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Angelus Dei

Una goccia d'acqua lascia la propria nuvola, e grida.

Grida quando vede il terreno. 

Grida quando tocca il terreno. 

Fino alla morte, non smette mai. 

La pioggia grida.

Grida perché ha paura.

E questa è la vita.

E questi siamo noi.

Figlie del cielo.

Figli di Dio.

Anche ora che si è rischiarato, la pioggia grida ancora.

<<Ah!>>

Questi furono i suoi ultimi pensieri, prima che Jacob aprisse gli occhi di scatto.

Amen

16 Maggio 2020

Per un secondo, sentì adrenalina pura attraversare le proprie vene. Tornò tutto alla normalità immediatamente, tanto che il ragazzo ancora mezzo addormentato non se ne accorse.

<<Unhhh...>>

Pensò che quel risveglio improvviso fosse stato causato dalla luce, un raggio di sole che stava filtrando attraverso la finestra semichiusa. Jacob avrebbe messo gli spiragli degli scuretti tra le dieci cose che odiava di più, ma doveva ammettere che senza il loro aiuto non si sarebbe mai alzato.

Lasciò il letto con un po' meno dispiacere del solito, e andò in cucina, dove salutò il suo amico.

<<Buongiorno.>>

La risposta fu un miagolio. 

Il ragazzo versò del cibo nella ciotola con sopra scritto "Nathan", e accarezzò il suo gatto. <<Oggi vado in università, va bene? È meglio se non salto la lezione, stavolta. Fai il bravo.>> Poi procedette con la sua solita routine.

Fece colazione. Si lavò. Si mise i vestiti. Tutte cose che, lui sarebbe d'accordo, sono fin troppo noiose per valer la pena essere descritte. Erano parte della sua vita, del resto. 

Attraversando lentamente il corridoio, controllava il cellulare. Apparentemente, le uniche notizie che interessavano ai giornalisti erano gli omicidi di quella notte. Qualcuno aveva appiccato fuoco alla sede di una organizzazione animalista. Una famiglia era rimasta coinvolta in un incidente d'auto dal quale era uscita solo la figlia. E soprattutto, era avvenuto l'ennesimo attacco da parte di quella cella terroristica... i Discepoli di Devadatta. 

Anche per i fondamentalisti religiosi, quelli erano strani. Tutti i membri della setta che erano stati visti portavano con sé numerose armi, tra coltelli e armi da fuoco, ma non avevano mai ucciso nessuno. Ognuna delle loro vittime finiva in ospedale, ad un passo della morte, per poi essere salvate dai medici, e nemmeno una era mai morta. I giornalisti erano d'accordo sul fatto che ciò fosse intenzionale, i Discepoli volevano che sopravvivessero, ma ciò non spiegava quale fosse il loro obiettivo. 

A tutto questo pensava Jacob, durante quel breve tragitto verso la porta.

Finalmente uscì dal palazzo. Fu seccato nel vedere il cielo oscurato dalle nuvole: normalmente la pioggia non gli dispiaceva, ma quel giorno proprio non ne aveva voglia.

Riprese a camminare, diretto verso la fermata del bus. Fece del suo meglio per ignorare lo sguardo di chiunque sulla strada, per timore di incontrare un certo tipo di persona.

Non ci riuscì. Un esponente di quel tipo di persona gli si parò davanti, con un volantino in mano. <<Salve, signore, ha qualche minuto per parlare di Dio?>>

Jacob sbuffò. Sulla sua lista di dieci cose più odiate c'erano anche gli uomini che venivano a parlargli di Dio. Un odio nato recentemente.

Quella città stava attraversando un periodo curioso, in quei tempi. Lo chiamavano "rinascimento religioso", termine davvero imbarazzante secondo il ragazzo. Il numero di oratori e fanatici - come, appunto, i Discepoli di Devadatta - si era almeno triplicato, negli ultimi mesi. La parte peggiore però era in cosa credevano queste persone. Tradizioni e divinità in cui nessuno credeva più da secoli stavano diventando sempre più celebri. Andiamo, cos'era il Mitraismo? 

Ma come conseguenza, anche il numero di religiosi "normali" era aumentato. La percentuale di cittadini cattolici in particolare era cresciuta enormemente. 

Ora, Jacob aveva finalmente incontrato uno dei tanti oratori da cui tutte le persone che conosceva erano già state fermate. E lui odiava ascoltare la gente. 

Preferiva vivere ignorando un po' tutto. 

