la strada, la prese senza indugio. 

Si ritrovarono così in cima al palazzo. Aveva smesso di piovere, ma il vento era comunque forte. I capelli ricci del tizio che sosteneva di essere stato inviato da Dio volavano come se parte di una veste. 

<<E va bene, cosa siamo venuti a fare?>> domandò il ragazzo. 

<<Schiva.>>

<<Come?>>

Improvvisamente, l'Angelo alzò la spada sulla testa di Jacob. 

Quella figura così imponente, e quello sguardo privo di emozioni... nonostante avesse un viso carino come quello di un ragazzino, quell'uomo era terrificante. Soprattutto quando ti stava per uccidere. 

...e questo corrispondeva perfettamente alla descrizione di un Angelo, no? Una creatura celeste, senza forma, incapace di abitare dentro l'universo. Una creatura inviata da qualcuno di ancora più potente per uccidere, o per aiutare. Una creatura che, come prima cosa, affermava sempre "Non abbiate paura". 

E faceva bene. 

Jacob pensò tutte queste cose nel secondo che l'Angelo ci impiegò ad abbassare la spada, e che lui ci impiegò a schivare l'attacco. Non ne fu nemmeno sfiorato. 

Poi, istintivamente, si gettò su Arsalan e gli bloccò le mani sul petto, per impedire che attaccasse di nuovo. Ancora, gli ci volle un momento. 

<<...un normale umano non sarebbe riuscito ad evitarmi, o a neutralizzarmi prima che reagissi. Un normale umano avrebbe avuto difficoltà a distinguere i tuoi movimenti.>> disse quello. 

<<...heh...>> ansimò lui, sorridendo ansiosamente. <<Impressionante, non è vero? Ma come ho fatto?>>

<<Lasciami andare, e lo capirai.>>

Obbedì. Non che lui sembrasse particolarmente ferito, o seccato. 

<<Tu, Jacob, sei stato scelto... no, per puro caso, sei diventato un Giudice. Forse avrai sentito parlare di loro, coloro le cui cronache sono narrate nel Libro dei Giudici.>>

Ci ragionò un momento. Aveva studiato religione a scuola, e visto alcuni film sull'argomento. <<...Sansone?>>

<<Esattamente. Egli poteva distruggere edifici e combattere leoni a mani nude. Tu, questo non puoi farlo.>>

Il ragazzo sospirò, deluso. <<Ovviamente. E perché?>>

<<...Israele è il popolo benedetto. In teoria, solo gli Ebrei dovrebbero poter ricevere abilità straordinarie e poter diventare Giudici. Ma poiché nel mondo ci sono pochi figli di Giacobbe, e quindi pochissimi degni...>>

<<...il Tizio là sopra ha deciso di nominare anche non-Ebrei.>> concluse Jacob. 

<<Sì, ma l'unico modo per assumere la carica è avere un potente Angelo Custode. Altrimenti saresti troppo debole.>>

<<Modesto.>>

<<E il modo più semplice per avere un potente Angelo Custode è di lasciargli prendere un'Arma Sacra. Mi pare sia tutto.>>

Reliquia... Spada Sacra... Giudice... in pratica, era un supereroe, ma questo non lo disse perché pensava sarebbe stata una mancanza di rispetto ai Giudici passati. E non voleva fare arrabbiare uno capace di distruggere gli edifici. 

<<Ad essere sinceri, non mi hai parlato per bene dei Diavoli Accusatori.>> notò. <<Ho capito il concetto, ma ci sono alcune cose che...>>

<<Non devi sapere molto su di loro al momento.>> lo interruppe. <<Solo che sei stato, diciamo, scelto... per eliminarne uno. Tevatort, il Diavolo del terrorista conosciuto come Devadatta.>>

<<Deve essere divertente. Bene. Questo spiega tutto. Credo.>> Jacob si girò e stiracchiò, sbadigliando.  <<Quindi... il Dio Cristiano mi ha scelto per essere un Giudice? E il mio compito è esorcizzare Devadatta?>>

<<Non so se userei il termine "esorcizzare", ma sì, praticamente.>>

<<Perfetto! Allora digli che rifiuto!>> 

<<...non puoi rifiutare e credo tu l'abbia già capito. La Spada è legata a te, e in quanto suo possessore, hai questa responsabilità.>>

Oh, sì che l'aveva. 

Ma il ricordo di quegli artigli...

<<Non puoi obbligarmi, sicuramente. Anzi, non è giusto che tu mi abbia fatto prendere quella Spada in primo luogo.>>

<<Ti stavo salvando da Devadatta, ricordi? E non l'avrei fatto se non conoscessi la tua anima.>>

<<...cosa vuoi dire?>>

<<Che non posso obbligarti, ma posso convincerti.>>

Dopo di questo, non dissero niente. Si limitarono a fissarsi, perché i loro sguardi dicevano tutto. 

La spada ora si trovava a terra, lontana da tutti e due, e il vento si faceva sempre più forte. 

<<...ehi, Arsalan, dimmi una cosa.>> esclamò Jacob, rompendo il silenzio. <<Non sono diventato forte come te, né veloce come te, né resistente come te... ma sono comunque meglio di un umano normale, no?>>

<<Già. Però non ti assicuro che tu possa sopravvivere un salto di sei piani.>> rispose con un sorriso. 

Il sorriso di Jacob fu più grande. <<Vabbè, sarò a posto.>>

Si girò di scatto e corse verso l'uscita. 

Arsalan gli apparve davanti. <<Non->>

Il ragazzo si buttò su di lui, e tenendolo stretto sotto di sé, cadde giù nella tromba di scale. 

E tanto per essere sicuro di uscirne senza ferite, si appese alla ringhiera del piano terra, mentre l'altro si schiantava sul pavimento. Forse gli fece male, forse no, ma l'importante fu il tempo che impiegò a rialzarsi. 

<<Non ti sembra di essere un po' troppo bravo?>> domandò il ragazzo, lasciandosi cadere accanto a lui e riprendendo a correre, verso la porta. <<Una battaglia deve essere bilanciata! Quei Diavoli non possono nemmeno sperare di batterti!>>

L'Angelo lo raggiunse quasi istantaneamente. <<Jacob, ho bisogno di te. Io non posso liberarmi di Devadatta.>>

<<Andiamo, non sottovalutarti! Voi due siete su un altro livello!>>

<<Il Giudice del Signore ha bisogno di un Angelo. L'Angelo ha bisogno di un Giudice del Signore. Noi ci completiamo a vicenda, capisci? Più ti allontani da me, più debole diventiamo entrambi. Senza di te sono inutile.>>

<<Ma sei serio?>> Il ragazzo provò a scansarselo di dosso, ma lui gli rimase accanto. <<Staresti molto meglio senza di me!>>

<<Jacob.>> Arsalan lo prese per un braccio. 

<<Ah- non toccarmi!>>

Improvvisamente, con un'esplosione di luce, nelle sue mani apparve la Spada Sacra, puntata contro la gola dell'Angelo. 

<<...vattene via.>>

<<No. Jacob, sei un Giudice ora.>>

<<Io non sarò Giudice di nessuno, bastardo! Vattene! Torna in Paradiso a cantare in coro! Ma chi te lo fa fare, seriamente?!>>

<<...chi me lo fa fare?>>

Arsalan lo disarmò, e lo fece girare su sé stesso. 

<<Cosa c'è davanti a te, Jacob?>>

<<Oh, lasciami->>

<<Oltre la porta. Ci sono tutte le persone. Valle a vedere. Fammi questo favore.>>

Confuso, lui decise di farlo. Aprì la porta dell'edificio. 

La solita folla stava attraversando i marciapiedi. Le macchine attraversavano la strada, facendo un costante rumore. E dalle finestre uscivano i suoni di televisioni accese. 

<<Tutti loro hanno una vita. Così come te. Loro vanno avanti, e tu vai avanti. Jacob Aiagon, tu e questi sette miliardi di persone, siete lo stesso essere.>>

Jacob non era mai stato molto interessato nell'analizzare gli altri. Eppure, adesso... con quei sensi amplificati da Giudice... vedeva il doppio dei dettagli. 