Lì presente era un uomo sui quarant'anni, grasso, e con una camicia dai colori variegati. In mano teneva un volantino con scritte sopra frasi sulla pace, tanto generiche che gli rendevano impossibile capire quale fosse la sua ideologia. 

<<Sarei in ritardo per l'università.>> mentì Jacob, provando a procedere.

Ma quello gli si parò davanti e non lo lasciò passare: <<Ti ruberò solo cinque minuti, ma ti salverò la vita! Tanto le cose più importanti non sono scritte sui libri di testo.>>

"Evita il contatto visivo." si disse il ragazzo, abbassando lo sguardo. <<Fosse per me, non ci andrei. Ma devo sapere fare calcoli per poter vivere.>>

<<Oh, è qui che ti sbagli. Ad insegnarti come vivere non sarà certo la maestra...>>

<<Cosa? Frequento->>

<<...ma solo le parole del nostro profeta! Sono sicuro che a scuola non ti abbiano spiegato l'origine dell'universo!>>

<<L'hanno fatto, e l'ho pure imparato, in qualche modo.>> Finalmente riuscì a girargli intorno e sorpassarlo. 

Il predicatore però non si fermò di fronte a un simile ostacolo: <<Lascia che ti dica una cosa, giovane!>>

Ma non poteva parlare con una qualunque delle altre persone su quel marciapiede?

<<La tua vita, così com'è, non ha alcuno scopo! Ti piace questa cosa? Non sogni di grandi imprese? Preferisci morire senza un senso?>>

Jacob smise di camminare, e dopo qualche secondo, si girò verso di lui.

E gli fece un pollice in su.

<<Esattamente.>>

Poi se ne andò.

Lui era semplicemente fatto così. 

Potrà sembrare strano farlo, ma per motivi che non capiva bene nemmeno lui, Jacob aveva sin da piccolo ragionato sul "senso della vita", e aveva eventualmente concluso che non ce ne fosse nessuno. 

Non aveva trovato uno scopo universale, un grande obiettivo al quale tutti dovremmo tenderci, e questo lo rendeva felice. Perché poteva vivere solo per la gioia di farlo.

Andava avanti pensando solo al godersi ogni momento.

Purtroppo aveva anche raggiunto la conclusione che senza laurea, non si sarebbe potuto godere nulla. 

E dunque... eccolo qui. Corso di Arte, uno degli argomenti che lo aveva sempre interessato. Anche non essendo totalmente sicuro di cosa avrebbe fatto dopo l'università, sapeva di doverla frequentare. 

"La strada verso il piacere è piena di dispiacere. O qualcosa del genere." si disse salendo sul tram che doveva prendere per arrivare.

Intorno a lui, decine di facce sconosciute, nelle quali non era interessato.

Tirò fuori un libro dalla tasca, sospirando.

Come previsto, avrebbe avuto il tempo di finire di studiare Algebra durante il viaggio. Aprì sulla pagina centoquaranta, e lesse il primo paragrafo su qualcosa di probabilmente incomprensibile. 

"CHI DI VOI SALIRÀ PER PRIMO A COMBATTERE CONTRO LE BESTIE?"

...cosa?

Jacob perse l'equilibrio e quasi cadde addosso ad un altro passeggero, che si lamentò. <<M-mi scusi.>> rispose il ragazzo.

Un attimo dopo, il tram partì.

Jacob sbatté le palpebre, e rilesse quel passaggio.

Ora era una normalissima pagina di Algebra. Altrettanto illeggibile, ma almeno sensata. 

E cos'era stato che l'aveva fatto sbilanciare? Aveva la febbre? Forse poteva usarla come scusa (a sé stesso) per non andare in universi-

"SALIRÀ JACOB, LEONE DEL SIGNORE."

La sua mente andò in fumo. Ora sentiva una voce... ma non era propriamente una voce. Sentiva parole, ma le sentiva come se fossero infilate nella sua mente da una forza esterna. Con una siringa, per allungare la metafora. Cercò un punto dove appoggiarsi.

Prima però la testa riprese a girargli.

"E SALIRÀ ARSALENE, LEONE DEL SIGNORE."

"Che cosa... che cosa vuoi da me?!"

E allora il rumore del primo colpo lo stolse dalla trance. Un colpo di fucile.

Il veicolo si fermò all'improvviso, le porte si spalancarono e la folla corse fuori tra le urla.

Un altro proiettile fu sparato.

Jacob, ancora stordito, scese per ultimo, e li vide.

Una dozzina di uomini mascherati. Ognuno di loro portava un'arma da fuoco, che fosse una carabina o una normale pistola. Avevano tutti il volto di un uomo con gli occhi a mandorla e grosse guance... maschere da Buddha di carnevale, non poco inquietanti in quel contesto. E infine, lunghe tuniche, che stonavano con l'aria minacciosa delle armi.

Se il nome voleva dire qualcosa, erano i Discepoli di Devadatta.

Jacob naturalmente cercò un riparo come tutti, e si nascose in un vicolo lì vicino, quasi tuffandocisi dentro.

<<Merda.>> riuscì solo a dire <<Proprio oggi che ho deciso di uscire->>

Dopo aver messo abbastanza distanza tra lui e quella strada, si fermò. Ora si trovava in una zona che non aveva mai visto, in mezzo a diverse case silenziose.

Pensò di essere stato fortunato. Se quei tizi avessero avuto l'abitudine di uccidere, ci sarebbe stata una sparatoria nella quale sarebbe rimasto coinvolto sicuramente. Ma i Discepoli si limitavano a ferire gravemente.

"Però..." pensò, riprendendo fiato "Che razza di situazione... tra tutte le giornate, tra tutti i luoghi... hanno scelto questo... SORGANO PER LORO COME SALVATORI- aspetta, come?"

Si accasciò contro un muro, confuso da quelle parole di cui non comprendeva il significato, ma che nonostante ciò entravano nella sua mente.

<<Argh!>> lanciò un grido, si rimise in piedi, e si schiaffeggiò leggermente <<Riprenditi!>>

Si assicurò che quella strana lingua non gli tornasse nella testa. Sembrò che la voce si fosse silenziata.

Poi sentì qualcosa di freddo toccare la sua nuca.

<<Hey. Io non colpisco alle spalle. Quindi, per favore, girati, e lascia che Devadatta ti purifichi.>>

Semplicemente perfetto.

Aveva un'arma puntata sulla testa, e a tenerla era un terrorista probabilmente nudo sotto la tunica.

Girarsi non era un'opzione.

Non voleva morire.

"...e questo è il motivo per cui non esco spesso."

Una veloce occhiata rivelò a Jacob che c'era una sola via per la quale fuggire, ma consisteva in una strada dritta per almeno una trentina di metri. Niente curve, case o muri per proteggerlo dai proiettili.

<<Potrei sempre decidere di colpirti comunque, eh.>> disse il Discepolo <<Del resto ormai sai che sono qui, quindi è come se fossi gira->>

Il corpo di Jacob perse ogni sensazione, tranne una: adrenalina pura nelle vene.

Fece un lungo salto in avanti, e cominciò a correre.

Dopo qualche passo, sentì uno sparo.

Prima che il proiettile arrivasse, si accorse dell'aria spostata da esso, e del fischio che causava.

Così si girò e lo prese al volo.

<<...eh?>>

<<...eh?>>

Entrambi ne rimasero stupiti. Jacob però non aveva il tempo di pensare a cosa avesse appena fatto. Il Discepolo, invece, era così confuso che non sparò di nuovo, e quando lo fece, il bersaglio ormai era scomparso dietro una casa.

<<Oh no.>> disse il terrorista, inseguendolo <<Oh no, così non va bene.>>

Jacob pensava a una sola cosa: allontanarsi. Ma la sua mente non era d'accordo, e continuava a riempirlo di parole.

"COSÌ SIANO, GIUDICE DELL'UOMO E ANGELO DI DIO."

<<Ma ti vuoi stare zitto?!>>

"...Jacob. Sei stato raggiunto. È sopra di te."

<<Non dire scemenze, è impossibile mi abbia->>

<<Hah!>>

Qualcosa cadde dal cielo.

Un uomo con fucile, con addosso una tunica e una maschera da Buddha, si gettò dal vicino palazzo a quattro piani e cadde di fronte al ragazzo.

Un altro proiettile uscì dalla sua arma.

Jacob lo respinse contro il muro, ancora a mani nude.

<<Cosa...?>> Si guardò le mani <<Cosa diamine succede?>>

Il Discepolo sembrò meno confuso di quello di prima... e di Jacob stesso. Scosse la testa, come se deluso.

<<Oh, così non va affatto bene.>> Non abbassò la canna del fucile mentre parlava. <<Non va per niente bene. Dimmi, una cosa, giovanotto... tu sei forse religioso?>>

Be', decisamente era una domanda inaspettata.