Vedeva chi era stanco dopo una nottata al lavoro, e chi era felice perché aveva acquistato un paio di scarpe nuove. Vedeva chi si stava divertendo ad uscire con gli amici, e chi era preoccupato di cosa gli altri pensassero di loro. 

<<Perché faccio tutto questo? Lo faccio perché non sono un egoista. Lo faccio perché Devadatta rovina vite e nulla più.>>

Vivi senza preoccuparti di cosa fanno gli altri, si era sempre detto. Ma ora era costretto a preoccuparsi di tutti. 

La sua visione del mondo era stata infranta, rimpiazzata da una nuova. 

<<Ogni viso che vedi qui ha una vita, e quel Diavolo, quel Tevatort, potrebbe strappargliela via. Uno dei miei fratelli.>>

Sì... lui era ognuna di quelle persone. 

Devadatta era, ancora una volta, un ostacolo al suo desiderio di vivere felice. 

<<Non è stato il nostro Signore a dirmi di diventare il tuo Angelo Custode. L'ho scelto io, dopo aver visto il tuo viso. Gli Angeli sono liberi da ogni desiderio. Tutto ciò che facciamo, lo facciamo per voi. E ora ti sto dando fastidio, non perché mi piace. Tutto questo, io, lo faccio per loro.>>

E poi Arsalan si piazzò davanti al ragazzo. 

<<Non sei un santo, ma non sei nemmeno un egoista, lo so. Sai già tutto ciò che ti sto dicendo. Provi molta empatia per chiunque non trovi un nemico. Quindi dimmi: queste persone hanno fatto qualcosa per meritare di essere puniti?>>

Jacob ripensò a Devadatta, e a quello che gli aveva fatto. Alla ferita sulla schiena che avrebbe lasciato chiunque paralizzato. Al suo atteggiamento animalesco, al suo odio, e alla sua promessa di portare il mondo intero al Nirvana. 

Rabbrividiva al solo ricordo. Un ricordo che avrebbe potuto cancellare e annullare con questi nuovi poteri. 

<<...no, effettivamente, non me la sento di vederli in ospedale.>> Guardò Arsalan negli occhi. <<E va bene, suppongo ti aiuterò.>>

L'Angelo sorrise. <<Questo è il mio ragazzo.>>

<<Basta che decidi se preferisci parlare in modo moderno o in quel tuo tono solenne, perché insieme stonano.>> Cominciò ad incamminarsi verso le scale. 

<<Tu dici? Pensavo di trovare una soluzione bilanciata.>> Lo seguì, ma presto si accorse che si era fermato. <<Tutto a posto?>>

<<Sì, sì. Comincia a salire. Io ti raggiungo. Prometto che non scappo!>>

Arsalan annuì. <<So che non lo farai.>> E se ne andò. 

Jacob, rimasto solo, tirò la collana che indossava fuori dalla propria maglietta, e guardò l'anello che pendeva. 

"Ho cambiato idea... ah, quanto odio cambiare idea... però lui è un Angelo. Non può sbagliarsi."

Quello era un portafortuna, e suo nonno aveva giurato che funzionasse davvero. Che la sfortuna davvero si allontanasse da chiunque lo indossasse. Lui non ci aveva mai creduto, e perciò lo portava al collo. 

Ma ora aveva avuto prova dell'esistenza di Dio e degli Angeli. 

Non poteva permettersi il lusso di non credere nelle cose. 

Dunque, per la prima volta in molto tempo, lo staccò dalla collana, e mise quell'anello al dito. 

"Ho fatto la scelta giusta. Prometto - che non me ne pentirò."

Con questo pensiero, salì le scale. 

Così cominciò la vita di Giudice di Jacob Aiagon. Sottovalutando i rischi, il ragazzo partì per una strada inaspettata, e si sarebbe augurato di non aver mai accettato molte volte. 

Ma Arsalan direbbe che Dio sceglie bene i suoi eletti. 

16 Maggio 2020