<<Come?>>

<<Rispondi in modo onesto. La tua vita dipende da questo.>>

"...qual è la risposta che vuole?"

Forse, se avesse detto di essere un Buddhista, l'avrebbe lasciato andare. Ma se poi avesse cominciato a chiedere altro? Non aveva mai letto un solo paragrafo su come funzionasse il Buddhismo, e probabilmente "se preghi tanto vai al Nirvana" non gli sarebbe bastato.

Si disse che comunque non l'avrebbe ucciso, e dunque poteva permettersi di sbagliare, ma in realtà semplicemente non sapeva come rispondere.

Perciò, decise di essere onesto.

Mossa idiotica?

<<No. Non credo in nulla di particolare.>>

Forse.

Il Discepolo sorrise. Poi abbassò l'arma, e sospirò. <<Hai visto? Non c'era niente di cui preoccuparsi. Non gli interessa di Lui.>>

<<...uh... come?>>

<<Silenzio per favore, non sto- un momento.>> Si rivolse di nuovo a Jacob <<Non sei religioso? Ma allora il mio dovere è convertirti!>>

<<Seriamente?>>

Cominciava a credere che i suoi nemici principali sarebbero stati, per tutta la vita, i predicatori.

<<Non essere così ostile.>> Il tipo posò il fucile. Quando non ti teneva sotto tiro, sembrava piuttosto amichevole, in realtà. La sua voce soprattutto era molto calmante. <<Io e i miei Discepoli rifiutiamo gli insegnamenti classici di Buddha, e cerchiamo altri modi di trovare il Nirvana. Non conosci la mia dottrina.>>

<<...lei... e i suoi discepoli?>>

Il ragazzo si rimangiò la sua affermazione riguardo la fortuna. Quella era, senza ombra di dubbio, la giornata peggiore che una persona potesse vivere.

<<Lei è Devadatta... in persona?>>

<<Devadatta in una vita. Devadatta anche in questa.>> rispose <<Il mio destino è sempre stato di rifiutare la dottrina del Bodhisattva, e portare gli uomini alla vera luce. Non attraverso la violenza, ma attraverso la conversione.>>

Fece un passo in avanti, e gli mise le mani sulle spalle.

<<Il Nirvana non è semplice pace interiore. Il Nirvana è la destinazione finale, l'utopia che esiste così che gli umani la abitino. Perché gli umani sono impotenti di fronte alla tentazione, e il Nirvana è la liberazione da essa. Anche tu, che puoi... fermare i proiettili... in qualche modo... devi volere qualcosa. Dimmi, tu cos'è che cerchi dalla vita, giovanotto? Qual è il senso della tua esistenza?>>

<<...senso?>>

Qualcosa si accese dentro di lui. 

Un'altra voce. 

Un'altra persona. 

E un desiderio di parlare. 

"Hai poco tempo, Jacob."

<<...non credo abbia un senso.>> cominciò a dire <<Cioè, una volta che non credi in un dio, e capisci che l'universo, la Terra e ogni essere biologico sono venuti a formarsi per caso... la vita non ha più un senso. È solo qualcosa che accade.>>

"Tra poco raccoglierà la propria arma, e ti sparerà. Io posso aiutarti, ma non per molto."

<<Come la pioggia. Un fenomeno atmosferico. Le nuvole si formano perché una serie di eventi meteorologici hanno portato alla loro formazione, e le gocce cadono di conseguenza.>>

"Ti sei istintivamente avvicinato . Adesso quel posto si trova alle spalle di Devadatta, poi a destra. Entra ... e sarà tutto finito."

<<Ed alla fine, è questo che siamo, non è così? La nostra vita è breve, e poi tutti spariamo nel nulla, senza lasciare alcuna traccia del nostro passaggio che non sia cancellata.>>

Alzò gli occhi, guardando la tempesta che sarebbe arrivata presto.

"Va bene, lo farò." rispose alla voce dentro di sé. 

<<Noi tutti siamo gocce d'acqua che cadono dal cielo.>>

Devadatta si fece indietro. Non si aspettava una risposta così passionale, e forse per poco ebbe dei dubbi riguardo al fatto che non fosse religioso. Ma poi rise. <<Heh, mi piaci. Mi piaci davvero. Oserei dire che sei perfetto per me. Quindi, proprio non posso lasciarti andare.>>

Con un movimento fulmineo, quasi invisibile all'occhio, prese il fucile e lo caricò.

<<Quando uscirai dall'ospedale... vieni a cercarmi.>>

Jacob scattò verso di lui, e il tempo rallentò.

Aveva appena cominciato a piovere, ma il terreno era ancora asciutto.

"Ben fatto, Jacob... ora, per favore... vai... vai, senza fermarti... Jacob Aiagon... Shophet..."

Il ragazzo vide un proiettile muoversi lentamente verso di lui. Lo toccò per fare in modo che tornasse addosso al mittente, superò Devadatta, e girò a destra. 

"...Giudice del Signore."

La prima goccia d'acqua toccò il terreno mentre Jacob vedeva la propria destinazione: la sinagoga locale, il luogo di culto ebraico. 

Devadatta fu colpito alla spalla, e, accortosi di cosa fosse successo, si girò. Rimase sconvolto, mentre guardava quel ragazzo allontanarsi sempre di più. <<Non è possibile! Non dovrebbe essere possibile! Aveva detto di non essere religioso!>>

Partì all'inseguimento, con una velocità che gli avrebbe permesso di recuperare lo svantaggio. Non poteva più sparare perché era stato ferito al braccio, ma sembrava voler usare le proprie unghie per colpire.

Jacob, quando lo vide, fece un ultimo salto in avanti. La porta della sinagoga si spalancò da sé, e lui ne varcò la soglia.

Non era troppo diversa da una chiesa, alla sua superficiale analisi. La differenza più notevole era la presenza di una spada. 

Alla fine del corridoio centrale, qualcuno aveva infisso una spada nel pavimento. 

"Prendi l'Arma... Jacob..." chiese la voce debolmente. 

<<Non osare sfiorarla, ragazzino!>> gridò Devadatta, che ormai l'aveva raggiunto. Il suo tono calmo era cambiato totalmente. Ora suonava come una bestia infuriata. <<Niente senso della vita, eh?! Se è così, allora muori!>>

Lo graffiò sulla schiena, creando un taglio che sanguinò come se fosse stato inflitto con un coltello.

Con un grido, Jacob cadde in ginocchio.

<<No... devo...>>

<<Tu non farai assolutamente nulla!>>

All'esterno, la pioggia cominciò a farsi rumorosa. Jacob sentì la voce nella sua testa farsi sempre più silenziosa, e quasi scomparire. Stavano morendo entrambi.

Ma lui non voleva morire.

Lui voleva vivere la sua vita senza senso. Voleva divertirsi, voleva godersi gli anni. Voleva far valere il tempo che aveva, pur sapendo che quel tempo era poco.

Devadatta era una minaccia a quel suo desiderio.

<<Devo prendere... devo prendere...>>

Il suo avversario non sembrava aver intenzione di risparmiarlo. Anzi, si stava infuriando sempre di più. <<Non mi hai sentito? Tu morirai oggi! Vuoi fermare il Nirvana, ma non te lo permetterò! Adess->>

<<...va bene, preso.>>

Con un ultimo sforzo, tirò fuori dalla tasca il primo proiettile che aveva fermato, e lo lanciò alla stessa velocità con cui era uscito dal fucile. 

Colpì Devadatta nell'occhio, facendolo indietreggiare, tra le sue urla demoniache.

E poi Jacob strisciò in avanti. Non aveva più letteralmente alcuna forza, e il suo cuore stava cominciando a saltare alcuni battiti. Probabilmente tutta l'aria aveva già lasciato i suoi polmoni.

Ma comunque riuscì a toccare la spada nel pavimento.

Ed esplose in una luce sacra.

Angele Dei, qui custos es mei

Il suo sangue riprese a scorrere. I suoi occhi videro di nuovo con chiarezza. 

Me, tibi commíssum pietáte supérna.

Ogni ferita si rimarginò. Ogni dolore scomparve.

Illúmina. Custódi.

Jacob si alzò in piedi, con lo spirito pieno di determinazione.

Rege... et gubérna.

Ma non era più solo.

<<...amen.>>

Di fronte a lui, un uomo alto due metri, con lunghi capelli rossi e una veste bianca, teneva la spada.

Persino Devadatta, che altrimenti sarebbe già ripartito all'attacco, era rimasto paralizzato di fronte a quella figura che quasi risplendeva.

<<Tu... mi sei familiare.>> disse il ragazzo <<Chi sei?>>

<<Jacob Aiagon.>> annunciò lui. Aveva una voce stranamente profonda, ma non minacciosa. <<Tu sei in possesso di una Spada Sacra, e da oggi sei un Giudice del Signore nostro Dio.

Io sono il tuo Angelo Custode.>>